TAR Roma, sez. I, sentenza breve 2019-06-24, n. 201908243

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza breve 2019-06-24, n. 201908243
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201908243
Data del deposito : 24 giugno 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/06/2019

N. 08243/2019 REG.PROV.COLL.

N. 01276/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1276 del 2019, proposto da
S L e G R, rappresentati e difesi dall'avv. M B, con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Palermo, via M.se Ugo, 26;

contro

Agenzia Nazionale per l'Amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizza, Ministero dell'Economia e delle Finanze e Ministero dell'Interno, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

dell’ordinanza di sfratto ex art. 2 decies , comma 2, L. 575/65 (oggi art. 47 comma 2 D.Lgs. 159/11) notificata in data 15 novembre 2018 con cui, in relazione agli “immobili (magazzini) siti in Palermo Via Papa Sergio I n. 57/A-B, p. terra, identificato in catasto al fg. 25 p.lla 417 sub 6 (1-PA-341393) e Via Cardinale G. Massaia n. 50/C, p. terra, identificato in catasto al fg. 25 p.lla 417 sub 10 (1-PA- 294135)”, è stato ordinato “a L S nato a Palermo il 31.10.1975, ed a chiunque altro occupi i cespiti indicati in premessa, di restituirli e rilasciarli liberi da persone e cose, entro e non oltre il termine perentorio di 120 giorni (centoventi) dalla data di notifica del presente provvedimento, con l'avvertenza che, in difetto, si procederà all'immediato sfratto forzoso nei termini di legge con l'assistenza della Forza Pubblica e con l'accollo a carico dell'interessato delle spese di esecuzione, con riserva di recuperare le somme dovute per indennità pregresse fino alla data di avvenuto rilascio, nonché delle eventuali somme necessarie per la rimessa in pristino degli immobili in argomento”.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Agenzia Nazionale per l'Amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizza con il Ministero dell'Economia e delle Finanze e il Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Vista l’ordinanza n. 1880/2019;

Relatrice la dott.ssa Laura Marzano;

Uditi, nella camera di consiglio del giorno 19 giugno 2019, i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;


1. Con il ricorso in epigrafe S L e G R hanno impugnato l’ordinanza di sfratto ex art. 2 decies , comma 2, L. 575/65 (oggi art. 47 comma 2, D.Lgs. 159/11) notificata in data 15 novembre 2018, con cui l’Agenzia Nazionale per l'Amministrazione e la Destinazione di beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata ha disposto il rilascio degli “immobili (magazzini) siti in Palermo Via Papa Sergio I n. 57/A-B, p.terra, identificato in catasto al fg. 25 p.lla 417 sub 6 (1-PA-341393) e Via Cardinale G. Massaia n. 50/C, p.terra, identificato in catasto al fg. 25 p.lla 417 sub 10 (1-PA- 294135)”.

Nel suddetto immobile il sig. S L esercita una piccola attività commerciale di ferramenta ed idraulica, ivi ubicata da oltre 30 anni, e dapprima gestita da dal sig. R, il quale occupava l’immobile in forza di contratto di locazione commerciale con la società che li aveva costruiti, la Immobiliare Fratelli Lo Cicero S.r.l. (tuttora intestataria dei degli stessi), che si è rinnovato automaticamente, di sei anni in sei anni, mai disdettato.

L’ordinanza di sgombero è stata adottata in seguito alla definitività della confisca su detto immobile, intervenuta dopo la pronuncia della Corte di Cassazione n. 18851 del 6 febbraio 2013, che a sua volta confermava il decreto della Corte d’Appello di Palermo del 23 dicembre 2011, di conferma del decreto del Tribunale di Palermo in data 12 agosto 2008.

I ricorrenti hanno formulato i seguenti motivi.

1) Violazione o falsa applicazione dell’art. 2 octies , 2 decies e 2 undecies L. 575/65, degli artt. 47 e 52 D.Lgs. 159/11 nonché dell’art. 823 c.c. e degli artt. 1571 ss. e 1615 ss. c.c.;
violazione o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c.;
eccesso di potere per difetto assoluto del presupposto e di istruttoria nonché erroneità ed illogicità manifesta.

Il ricorrente L era subentrato nel rapporto di locazione commerciale dell’immobile, già intestato a suo zio G R, ben prima della confisca, ossia nel 2004, ed aveva continuato a versare i relativi canoni di locazione all’amministratore giudiziario - nominato nell’ambito del procedimento di prevenzione poi culminato nella confisca - che percepiva infatti, di anno in anno, il canone di locazione e agiva quale parte locatrice e, ad un certo punto, aveva perfino avviato un’azione di sfratto per morosità, definita con sentenza del Tribunale di Palermo n. 2049 del 22 ottobre 2013 che rigettava lo sfratto, ritenendo la parte conduttrice adempiente ed il contratto ancora efficace. Detta sentenza passava in giudicato, come da certificazione della Cancelleria del Tribunale di Palermo rilasciata il 24 dicembre 2018.

Dopo aver dubitato che la confisca riguardi anche l’immobile in parola, i ricorrenti sostengono che non vi sarebbe alcuna abusiva occupazione dell’immobile stesso, come indicato nel provvedimento impugnato, dal momento che il titolo di detenzione (locazione commerciale) è stato ritenuto valido ed efficace con pronuncia resa dopo la definitività della confisca, riconducibile alla sentenza della Cassazione penale n. 18851 del 6 febbraio 2013.

2) Violazione o falsa applicazione dell’art. 2 octies , 2 decies e 2 undecies L. 575/65, degli artt. 48, 52 e 117 D.Lgs. 159/11;
violazione dell’art. 97 Cost.;
eccesso di potere per difetto assoluto del presupposto e di istruttoria nonché erroneità ed illogicità manifesta.

In presenza di un contratto di locazione commerciale così risalente non potrebbe trovare applicazione l’art. 52, comma 4, D.Lgs. n. 159/11, secondo il quale la confisca definitiva di un bene determina lo scioglimento dei contratti aventi ad oggetto un diritto personale di godimento sul medesimo. Inoltre, trattandosi di un immobile aziendale, in grado di continuare l’attività produttiva con potenziale mantenimento dei livelli occupazionali (considerato che in essa sono impegnati, oltre alla parte ricorrente, i relativi familiari), l’amministrazione avrebbe dovuto motivare adeguatamente le ragioni per le quali non sarebbe praticabile l’ipotesi della prosecuzione dell’affitto ovvero la cessione dell’immobile ai privati, considerato che l’impresa conduttrice è disponibile all’acquisto.

3) Violazione o falsa applicazione dell’art. 34 e 69 L. 392/78;
eccesso di potere;
violazione dell’art. 97 Cost. e dei principi di ragionevolezza e buon andamento della Pubblica Amministrazione.

In via subordinata, nella denegata ipotesi in cui si ritenesse intervenuto lo scioglimento del vincolo contrattuale, i ricorrenti avrebbero diritto a ritenere l'immobile fintanto che non venga corrisposta l'indennità di avviamento commerciale, con conseguente impossibilità, per l’Agenzia, di avviare l'esecuzione per il rilascio prima di avervi provveduto.

4) Violazione o falsa applicazione degli artt. 2 decies e 2 undecies L. n. 575/65, degli artt. 47 e 48 D.Lgs. n. 159/2011, degli artt. 3 e 7 L. n. 241/1990 nonché dell’art. 97 Cost.;
eccesso di potere per difetto assoluto del presupposto, difetto di istruttoria ed erroneità ed illogicità manifesta.

Infine, in via estremamente gradata, il provvedimento sarebbe illegittimo per mancata preventiva destinazione pubblica del bene confiscato, per violazione delle garanzie procedimentali, per difetto di motivazione in ordine alla presunta necessità di conseguire in tempi urgenti e non più dilazionabili la disponibilità dell’immobile in questione.

L’Agenzia intimata si è costituita in giudizio, depositando documentazione ed una breve relazione.

Con ordinanza n. 1880 del 28 marzo 2019 è stata disposta l’acquisizione, dall’Agenzia nazionale per l’amministrazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata, di una ulteriore, documentata, ed esaustiva relazione sulla fattispecie di cui in ricorso, dalla quale segnatamente fosse possibile ricavare a chi sia intestata l’attività commerciale attualmente in essere nei locali oggetto dell’ordinanza impugnata, disponendo in via interinale, fino alla successiva camera di consiglio, la sospensione del provvedimento impugnato.

Dopo l’ottemperanza da parte dell’Agenzia, parte ricorrente ha depositato una memoria con cui ha insistito nelle proprie difese e, alla camera di consiglio del 19 giugno 2019, sentiti i difensori presenti e dato loro avviso della possibilità di definire il giudizio con sentenza in forma semplificata, la causa è stata trattenuta in decisione.

2. Il ricorso è fondato e va accolto.

Dalla documentazione in atti risulta che era in corso da molto tempo, anche con l’amministratore giudiziario nominato dall’Autorità giurisdizionale competente, un contratto di locazione, ritenuto tuttora valido da una pronuncia definitiva del Giudice ordinario, che conferma la vigenza del rapporto contrattuale successivamente alla definitività della confisca, nel caso di specie verificatasi con pronuncia della Corte di Cassazione n. 18851 del 6 febbraio 2013.

Nella relazione integrativa depositata il 19 aprile 2019 l’Agenzia riferisce:

- che l'unità immobiliare è occupata dal sig. L S, che risulta effettivamente intestatario della ditta individuale " Ferramenta Arenella di L S", iscritta alla CCIIAA di Palermo in data 24 febbraio 2004 con sede al richiamato indirizzo;

- che in sede di immissione in possesso il sig. L riferiva di avere proseguito l'attività già esercitata nei locali da parte del sig. G R indicato dall'occupante quale suo zio;

- che effettivamente, dagli atti in possesso dell’Agenzia, risulta che, a far data dal 1 gennaio 1997, il sig. R deteneva l'immobile in forza di contratto di locazione stipulato con la "Immobiliare F.lli Lo Cicero S.r.l." per il periodo 1 gennaio 1997 – 31 dicembre 2003;

- che del subentro del sig. L al sig. R non risulta alcuna documentazione ma che, tuttavia, dalle allegate visure camerali di entrambe le ditte, si evince una continuità temporale tra la cessazione della ditta del sig. R e l'apertura dell'attività commerciale da parte del sig. L.

Alla luce di tutte le riportate circostanze, ammesse dall’Agenzia, appare quanto meno stereotipato il richiamo ad un’occupazione sine titulo contenuto nel provvedimento impugnato.

A ciò si aggiunga che è dirimente, nel caso di specie, il carattere commerciale della locazione, riguardante un immobile destinato ad attività di ferramenta ed idraulica, peraltro assai risalente nel tempo.

Deve essere richiamato l’orientamento della Sezione su fattispecie sostanzialmente analoghe (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 1 luglio 2016, n. 7570;
id. 1 aprile 2016, n. 3981), secondo cui, in costanza di rapporto contrattuale risalente, non può trovare applicazione l’art. 52, comma 4, D.Lgs. n. 159/11, a tenore del quale la confisca definitiva di un bene determina lo scioglimento dei contratti aventi ad oggetto un diritto personale di godimento sul medesimo, in quanto opera la disciplina transitoria di cui all’art. 117, comma 1, del medesimo decreto, secondo il quale le norme contenute nel Libro I del testo normativo in questione, tra cui – appunto – l’art. 52, non si applica(va)no ai procedimenti nei quali, alla sua data di entrata in vigore, risultava già formulata la proposta di applicazione di misura preventiva. Nel caso di specie, come si evince dalla documentazione in atti, tale proposta risaliva al 1998, per cui doveva applicarsi alla fattispecie la disciplina previgente, risalente alla L. n. 575/65, che non prevedeva tale automatica risoluzione di diritto.

In ogni caso, anche a non voler considerare tale prospettazione, deve essere richiamata la disciplina di cui all’art. 48, comma 8, lett. a), D.Lgs. 159/11 (già art. 2 undecies, comma 3, lett. a), L. 575/65, quindi applicabile ai sensi dell’art. 117, comma 1, cit.), invocata da parte ricorrente, a tenore della quale “ I beni aziendali sono mantenuti al patrimonio dello Stato e destinati, con provvedimento dell'Agenzia che ne disciplina le modalità operative: a) all'affitto, quando vi siano fondate prospettive di continuazione o di ripresa dell'attività produttiva, a titolo oneroso, a società e ad imprese pubbliche o private, ovvero a titolo gratuito, senza oneri a carico dello Stato, a cooperative di lavoratori dipendenti dell'impresa confiscata. Nella scelta dell'affittuario sono privilegiate le soluzioni che garantiscono il mantenimento dei livelli occupazionali …”.

Nel caso di specie, trattandosi di bene aziendale in grado di continuare l’attività produttiva e con potenziale mantenimento dei livelli occupazionali, sarebbe stata necessaria una motivazione, nel provvedimento di sgombero, che desse conto delle ragioni per cui non sarebbe praticabile la prosecuzione della locazione (T.A.R. Lazio, n. 3981/16 cit.).

In sostanza, laddove sussiste una realtà imprenditoriale consolidata e regolarmente attestata da un rapporto contrattuale protrattosi per molto tempo, anche con lo stesso amministratore giudiziario e successivamente alla data di definitività della confisca, come nel caso di specie, il Collegio ritiene che sia richiesto all’Agenzia un quid pluris di motivazione in ordine alle ragioni che escludono la continuazione del rapporto contrattuale. Invero, nel caso in esame, la confisca risale al 2008 e il rapporto contrattuale si è protratto per oltre dieci anni da allora.

Per quanto precede, assorbite le ulteriori censure, il ricorso deve essere accolto e, per l’effetto, l’atto impugnato deve essere annullato, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione.

3. Le spese di lite, in considerazione dei motivi di accoglimento, possono essere compensate, fatto salvo il rimborso, da parte dell’amministrazione, di quanto versato dai ricorrenti a titolo di contributo unificato.

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