TAR Roma, sez. 2Q, sentenza 2022-05-30, n. 202206907
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Pubblicato il 30/05/2022
N. 06907/2022 REG.PROV.COLL.
N. 06849/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6849 del 2020, proposto da
Ditta Ecos Service S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati M S e F V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Città Metropolitana di Roma Capitale, in persona del Sindaco Metropolitano pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato E A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Regione Lazio, Comune di Riano, non costituiti in giudizio;
per l'annullamento
a) della D.D. 1674 del 17/06/2020, del Dirigente del Servizio 01 “Gestione Rifiuti” del Dipartimento IV della Città Metropolitana di Roma Capitale, avente ad oggetto “Diniego al rilascio di un'autorizzazione ai sensi dell'art. 208 del D.lgs. 152/2006, degli artt. 15 e 16 della L. R. 27/98 e della D. G. R. n. 239/2008, per un impianto di gestione rifiuti sito in Via di Piana Perina n. 4 - 00060 RIANO (RM)”;
b) della D.D. 1764 del 23/06/2020, del Dirigente del Servizio 01 “Gestione Rifiuti” del Dipartimento IV della Città Metropolitana di Roma Capitale, avente ad oggetto: “Rettifica ed integrazione della D. D. 1674 del 17/06/2020 di Diniego al rilascio di un'autorizzazione ai sensi dell'art. 208 del D.lgs. 152/2006, degli artt. 15 e 16 della L. R. 27/98 e della D. G.R. n. 239/2008, per un impianto di gestione rifiuti sito in Via di Piana Perina n. 4 -00060 RIANO (RM)”;
nonchè, per quanto occorrer possa:
c) del parere Mibact 0011085-P del 08/06/2018, pervenuto a Città Metropolitana in data 13/06/2018 prot. 99633 del 13/06/2018, con il quale il MIBACT - Soprintendenza Archeologia belle arti e paesaggio per l'Aria metropolitana di Roma la provincia di Viterbo e l'Etruria Meridionale, ha espresso parere contrario all'impianto in esame in quanto “non risulta ammissibile ai fini della tutela paesaggistica poiché l'ampliamento del sedime dello stesso impianto situato all'interno dell'area di rispetto risulta non conforme e non compatibile con i valori paesaggistici del sito”;
d) del parere prot. 135628 del 27/08/2018, con il quale il MIBACT ha confermato il parere negativo al progetto proposto per mancata conformità e compatibilità paesaggistica;
e) della nota prot. 182208 del 14 novembre 2018, di Città Metropolitana di Roma Capitale – Dipartimento IV, Servizio 1, con la quale è stata comunicata ai sensi dell'art. 10 bis della legge 241/90, la conclusione negativa del procedimento, in considerazione del parere negativo espresso dal MIBACT;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Città Metropolitana di Roma Capitale e del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 aprile 2022 la dott.ssa F S C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con istanza prot. n. 34684 del 6 marzo 2017, la Società indicata in epigrafe, titolare di un impianto di gestione rifiuti già autorizzato e ubicato nel Comune di Riano, in Via di Piana Perina n. 4 (in area distinta in catasto al foglio 17, particelle n. 610, 611 e 745/p e ubicata nei pressi del corso d’acqua denominato “Fosso dei Casini e Chiarano”), chiedeva il rilascio di una nuova autorizzazione ai sensi dell’art. 208 del D. Lgs. n. 152/2006, al fine di aumentare i quantitativi dei rifiuti ivi trattati (con rilascio di nuovi codici CER), nonché ottimizzare le aree di lavoro sul piazzale già esistente.
2. La competente Città Metropolitana di Roma Capitale, con la nota prot. n. 15165 del 26 gennaio 2018, indiceva una conferenza di servizi decisoria ai sensi dell’art. 14, comma 2, della legge n. 241/90, convocando la prima (e unica) riunione per il giorno 13 marzo 2018, nell’ambito della quale perveniva, tra gli altri, il parere negativo in merito alla conformità e compatibilità paesaggistica dell’intervento di “ ampliamento del sedime dell’impianto situato all’interno dell’area di rispetto ” espresso dal Ministero per i beni e le attività culturali (ora Ministero della cultura) – Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Roma, la provincia di Viterbo e l’Etruria Meridionale. In particolare, con la nota prot. n. 99633 del 13.06.2018, il Ministero riteneva che i contenitori dei rifiuti attualmente presenti a ridosso del fosso di Chiarano erano “ non autorizzati e neppure autorizzabili ” e avrebbero pertanto dovuto essere spostati oltre i 150 metri dalla fascia di rispetto oppure localizzati in altro sito. Il parere negativo era poi specificato e ulteriormente confermato con la nota prot. n. 135628 del 27.08.2018, con la quale il MIBACT puntualizzava che l’area oggetto di intervento, qualificata come D2 (insediamenti produttivi) e identificata nel vigente P.T.P.R. quale “ paesaggio naturale di continuità ”, ricadeva nella fascia di protezione (di 150 metri) dei corsi delle acque pubbliche di cui al medesimo P.T.P.R. ed era ricompresa nella fascia dei 50 metri dal fosso di Piana Perina, fascia per la quale il P.T.P. prevedeva un vincolo di inedificabilità assoluta, precisando che le opere proposte avrebbero comportato una modificazione dell’area immediatamente a ridosso dell’argine del fosso mediante la “ realizzazione di pavimentazioni, impianti di raccolta-trattamento-smaltimento delle acque, la costruzione di muri di delimitazione sormontati da rete metallica “new jersey di separazione”, nonché l’installazione di n. 15 cassoni metallici delle dimensioni di 2x4 m ca. e dell’altezza di 2 m ca. ” e “ ritenuto che le modificazioni suddette contraddicono l’inedificabilità assoluta della fascia di rispetto dei 50 m dall’argine del fosso ”, oltre a risultare paesaggisticamente incompatibili.
3. All’esito della conferenza di servizi la Città Metropolitana, previa comunicazione di motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, trasmessa con la nota prot. n. 182208 del 14 novembre 2018, con cui prendeva atto del “ parere vincolante e non superabile ” del MIBACT, adottava la determinazione dirigenziale R.U. n. 1674 del 17.06.2020 di diniego dell’autorizzazione ai sensi dell’art. 208 del D. Lgs. n. 152/2006, motivato in ragione della impossibilità di superare il parere negativo del MIBACT e pertanto di adottare il richiesto provvedimento autorizzatorio, preso atto che, ai sensi dell’art. 14 ter della l. n. 241/1990, l’amministrazione procedente deve tener conto delle posizioni prevalenti espresse in seno alla conferenza e non soltanto attuare la volontà della maggioranza. La determina di cui sopra era poi rettificata e integrata dalla determinazione dirigenziale R.U. n. 1764 del 23.06.2020, con cui la Città Metropolitana precisava che il nuovo P.T.P.R., approvato dalla Regione Lazio con D.G.R. n. 5 del “ 2.08.2020 ” e pubblicato in data 13.02.2020 sul BURL n. 13, comunque non modificava la vincolistica ambientale presente per il sito in esame, restando pertanto inalterata la presenza del vincolo della fascia di rispetto di almeno 50 metri dall’argine del fosso.
4. Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, notificato e depositato rispettivamente in data 4.09.2020 e 7.09.2020, la Società istante ha impugnato le citate determine dirigenziali, puntualizzando in punto di fatto che il progetto non apporta alcuna modifica edilizia ma attiene ad una “ mera ridistribuzione delle aree di scarico e di stoccaggio ” rispetto a quelle già assentite ed autorizzate, essendo stato solo richiesto di utilizzare cassoni scarrabili, sostituire il sistema pneumatico di insacchettamento delle materie plastiche recuperate e modificare gli scarichi delle acque di prima pioggia.
In diritto la ricorrente articola tre motivi di gravame, tutti recanti come rubrica: “ VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 3 E 14 DELLA LEGGE 7 AGOSTO 1990, N. 241;DELL’ART. 208 DEL D.LGS. 3 APRILE 2006, N. 152;DELL’ART. 146 DEL D.LGS. N. 42/2004. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 15 E 16 DELLA LEGGE REGIONALE DEL LAZIO 9 LUGLIO 1998, N. 27. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 1 COMMA 3 E 14 COMMA 1 LETT. F DEL P.T.P.R. APPROVATO DALLA REGIONE LAZIO CON D.G.R. N. 5 DEL 02/08/2020 E/O DELL’ART. 13, COMMA 4, LETT. D, DEL P.T.P.R. PREGRESSO. ECCESSO DI POTERE IN TUTTE LE SUE FIGURE SINTOMATICHE ED IN PARTICOLARE PER ERRORE DI FATTO E DI DIRITTO, DIFETTO DI ISTRUTTORIA E DI MOTIVAZIONE, CONTRADDITTORIETÀ, PERPLESSITÀ, SVIAMENTO ”.
In particolare, con il primo mezzo la parte stigmatizza l’eccessiva durata della conferenza dei servizi, in violazione della precisa tempistica scandita dall’art. 208 del D. Lgs. n. 152 del 2006, nonché la tardività e conseguente inefficacia dei pareri adottati dalla Soprintendenza, in quanto resi oltre il termine previsto dall’art. 146 del D. Lgs. n. 42/2004 (di 45 giorni dalla ricezione degli atti, che nel caso di specie era avvenuta in data 26 gennaio 2018), e comunque l’illegittimità delle gravate determine nella misura in cui le medesime hanno recepito pedissequamente il contenuto dei citati pareri. Deduce altresì che, nell’ambito del procedimento e in data anteriore all’estrinsecazione dei menzionati pareri, era comunque pervenuto il nulla-osta paesaggistico ex art. 146 citato da parte dell’autorità sub-delegata ai sensi della L.R. del Lazio n. 8/2012 (Comune di Riano), formulato con la nota prot. n. 4877 del 18.04.2018, mentre la Regione Lazio, con nota prot. n. 235811 del 23.04.2018, aveva ritenuto assentibile il posizionamento dei cassoni negli stalli in relazione alla cogenza del vincolo.
Con il secondo mezzo viene dedotta l’illegittimità dei gravati provvedimenti per aver recepito acriticamente il contenuto dei pareri del MIBACT, senza aver considerato che il progetto non avrebbe comportato né un ampliamento dell’area di sedime (la quale era stata realizzata già da tempo in virtù delle pregresse autorizzazioni all’esercizio dell’attività di gestione rifiuti) né la realizzazione di nuove opere a ridosso dell’argine, quanto piuttosto una mera ridistribuzione delle aree di sedime con posizionamento di cassoni scarrabili, con la conseguenza che non vi sarebbero trasformazioni urbanistico/edilizie (come peraltro accertato sia dal Comune di Riano sia dalla Regione Lazio con le note sopra citate). La ricorrente deduce altresì che il vigente P.T.P.R., adottato con D.G.R. n. 5 del 02.08.2019, pubblicata in data 13.02.2020 sul B.U.R.L. n. 13, ha individuato l’area su cui insiste il citato impianto non più quale “ paesaggio naturale di continuità ” (come affermato dal MIBACT e recepito dall’Amministrazione procedente), bensì quale “ paesaggio degli insediamenti urbani-piu ”, con la conseguenza che non sarebbe stato più ravvisabile il vincolo di inedificabilità entro la fascia di rispetto di 50 mt dall’argine del fosso.
Da ultimo, con il terzo motivo di ricorso la parte deduce l’illegittimità delle gravate determine in ragione dell’erroneità del richiamo, operato dal parere integrativo del MIBACT, all’art. 96 del Testo Unico delle Opere Idrauliche di cui al R.D. n. 523/1904, in quanto tale disposizione concerne interventi del tutto diversi rispetto a quelli contemplati nel progetto (consistenti in una mera e più razionale ridistribuzione delle aree all’interno del perimetro – sedime – della proprietà), precisando altresì che, alla luce del nuovo P.T.P.R., il corso d’acqua in esame era stato ritenuto oggettivamente inidoneo a costituire una massa di acqua pubblica suscettibile di essere utilizzata per gli scopi previsti da detta disposizione.
5. In data 11.09.2020 il Ministero si è costituito in giudizio, successivamente depositando un rapporto informativo (versato in atti il 18.01.2021) in cui si eccepisce la tempestività del (primo) parere negativo reso dalla Soprintendenza e comunque l’obbligo per l’amministrazione procedente di valutarlo, nonché la legittimità della relativa motivazione, anche considerando la perdurante vigenza del vincolo della fascia di rispetto, atteso che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 240/2020 (resa all’esito di conflitto di attribuzione sollevato dal MIBAC), ha annullato la deliberazione della Regione Lazio n. 5 del 2019.
6. In data 23.09.2020 si è costituita in giudizio la Città Metropolitana, che con la memoria del 25.03.2022 ha chiesto il rigetto del ricorso eccependo che: la durata della conferenza dei servizi è dipesa sia dalla necessità di procedere a reiterate integrazioni documentali, sia dalle numerose osservazioni depositate dall’istante in via autonoma, e comunque la scadenza del termine massimo di durata del procedimento non inficia la legittimità del provvedimento conclusivo;il parere negativo reso dal MIBAC è vincolante e peraltro non è stato tempestivamente impugnato dalla Società, con conseguente inammissibilità delle censure sollevate contro il medesimo;il Comune di Riano è incompetente ad emanare il nulla osta paesaggistico estrinsecato nella nota del 18.04.2018 e anche la nota della Regione Lazio del 23.04.2018 è inefficace a tal fine;la motivazione alla base dei pareri negativi è legittima, essendo relativa ad interventi di ampiamento dell’area di sedime in contrasto con il vincolo della fascia di rispetto di 50 metri dal corso d’acqua, vincolo da ritenersi ancora esistente.
7. Parte ricorrente ha depositato memorie (in data 25.03.2022) e memorie di replica (in data 05.04.2022), con cui ribadisce le proprie ragioni.
8. All’udienza pubblica del 26 aprile 2022 la causa è trattenuta in decisione, previa discussione delle parti presenti.
DIRITTO
1. Il ricorso va accolto nei termini che si passa a precisare.
2. Risulta pienamente fondata la censura, sollevata con il primo mezzo, con la quale si contesta l’illegittimità delle gravate determine dirigenziali nella misura in cui le medesime, a conclusione della conferenza di servizi decisoria indetta sull’istanza della odierna ricorrente presentata ai sensi dell’art. 208 D. Lgs. n. 152/2006, hanno ritenuto vincolanti e non superabili i pareri negativi espressi dal Ministero in merito alla (non) compatibilità paesaggistica dei progettati interventi, avendo oltretutto obliterato le valutazioni formulate, in seno alla medesima conferenza, dall’autorità sub-delegata all’esercizio della funzione autorizzatoria di cui all’art. 146, comma 6, D. Lgs. n. 42/2004.
3. Procedendo con ordine, si rileva, in via pregiudiziale, che è destituita di fondamento l’eccezione di inammissibilità della predetta censura, sollevata dalla Città Metropolitana a pag. 12 della propria memoria difensiva e motivata in ragione della circostanza che, essendo il parere del MIBAC “ vincolante ” e negativo, lo stesso “ ha provocato l’arresto definitivo del procedimento ”, non potendosi considerare alla stregua di “ ordinario parere endoprocedimentale atteso che, data la natura obbligatoria e vincolante, è in grado di determinare integralmente il contenuto del provvedimento conclusivo, come effettivamente si è verificato ”, con la conseguenza che “ La ditta ricorrente (…) avendo subito un pregiudizio diretto, attuale e concreto dal suddetto parere avrebbe dovuto impugnarlo non appena ne fosse venuta a conoscenza ”.
Al riguardo si osserva che, contrariamente a quanto argomentato dall’Amministrazione nella citata nota difensiva e come meglio si dirà, il suddetto parere è privo di efficacia vincolante, essendo stato formulato dopo la scadenza del termine di 45 giorni previsto dall’art. 146, comma 8, del D. Lgs. n. 42/2004, il cui inutile decorso lo rende un mero apporto procedimentale non più idoneo a conformare il contenuto del futuro provvedimento finale, e dunque un semplice atto istruttorio interno al procedimento.
Ne consegue che non ha alcun pregio la giurisprudenza invocata a sostegno di tale eccezione di rito, in quanto specificamente relativa ad una fattispecie diversa da quella odierna, ossia all’ipotesi di pareri negativi dotati di efficacia vincolante in quanto resi nel rispetto dei termini di legge, e pertanto immediatamente impugnabili in quanto idonei ad esprimere un indirizzo ineluttabile ai fini delle successive determinazioni dell’Amministrazione procedente, così producendo un arresto definitivo che, nella sostanza, termina il procedimento e al quale va conseguentemente riconosciuto carattere provvedimentale (cfr. Cons. St., 12.02.2015, n. 738, che precisa che “ non a caso, quando la giurisprudenza afferma l’autonoma impugnabilità del parere, lo fa sempre in vicende di parere negativo, sfociato in un arresto procedimentale (Cons. Stato, sez. VI, 12 giugno 2008, n. 2903;T.A.R. Umbria, 16 gennaio 2013, n. 11;T.A.R. Campania, 18 aprile 2013, n. 2053, e 4 giugno 2014, n. 3048) ”).
Diversamente, nel caso di specie va dato seguito all’orientamento di questo Tribunale – su cui peraltro si tornerà infra – che ha ravvisato l’inammissibilità di ricorso proposto avverso un parere ex art. 146 D. Lgs. 42/2004 tardivamente emesso, atteggiandosi quest’ultimo alla stregua di “ atto endoprocedimentale, è ex se inidoneo a ledere l’interesse legittimo, di natura pretensiva, di cui è titolare il ricorrente, il quale potrà eventualmente dolersene se e nella misura in cui i relativi contenuti ostativi saranno, eventualmente, fatti propri dal Comune (…) in sede di adozione del provvedimento finale (cfr. Consiglio di Stato sez. VI, 18/12/2019, n. 8538) ” (cfr. TA.R. Lazio, Sez. II quater, 21.05.2020, n. 5383 e 25.06.2020, n. 7097).
4. Tanto precisato in via pregiudiziale, si rammenta che, ai sensi dell’art. 146, comma 5, del D. Lgs. n. 42/2004, sull’istanza di autorizzazione paesaggistica si pronuncia la regione, dopo avere acquisito il parere “ vincolante ” del soprintendente in relazione agli interventi da eseguirsi su immobili ed aree sottoposti a tutela dalla legge o in base alla legge.
Il medesimo arti. 146 prevede che “ 8. Il soprintendente rende il parere di cui al comma 5 (…) entro il termine di quarantacinque giorni dalla ricezione degli atti. Il soprintendente, in caso di parere negativo, comunica agli interessati il preavviso di provvedimento negativo ai sensi dell'articolo 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241. Entro venti giorni dalla ricezione del parere, l’amministrazione provvede in conformità.