TAR Roma, sez. 2Q, sentenza 2023-11-14, n. 202316994

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2Q, sentenza 2023-11-14, n. 202316994
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202316994
Data del deposito : 14 novembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/11/2023

N. 16994/2023 REG.PROV.COLL.

N. 08620/2020 REG.RIC.

N. 11306/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8620 del 2020, proposto da
Mindcapital Oü, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati A C, M D G e M M T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Commissione Nazionale per Le Società e La Borsa, in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Maria Gioconda De Gaetano Polverosi, Gianfranco Randisi e Matteo Musitelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



sul ricorso numero di registro generale 11306 del 2020, proposto da
Mindcapital Ou, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati A C, M D G e M M T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Commissione Nazionale per Le Società e La Borsa - Consob, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Maria Gioconda De Gaetano Polverosi, Maria Letizia Ermetes, Gianfranco Randisi e Matteo Musitelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

quanto al ricorso n. 8620 del 2020:

della Delibera n. 21456/2020 della CONSOB recante “Sospensione, ai sensi dell'art. 99, comma 1, lett. b), del D. lgs. n. 58/1998, dell'offerta al pubblico avente ad oggetto dell'offerta al pubblico avente ad oggetto investimenti di natura finanziaria posta in essere da Mindcapital Oü tramite il sito internet https://mind.capital” del 23.07.2020, e successivamente pubblicato e comunicato, nonché avverso ogni altro atto e/o provvedimento ad esso presupposto, connesso e/o conseguente, anche se sconosciuto, nonché e per l'annullamento ove occorrer possa del Regolamento n. 11971/98 della CONSOB di cui è menzione nel provvedimento impugnato, laddove erroneamente letto ed applicato alla fattispecie, in quanto presupposto legittimante l'adozione del provvedimento di sospensione quivi censurato;

NONCHÉ PER LA CONDANNA EX ART. 30 C.P.A. della CONSOB, a favore della Ricorrente al risarcimento in forma specifica pecuniaria del danno subito dalla Ricorrente stessa, nella misura subìta e provata nel presente ricorso ovvero con riserva di meglio quantificare nel corso del presente giudizio, ovvero in via equitativa anche in relazione al danno di immagine, con rifusione degli onorari e delle spese di giudizio, oltre al rimborso del contributo unificato;

quanto al ricorso n. 11306 del 2020:

della Delibera n. 21547/2020 della CONSOB recante “Divieto, ai sensi dell'art. 99, comma 1, lett. d), del D. lgs. n. 58/1998, dell'offerta al pubblico di investimenti di natura finanziaria posta in essere da Mindcapital Oü tramite il sito internet https://mind.capital” del 21.10.2020, successivamente pubblicata e notificata il 22.10.2020, nonché avverso ogni altro atto e/o provvedimento ad esso presupposto, connesso e/o conseguente, anche se sconosciuto, nonché e per l'annullamento ove occorrer possa del Regolamento n. 11971/98 della CONSOB di cui è menzione nel provvedimento impugnato, laddove erroneamente letto ed applicato alla fattispecie, in quanto presupposto legittimante l'adozione del provvedimento di divieto quivi censurato,

NONCHÉ PER LA CONDANNA EX ART. 30 C.P.A. della CONSOB, a favore della Ricorrente al risarcimento in forma specifica pecuniaria del danno subito dalla Ricorrente stessa, nella misura subìta e provata nel presente ricorso ovvero, mediante espressa riserva di ulteriore produzione e/o indicazione, nella differente somma e/o importo che potrà essere meglio quantificata e precisata nel corso del presente giudizio;
quantificazione a determinarsi anche in via equitativa in relazione e per l'effetto del danno di immagine subito e di quanto avviene in conseguenza del pregiudizio arrecato dalla inibitoria;
oltre, espressamente, alla integrale rifusione delle spese di lite che devono ritenersi anche inclusive della restituzione del “contributo unificato”;


Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze e della Commissione Nazionale per Le Società e La Borsa - Consob;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 31 ottobre 2023 la dott.ssa Francesca Santoro Cayro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con ricorso R.G. n. 8620/2020, notificato in data 20 ottobre 2020 e depositato in data 28 ottobre 2020, la Società in epigrafe, avente sede legale in Estonia e priva di stabile rappresentanza in Italia, è insorta avverso la delibera n. 21456 del 23 luglio 2020, con la quale la CONSOB disponeva la sospensione per un periodo di novanta giorni, ai sensi dell’art. 99, comma 1, lett. b) , del d. lgs. n. 58/1998 (TUF), dell’offerta al pubblico avente ad oggetto investimenti di natura finanziaria posta in essere dalla medesima Mindcapital Oü tramite il sito internet https://mind.capital, avendo appurato la sussistenza degli elementi contemplati dalla definizione di “ offerta al pubblico di prodotti finanziari ” fornita dall’art. 1, comma 1, lettera t) , del TUF nonché la mancanza della preventiva comunicazione alla Consob, corredata dalla trasmissione del prospetto informativo destinato alla pubblicazione, come richiesti dall’art. 94 del medesimo Testo unico.

2. La società ha dedotto un unico motivo, rubricato “ Violazione ed erronea applicazione dell’art. 94, comma 4, del TUF, anche in relazione alla documentazione CONSOB del 19.3.2019, denominato Documento per la discussione circa le “offerte iniziali e gli scambi di cripto-attività” e relativo “rapporto finale” del 2.1.2020. Violazione ed erronea applicazione del D.lgs n. 58/98 e del Regolamento Consob n. 11971/98. Eccesso di potere per erroneità nei presupposti, difetto di istruttoria – anche in violazione e relazione all’art.1 e seguenti della L. n.241/1990 ed s.m.i.-, perplessità ed illogicità manifesta e difetto di motivazione. Violazione e/o erronea applicazione della L. n. 8/2020 in relazione alla fattispecie concreta ”, chiedendo l’annullamento dell’atto impugnato e la condanna della CONSOB al risarcimento dei pregiudizi subiti ex art. 30 cod. proc. amm., quantificati, quanto al danno economico, in euro 1.000,00 per ogni giorno di sospensione/oscuramento del sito e, quanto al danno all’immagine, da liquidarsi in corso di giudizio o in via equitativa da parte del giudice.

3. Con successivo ricorso R.G. n. 11306/2020, notificato in data 17 dicembre 2020 e depositato il 24 dicembre 2020, la Mindcapital Oü ha impugnato la successiva delibera n. 21547 del 21 ottobre 2020, notificata alla Società in data 22 ottobre 2020 e pubblicata sul Bollettino Consob n. 10.2 del 3 novembre 2020, con la quale la predetta Autorità aveva disposto il divieto, ai sensi dell’art. 99, comma 1, lett. d) , del TUF, della medesima offerta al pubblico, accertata la violazione della normativa di cui all’art. 94 TUF.

4. La ricorrente deduce, con un primo motivo, la “ Violazione dell’art. 195-bis del TUF nonché dell’art.

8-bis del Regolamento sul Procedimento Sanzionatorio della CONSOB (di cui alla Delibera n. 18750 del 19 dicembre 2013 e ss. m. e i.)
”, nonché, con un secondo mezzo, “ Violazione ed erronea applicazione dell’art. 94 del TUF, anche in relazione alla documentazione CONSOB del 19.3.2019 (Documento per la discussione circa le “offerte iniziali e gli scambi di cripto-attività” e relativo “rapporto finale” del 2.1.2020). Violazione ed erronea applicazione del D. lgs n. 58/98 e del Regolamento Consob n. 11971/98. Eccesso di potere per erroneità nei presupposti, difetto di istruttoria, perplessità ed illogicità manifesta e difetto di motivazione ”, chiedendo l’annullamento del provvedimento impugnato nonché la condanna della CONSOB al risarcimento dei pregiudizi subiti ex art. 30 cod. proc. amm., quantificati, quanto al danno economico, in euro 1.000,00 per ogni giorno di oscuramento del sito e, quanto al danno all’immagine, da liquidarsi in corso di giudizio o in via equitativa da parte del giudice.

5. Si sono costituiti in entrambi i giudizi il Ministero dell’Economia e delle finanze, al fine di ottenere la propria estromissione per difetto di legittimazione passiva, e la CONSOB, eccependo l’improcedibilità del primo ricorso per sopravvenuto difetto di interesse, avendo la delibera n. 21456/2020 cessato di produrre ogni effetto, e comunque la sua infondatezza nel merito, e chiedendo il rigetto del secondo ricorso, anche con riferimento alla domanda risarcitoria, secondo quanto precisato con le memorie difensive prodotte ai sensi dell’art. 73 cod. proc. amm. (cfr. deposito del 26 maggio 2023 in relazione ad entrambi i giudizi).

6. Anche la Società ha presentato memoria illustrativa con cui insiste per l’accoglimento dei propri gravami (cfr. deposito dell’11 maggio 2023 per entrambi i giudizi).

7. In vista dell’udienza di discussione del ricorso entrambe le parti hanno depositato memoria di replica (in data 1° giugno 2023 la ricorrente e 13/14 ottobre 2023 la CONSOB).

8. All’udienza pubblica del 31 ottobre 2023 entrambi i ricorsi sono stati discussi e trattenuti in decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente va disposta la riunione dei due ricorsi R.G. n. 8620/2020 e n. 11306/2020, sussistendo evidenti profili di connessione soggettiva e oggettiva (sotto quest’ultimo profilo, infatti, si precisa che le due impugnative concernono provvedimenti aventi ad oggetto la medesima operazione, che la CONSOB ha dapprima sospeso in via cautelare e, successivamente, vietato in via definitiva, nell’esercizio dei poteri di cui all’art. 99, co. 1 TUF).

2. Va poi disposta l’estromissione dal giudizio del Ministero dell’economia e delle finanze per difetto di legittimazione passiva, non essendo stati impugnati provvedimenti al medesimo riferibili.

3. Ciò precisato in via preliminare, il ricorso R.G. n. 8620/2020, come eccepito dalla difesa dell’Autorità di vigilanza, è improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse ai sensi dell’art. 35, co. 1, lett. c) cod. proc. amm., in quanto esperito avverso un provvedimento che ha oramai esaurito i propri effetti, avendo esso disposto, in via cautelare, la sospensione dell’offerta al pubblico posta in essere dalla Società ricorrente per un periodo di 90 giorni ai sensi dell’art. 99, comma 1, lett. b) , del TUF (“ La Consob può (…) sospendere in via cautelare, per un periodo non superiore a novanta giorni, l’offerta avente ad oggetto prodotti diversi da quelli di cui alla lettera a) [i.e., ovvero strumenti finanziari comunitari], in caso di fondato sospetto di violazione delle disposizioni del presente capo o delle relative norme di attuazione ”).

Non osta alla declaratoria di improcedibilità la domanda di condanna ex art. 30 cod. proc. cod. contenuta nel suddetto ricorso, essendo stata questa reiterata, con formulazione pressoché identica, con il gravame successivamente instaurato, sicché la medesima sarà scrutinata nel merito con riferimento a tale seconda impugnativa.

4. Passando ora allo scrutinio del suddetto ricorso R.G. n. 11306/2020, va innanzitutto esaminata la domanda di annullamento ex art. 29 cod. proc. amm. esperita avverso la delibera n. 21547/2020, con la quale l’Autorità di vigilanza ha vietato in via definitiva l’offerta pubblicizzata dalla Società (precedentemente sospesa in via cautelare) ai sensi del citato art. 99, co. 1, lett. d) TUF (“ La Consob può (…) vietare l'offerta in caso di accertata violazione delle disposizioni o delle norme indicate nelle lettere a) o b) ”).

5. Con il primo mezzo la ricorrente lamenta la violazione, sotto diversi profili, delle norme procedimentali che disciplinano l’esercizio dei poteri sanzionatori della CONSOB (segnatamente, gli artt. 195-bis TUF e 8-bis del Regolamento sul Procedimento Sanzionatorio adottato con la Delibera n. 18750 del 19 dicembre 2013).

5.1. In primo luogo, avendo la richiamata normativa congegnato un sistema di pubblicazione delle sanzioni che contempla anche la menzione dell’avvenuta presentazione di un’azione giudiziaria (“ Il provvedimento di applicazione delle sanzioni previste dal presente decreto è pubblicato senza ritardo e per estratto nel sito internet della Banca d'Italia o della Consob, in conformità alla normativa europea di riferimento. Nel caso in cui avverso il provvedimento di applicazione della sanzione sia adita l'autorità giudiziaria, la Banca d'Italia o la Consob menzionano l'avvio dell'azione giudiziaria e l'esito della stessa a margine della pubblicazione ”), la ricorrente deduce che l’Autorità non avrebbe il potere di emettere un provvedimento definitivo laddove sia ancora pendente un ricorso, appunto perché, in tale evenienza, non potrebbe essere rispettata la norma che impone di dare notizia circa l’esito del giudizio: ciò è quanto si sarebbe verificato nel caso di specie, atteso che, alla data di adozione della delibera n. 21547/2020, ancora pendeva il ricorso esperito dalla Società avverso il precedente provvedimento di sospensione dell’offerta, e la medesima delibera non reca alcuna indicazione in merito alla pendenza di tale impugnazione.

Tali censure sono destituite di fondamento, atteso che le disposizioni richiamate si riferiscono unicamente ai provvedimenti di natura sanzionatoria adottati dalla CONSOB (che peraltro esulano dalla giurisdizione di questo Tribunale), laddove quelli per cui oggi è causa sono stati adottati nell’esercizio dei diversi poteri contemplati dall’art. 99, co. 1, lett. b) e d) del TUF, finalizzati “ alla tutela degli investitori nonché all'efficienza e alla trasparenza del mercato del controllo societario e del mercato dei capitali ”, giusta il disposto dell’art. 91 TUF (in tal senso è dirimente anche la strutturazione del Testo unico del 1998, che disciplina i poteri cautelari e interdittivi da ultimo citati nella parte IV, “Disciplina degli emittenti”, e quelli sanzionatori nella successiva parte V, il cui Titolo II, artt. 187 bis e ss., è dedicato per intero alle “ sanzioni amministrative ”).

Ciò precisato, nessuna disposizione (né di legge, né di fonte regolamentare) prescrive che, nel provvedimento con cui viene disposto il divieto di un’offerta al pubblico, debba essere fatta menzione dell’eventuale proposizione di un ricorso avverso il precedente provvedimento di sospensione della medesima offerta.

Peraltro, come convincentemente eccepito dalla difesa CONSOB, la tesi di parte comporterebbe un inammissibile depotenziamento degli strumenti di tutela degli investitori offerti dall’ordinamento, con conseguente vulnus agli interessi pubblici che il legislatore ha inteso salvaguardare, considerata l’efficacia temporalmente limitata della sospensione (destinata ad esaurire i propri effetti una volta decorsi i 90 giorni dall’adozione del relativo provvedimento).

A ciò si aggiunga che il citato art. 99 TUF contempla i due poteri cautelare e interdittivo separatamente, sicchè non può ritenersi che, in qualche misura, il secondo sia accessorio o subordinato al primo, e ciò anche avuto riguardo alla diversa formulazione letterale delle disposizioni di cui alle lett. b) e d) , potendo la sospensione essere disposta in caso di “ fondato sospetto di violazione ”, laddove il divieto definitivo consegue alla “ accertata violazione ” delle disposizioni del Testo unico.

5.2. In secondo luogo, la ricorrente deduce che la delibera n. 21547/2020 del 21 ottobre 2020 sarebbe viziata da difetto di istruttoria e di partecipazione procedimentale, non avendo la Consob minimamente considerato le argomentazioni spese nel precedente ricorso R.G. n. 8620/2020, ad essa già notificato a quella data, le quali, se valutate, avrebbero potuto escludere l’adozione del successivo provvedimento inibitorio o comunque condurre ad una motivazione “adeguata”, né quantificato i clienti “contattati o “sollecitati” all’investimento” ovvero i capitali che sarebbero stati investiti.

Al riguardo si osserva che non è ravvisabile alcuna violazione delle garanzie partecipative a detrimento della ricorrente, avendole la Consob richiesto, anteriormente all’adozione del gravato provvedimento, specifiche informazioni circa l’operazione pubblicizzata sul sito web https://mind.capital, proprio al fine di valutare l’eventuale sussistenza, nel caso di specie, di un’offerta al pubblico di prodotti finanziari: come documentalmente provato, detta richiesta è stata trasmessa con nota prot. 556477 dell’11 giugno 2020, inoltrata alla Società sia tramite pec, sia a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, ed entrambe le forme comunicative risultano andate a buon fine (cfr. doc. 10, 10-bis e 10-ter allegati alla memoria di costituzione dell’Autorità).

Ne consegue che la Società è stata messa pienamente nelle condizioni di presentare le proprie controdeduzioni e osservazioni in sede procedimentale (peraltro, nella memoria del 14 ottobre 2023 la CONSOB dà atto che, in data 29 luglio 2020, sul profilo Facebook formalmente intestato a “Mind capital distributore” la Società notiziava gli utenti circa il fatto che il proprio dipartimento legale stava predisponendo una “ risposta tempestiva e formale ” ai rilievi mossi dall’Autorità, ma tale riscontro non è stato mai effettivamente fornito).

In merito, poi, all’asserita mancata completezza dell’istruttoria, coglie nel segno l’osservazione della resistente amministrazione secondo cui, da un lato, la pubblicizzazione di un’offerta al pubblico effettuata tramite un sito web, come tale indirizzata a chiunque possa accedere ad internet, esclude la possibilità di un’attendibile quantificazione numerica dei clienti “sollecitati” all’investimento, mentre, dall’altro, essendo i poteri previsti dall’art. 99 TUF finalizzati ad evitare che, pro futuro , i soggetti oblati possano assumere una decisione di investimento in assenza delle necessarie informazioni, comunque non assumono rilievo i profili afferenti al numero dei soggetti già raggiunti dall’offerta abusiva e alla consistenza dei capitali già raccolti.

6. Le censure dedotte con il secondo mezzo si appuntano sulla “sostanza” dell’operazione, mirando essenzialmente a contestare che, nel caso di specie, ricorrano i presupposti cui il TUF (e segnatamente l’art. 94, di cui è stata accertata la violazione) àncora l’obbligo di preventiva comunicazione alla CONSOB, con trasmissione di un prospetto informativo.

7. Procedendo con ordine, va precisato che l’offerta era stata posta in essere dalla Mindcapital tramite il proprio sito web https://mind.capital, i cui contenuti erano disponibili anche in lingua italiana, e consisteva nell’acquisto di un quantitativo minimo pari a “ 40 MCcoin ”, o meglio, come si leggeva nella sezione denominata “Come posso partecipare”, di un quantitativo compreso tra “40 e 100.0000” (il sito precisava che “ MCcoin è il nostro token di uso esclusivamente interno ”, con valore inalterabile pari a “ 1 MCcoin = 1 USD ”, senza “ ICO né variazione di prezzo ”), tramite la compilazione di un “formulario di registrazione” disponibile anche per gli utenti italiani in forma gratuita, con l’unica condizione di “ essere raccomandati ” (cd “programma di referral”). Una volta realizzato l’acquisto, l’utente sarebbe entrato a far parte di “ un sistema ad alto rendimento alla portata di tutti ”, che consentiva di “ ottenere rendimenti dai criptoattivi ” (detto sistema era descritto dal sito come “ sistema d’investimento, ad alta tecnologia, per rendere redditizi i criptoattivi ed è capitanato da Gonzalo García-Pelayo – che risulta essere il legale rappresentante della Mindcapital, n.d.r. – insieme a un team internazionale di esperti in matematica, economia e tecnologia. Dopo vari anni di ricerca in tecnologia blockchain, siamo capaci di studiare, in tempo reale, l’evoluzione dei principali criptoattivi e il loro prezzo di vendita in diverse valute e di trovare i momenti ottimali per l’acquisto e la vendita ”). L’utente avrebbe quindi ricevuto quotidianamente sul proprio conto “ i rendimenti ottenuti il giorno precedente ”, una volta sottratta una percentuale pari al 35% “ per le spese di gestione e manutenzione ”, con possibilità di ricevere bonus extra legati ad un piano di affiliazione.

Nella memoria difensiva della CONSOB si dà poi atto che, in sede istruttoria, era stata ravvisata una discordanza tra le informazioni presenti nelle diverse sezioni del sito in merito alla forma di corresponsione sia dell’apporto iniziale sia dei rendimenti periodici: da una parte, infatti, si leggeva che l’utente “ realizza un deposito e seleziona l’importo a partire da 100$ ” (importo minimo che poi, a seguito delle ulteriori verifiche condotte dall’Autorità, sarebbe risultato essere pari a “ 40 Mc Coins ”) e “ la redditività si versa quotidianamente in dollari sul conto di ogni investitore (salvo i fine settimana ed i giorni festivi )”, mentre il documento “ Aviso legal ”, redatto in lingua spagnola, precisava che il conferimento andava effettuato in “bitcoin”, i pagamenti sarebbero stati effettuati in “MCcoin” direttamente sul conto aperto sul sito e il saldo avrebbe potuto essere ritirato in qualsiasi momento – “ siempre que se superen los 50 MCcoin y con un máximo de 10.000 Mccoin diarios ” – con prelievo “ sempre in Bitcoin ”.

All’esito delle sue verifiche la CONSOB inoltrava una richiesta di chiarimenti e informazioni alla Società (finalizzata, tra l’altro, ad illustrare le modalità di emissione dei “MCcoin” e i diritti amministrativi e patrimoniali attribuiti ai soggetti che li detengono), rimasta (come detto) inevasa.

Alla luce delle evidenze acquisite, l’Amministrazione riteneva che la proposta negoziale pubblicata sul sito https://mind.capital/it fosse qualificabile alla stregua di offerta al pubblico di “prodotti finanziari” - diversi dagli “strumenti finanziari”, secondo la definizione di cui all’art. 1, comma 1, lett. u) TUF - stante la rilevata compresenza di tutti gli elementi costitutivi di tale fattispecie (impiego di capitale, promessa/aspettativa di un rendimento di natura finanziaria, assunzione di un rischio direttamente connesso e correlato al predetto impiego di capitale) e ritenuti, altresì, sussistenti gli estremi dell’offerta ai sensi del medesimo art. 1, comma 1, lett. t) , TUF [integrati da: (i) la circostanza che l’attività ha per oggetto prodotti finanziari; (ii) la presenza di una comunicazione volta a far acquistare detti prodotti finanziari; (iii) la circostanza che la comunicazione de qua sia rivolta al pubblico residente in Italia].

Ebbene, veniva altresì accertato che in relazione alla descritta attività non era stata effettuata alcuna preventiva comunicazione all’Istituto, né tantomeno trasmesso l’apposito prospetto informativo destinato alla pubblicazione, in violazione della disciplina di cui all’art. 94 TUF (tale disposizione, nella versione pro tempore vigente , prevedeva, al comma 1, che “ coloro che intendono effettuare un’offerta al pubblico pubblicano preventivamente un prospetto ”, dando preventiva comunicazione alla CONSOB della offerta, con allegazione del prospetto destinato alla pubblicazione previa approvazione da parte dell’Autorità, precisando, al successivo comma 2, contenuto e funzioni di tale prospetto di offerta: “ Il prospetto contiene, in una forma facilmente analizzabile e comprensibile, tutte le informazioni che, a seconda delle caratteristiche dell'emittente e dei prodotti finanziari offerti, sono necessarie affinché gli investitori possano pervenire ad un fondato giudizio sulla situazione patrimoniale e finanziaria, sui risultati economici e sulle prospettive dell'emittente e degli eventuali garanti, nonché sui prodotti finanziari e sui relativi diritti. Il prospetto contiene altresì una nota di sintesi la quale, concisamente e con linguaggio non tecnico, fornisce le informazioni chiave nella lingua in cui il prospetto è stato in origine redatto. Il formato e il contenuto della nota di sintesi forniscono, unitamente al prospetto, informazioni adeguate circa le caratteristiche fondamentali dei prodotti finanziari che aiutino gli investitori al momento di valutare se investire in tali prodotti ”).

Veniva pertanto adottata la gravata delibera di divieto ai sensi dell’art. 99, comma 1, lett. d) TUF.

Provvedimenti analoghi (come dedotto dalla resistente amministrazione nella propria memoria difensiva), sono stati emanati anche dalle Autorità di vigilanza del Texas e del Kazakistan, che al pari hanno qualificato l’operazione pubblicizzata sul sito internet della Società quale offerta di prodotti finanziari, oltre ad un “warning” diramato dalla competente Autorità di vigilanza spagnola.

8. Tanto premesso, la Società ricorrente, in prima battuta, fa leva sull’assenza, nell’ambito del nostro ordinamento, di una compiuta disciplina normativa (di fonte legislativa e/o regolamentare) precipuamente applicabile alla propria attività “ attuata a valere su «criptoattivi» ”, per la quale consterebbe unicamente un mero advice emanato in materia dalla ESMA ( European Securities and Markets Authority ) per la Commissione Europea, oltre ad un documento della CONSOB del 19 marzo 2019, denominato “Documento per la discussione circa le offerte iniziali e gli scambi di cripto-attività”, e relativo “rapporto finale” del 2 gennaio 2020.

In secondo luogo, si tratterebbe di attività che, per i suoi “ evidenti caratteri di novità ”, ben difficilmente può essere ricondotta nell’alveo dei prodotti finanziari: a supporto di tale tesi richiama alcuni chiarimenti forniti dalla stessa CONSOB sul proprio sito istituzionale circa la nozione di “criptovalute” e la “gestione e il funzionamento degli exchange di cripto-attività”, che sarebbero sottratti alla riserva di attività ai sensi del c.d. Regolamento MiFID II (n. 2014/65/EU), e sottolinea le differenze intercorrenti tra un autentico investimento finanziario e l’operazione posta in essere, riconducibile ad una mera “ contrattazione privata ” in cui i “ partecipanti ” al sistema conferiscono alla Società non moneta circolante cd. fiat, bensì “criptoattivi” (“ come in una ordinaria ipotesi di negozio privatistico retto dalle c.d. regole civilistiche ”), senza prendere parte ad una “ piattaforma di scambio ovvero ad una attività di regolamento e/o negoziazione di cripto-attività ” ma con “ la diversa finalità di (…) partecipazione agli utili che la Società può generare, in riferimento all’utilizzo di propri sistemi di calcolo e statistici, quale profitto societario che può essere causato dall’andamento delle criptovalute stesse ”. La ricorrente, pertanto, contestata sia la ricorrenza dei tre elementi che concretano la nozione di “investimento di natura finanziaria”, sia la possibilità di qualificare l’attività prestata quale “offerta” e/o comunicazione rivolta al pubblico, e dunque svolta su un “mercato regolamentato”, trattandosi piuttosto di mera negoziazione tra privati.

8.1. Occorre innanzitutto muovere dalla definizione di “prodotti finanziari” di cui all’art. 1, comma 1, lett. u) TUF, che qualifica come tali gli strumenti finanziari (per i quali il comma 2 rinvia alla catalogazione offerta nella Sezione C dell'Allegato I, e dunque alla tipizzazione ivi fornita), ma anche “ ogni altra forma di investimento di natura finanziaria ”.

Trattasi di formulazione che, come già chiarito dalla Sezione in diversi precedenti (e in linea con un consolidato orientamento anche della giurisprudenza di legittimità), deve intendersi “aperta e atecnica”, in quanto congegnata in modo tale da includere, con evidenti finalità di tutela del mercato e degli investitori, qualsivoglia tipologia di operazione in cui il risparmiatore affidi il proprio denaro a terzi, al fine di ottenerne un ritorno di carattere finanziario, cioè attraverso un incremento della quantità complessiva di denaro a lui spettante, sostenendo un rischio: cfr. TA.R. Lazio, sez. II quater, 23 giugno 2018, n. 7055, secondo cui “Come più volte affermato dalla Cassazione, (…) tale nozione rappresenta «la risposta legislativa alla creatività del mercato ed alla molteplicità degli strumenti offerti al pubblico, nonchè all'esigenza di tutela degli investitori, in maniera da permettere la riconduzione nell'ambito della disciplina di protezione pure delle operazioni innominate. Sebbene non sia tipizzato dal testo unico, il contratto di investimento si presta ad assurgere a forma giuridica di ogni investimento di natura finanziaria, ai sensi del citato art. 1, comma 1, lett. u). L'atipicità del contratto riflette la natura aperta ed atecnica di prodotto finanziario che consente di ricondurre nell'ambito della disciplina di protezione dettata dal testo unico anche forme innominate di prodotti finanziari». L'investimento di natura finanziaria comprende, quindi, ogni conferimento di una somma di denaro da parte del risparmiatore con un'aspettativa di profitto o di remunerazione, vale a dire di attesa di utilità a fronte delle disponibilità investite nell'intervallo determinato da un orizzonte temporale, e con un rischio (…) (Cass. Civile, sezione II, n. 2736 del 5 febbraio 2013;
28 febbraio 2018, n. 4642)” (v. anche T.A.R. Lazio, sez. II quater, 7 febbraio 2019, n. 1599;
id., 29 marzo 2019, n. 4197;
16 luglio 2020, n. 8192).

Si tratta, pertanto, di una nozione generica ed onnicomprensiva, idonea a comprendere ogni forma di raccolta di risparmio con finalità di investimento o speculative, includendo quindi qualsiasi attività “idonea a convogliare risorse finanziarie, raccolte fra il pubblico, verso iniziative di investimento o disinvestimento che attribuiscano un rendimento di natura finanziaria, sottoponendo l'investitore al relativo rischio, e rendano necessario predisporre adeguate misure di tutela sotto il profilo della correttezza dei comportamenti e della trasparenza dell'informazione” (cfr. sent. n. 1599/2019, cit.), e dunque ipotesi nelle quali sia comunque ravvisabile una “causa finanziaria”, intendendo come tale quelle fattispecie negoziali in cui la ragione giustificativa del contratto (e non il suo semplice motivo interno, privo di rilevanza qualificante) consiste proprio nell’investimento del capitale (il "blocco" dei risparmi), senza l’apporto di prestazioni da parte dell’investitore diverse da quella di dare una somma di denaro, con la prospettiva dell’accrescimento delle disponibilità investite, e con sussistenza del “rischio emittente” in capo all’investitore (cfr. Cass. Civ., sent. n. 2736/2013).

Tanto rende irrilevante l’inesistenza (alla data di adozione del gravato provvedimento) di una normativa italiana specificamente dedicata all’attività, asseritamente del tutto “innovativa”, svolta dalla Società (che la ricorrente inquadra nel mondo delle “criptovalute”, deducendo di essere impegnata in operazioni di “arbitraggio” su critpo-attivi, profilo su cui insiste proprio al fine di evidenziare l’assenza di un quadro regolamentare certo), avendo di contro la difesa di CONSOB condivisibilmente eccepito che l’attività economica esercitata da un emittente non influenza in alcun modo la natura di “prodotto finanziario” (o meno) degli strumenti che il medesimo operatore offre al pubblico per finanziarsi. In altri termini, ad assumere rilievo è la connotazione di ciò che viene prospettato e “reclamizzato” dall’emittente quale contropartita della dazione di capitale: sotto questo diverso profilo, l’ampia formulazione di “prodotti finanziari” consente di ricomprendere al suo interno tutte le molteplici e svariate fattispecie di impiego di capitale di rischio, in continua espansione ed evoluzione grazie alla smisurata creatività dell’ingegneria finanziaria, tra cui è da annoverarsi anche l’operazione oggetto del gravato provvedimento di divieto.

Per tale ragione non hanno pregnanza, nel caso di specie, le normative richiamate dalla parte nei propri scritti difensivi, quali il Regolamento MiFID II (recante riserva di attività in materia di prestazione di servizi e attività di investimento), in combinato con il documento pubblicato dalla Consob in data 19 marzo 2019 e relativo alle “offerte iniziali e gli scambi di cripto-attività”, avendo la stessa ricorrente espressamente escluso di operare come “exchange di cripto-attività” (e fatto salvo peraltro quanto di seguito si preciserà), ovvero quelle (peraltro sopravvenute alla data di adozione del provvedimento) di cui alla Legge 29 dicembre 2022, n. 197 (in materia di trattamento fiscale delle cripto-attività) e al Regolamento “MiCA” n. 2023/1114, in quanto trattasi di plessi normativi che di per sé non concernono l’offerta di prodotti finanziari.

Ne consegue l’infondatezza del primo ordine di censure.

Ciò che rileva, all’opposto, è la compresenza dei tre elementi che la prassi oramai consolidata dell’Autorità di vigilanza ha individuato come costitutivi della nozione di “investimento di natura finanziaria”, ossia: i) l’impiego di capitale; (ii) una promessa/aspettativa di rendimento di natura finanziaria; (iii) l’assunzione di un rischio connesso al suddetto impiego di capitale.

8.2. Tale precisazione consente di passare al vaglio dell’ulteriore ordine di censure dedotte con il secondo mezzo, che si appuntano proprio sull’asserita inesistenza dei suddetti elementi.

Anche tali doglianze sono destituite di fondamento.

Al riguardo si osserva che l’accertamento tecnico-discrezionale compiuto dall’Autorità di vigilanza appare scevro da macroscopiche illogicità e sorretto da un’istruttoria completa e una motivazione sufficiente ed esaustiva, che le argomentazioni proposte dalla ricorrente non sono idonee a scalfire.

Principiando dall’esame dell’elemento sub i) , la ricorrente fa leva sulla circostanza che l’impiego di capitale deve intendersi quale dazione di moneta avente corso legale (cd moneta “fiat”), laddove nel caso di specie l’apporto dei partecipanti avveniva in valuta virtuale, effettuando poi un puntamento sul fatto che i c.d. “MC Coin” presenti nel sito – il cui valore è rapportato alla divisa monetaria Dollari statunitensi – non rappresentano di per sé alcuna moneta e/o valore commercializzabile sui mercati di riferimento, trattandosi di “ mero sistema di valorizzazione interno che costituisce il parametro di riferimento per verificare il valore di quanto viene conferito inizialmente ”.

In disparte le incongruenze presenti sul sito circa le modalità dell’apporto iniziale (di cui si è dato atto), e anche a voler soprassedere sulla circostanza che la Società non ha mai chiarito, in sede procedimentale, in cosa esattamente consistessero detti “McCoin”, ad ogni buon conto si osserva che il previsto apporto tramite “bitcoin”, e dunque l’utilizzo iniziale di una cripto-valuta, non è di per sé sufficiente ad escludere che vi sia un impiego di capitale: la moneta virtuale è pur sempre una “rappresentazione (digitale) di valore”, e dunque esprime una ricchezza economica, con risultato che la medesima è impiegabile anche per operazioni di investimento, oltre che di pagamento (cfr. recente Cass. Pen. 14 settembre 2023, n. 37767, nonché ancora Cass. pen., 22 novembre 2022, n. 44378).

Oltretutto, lo stesso documento pubblicato dalla Consob in data 19 marzo 2019, citato dalla ricorrente a supporto della propria tesi, precisa che “ resta fermo che parte degli investimenti rientranti nella nuova categoria delle cripto-attività potrebbero integrare anche gli elementi definitori del prodotto finanziario (di cui all’articolo 1, comma 1, lett. u), del TUF), in quanto comunque caratterizzati dall’investimento di un capitale finanziario, dall’assunzione del relativo rischio e da un’aspettativa di rendimento ”.

Tanto precisato, l’operazione è strutturata in modo tale che l’utente che si accinga a partecipare al “sistema” ideato dalla Mindcapital lo faccia tramite l’acquisto di un quantitativo di tali “McCoin”, contenuto in un predeterminato range : in altri termini, è indiscutibile che il “partecipante” impieghi, a tal proposito, un proprio capitale, e dunque utilizzi fondi propri.

Oltretutto, l’aver previsto un sistema di “valorizzazione” di detto “ token interno ” tale per cui “ 1 MCcoin = 1 USD, senza ICO né variazione di prezzo ” consente comunque di correlarlo ad una valuta avente corso legale, permettendo all’utente di avere una stima esatta di quale fosse il valore dell’importo inizialmente conferito.

In altri termini, non è fondatamente predicabile che l’operazione di cui trattasi non preveda l’apporto di un determinato capitale.

Il gravato provvedimento ha dato poi conto anche della ricorrenza degli ulteriori elementi sub ii) e iii) .

Quanto alla promessa/aspettativa di un rendimento di natura finanziaria, il sistema è stato congegnato in modo tale da prospettare un ritorno economico a fronte del capitale originariamente investito, quantificato in una percentuale pari al 65% degli “utili” conseguiti dalla società nell’ambito della propria attività di arbitraggio in cripto-valute e nel corso della giornata precedente, accreditato mediante incremento del saldo di “MCcoin” presente sul conto di ciascun investitore (quantunque, come sopra accennato, in altra sezione del sito fosse stata offerta l’indicazione che la corresponsione sarebbe avvenuta in dollari statunitensi), con possibilità per l’utente di ritirare detto saldo ricevendo una corrispondente quantità di Bitcoin (calcolata in base a un preteso cambio giornaliero “MCcoin”/Bitcoin).

Non è convincente la tesi di parte mirante a disconoscere la natura “finanziaria” di tale rendimento facendo leva sull’asserita partecipazione agli “utili” societari, atteso che ai partecipanti era stata comunque prospettata un’utilità a fronte della mera dazione di capitale: in altri termini, è stato reclamizzato un impiego redditizio del capitale apportato, con l’aspettativa di un accrescimento della disponibilità originariamente investita.

Peraltro, attesa la sussistenza di una stabile correlazione dei “token interni” ad una valuta avente corso legale (il dollaro), secondo la sopra riferita equazione “1 MCcoin = 1 USD”, il partecipante era comunque in grado di quantificare esattamente il valore (in termini di moneta corrente) del rendimento conseguito, sicchè anche sotto tale profilo non può fondatamente escludersi la natura “finanziaria” del ritorno economico prospettato.

Né è condivisibile l’assunto, che si legge in alcuni punti del ricorso, secondo cui quella periodica sarebbe piuttosto una “ remunerazione connessa al rimborso di un prestito ”: non solo questa asserzione appare in contrasto con la riferita assimilazione dei rendimenti ai “dividendi” societari (contenuta in altra parte degli scritti difensivi della ricorrente), ma comunque non sono alcun modo ravvisabili, nella fattispecie de qua , i tratti di un “prestito”, ossia dazione di un determinato capitale (anche eventualmente espresso in “bitcoin”) con obbligo di corresponsione del tantundem .

In connessione con quanto ora argomentato va precisato che non è stata convincentemente dimostrata nemmeno l’assenza dell’ulteriore elemento cui è ancorata la nozione di investimento finanziario, ossia la presenza di un rischio (cd “emittente”) in capo all’utente, dovendo questo ritenersi implicito nella possibilità che la piattaforma non fosse in grado di assicurare non soltanto alcun rendimento, ma neppure la restituzione del capitale inizialmente apportato, considerato che, al momento della “uscita” dal sistema, era previsto che l’utente potesse unicamente ritirare il saldo accreditato sul proprio conto, e non anche pretendere il rimborso dell’importo originariamente investito (del resto, nella memoria CONSOB si legge che nella sezione “domande frequenti” del sito si precisava che “ se è vero che fino al momento i nostri risultati sono stati positivi, operare sul mercato di criptoattivi comporta un alto livello di rischio […]. Quando si acquistano criptoattivi dobbiamo essere consapevoli di tutti i rischi associati e avere ben presente che un’alta redditività implica sempre il dover assumere maggiori rischi ”).

In ultima analisi, è del tutto condivisibile la ricostruzione compiuta dall’Autorità di vigilanza, che ha ricondotto l’operazione de qua (impiego di un capitale sotto forma di dazione di cripto-valute al fine di partecipare alla percezione degli utili generati dallo svolgimento di un’attività di arbitraggio in cripto-attivi, e dunque con l’aspettativa di conseguire una remunerazione e sopportando il rischio di perdere quanto originariamente conferito) ad un investimento avente ad oggetto prodotti finanziari.

8.3. Da ultimo, la ricorrente deduce anche l’inesistenza dell’ulteriore presupposto richiesto ai fini dell’applicazione della disciplina dettata dal TUF, ossia il carattere pubblico dell’offerta di cui trattasi, non essendo questa rivolta ad un pubblico indeterminato di soggetti, atteso che l’accesso al conferimento era consentito soltanto tramite la cd. “referenzialità” di altri Partecipanti, e dunque la presa d’atto, da parte dei nuovi utenti, “ dell’apprezzamento e della valutazione positiva dell’attività in questione condivisa in rete da parte di chi già è Partecipante, sul modello del sentiment espresso sui social network e non attraverso la promozione diretta da parte della Società ”.

Tale assunto è sconfessato dalla conclamata pubblicizzazione dell’offerta su un sito internet liberamente accessibile dall’Italia e recante informazioni anche in lingua italiana, e dunque destinato ad un numero potenzialmente illimitato di destinatari (secondo il modello dell’offerta in incertam personam ), in termini standardizzati e uniformi e oltretutto senza che fossero previsti eventuali condizioni o limiti di investimento, reclamizzando viceversa la possibilità per “ qualsiasi persona ” di “partecipare” al “sistema” sviluppato dalla Società (del resto, come già evidenziato da questa Sezione, proprio l’utilizzo della rete internet denota una “notevole potenziale capacità diffusiva” del messaggio, equiparabile “ad un’offerta permanente rivolta alla generalità del pubblico data la sua proiezione nei confronti di un numero di soggetti potenzialmente illimitato”: cfr. sent. n. 4197/2019).

È dunque da escludersi che l’attività fosse svolta nell’ambito di una “ negoziazione privatistica e di una piattaforma di scambio tra privati ”, come la Società tenta di sostenere proprio al fine di escludere la ricorrenza, nel caso di specie, di un appello al “pubblico risparmio”.

In ultima analisi, sussistono anche gli elementi contemplati dall’art. 1, comma 1, lett. t) TUF (“ per “offerta al pubblico di prodotti finanziari” deve intendersi “ogni comunicazione rivolta a persone, in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo, che presenti sufficienti informazioni sulle condizioni dell’offerta e dei prodotti finanziari così da mettere un investitore in grado di decidere di acquistare o di sottoscrivere tali prodotti finanziari, incluso il collocamento tramite soggetti abilitati ”).

9. La domanda caducatoria esperita con il ricorso è dunque infondata.

10. L’accertata legittimità del provvedimento inibitorio adottato dalla CONSOB rende conseguentemente priva di ogni fondamento anche l’azione risarcitoria esperita con il ricorso n. 11306/2020.

11. In conclusione, il medesimo ricorso va rigettato.

12. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in favore della CONSOB nella misura indicata in dispositivo, mentre possono essere compensate nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze in ragione della sua estraneità ai provvedimenti oggetto di gravame e alle doglianze dedotte.

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