TAR Bari, sez. III, sentenza 2018-12-03, n. 201801550

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. III, sentenza 2018-12-03, n. 201801550
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 201801550
Data del deposito : 3 dicembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/12/2018

N. 01550/2018 REG.PROV.COLL.

N. 00275/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

-sul ricorso numero di registro generale 275 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Associazione Aziende Italiane Cartelli e Arredi Pubblicitari (Aicap), e Publiauto S.r.l., in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati L V, G V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. G V in Bari, via Quintino Sella n. 36;

contro

Comune Bari, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati R C, A F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. A F in Bari, via Principe Amedeo, 26;

-per l'annullamento

- della delibera del Consiglio Comunale di Bari n. 114 del 1 dicembre 2017 avente ad oggetto “Proposta di modifica del regolamento di pubblicità (del. C.C. 4/2013) – Aggiornamento del relativo regime transitorio”;

- del Regolamento sulla pubblicità del Comune di Bari approvato con delibera n. 114 del 1 dicembre 2017;

- del Piano Generale degli Impianti Pubblicitari approvato con delibera n. 73 del 2005, come richiamato in vita dalla predetta delibera n. 114 del 1 dicembre 2017 e dal relativo regolamento;

- di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale.

-per l’annullamento, previa sospensiva, chiesto con motivi aggiunti presentati da AICAP e da PUBLIAUTO il 19 marzo 2018

- degli atti già impugnati con il ricorso introduttivo e, cioè:

- della delibera del Consiglio Comunale di Bari n. 114 del 1 dicembre 2017 avente ad oggetto “Proposta di modifica del regolamento di pubblicità (del. C.C. 4/2013) – Aggiornamento del relativo regime transitorio”;

- del Regolamento sulla pubblicità del Comune di Bari approvato con delibera n. 114 del 1 dicembre 2017;

- del Piano Generale degli Impianti Pubblicitari approvato con delibera n. 73 del 2005, come richiamato in vita dalla predetta delibera n. 114 del 1 dicembre 2017 e dal relativo regolamento;

- dei seguenti ulteriori atti:

- relazione prot. 324001 del 22.12.2017 della Ripartizione Urbanistica;

- delibera di giunta Comunale di Bari n. 47 del 2 febbraio 2018, compresi il Capitolato di appalto, le planimetrie con la identificazione dei regimi regolamentari per lo svolgimento della procedura concorsuale e per l'individuazione dei lotti (identificazione del coefficiente moltiplicativo del canone base e tav. da 1 a 5 e del D.U.V.R.I);

- determina dirigenziale n. 2018/01610- 2018/130/00027 e relativa nota di accompagnamento;

- ogni altro atto presupposto connesso o conseguente comprese, ove mai necessario, le delibere di Giunta comunale n. 283 del 27 aprile 2015 e n. 53 dell'11 febbraio 2016.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune Bari;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 settembre 2018 il dott. C D e uditi per le parti i difensori come da verbale di udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

L’AICAP (Associazione Aziende Italiane Cartelli e Arredi Pubblicitari), - associazione che riunisce aziende italiane che operano nel settore della pubblicità esterna e dell’arredo urbano, con lo specifico compito statutario di “tutelare gli interessi degli associati nei confronti delle Pubbliche amministrazioni”, unitamente alla propria associata Publiauto s.r.l., società operante nel settore della pubblicità a mezzo di cartellonistica con impianti nel territorio comunale di Bari ha impugnato, con il ricorso originario notificato il 15 febbraio 2018, la delibera del Consiglio Comunale di Bari n.114 del 1 dicembre 2017 avente ad oggetto “Proposta di modifica del regolamento di pubblicità (del. C.C. 4/2013) – Aggiornamento del relativo regime transitorio”.

Il gravame è stato esteso al Regolamento sulla Pubblicità del Comune di Bari, approvato coevamente alla data di emanazione della delibera consiliare, nonché al previgente Piano Generale degli Impianti Pubblicitari, approvato con delibera n.73 del 2005, e ad ogni atto presupposto, connesso e consequenziale.

Le società ricorrenti hanno ripercorso le tappe che hanno condotto l’Amministrazione Comunale di Bari al varo del nuovo regolamento, sottolineandone la particolare tortuosità e le criticità salienti.

Esse hanno infatti rammentato che:

-con delibera n. 73 del 14 giugno 2005 il Consiglio Comunale approvava il Piano Generale degli Impianti Pubblicitari (PGIP) e il relativo regolamento sulla pubblicità, anche in vista di un censimento degli impianti installati in quella data sul territorio comunale;

-con delibera n. 542 del 28 maggio 2009 la Giunta Comunale, essendosi registrate difficoltà nell’effettuazione del predetto censimento, al fine comunque di procedere alla ricognizione della situazione impiantistica presente sul territorio comunale, approvava un “Protocollo d’Intesa” stipulato con gli operatori del settore che avevano presentato autocertificazioni aventi ad oggetto la tipologia e l’ubicazione degli impianti da ciascuno detenuti;

-con delibera n.4 del 17 gennaio 2013 il Consiglio Comunale approvava un nuovo regolamento della Pubblicità contenente, in ossequio al Protocollo d’Intesa di cui sopra, la previsione di un Piano di riordino;
l’art. 48, al comma 9 prevedeva espressamente il ritiro del Piano Generale degli Impianti e del Regolamento approvati nel 2005;

-preso atto del fallimento del “regime transitorio”, contenuto negli artt. 46,47 e 48 del Regolamento del 2013, la Giunta Comunale avviava il procedimento di modifica del regolamento sulla pubblicità;

-più in specie, con nota dell’1 marzo 2016, la Ripartizione Urbanistica ed Edilizia Privata del Comune di Bari inviava agli operatori del settore “ Comunicazione di avvio del procedimento amministrativo di modifica del Regolamento sulla pubblicità (delibera C.C. n. 04/2013) – nuovo regime transitorio, ai sensi dell’art. 7 e ss. della legge 241/90 e ss.mm. e ii” ;

-con la nota sopra citata, l’ente civico comunicava di avere iniziato il procedimento per la modifica del solo regime transitorio del regolamento del 2013;

- sta di fatto che le ricorrenti, unitamente ad altre imprese operanti nel medesimo segmento commerciale partecipavano al procedimento con esclusivo riferimento al relativo regime transitorio;

-in occasione degli incontri tra gli operatori del settore e il Comune emergeva, peraltro, l’opportunità di addivenire ad una revisione complessiva del regolamento al punto che, con nota del 6 aprile 2016, gli interlocutori privati del Comune offrivano la loro disponibilità a collaborare per la completa revisione della disciplina regolamentare;

-una volta disattesa detta offerta di collaborazione, con la delibera impugnata, il Comune, prendendo atto che la mancata attuazione del “Piano di riordino” era addebitabile “ per un verso alla complessità di gestione del procedimento stesso e per altro verso al mutamento delle condizioni normative di tutela ed uso del territorio, con particolare riferimento ai rapporti tra gli interessi da tutelare” non si limitava a modificare il solo regime transitorio ma approvava inopinatamente, a detta delle ricorrenti, il Nuovo regolamento sulla Pubblicità;

-la stessa delibera impugnata stabiliva, altresì, “ dare mandato alla Ripartizione Urbanistica ed edilizia Privata di provvedere ad una verifica sull’adeguatezza del nuovo PGIP già approvato nel 2005 al fine di verificarne la compatibilità e l’osservanza dei principi e della disciplina esposta nel presente regolamento approvato” ;

Assumono, le ricorrenti, che il nuovo Regolamento, in uno al Piano Generale degli Impianti Pubblicitari contengono previsioni atte ad incidere direttamente nella sua sfera giuridica in senso restrittivo, sia in ragione della riduzione della quantità di superficie utilizzabile per l’installazione di impianti pubblicitari, sia a cagione del fatto che, nella parte relativa al regime transitorio, è stata prevista la rimozione di tutti gli impianti attualmente esistenti, compresi quelli della ricorrente.

Di qui la presente impugnativa, con la quale si invoca l’annullamento degli atti impugnati alla luce delle seguenti censure:

I) Violazione e falsa applicazione dell’art. 23 del D.lgs. 285/1992 e dell’art. 53 del D.p.r. 495/1992.

Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del d.lgs. 507/1993.

Violazione dell’art. 41 e 3 Cost.

Eccesso di potere (sviamento, irrazionalità manifesta);

II) Violazione e falsa applicazione art. 3 D.lgs. 507/1993. Eccesso di potere (erroneità dei presupposti, sviamento). Violazione dei principi preposti alla formazione della volontà assembleare;

III) Violazione e falsa applicazione dell’art 3 del D.lgs. 507/1993. Eccesso di potere (sviamento, erroneità dei presupposti, irrazionalità manifesta);

IV) Violazione e falsa applicazione dell’art 3 D.lgs. 507/1993. Eccesso di potere (sviamento, erroneità dei presupposti, irrazionalità manifesta). Violazione falsa applicazione dell’art. 41 Cost;

V) Violazione e falsa applicazione dei principi in tema di finanza pubblica. Violazione dei principi preposti alla formazione della volontà assembleare;

VI) Violazione e falsa applicazione art. 7 legge 241/90. Violazione e falsa applicazione dell’art. 41 Carta Europea dei Diritti. Violazione dei principi di correttezza e affidamento del privato. Eccesso di potere (sviamento, irrazionalità manifesta);

VII) Violazione del principio di economicità e semplificazione dell’azione amministrativa, ai sensi della legge 124 del 2015. Violazione dell’art. 41 Cost. Eccesso di potere (sviamento, irrazionalità manifesta).

Il Comune di Bari si costituiva in giudizio per resistere al ricorso, del quale chiedeva il respingimento con memoria difensiva articolata e successive memorie di replica.

Con motivi aggiunti depositati il 31 marzo 2018, le ricorrenti arricchivano il gravame originario chiedendo l’annullamento anche degli atti sopravvenuti nelle more del giudizio, meglio riportati in epigrafe.

Più in dettaglio, la Giunta Comunale barese con delibera n. 47 del 2 febbraio 2018 approvava la relazione della Ripartizione Urbanistica recante “ verifica positiva di adeguatezza degli strumenti di pianificazione per l’installazione dell’impiantistica pubblicitaria (ivi incluso il PGIP approvato con delibera del Consiglio Comunale n. 73 del 14 giugno 2005) al regolamento”.

Con successiva determinazione del 5 febbraio 2018, il Dirigente della Ripartizione Urbanistica emetteva determina a contrarre, dando avvio alla procedura concorsuale per l’aggiudicazione di una “concessione di servizi”.

Questi ultimi atti dell’Amministrazione comunale sono stati impugnati, come già detto, con motivi aggiunti di ricorso, attraverso i quali le ricorrenti sviluppavano la tesi dei vizi propri della incompetenza ex art. 42 d.lgs. 267/2000 e della violazione degli artt. 3 e 164 del d.lgs. 50/2016, oltre a riproporre – sub specie di vizi derivati - le censure poste a base del ricorso originario.

Alla Camera di Consiglio fissata per la trattazione della domanda cautelare, la difesa delle ricorrenti rinunciava all’istanza cautelare medesima e il Presidente fissava la data del 26 settembre 2018 per la trattazione del merito della presente controversia.

Le parti costituite scambiavano, infine, memorie e note difensive insistendo nelle conclusioni già rassegnate nei precedenti scritti.

Alla pubblica udienza del 26 settembre 2018, la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

Le ricorrenti hanno sostenuto che:

1) l’indeterminatezza del regime transitorio contemplato dall’art. 48 dell’impugnato regolamento, la cui durata dipende dal compimento delle verifiche di adeguatezza degli strumenti pianificatori comunali esistenti che disciplinano la materia, ivi incluso il PGIP approvato con deliberazione C.C. n. 73 del 14 giugno 2005, pregiudica l’esercizio dell’attività di impresa della ricorrente, tutelato dall’art. 41 Cost;
ed invero, l’impossibilità di indicare la durata dell’affissione del messaggio pubblicitario altera il rapporto tra le parti a detrimento degli attuali proprietari degli impianti;
la previsione di una rimozione immediata di tutti gli impianti al momento della cessazione del regime transitorio non tiene in alcuna considerazione i cospicui investimenti effettuati dalle imprese virtuose nel corso degli anni, e si risolve in una misura che, nel tentativo di porre rimedio all’inerzia del Comune nel contrastare il fenomeno dell’abusivismo finisce con il penalizzare gli operatori rispettosi della legge, obbligati a subire una “rimozione a tappeto” degli impianti;

2) il regime transitorio coinvolge anche le autorizzazioni dei cartelloni insistenti su suolo appartenente ad altri enti pubblici nel centro cittadino;
ma tali impianti devono essere esclusi, in ossequio all’art. 23 del D.lgs. 285/1992, dalla disciplina transitoria finalizzata al passaggio dal regime autorizzatorio al regime concessorio.

In definitiva, il Comune non può, per tali impianti, imporre il regime concessorio previa procedura concorrenziale;

3) il Comune di Bari ha inviato alle ricorrenti comunicazione di avvio del procedimento relativamente alla fase “transitoria del regolamento”.


Nonostante l’espressa disponibilità manifestata nella nota del 6 aprile 2016, l’ente civico ha invece completamente omesso di coinvolgere le associazioni di categoria e gli operatori del settore intervenuti nel procedimento relativo alla fase transitoria (tra cui la ricorrente) nel procedimento amministrativo atto all’emanazione del nuovo regolamento, con violazione delle garanzie partecipative.

Il Comune avrebbe dovuto, pertanto, avvalersi di adeguati strumenti partecipativi, a nulla rilevando la previsione di cui all’art. 13 della legge 241 del 1990.

Parimenti violato risulterebbe il principio di buona fede nei rapporti con il cittadino, che costituisce precipitato tecnico del diritto ad una buona amministrazione ex art. 41 Carta Europea dei Diritti dell’Uomo.

Nel caso di specie, il Comune di Bari comunicando alle associazioni e agli operatori di aver avviato solo il procedimento per la parte del regolamento relativa al regime transitorio avrebbe ingenerato l’affidamento che solo il regime transitorio sarebbe stato oggetto di revisione.

E, non consentendo la partecipazione relativa alla modifica dell’intero impianto regolamentare avrebbe apertamente disatteso l’aspettativa qualificata di una regolamentazione concordata;

4) il legislatore nazionale ha inteso chiaramente distinguere l’attività di pubblicità – assoggettata a autorizzazione dell’ente proprietario della strada - dal servizio di pubbliche affissioni, disciplinato in regime concessorio vero e proprio.

Il regolamento impugnato disattenderebbe tale impianto normativo perchè prefigura, all’art. 12, non più soltanto l’installazione degli impianti sul territorio comunale bensì l’affidamento del servizio di pianificazione esecutiva, di installazione, manutenzione e gestione di impianti pubblicitari su aree pubbliche nell’ambito del territorio comunale.

Quindi, il Comune di Bari avrebbe inteso trasformare tutta l’attività di pubblicità attraverso cartellonistica in un “servizio pubblico”, trasferendo all’affidatario di tale nuovo servizio, in mancanza di espressa previsione normativa, la competenza all’esercizio di proprie funzioni, come quella di pianificazione esecutiva o di controllo della legittimità delle installazioni all’interno dei lotti di volta in volta individuati.

Ciò travisa anche il senso di una pronuncia con la quale l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, n. 5 del 2013, ha parlato di concessione di area pubblica, non già di concessione di pubblico servizio;

5) l’art. 3, comma 3 del D.lgs. 507 del 1993 stabilisce che il regolamento deve determinare “i criteri per la realizzazione del piano generale degli impianti”;
nella fattispecie in esame il PGIP precede di oltre 13 anni l’approvazione del regolamento che contiene i criteri per la sua realizzazione (il PGIP è stato approvato con delibera 73 del 14 giugno 2005).

Con ciò si sarebbe consumata una inversione metodologica capace di stravolgere il rapporto tra la fonte regolamentare e il piano che deve dare attuazione al regolamento.

A tanto si aggiunga che il PGIP è stato ritirato ai sensi dell’art. 48, comma 9 del precedente regolamento del 2013;

6) nel caso di specie, mancherebbe sia nel regolamento che nel PGIP la chiara visione dell’assetto del territorio e delle sue caratteristiche abitative a causa dell’iter seguito in concreto, in forza del quale il PGIP precede il regolamento addirittura di 13 anni;
ed invero, il PGIP a cui la delibera 114 del 1 dicembre 2017 fa riferimento, risale al 2005;
e l’amministrazione ha ritenuto di poter utilizzare il PGIP del 2005 limitandosi a prevedere una mera verifica di adeguatezza al mutato scenario normativo e di fatto;

7) tra i contenuti essenziali del regolamento, indicati dal comma 3 dell’art. 3 del d.lgs. 507/93, vi è quello di “determinare la tipologia e la quantità degli impianti pubblicitari”.

Ma il sistema di affidamento indicato nell’art. 12 del regolamento impugnato, basato su lotti richiedenti una pianificazione di dettaglio e sull’onere a carico degli affidatari di richiedere pareri e/o autorizzazioni previste per legge, impedisce che il regolamento possa assolvere a tale funzione essenziale di cui all’art. 3, comma 3 con compressione dell’esercizio dell’iniziativa economica;

8) l’art 12 del reg prevede che i lotti corrispondano a delimitate zone del territorio comunale sicchè ciascun aggiudicatario avrà la possibilità di esercitare la propria attività economica unicamente in tale zona, contrariamente all’interesse a coprire con gli impianti tutto il territorio comunale e non zone limitate di questo.

Inoltre, sembrerebbe disatteso il parere del Collegio dei revisori dei conti allegato alla delibera 114/2017;

9) è stata violata la legge 124 del 2015 che prevede la semplificazione dell’attività amministrativa

Con motivi aggiunti di ricorso, la difesa delle ricorrenti ha dedotto l’incompetenza dell’organo esecutivo barese a far rivivere il PGIP del 2005, essendo la Giunta incompetente ad approvare atti di pianificazione territoriale.

Ed invero, essendo stato ritirato ai sensi dell’art. 48, comma 9 del Regolamento comunale sulla pubblicità approvato con delibera consiliare del 17 gennaio 2013, n.4, il Piano medesimo “avrebbe dovuto essere nuovamente approvato dal Consiglio Comunale, unico organo competente ai sensi dell’art. 42 del D.lgs. 267/2000 ad approvare, oltre che gli atti regolamentari, anche quelli di natura pianificatoria come è il PGIP”.

Inoltre, la Relazione della Ripartizione Urbanistica del Comune di Bari richiamata in seno alla delibera consiliare 114 del 2017 risulterebbe viziata da eccesso di potere.

Ciò in quanto la verificata compatibilità tra il Piano Generale degli Impianti Pubblicitari del 2005 e il nuovo regolamento sulla pubblicità, approvato 13 anni dopo appare in contrasto con il riconoscimento, contenuto nella stessa delibera consiliare 114 del 2017, di “... profondi mutamenti delle condizioni normative di tutela ed uso del territorio”.

D’altra parte, la necessità di varare un nuovo strumento di pianificazione è stata affermata a chiare lettere dalla Giunta Comunale con delibera di indirizzo n. 283 del 27 aprile 2015, il che porterebbe alla luce un ulteriore profilo di contraddittorietà dell’azione amministrativa posta in essere dal Comune di Bari.

Anche la successiva determina con la quale il Dirigente della Ripartizione Urbanistica ha disposto l’avvio della procedura di gara per l’affidamento del “servizio per la gestione degli spazi pubblicitari” sarebbe viziata da violazione degli artt. 3 e 164 del codice appalti nella parte in cui si trasforma l’attività pubblicità in un servizio.

La complessiva impostazione prescelta dalla difesa delle ricorrenti non può essere condivisa.

Il Collegio ritiene, peraltro, opportuno esaminare le censure poste a base del gravame originario e dei motivi aggiunti di ricorso secondo un ordine logico di trattazione dettato dalla individuazione di alcune grandi aree tematiche attorno alle quali è organizzato l’intero impianto della presente azione di annullamento:

a) il presunto deficit partecipativo che avrebbe inficiato il procedimento amministrativo inteso al varo di una nuova disciplina normo regolamentare degli impianti di pubblicità nella città di Bari;

b) l’individuazione di un rapporto anomalo tra il nuovo regolamento e il piano generale degli impianti pubblicitari del 2005, tale da avere prodotto un vizio di inversione metodologica nell’approvazione di questi strumenti di pianificazione della materia;

c) la presunta illegittima trasformazione di una attività imprenditoriale libera, quale quella finalizzata alla installazione di impianti pubblicitari, in un vero e proprio servizio pubblico assoggettato a regime concessorio;

d) l’invasione di campo della Giunta Comunale di Bari nella procedura di reviviscenza del precedente Piano Generale degli Impianti Pubblicitari.

Per quel che concerne la lamentata mancanza di garanzie partecipative, si osserva quanto segue.

E’ vero che le ricorrenti e altri operatori del settore – incluse alcune associazioni di categoria – hanno ricevuto, in data 1 marzo 2016, nota contenente la “ comunicazione di avvio del procedimento amministrativo di modifica del Regolamento di Pubblicità (delibera di C.C. n. 04/2013) – nuovo regime transitorio, ai sensi dell’art. 07 e ss. Della L.241/90 e s.m.i“.

Ma la comunicazione di avvio del procedimento, nella fattispecie concreta, si lascia agevolmente decifrare alla stregua della chiara volontà dell’Amministrazione comunale di coinvolgere gli operatori del settore limitatamente alla individuazione di un nuovo regime transitorio, tale essendo il profilo di disciplina meritevole di peculiare attenzione per traghettare l’amministrazione e gli interessati verso una nuova regolamentazione della materia.

Occorre pure considerare che, unitamente alla comunicazione di avvio del procedimento sopra citata è stata contestualmente trasmessa la delibera di G.C. n. 63/2016, il che rendeva gli operatori del settore avvertiti in ordine al contenuto del procedimento avviato dal Comune, caratterizzato, in definitiva, dalla identificazione di un nuovo regime transitorio, dalla introduzione del principio dell’assegnazione degli spazi pubblici solo a seguito di procedure di evidenza pubblica, dalla verifica di adeguatezza del previgente Piano generale degli Impianti al contesto sopravvenuto.

Né può farsi a meno di sottolineare che la pretesa di estendere le garanzie partecipative alla intera nuova regolamentazione si infrange al cospetto del limite invalicabile previsto dall’art. 13 della legge 241 del 1990 che, com’è noto, esclude gli atti di carattere normativo, e tra essi i regolamenti - definiti dall’art. 14 del D.p.r. 1199 del 1971 atti amministrativi generali a contenuto normativo - dal raggio di applicazione degli istituti partecipativi.

Contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, l’amministrazione comunale non ha dunque inteso opporre un contegno di deliberato ostruzionismo nei riguardi degli interessi degli operatori del settore, ma ha assunto una condotta procedimentale coerente con le premesse che erano senz’altro quelle di avviare una regolamentazione concordata limitatamente al regime transitorio.

La conclusione è in linea con la constatazione che proprio l’applicazione della disciplina transitoria e, dunque, il passaggio dal vecchio al nuovo impianto regolamentare ha sempre costituito autentico nervo scoperto dell’Amministrazione, per l’ovvia necessità di sanare pregressi fenomeni di abusivismo nel settore, così come per evitare il consolidarsi di “rendite di posizione” in capo alle ditte maggiormente attive e presenti nel segmento imprenditoriale, da aprire necessariamente alla libera concorrenza.

Le ricorrenti hanno poi molto argomentato in ordine al difettoso rapporto tra Regolamento di nuovo conio e Piano Generale degli Impianti Pubblicitari.

Sotto tale profilo, l’Amministrazione avrebbe deciso illegittimamente di riportare in vita uno strumento di pianificazione attuativa che non solo avrebbe dovuto dare precedenza al regolamento, in forza dell’art. 3, comma 3 del D.lgs. 507/93, ma che avrebbe dovuto necessariamente risentire di un approccio capace di tener conto dei dati attuali del settore.

A tanto si aggiunge che l’operazione messa in atto dal Comune di Bari sarebbe irreparabilmente viziata perché si sarebbe inammissibilmente provocata la reviviscenza di un atto precedentemente abrogato a tutti gli effetti, con ripercussioni sul versante della ordinata regolamentazione di un settore vitale come quello della pubblicità.

Anche questa tesi non regge ad una verifica di quanto emerso dalla lettura degli atti del giudizio.

In primo luogo, non è corretta la tesi della radicale eliminazione del Piano Generale degli Impianti Pubblicitari approvato nel 2005.

E’ vero che l’art. 48, comma 9 del Regolamento sulla Pubblicità approvato con delibera di Consiglio Comunale n. 4 del 2013 stabiliva espressamente che “ con l’entrata in vigore del presente regolamento sono ritirati il regolamento della pubblicità e delle pubbliche affissioni ed il Piano Generale degli Impianti Pubblicitari approvati con delibera del Consiglio Comunale n. 73 del 2005”.

Ma la tesi della cessazione di effetti del PGIP del 2005 non collima con il punto 4 della stessa delibera di Consiglio Comunale n. 4 del 2013, a mente del quale l’organo sovrano della città di Bari deliberava di “ dare mandato alla Ripartizione Urbanistica e Edilizia Privata di provvedere ad una revisione del P.G.I.P. già approvato nel 2005, finalizzata ad una compatibilità urbana ed ambientale dell’impiantistica pubblicitaria con la città costruita, in ossequio ai principi esposti nel Regolamento approvato di che trattasi”.

Il Collegio ritiene di poter privilegiare, pertanto, non la tesi della radicale eliminazione dal mondo giuridico del PGIP del 2005, ma quella di una verifica della sua perdurante attualità ed utilizzabilità, fatta propria dal Comune di Bari attraverso l’incarico di procedere ad una revisione del PGIP approvato nel 2005 proprio con la delibera del Consiglio Comunale n. 4 del 2013.

Che questa sia la tesi preferibile dal punto di vista giuridico è dimostrato anche dalla circostanza che, in realtà, la stessa delibera 4 del 2013, mentre procede ad una abrogazione espressa del precedente Regolamento sulla Pubblicità del 2005, propende per il diverso meccanismo della abrogazione tacita “ delle norme incompatibili contenute in altri regolamenti, strumenti o piani”.

Ciò vuol dire verificare in concreto la compatibilità di previgenti previsioni di piano con il quadro normativo delineatosi dopo l’approvazione del nuovo Regolamento sulla pubblicità, cosa, questa, che il Comune di Bari ha inteso fare utilizzando lo strumento della “revisione” del PGIP del 2005.

Ed ancora occorre evidenziare che, nel contrasto ermeneutico avente ad oggetto la locuzione “ritiro” e quella “revisione” del Piano deve trovare applicazione il principio di conservazione degli atti giuridici di cui all’art. 1367 cod.civ, applicabile anche agli atti amministrativi, in forza del quale “nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno”.

Quanto al profilo, individuato come ulteriore criticità, della trasformazione illegittima dell’attività imprenditoriale da attività assoggettata a mero regime autorizzatorio in un vero e proprio servizio pubblico da svolgere nel ben diverso regime concessorio, si osserva che la difesa del Comune di Bari ha ben illustrato il senso delle disposizioni regolamentari dedicate a detto aspetto.

L’art. 12 del Regolamento censurato stabilisce che, una volta identificato il soggetto che unico è facultato ad installare gli impianti sulle aree pubbliche di proprietà comunale, rilevano gli obblighi di legge che impongono di garantire che le proprie installazioni si mantengano in condizioni di sicurezza e non determinino decadimento delle condizioni di decoro pubblico (cfr pag. 2 delle premesse alla Determina Dirigenziale 1610 del 16 febbraio 2018).

Ciò significa che il soggetto installatore è tenuto a garantire la manutenzione degli impianti e che solo per questa finalità l’operatore economico risulta investito della funzione di esercente di un pubblico servizio, senza che si possa ravvisare in ciò una delega di funzioni pubbliche in capo all’assegnatario delle aree.

Non può ritenersi operante, pertanto, alcuna trasformazione di libera attività imprenditoriale in un servizio pubblico.

Quanto al regime concorrenziale prescritto dall’art. 12 del sopra citato regolamento, non può non rimarcarsi che si tratta di scelta operata in linea con le coordinate ermeneutiche fornite dalla stessa giurisprudenza amministrativa in materia.

In particolare, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con decisione 25 febbraio 2013, n. 5, dopo aver precisato che “...è una concessione di area pubblica il provvedimento iniziale che conforma il rapporto” ha chiarito che “...sia corretto allocare l’uso degli spazi pubblici contingentati con gara, dovendosi altrimenti ricorrere all’unico criterio alternativo dell’ordine cronologico di presentazione delle domande accoglibili, che è di certo meno idoneo ad assicurare l’interesse pubblico all’uso più efficiente del suolo pubblico e quello dei privati al confronto concorrenziale”.

Ne deriva che “il procedimento di gara non contrasta infatti con la libera espressione dell’attività imprenditoriale di cui si tratta, considerato, in linea generale, che la procedura ad evidenza pubblica è istituto tipico di garanzia della concorrenza nell’esercizio dell’attività economica privata incidente sull’uso di risorse pubbliche e che, in particolare, la concessione tramite gara dell’uso di beni pubblici per l’esercizio di attività economiche private è istituto previsto dall’ordinamento, essendo perciò fondata la qualificazione della gara come strumento per assicurare il principio costituzionale della libera iniziativa economica anche nell’accesso al mercato degli spazi per la pubblicità”.

Dunque, ciò che conta è che, attraverso questo sistema si regolamenta la concessione dell’uso di un’area pubblica, ossia una risorsa limitata, non già la concessione di un pubblico servizio, come opina la difesa delle ricorrenti;
il che significa che l’attività di installazione di impianti pubblicitari non perde affatto le sue connotazioni di libera attività imprenditoriale ma assume, semmai, fisionomia di attività economica suscettibile di essere conformata per fini di utilità sociale, secondo quanto esplicitato dall’art. 41 Cost.

Resta da dire della ritenuta incompetenza della Giunta ad approvare o, meglio, a far rivivere un atto di pianificazione quale il Piano Generale degli Impianti Pubblicitari del 2005.

Anche questa censura, specificamente sollevata in sede di motivi aggiunti di ricorso, non coglie nel segno.

La parte ricorrente ha sostenuto, sul punto, che la Giunta Comunale, con la sua presa d’atto della Relazione del 22 dicembre 2017 della Ripartizione Urbanistica del Comune, avrebbe illegittimamente fatto rivivere il PGIP del 2005, attesa la sua incompetenza ad approvare atti di pianificazione territoriale, ai sensi dell’art. 42 del T.U.E.L, di cui al D.lgs. 267/2000.

A parere del Collegio, la delibera impugnata ha un significato che, lungi dal consistere nella indebita approvazione di uno strumento di pianificazione, certamente preclusa all’esecutivo cittadino in forza del riparto di competenze disciplinato dagli artt. 42 e 48 del D.lgs. 267/2000, si muove nel solco della dinamica procedimentale che l’amministrazione comunale barese ha inteso privilegiare per dare alla materia dell’impiantistica pubblicitaria un nuovo assetto.

Una volta ritenuto che il Piano Generale degli Impianti Pubblicitari del 2005 non è stato abrogato, nulla vieta che l’esecutivo barese prenda atto della verifica di adeguatezza, positivamente compiuta, dello strumento di pianificazione previgente alla disciplina del regolamento della pubblicità.

Detta verifica, demandata alla Ripartizione Urbanistica ed Edilizia Privata del Comune di Bari, ha condotto alla conclusione, contenuta nella Relazione del 22 dicembre 2017, per cui “ i due strumenti – PGIP del 2005 e nuovo Regolamento (nda) - risultano caratterizzati da una generale compatibilità e come tali idonei nel loro complesso a governare le modalità di installazione dell’impiantistica pubblicitaria”.

Il giudizio di compatibilità sopra citato, icasticamente affidato all’affermazione della “...attualità delle previsioni del piano dell’impiantistica pubblicitaria licenziato favorevolmente con delibera di C.C. n.73 del 14 giugno 2005 ” implica, ad avviso del Collegio, anche l’attestazione della inutilità di un nuovo Piano Generale degli Impianti Pubblicitari.

Ciò appare in armonia con il principio di non aggravamento del procedimento amministrativo, contemplato dall’art. 1, comma 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

Quanto, infine, alla impugnazione della determina con la quale il dirigente della ripartizione urbanistica ha disposto l’avvio della procedura di gara per l’affidamento del “servizio per la gestione degli spazi pubblicitari”, si tratta di atto coerente con la complessiva scelta strategica compiuta dal Comune di Bari di collocare, a monte del rapporto con l’imprenditore del settore della impiantistica pubblicitaria, la concessione di uso di un bene pubblico limitato, quale deve considerarsi il suolo comunale, individuando nello strumento della procedura ad evidenza pubblica la migliore modalità per contemperare i molteplici interessi in gioco nella materia.

Il ricorso e i successivi motivi aggiunti sono conclusivamente respinti.

Le spese processuali possono essere compensate in ragione della peculiarità della materia.

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