TAR Bari, sez. I, sentenza 2017-03-24, n. 201700287
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Pubblicato il 24/03/2017
N. 00287/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00978/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 978 del 2011, proposto da:
Consorzio per l'Area di Sviluppo Industriale di Bari, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Tobia R B, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, via Amendola, n.172/C;
contro
Comune di Molfetta non costituito in giudizio;
per l'annullamento
- dell’ordinanza sindacale del 15.3.2011 prot. n. 15850, notificata in data 21.3.2011, con la quale il Comune di Molfetta, Settore Sicurezza Polizia Municipale, ha ordinato, ex art. 192 del D. Lgs. 152/2006 e ss.mm.ii., la rimozione e smaltimento dei rifiuti abbandonati in vari fondi rustici ricadenti nella zona ASI;in particolare “di procedere alla bonifica dell’area sottoposta a sequestro giudiziario dalla guardia di finanza, ricadente nella maglia V, previa richiesta ed autorizzazione del dissequestro provvisorio, da parte del magistrato inquirente e, contestualmente, a dissequestro provvisorio ottenuto, di procedere anche a salvaguardia della salute pubblica e tutela dell’ambiente, alla radicale bonifica e ripristino dello stato dei luoghi dei lotti: lotto H14, E10, E25, G1A, H1, H11 E H12”;
- di tutti gli altri atti al medesimo presupposti e/o connessi ancorché non conosciuti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 marzo 2017 la dott.ssa D Z e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
A seguito della denuncia del Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale di Bari (d’ora in poi Consorzio ASI) dell’abbandono, da parte di ignoti, di rifiuti di ogni genere, anche pericolosi, all’interno di alcuni suoli di proprietà dell’Ente stesso, la Guardia di Finanza-Tenenza di Molfetta, in data 2.12.2010, effettuava un sopralluogo sui suoli indicati nella lettera di denuncia;sequestrava le aree di cui alla maglia I e V dell’agglomerato ASI;ne dava comunicazione al Comune di Molfetta. Quest’ultimo, in data 15.3.2011, adottava l’ordinanza prot. n. 15850, notificata il 21.3.2011, con cui ordinava al Consorzio ASI di procedere alla bonifica dell’area sottoposta a sequestro giudiziario dalla Guardia di Finanza, ricadente nella maglia V.
Con ricorso notificato il 19.5.2011 e depositato il 24.5.2011, il Consorzio ASI impugnava il citato provvedimento, deducendo motivi così riassumibili:
1) errata interpretazione ed applicazione dell’art. 192 D. Lgs. 152/2006 e ss.mm.;eccesso di potere per difetto di motivazione e insufficienza istruttoria;
2) erronea applicazione degli artt. 50 e 54 T.U.E.L;
3) omessa interpretazione ed applicazione degli artt. 7 e 8 L. 241/1990 per mancata comunicazione dell’avviso dell’avvio del procedimento;eccesso di potere per violazione del procedimento tipico e mancata partecipazione al procedimento amministrativo.
L’ordinanza impugnata sarebbe illegittima in quanto:
- emessa in assenza dei presupposti richiesti dall’art. 192, comma 3, D. Lgs. 152/2006 per imputare al proprietario o al titolare di diritto reale sull’area una responsabilità a titolo di dolo o colpa, non potendo la proprietà del suolo inquinato di per sé costituire fonte dell’obbligo di rimozione dei rifiuti, in assenza di un accertamento istruttorio dell’elemento soggettivo richiesto dalla citata disposizione;
- non ascrivibile, neanche, al genus delle ordinanze contingibili ed urgenti ex artt. 50 e 54 T.U.E.L. 267/2000, in quanto espressione di un ordinario potere di intervento attribuito “ex lege” all’autorità amministrativa.
- emessa senza la preventiva comunicazione di avvio del procedimento, indispensabile al fine dell’effettiva instaurazione di un contraddittorio con i soggetti interessati e, quindi, in violazione del principio di effettiva partecipazione allo specifico procedimento dei potenziali destinatari del provvedimento conclusivo.
Il Comune di Molfetta non si è costituito in giudizio.
All’udienza pubblica dell’8.3.2017, la causa è stata trattenuta per la decisione.
Il ricorso è fondato e va accolto.
Invero, il comma 3 dell’art. 192 D. L.gs 152/2006 stabilisce che:
“ Fatta salva l’applicazione della sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all’esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate ”.
Dal dato testuale della disposizione emerge che:
- alla rimozione dei rifiuti è tenuto il responsabile dell’abbandono o del deposito dei rifiuti;
- in via solidale è tenuto il proprietario o chi abbia a qualunque titolo la disponibilità ove ad esso sia imputabile l’abbandono dei rifiuti a titolo di dolo o colpa;
- non è configurabile una responsabilità oggettiva a carico del proprietario o di coloro che a qualunque titolo abbiano la disponibilità dell’area interessata dall’abbandono dei rifiuti.
Ne consegue quale corollario:
a) l’insufficienza , ai fini degli obblighi di rimozione e smaltimento, della sola titolarità del diritto reale o di godimento sulle aree interessate dall’abbandono dei rifiuti, atteso che la disposizione richiede la sussistenza dell’elemento psicologico;
b) la necessità dell’accertamento della responsabilità soggettiva, in contraddittorio con i soggetti interessati, da parte dei soggetti preposti al controllo (Cons. Stato, Sez. V, n.705/2016;in termini cfr. Tar Campania Napoli Sez. V, n.12/2016;Tar Puglia - Lecce, Sez. I, nn.1023/2016;945/2016;Tar Sardegna, Sez. I, n.253/2016;Tar Toscana, Sez. II, n.1068/2016).
Si deve, dunque, censurare l’operato dell’Amministrazione ogni qualvolta essa ometta di dedurre, in concreto e in assenza di accertamenti eseguiti in contraddittorio con i soggetti interessati, profili di responsabilità a titolo di dolo o colpa in capo al soggetto sanzionato, essendo essi necessari per imporre l’obbligo di rimozione dei rifiuti.
Nel caso di specie, non può ritenersi che sussistano le condizioni appena indicate.
Infatti, nel corpo motivazionale dell’ordinanza impugnata, l’Ente intimato si è limitato ad allegare che “ una moltitudine di fondi rustici oggetto di esproprio da parte del Consorzio, risultano non recitanti ed abbandonati da anni senza nessun controllo da parte del titolare dei diritti, atto a garantire il decoro e ad evitare l’abbandono dei rifiuti da parte di terzi ”, senza accertare, in contraddittorio con il ricorrente, la natura dolosa o colposa della sua responsabilità.
In particolare, la sussistenza dell’elemento psicologico della colpa, non può ravvisarsi nel fatto che il proprietario non abbia recintato il fondo.
Infatti, come evidenziato dalla giurisprudenza “ l’obbligo di diligenza va valutato secondo criteri di ragionevole esigibilità, con la conseguenza che va esclusa la responsabilità per colpa anche quando sarebbe stato possibile evitare il fatto solo sopportando un sacrificio obiettivamente sproporzionato.
In tale ottica la mancata recinzione del fondo, con effetto contenitivo dubitabile, atteso che non sempre la presenza di una recinzione è di ostacolo allo sversamento dei rifiuti, non può comunque costituire di per sé prova della colpevolezza del proprietario, rappresentando la recinzione una facoltà e non un obbligo.
Insomma è ben diverso il mantenere in stato di corretta manutenzione e di pulizia le opere gestite dal rimuovere gli effetti prodotti sulle opere gestite da atti illeciti commessi da terzi ignoti. ( Cons. Stato n.705/2016)
“ Né, conclusivamente, è ipotizzabile ravvisare colpa nel fatto che il proprietario non abbia recintato il fondo, per principio generale del diritto (cfr. art. 841 cod. civ.) la "chiusura del fondo" costituendo una mera facoltà del proprietario, e dunque giammai un suo obbligo.
Tantomeno, come pur si sostiene nella sentenza gravata, la colpa può ravvisarsi nel fatto negativo di non avere il proprietario spontaneamente bonificato il proprio fondo, perché un'interpretazione che ciò sostenga sarebbe in palese circonvenzione rispetto all'inserimento normativo della colpevolezza all'interno della fattispecie costitutiva della responsabilità di cui qui trattasi.. ” (Cons. Stato n.1612/2009).
In definitiva, dal tenore del gravato provvedimento e dalle considerazioni sin qui esposte, si evince che l’Amministrazione intimata abbia fatto discendere l’obbligo di bonifica in capo al ricorrente dalla sua mera qualità di proprietario, senza accertare o dimostrare, attraverso una completa istruttoria e un’esauriente motivazione, la sussistenza dell’elemento psicologico che avrebbe dovuto sorreggere la condotta omissiva del Consorzio ASI, in violazione del disposto dell’art. 192, comma 3, D. Lgs 152/2006, secondo l’interpretazione fornita con le menzionate sentenze.
Ne consegue, dunque, l’illegittimità dell'ordine di bonifica dell’area sottoposta a sequestro giudiziario dalla Guardia di Finanza rivolto al ricorrente e, quindi, l’accoglimento del ricorso e, per l’effetto, l’annullamento dell’atto impugnato.
Ogni altra censura formulata da parte ricorrente resta assorbita.
Le spese, attesa la particolarità in fatto della controversia, vengono integralmente compensate.