TAR Milano, sez. III, sentenza 2020-11-16, n. 202002184

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Milano, sez. III, sentenza 2020-11-16, n. 202002184
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Milano
Numero : 202002184
Data del deposito : 16 novembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 16/11/2020

N. 02184/2020 REG.PROV.COLL.

N. 02238/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2238 del 2018, proposto da
-OMISSIS-., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Severino D'Amore, con domicilio digitale come da PEC indicata in atti

contro

Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, presso i cui Uffici è domiciliato ex lege in Milano, via Freguglia, 1

per la condanna

del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca al risarcimento del danno ingiusto subito dalla ricorrente a seguito dei 4 provvedimenti datati 29/12/2015 dell’Ufficio Scolastico Regionale Lombardia di revoca della parità ai Complessi Scolastici di Milano, Como, Pavia e Magenta.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 ottobre 2020 il dott. R L e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con ricorso depositato in data 4 ottobre 2018, -OMISSIS-., società che cura la gestione in Piemonte e Lombardia di istituti scolastici del secondo grado paritari, ha chiesto il risarcimento dei danni che avrebbe subito a seguito della condotta tenuta dal Ministero convenuto, che aveva revocato la parità a tutte le istituzioni scolastiche gestite dalla ricorrente e presenti sul territorio della Lombardia, tramite provvedimenti poi annullati da questo Tribunale, con pronunce confermate in secondo grado dal Consiglio di Stato.

In particolare, secondo la ricorrente, il pregiudizio da risarcire, di ammontare complessivo stimato in € 3.853.358,00, costituirebbe diretta conseguenza dell’illecito perpetrato dall’amministrazione e si ripartirebbe nelle seguenti voci:

- danno patrimoniale derivante dal trasferimento di studenti in altri istituti nell’anno scolastico successivo al provvedimento di revoca della parità;

- danno patrimoniale derivante dalla riduzione delle iscrizioni alle prime classi dei corsi, e alle classi successive alla prima, negli anni scolastici 2016/17 e 2017/18;

- lucro cessante connesso alla riduzione delle iscrizioni al ciclo di studi nel quinquennio 2018/19 – 2022/2023;

- pregiudizio connesso alla perdita di avviamento e clientela conseguenti alla chiusura definitiva del complesso scolastico di Magenta (unico complesso in cui effettivamente la ricorrente non ha potuto iniziare i corsi nell’anno scolastico 2016/2017), oltre che alle ulteriori spese vive non coperte da remunerazione;

- danno all’immagine tout court .

Si è costituito in giudizio il Ministero convenuto, che ha chiesto il rigetto del ricorso, e la causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 20 ottobre 2020.

Il Collegio osserva, in via preliminare, che l’illegittimità dei provvedimenti che avrebbero creato alla società ricorrente il danno ingiusto di cui in sede odierna viene chiesto il risarcimento, è stata accertata con sentenze passate in giudicato emesse dal Tar Lombardia (sentenze n. 1630, n. 1641, n. 1642 e n. 1643 del 2016).

Tale illegittimità si traduce ordinariamente in una fattispecie di condotta colposa dell’amministrazione – ai fini della configurazione e sussistenza degli elementi costitutivi dell’illecito aquiliano -, salvo che non ricorra un’ipotesi di errore scusabile (configurabile nel caso di sussistenza di contrasti giudiziari, incertezza del quadro normativo di riferimento o complessità della situazione di fatto).

Dalla lettura delle sentenze di primo e secondo grado, peraltro, si evince che la condotta tenuta dal Ministero convenuto è stata caratterizzata da due fattori che depongono per l’assenza, nel caso di specie, del suddetto errore scusabile:

- un elemento di manifesta superficialità procedurale, consistente nell’avere evidenziato nella premessa di ciascun provvedimento di revoca le questioni oggetto della richiesta di adeguamento formulata dal Ministero nei confronti della società ricorrente, e nel non avere poi specificatamente riproposto ed affrontato l’esame di tali questioni, ad eccezione di una, nella parte dispositiva dell’atto “incriminato”;

- un elemento di frontale contrasto con la disciplina di settore (in particolare, con l’art. 1, comma 7, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226) della motivazione fondamentale posta a base delle revoche, consistente nella tesi seguita dal Ministero, secondo cui la possibilità di cambiare scelta tra i percorsi di studio, previa adozione di apposite iniziative didattiche, sarebbe stata priva di copertura legale.

La condotta tenuta dall’amministrazione è dunque da considerarsi illecita, in considerazione della sussistenza dell’elemento soggettivo minimo richiesto dall’art. 2043 c.c. (colpa).

Da tale illecito è senz’altro derivato, innanzitutto, e in via immediata e diretta, un danno ingiusto per la ricorrente, consistente nella perdita di iscritti (a causa di nulla osta o di mancata iscrizione) per l’anno scolastico 2016-2017, perdita direttamente imputabile alla conoscenza pubblica degli atti di revoca della parità.

Invero, fino alla data di pubblicazione (avvenuta agli inizi di settembre 2016) delle sentenze di primo grado che hanno dato ragione a -OMISSIS-. – annullando i provvedimenti di revoca della “parità” scolastica per quattro complessi didattici dalla stessa gestiti – il provvedimento di revoca era efficace, e ciò non ha potuto non comportare lo “sviamento” di iscrizioni allegato, dettato dalla necessità per gli interessati di non rischiare un ritardo nell’avvio dell’anno scolastico, e di evitare tutti gli altri fastidi, disagi e rischi (compreso l’eventuale annullamento del titolo conseguito) connessi alla compromissione dell’efficienza e autorevolezza dell’istituto scolastico di riferimento.

Tale danno si è sicuramente protratto, seppure in misura proporzionalmente inferiore, anche nel periodo successivo alla pubblicazione della sentenza di primo grado (iscrizione all’anno scolastico 2017-2018) e fino al 21 marzo 2018, data della pubblicazione della sentenza di secondo grado favorevole alla ricorrente, quando la chiusura definitiva del contenzioso ha nella sostanza ripristinato (o avrebbe comunque dovuto ripristinare) la piena operatività dei complessi didattici coinvolti nella vicenda, restituendo loro anche l’affidabilità garantita dall’assenza di rilievi ministeriali inerenti alla violazione di norme essenziali dell’ordinamento scolastico.

La società ricorrente ha prodotto in giudizio la relazione di un consulente tecnico dalla stessa incaricato, con cui è stata tentata la quantificazione effettiva di tale tipologia di danno.

In particolare, sono state allegate alcune circostanze di fatto specifiche da ritenersi rilevanti e pacifiche – in quanto non contestate nella loro consistenza materiale dalla difesa erariale – dalle quali poter desumere il danno emergente e il lucro cessante connessi al pregiudizio subito (revoca della parità).

Tali circostanze, ad avviso del Collegio, sono le seguenti:

- le presenze scolastiche nei comprensori interessati dalla revoca della parità sono calate dalle n. 385 dell’anno scolastico 2015/2016 ad una media di n. 221,5 negli anni scolastici 2016/2017 e 2017/2018;

- il danno emergente connesso alle uscite per nulla osta nei comprensori di Como, Pavia e Milano, nell’anno scolastico 2016/2017, considerando la percentuale di margine di contribuzione delle rette all’utile (pari al 98,07%), è stato complessivamente di € 303.377,00, con somma arrotondata per eccesso (corrispondente al valore della perdita economica derivante dal mancato pagamento della retta dovuta nel solo anno di fuoriuscita degli studenti: in particolare, perdita di rette per un importo pari a € 151.267 per Como e Pavia, e a € 158.080 per Milano);

- le minori iscrizioni al primo anno di corso per gli istituti di Como, Pavia e Milano sono da quantificarsi in un saldo negativo di circa 25 studenti per ciascuno dei due anni colpiti dagli effetti dei provvedimenti di revoca;

- il danno effettivo e complessivo connesso alla perdita derivante per il primo anno di corso dalle minori iscrizioni, una volta applicata la sopra citata percentuale afferente al “margine di contribuzione”, è quantificabile in € 205.982,00, somma arrotondata per difetto (pari al valore complessivo della perdita economica derivante dal mancato pagamento della retta dovuta nel solo anno di riferimento: in particolare, perdita totale di rette per un importo pari a € 103.712 per l’anno scolastico 2016/2017, e perdita totale di rette per un importo pari a € 106.324 per l’anno scolastico 2017/2018);

- il delta economico negativo delle nuove iscrizioni a classi successive alla prima rispetto alla media del triennio precedente è stato di complessivi € 91.483,00 nei due anni scolastici di riferimento (2016/2017 e 2017/2018);

- a seguito della revoca della parità, l’intero istituto scolastico di Magenta (che nell’anno 2015-2016 constava di 70 iscritti), comprendente il liceo linguistico “-OMISSIS-” e il liceo scientifico opzione scienze applicate “-OMISSIS-”, ha chiuso “definitivamente” per mancanza di sufficienti iscrizioni.

Il Collegio ritiene che il danno economico subito in conseguenza delle ordinanze illegittime sia stato parzialmente dimostrato – secondo le circostanze allegate e documentate dalla società ricorrente – e di possedere tutti gli elementi utili per procedere con una valutazione equitativa delle voci di danno (afferenti sostanzialmente al lucro cessante) che non possono essere provate nel loro preciso ammontare.

In particolare, risulta dimostrato il valore della perdita economica derivante dal mancato pagamento della retta dovuta nell’anno 2016-2017 a seguito di uscite per nulla-osta, perdita che può considerarsi conseguenza immediata e diretta della revoca della parità.

Tale danno ammonta, come visto, ad un importo pari ad € 303.377,00 a cui deve essere aggiunto il valore economico del danno connesso al numero inferiore di nuove iscrizioni per la prima classe di corso e per le classi successive alla prima negli anni scolastici 2016/2017 e 2017/2018, il danno derivante dalla chiusura definitiva del comprensorio di Magenta e il danno complessivo all’immagine degli istituti scolastici gestiti dalla società ricorrente.

Partendo dal valore oggettivo dell’importo allegato dal consulente della stessa ricorrente e conseguente al numero inferiore di nuove iscrizioni (anche a classi successive al primo anno di corso) nei comprensori che hanno continuato l’attività (€ 205.982 + € 91.483 = € 297.465), da ritenersi congruo e non ulteriormente implementabile, perché depurato sia dall’alea ordinaria afferente alle iscrizioni al primo anno - che avrebbero fisiologicamente potuto venire meno anche per altre cause -, sia dai riferimenti, anch’essi essenzialmente aleatori, all’effetto negativo delle minori iscrizioni sul guadagno degli anni successivi (effetto che può peraltro ritenersi assorbito, anche al fine di evitare l’indebita duplicazione di poste risarcitorie, nella liquidazione del danno all’immagine), si può quantificare nel 20% di tale valore, pari ad € 59.493, il danno subito per la chiusura del comprensorio di Magenta, in base al rapporto esistente nell’anno 2015/2016 tra il numero degli iscritti nel suddetto comprensorio e il numero degli iscritti negli altri tre comprensori.

D’altra parte, da un lato la stessa ricorrente ha allegato la circostanza secondo cui “grazie alle sentenze del TAR, gli studenti ancora frequentanti, benché molto ridotti nel numero a causa dei trasferimenti già realizzatisi, hanno confermato le loro iscrizioni all’anno scolastico 2016/2017 ed hanno iniziato la frequenza dei corsi in tre dei quattro Complessi scolastici” – con ciò ammettendo una spinta favorevole ad un ritorno alla normalità già a settembre del 2016 (ovvero a soli nove mesi dai provvedimenti di revoca della parità);
dall’altro, la “mancata possibilità di riscatto futuro” e la “definitiva cessazione della produzione di reddito” denunciata con riferimento al complesso di Magenta devono ricollegarsi anche ad un’autonoma scelta imprenditoriale del creditore, che ha deciso di chiudere definitivamente il comprensorio de quo .

Sulla somma totale così ottenuta, pari ad € 660.335,00 (€ 303.377 + € 297.465 + € 59.493), può infine essere calcolato in percentuale il danno all’immagine subito – connesso alla temporanea perdita di credibilità degli istituti scolastici gestiti dalla ricorrente –, percentuale che il Collegio ritiene equo stimare nel 10% di tale importo complessivo e che determina la liquidazione di una voce risarcitoria da ritenersi altresì adeguata ed assorbente, come detto, anche rispetto al valore delle ricadute economiche in futuro della lesione subita, ricadute ipotizzate ma non adeguatamente dimostrate, quanto meno sotto il profilo del nesso di causalità.

Di conseguenza, alla liquidazione del danno patrimoniale subito devono essere sommati ulteriori € 66.033,00 - importo arrotondato per difetto -, a titolo di liquidazione del danno all’immagine, per un totale definitivo di € 726.368,00, importo da considerarsi già rivalutato all’attualità, a cui deve aggiungersi un’ulteriore somma a titolo di interessi compensativi, da calcolarsi equitativamente nella misura legale e con decorrenza dalla data di efficacia degli atti illegittimi;
su tale importo finale, dovranno essere corrisposti gli interessi legali dalla data di pubblicazione della sentenza fino al soddisfo.

Il ricorso deve dunque essere accolto, con commisurazione del danno subito nel senso sopra evidenziato, e spese del giudizio che seguono la soccombenza, liquidate come da dispositivo.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi