TAR Catania, sez. I, sentenza 2023-02-28, n. 202300630

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. I, sentenza 2023-02-28, n. 202300630
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202300630
Data del deposito : 28 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/02/2023

N. 00630/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01224/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1224 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli Avvocati R S, G R, e F C, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. A L sito in Catania, alla Via Puccini n. 32;

contro

Comune di -OMISSIS-, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocato C R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia ex art 25 c.p.a.;

per l'annullamento

A) mediante ricorso introduttivo:

- della determina n. 229/2012 del 26/10/2012;

B) mediante ricorso per motivi aggiunti:

- dell'ordinanza n. 1 del 23 febbraio 2021, recante ordine di demolizione di opere abusive rilevate.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 13 febbraio 2023 il dott. Francesco Elefante e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana, notificato in data 22 febbraio 2013, l’odierno ricorrente ha impugnato la Determina n. 229/2012 del 26 ottobre 2012 (comunicata il successivo 31 ottobre) con cui il Comune di -OMISSIS- ha rigettato l’istanza di sanatoria ex art. 36 d.P.R. n. 380/2001, dal medesimo presentata in data 14 agosto 2012.

2. Premesso di essere proprietario di un terreno sito nell’Isola di Salina, catastalmente individuato e meglio descritto in atti, il ricorrente ha allegato, in punto di fatto, quanto segue.

Nel 1998 chiedeva al Comune intimato l’autorizzazione all’esecuzione di lavori di restauro e di sistemazione esterna di un fabbricato rurale ricadente all’interno del predetto terreno;
dopo aver ottenuto le necessarie autorizzazioni e i pareri favorevoli da parte delle competenti autorità (id est, i nulla osta della Soprintendenza di Messina, del Corpo Forestale, dell’A.R.T.A., Genio Civile, Agenzia delle Dogane, Capitaneria di porto nonchè il parere favorevole della Commissione edilizia del Comune di -OMISSIS-, meglio identificati nella documentazione versata in giudizio) intraprendeva i lavori di restauro.

Nel 2005, in seguito ad un accertamento tecnico del 27 maggio (prot. 3326 dell’1 giugno 2005), il Comune intimato riscontrava tuttavia la realizzazione di opere in difformità o totale assenza dei necessari titoli abilitativi e, con ordinanza dell’1 giugno 2005 n. 2, ne ingiungeva la demolizione.

Il ricorrente proponeva pertanto ricorso straordinario al Presidente della Regione Sicilia avverso la suddetta ordinanza e l’accertamento tecnico ivi richiamato e, contestualmente, in data 3 agosto 2005, presentava al Comune un’istanza di sanatoria ai sensi dell’art. 36 d.P.R. n. 380/2001, trasmettendo il relativo progetto con istanza del 4 gennaio 2008. In relazione alla detta istanza, il ricorrente conseguiva varie autorizzazioni e pareri favorevoli (ossia: il nulla osta, ai sensi dell’art. 55 del Cod. nav., da parte del Ministero dei trasporti;
il nulla osta, ai fini del vincolo idrogeologico da parte del Comando del Corpo Forestale;
il nulla osta con prescrizioni, ai fini della tutela delle riserve naturali della Provincia Regionale di Messina;
il parere favorevole della c.e.c. del Comune di -OMISSIS-, meglio identificati nella documentazione versata in giudizio).

Nel 2010, in seguito a un ulteriore accertamento tecnico svolto presso l’immobile, il Comune rilevava nuovamente, tuttavia, la presenza di diverse opere eseguite in difetto dei necessari titoli abilitativi e, segnatamente, “ la presenza di vani interrati all’interno del fabbricato, la realizzazione di una scalinata in pietra, un ampliamento in muratura nella parte retrostante l’immobile preesistente;
l’installazione di sei pannelli per l’accumulo di energia solare;
la presenza di un vano realizzato in muratura di pietrame nel terreno di pertinenza del fabbricato
”.

Con ordinanza n. 2 del 29 aprile 2010, pertanto, ingiungeva al ricorrente di provvedere demolizione dei manufatti abusivi riscontrati. La predetta ordinanza non ha formato oggetto di gravame.

Nel frattempo, il ricorso straordinario proposto avverso la precedente ordinanza di demolizione (ossia la n. 2/2005) veniva dichiarato inammissibile con decreto del Presidente della Regione Siciliana del 20 febbraio 2012, in ragione dell’avvenuta presentazione dell’istanza di sanatoria anteriormente alla proposizione del ricorso.

Il 14 agosto 2012 il ricorrente presentava una nuova istanza di sanatoria ai sensi dell’art. 36 d.P.R. n. 380/2001 per il mantenimento delle opere oggetto dell’ingiunzione n. 2/2010.

In relazione alla predetta istanza, il successivo 11 settembre 2012, l’Amministrazione comunale comunicava il preavviso di rigetto ai sensi dell’art. 10 bis l. n. 15/2005 rappresentando, quali fattori ostativi all’accoglimento, che l’immobile era ricompreso in zona TO3 del Piano Territoriale paesaggistico ove rea previsto il solo recupero edilizio senza ampliamento, in fascia di rispetto entro i 150 mt dalla linea di battigia nel vigente P.R.G. e in zona A della riserva Naturale Orientata di Monte Fossa delle Felci e Monte dei Porri dell’Isola di Salina.

In riscontro a tale nota, in data 21 settembre 2012, il ricorrente evidenziava che gli interventi oggetto dell’istanza di sanatoria comportassero “ la mera rimessione in pristino dei luoghi al fine di eliminare le opere non consentite e mantenere quelle consentite, senza determinare alcun ampliamento del fabbricato ”.

Malgrado tali controdeduzioni, l’Amministrazione intimata adottava il provvedimento di diniego oggetto di gravame con il ricorso introduttivo del giudizio, rappresentando che il progetto proposto “ comprenderebbe il mantenimento di opere non assentibili nella zona in questione ”.

Avverso il detto provvedimento, di cui il ricorrente ha chiesto l’annullamento previa sospensione dell’efficacia, in sede di ricorso straordinario, erano articolate le seguenti censure:

I. “ Violazione di legge per eccesso di potere e difetto di motivazione. Violazione di legge con specifico riferimento all’art. 10 bis della Legge n. 241/1990 ”. Il provvedimento impugnato, nel basarsi sul presupposto che “ il progetto proposto comprende il mantenimento di opere non assentibili nella zona in questione ”, era carente sul piano motivazionale, non consentendo di comprendere effettivamente le ragioni del diniego e della insanabilità delle opere. Tale motivazione, inoltre, era incompleta, in quanto non prendeva in considerazione, mediante adeguate argomentazioni, le controdeduzioni formulate dal ricorrente il 21.09.2012, in riscontro al preavviso di diniego;

II. “ Eccesso di potere sotto il profilo dell’illogicità, irragionevolezza e della manifesta contraddittorietà dell’azione amministrativa. Eccesso di potere sotto il profilo del travisamento dei fatti e dell’erroneità e carenza dei presupposti di fatto e diritto. Violazione o falsa applicazione di legge ” atteso che il provvedimento impugnato non consentiva di comprendere e di individuare quali opere, tra le diverse opere oggetto dell’istanza di sanatoria del 13 agosto 2008, non erano suscettibili di sanatoria e le relative ragioni di carattere giuridico.

3. A seguito di opposizione proposta ex art. 10 del D.P.R. n. 1199/1971 da parte del Comune di -OMISSIS-, il ricorrente, con ricorso notificato l’8 maggio 2012 e depositato il successivo 22 maggio, ha effettuato la trasposizione del ricorso straordinario, formulando istanza di sospensione e chiedendo l’annullamento dell’atto impugnato.

4. Il primo agosto 2013 si è costituito in giudizio il Comune intimato che, con successiva memoria del 5 settembre 2013, ha chiesto il rigetto del ricorso in quanto infondato.

5. Alla camera di consiglio del 18 settembre 2013, la trattazione della domanda cautelare era stata rinviata sine die su richiesta dalle parti.

6. Successivamente l’Amministrazione depositava in giudizio alcuni documenti, fra cui l’ordinanza di demolizione n. 1 del 23 febbraio 2021, corredata di avviso di restituzione al mittente per compiuta giacenza e riguardante un’ulteriore opera abusiva eseguita presso l’immobile in discussione.

7. Il ricorrente, affermando di aver preso conoscenza della summenzionata ordinanza soltanto a seguito del suo deposito in giudizio da parte dell’amministrazione – posto, fra l’altro, che non sarebbe più da tempo residente presso l’indirizzo cui la predetta ingiunzione risulta essere stata infruttuosamente notificata – ha chiesto un rinvio della trattazione del ricorso, originariamente calendarizzata per l’udienza straordinaria del 14 novembre 2022, al fine di presentare motivi aggiunti.

8. Con ricorso per motivi aggiunti depositato il 4 novembre 2022, il ricorrente ha impugnato, chiedendone la sospensione dell’efficacia, l’ordinanza n. 1 del 23 febbraio 2021, con cui l’amministrazione ha ingiunto la demolizione delle opere abusivamente realizzate con riferimento allo scivolo presente in area demaniale e alla “ filettatura delle pietre con malta cementizia di recente opera e […] quale nuovo prolungamento di quello esistente ”.

Ribadito quanto precedentemente evidenziato in relazione alla piena conoscenza del provvedimento gravato – perfezionatasi solo in seguito al deposito in giudizio dello stesso da parte dell’amministrazione, avendolo quest’ultima originariamente notificato ad un indirizzo diverso da quello di attuale residenza – al fine di sostenere la ricevibilità del gravame, articolava avverso quest’ultimo provvedimento i seguenti ulteriori motivi di gravame:

I) “ Difetto di legittimazione passiva. Illegittimità del provvedimento per violazione dell’art. 35 del d.P.R. n. 380/01;
eccesso di potere per travisamento dei fatti, istruttoria difettosa, carenza di motivazione, illogicità e irragionevolezza
” atteso che lo scivolo verso il mare, il cui abusivo ampliamento era alla base delle contestazioni mosse con l’ordinanza gravata, insisteva in area demaniale e non era direttamente prospiciente l’immobile di proprietà del ricorrente. Dal momento che la citata normativa, per le opere abusivamente realizzate in area demaniale o di proprietà pubblica, prevedeva che l’ordine di demolizione doveva essere rivolto al soggetto “ responsabile dell’abuso ”, il provvedimento gravato risultava viziato in quanto rivolto nei confronti di un soggetto, il ricorrente, la cui responsabilità nella materiale realizzazione dell’opera non era stata accertata;

II) “ Illegittimità per violazione dell’art. 181, comma 1-bis, d.lgs. 42/2004 e dell’art. 55, cod. nav.;
illegittimità per eccesso di potere, in part.: carenza di motivazione, irragionevolezza, illogicità
”.

9. All’udienza straordinaria del 14 novembre 2022, la trattazione della causa veniva rinviata alla successiva udienza straordinaria del 13 febbraio 2023, previa rinuncia, da parte del difensore presente per parte ricorrente, alla trattazione della domanda cautelare presentata congiuntamente al deposito del ricorso per motivi aggiunti.

10. All’udienza straordinaria del 13 febbraio 2023, la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

11. Il ricorso introduttivo deve essere rigettato perché infondato mentre il ricorso per motivi aggiunti deve essere accolto perché fondato.

12. L’odierna, articolata, controversia riguarda una pluralità di opere abusive progressivamente realizzate in un immobile situato presso il Comune di -OMISSIS-, rispetto alle quali l’Amministrazione intimata ha in parte negato la concessione della sanatoria (Determina n. 229/2012 del 26 ottobre 2012, impugnata con il ricorso introduttivo del giudizio, a seguito di trasposizione del ricorso straordinario) e, per quelle di più recente esecuzione, ordinato la riduzione in pristino (ordinanza n. 1 del 23 febbraio 2021, gravata con il ricorso per motivi aggiunti).

13. Devono essere innanzitutto esaminate le censure riguardanti il diniego di sanatoria, gravato con il ricorso introduttivo del giudizio.

14. Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta il difetto di motivazione del provvedimento avversato, in quanto non indicherebbe i presupposti fattuali e giuridici del diniego, né darebbe conto dell’apporto partecipativo fornito dal privato in riscontro al preavviso di rigetto.

La doglianza è infondata.

Premesso che, per costante giurisprudenza, sull’Amministrazione non grava alcun onere di «confutazione analitica» delle osservazioni formulate dal privato in riscontro al preavviso di cui all’art. 10 bis, l. 7 agosto 1990, n. 241 (si cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 20 ottobre 2021, n. 7054;
Id., sez. IV, 21 maggio 2021, n. 3924), va evidenziato come la nota trasmessa dal ricorrente il 21 settembre 2012 in riscontro al detto preavviso non introduca alcun nuovo o significativo elemento di valutazione per l’Amministrazione, tale da esigere un ulteriore approfondimento istruttorio da esternare compiutamente nella motivazione del diniego definitivo. Il ricorrente, invero, si è limitato genericamente a evidenziare “che il progetto proposto riguarda la rimessione in pristino dei luoghi con il rilascio dell’autorizzazione edilizia in sanatoria per l’eliminazione di quelle opere non consentite e il mantenimento di quelle consentite, per le quali non necessita alcuna concessione edilizia, che non comportano alcun ampliamento e quindi assentibili nel rispetto delle normative di tutela, sia nei riguardi della fascia di rispetto dentro i 150 metri dalla battigia, sia della zona T3 del vigente P.T.P. e della Zona A della Riserva Naturale orientata di Monte Fossa delle Felci e Monte dei Porri dell’Isola di Salina”.

Va aggiunto, inoltre, che la previsione della comunicazione dei motivi ostativi e del conseguente dovere dell'Amministrazione di indicare le ragioni del mancato accoglimento delle osservazioni presentate dall'interessato nella motivazione del provvedimento finale, secondo consolidata giurisprudenza, trova un limite nelle ipotesi in cui l'Amministrazione svolga attività vincolata (che, come sarà chiarito a breve, è quanto avvenuto nel caso in esame), per la contestuale presenza dell'art. 21-octies della stessa legge n. 241/1990, che preclude l'annullamento del “provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti” (si cfr., inter alia, T.A.R Catania, sez. I, 9 agosto 2022, n. 2222).

15. Quanto alla pretesa genericità della motivazione, il Collegio ritiene di poterne esaminare gli argomenti congiuntamente al secondo motivo di ricorso, con cui il ricorrente lamenta, in sostanza, che il provvedimento impugnato non gli consentirebbe di comprendere e individuare quali, tra le diverse opere oggetto dell’istanza di sanatoria del 13 agosto 2008, sarebbero insuscettibili di sanatoria e le relative ragioni di carattere giuridico.

Ai fini di una più puntuale delimitazione del thema decidendum , il Collegio ritiene opportuno soffermarsi preliminarmente sulle opere oggetto della summenzionata istanza di sanatoria, precisandone, anche alla luce degli elementi ritraibili dalla documentazione versata in atti, la tipologia e le caratteristiche.

In particolare, dalla relazione tecnica a firma dell’Ing. Faranna allegata all’istanza, emerge come il progetto di sanatoria preveda, da una parte, l’eliminazione - mediante riempimento dei vani interrati- di un piano cantinato abusivamente realizzato e, dall’altra, il mantenimento delle seguenti opere, rilevate durante il corso dei diversi sopralluoghi comunali nonché oggetto di precedenti misure repressive:

Per quanto riguarda i due fabbricati, il presente progetto ne prevede il mantenimento, con le eventuali modeste difformità in termini di superficie e volume che rientrano nella cosiddetta tolleranza di cantiere del 3% […] e la realizzazione di un’apertura sul prospetto ovest relativamente al corpo di fabbrica principale.

Si prevede anche il mantenimento delle seguenti opere […]

- muri a secco e “armacere” ripristinati e ricostruiti […];

- modeste strutture precarie in legno e copertura ad incannucciato per il ricovero degli attrezzi agricoli […];

- piccolo locale di deposito/sgombero delle dimensioni di mt 1,50 x 1,20 x h 1,95, completamente interrato sfruttando l’orografia del terreno, dal quale era possibile accedere ai vani interrati realizzati in difformità dal progetto approvato e da interrare con il presente progetto […];

- tettoia con copertura in incannucciato, realizzata su due lati (sud e ovest) del fabbricato principale […];

- sistemazione esterna con pavimentazione in cotto;

- scalinata in pietra, con sistemazione ad aiuole e muretti in pietrame a secco per il contenimento del terreno, realizzata in modo da collegare il terreno sottostante la sistemazione a terrazza;

- pannelli e impianti per accumulo di energia solare e per la produzione di acqua calda installati a terra per il servizio dell’immobile ”.

Alla luce di quanto evidenziato, il provvedimento impugnato risulta pertanto esente dai dedotti vizi di illogicità, irragionevolezza, contraddittorietà ed eccesso di potere, avendo piuttosto correttamente ritenuto l’incompatibilità delle menzionate opere con il Piano Territoriale Paesaggistico che, per gli immobili ricadenti in Zona TO3 (profilo, questo, non contestato dal ricorrente), prevede “ esclusivamente il recupero edilizio senza ampliamento ”.

Invero, nessuna delle opere sopra elencate e per le quali il ricorrente ha proposto il mantenimento a mezzo di sanatoria, risulta suscettibile di attrazione nel perimetro di operatività della suddetta previsione del P.T.P., non potendo essere qualificata in termini di “recupero edilizio” (locuzione, questa, da ritenersi di stretta interpretazione alla luce delle finalità di tutela paesaggistica e culturale sottese alla suddetta previsione) e “senza ampliamento”.

Va poi evidenziato come l’immobile oggetto della vicenda contenziosa, così per come affermato nel provvedimento impugnato e non contestato dal ricorrente, ricada “ in fascia di rispetto entro i 150 metri dalla battigia nel vigente P.R.G. e in zona A della Riserva Naturale Orientata di Monte Fossa delle felci e Monte dei Porri dell’Isola di Salina ”.

Il riferimento, in particolare, alla fascia di rispetto dei 150 mt. alla linea di battigia qualifica inequivocabilmente le opere come insanabili anche ai sensi del combinato disposto degli artt. 15 lett. a) l.r. n. 78/1976 e art. 23, comma 10, l.r. n. 37/1985 che, com’è noto, pone un vincolo di inedificabilità assoluta, precludendo tout court la sanatoria delle costruzioni realizzate, successivamente al 31 dicembre 1976, entro la detta fascia di rispetto.

In ragione di quanto esposto, quindi, il Collegio ritiene che la motivazione del provvedimento impugnato assolva alla sua funzione, consentendo al ricorrente di individuare e comprendere, in modo inequivocabile, le ragioni di insanabilità delle opere abusivamente realizzate, di contro non occorrendo una compiuta distinzione tra opere insuscettibili di sanatoria e opere, invece, sanabili, in ragione dei rigorosi regimi di inedificabilità/insanabilità cui l’immobile soggiace e dei ridottissimi margini d’intervento ammessi dal pianificatore regionale nonché dallo stesso legislatore.

In definitiva, in ragione di quanto sinteticamente esposto il ricorso introduttivo deve essere rigettato perché infondato.

15. Tanto premesso, è possibile passare all’esame del ricorso per motivi aggiunti, avente ad oggetto l’annullamento dell’ordinanza n. 1 del 23 febbraio 2021.

Va preliminarmente esaminata la ricevibilità del ricorso, oggetto di contestazione fra le parti. Secondo il ricorrente, la piena conoscenza del provvedimento gravato si sarebbe perfezionata soltanto in seguito al relativo deposito in giudizio da parte dell’Amministrazione intimata, avvenuto il 4 ottobre 2022 in vista dell’udienza di discussione nel merito originariamente calendarizzata.

Né una tale conoscenza avrebbe potuto perfezionarsi in un momento anteriore, poiché l’ordinanza n. 1/2021 risulta spedita al ricorrente presso l’indirizzo di residenza precedente, mutato in un momento di gran lunga antecedente l’adozione della predetta ordinanza, come confermano sia il certificato di residenza presente nell’anagrafe nazionale della popolazione residente, che la carta di identità del ricorrente rilasciata dal Comune di Genova nel 2012 (si cfr. all. 20 alla memoria del 13/10/2022).

Deduce ex adverso l’Amministrazione che la raccomandata spedita al ricorrente sarebbe stata restituita al mittente “per compiuta giacenza” e per assenza del destinatario e non, invece, per errato indirizzo o inesistenza di quest’ultimo, dal momento che in quella sede il ricorrente avrebbe dovuto avere quantomeno il domicilio.

Al riguardo, il Collegio osserva come l’atto in questione abbia carattere “ limitativo della sfera giuridica del destinatario ” e che la relativa efficacia sia subordinata alla comunicazione “ effettuata anche nelle forme stabilite per la notifica agli irreperibili nei casi previsti dal codice di procedura civile ” (art. 21 bis, l. n. 241/1990).

Sulla scorta di tali premesse, non appare indispensabile indagare se l’indirizzo presso cui il provvedimento repressivo è stato notificato corrisponda o meno al domicilio del ricorrente, in quanto, attesa l’irreperibilità del destinatario, avrebbe dovuto trovare applicazione la previsione dell’art. 140 c.p.c., in base al quale “ se non è possibile eseguire la consegna per irreperibilità o per incapacità o rifiuto delle persone indicate nell'articolo precedente, l'ufficiale giudiziario deposita la copia nella casa del comune dove la notificazione deve eseguirsi, affigge avviso del deposito in busta chiusa e sigillata alla porta dell'abitazione o dell'ufficio o dell'azienda del destinatario, e gliene dà notizia per raccomandata con avviso di ricevimento ”.

Come evidenziato, seppur succintamente, dalla difesa attorea, non risulta tuttavia fornita alcuna prova in relazione all’espletamento dei predetti adempimenti, con la conseguenza che correttamente il ricorrente assume di aver avuto conoscenza del provvedimento solo in epoca più recente (ossia, a seguito del deposito in giudizio da parte dell’Amministrazione), procedendo ad impugnarlo tempestivamente, con atto notificato entro sessanta giorni dalla conoscenza degli atti.

16. Ritenuta la tempestività del gravame, è possibile passare all’esame nel merito del ricorso.

Ai fini dell’esame della prima doglianza, va evidenziato come, secondo quanto rappresentato nell’ordinanza gravata, l’area demaniale occupata dallo scivolo si estenda per “circa ml. 9 di lunghezza e ml. 1,20 di larghezza”.

Nei casi in cui, come quello in esame, l’opera abusiva ricade su area demaniale, così come sostenuto dalla difesa del ricorrente, trova applicazione la previsione di cui all’art. 35 d.P.R. n. 380/2001, il quale prevede che l’ordine di demolizione debba essere rivolto “al responsabile dell’abuso” (non potendosi, per ovvie ragioni, rivolgere al “proprietario” dell’immobile).

Nel caso di specie, sebbene possa ritenersi altamente probabile che lo scivolo sul mare sia posto al servizio – se non in via esclusiva, quanto meno prevalente – dell’immobile di proprietà del ricorrente (invero, come chiarito dal verbale di accertamento nr. 86 del 3 febbraio 2020 - all. 25, lo scivolo sul mare, pur non essendo immediatamente antistante la proprietà del ricorrente, consentirebbe l’accesso a quest’ultima attraverso una collegata scalinata in pietra e cemento), dall’altra parte non risultano in atti elementi che consentano di ricondurre univocamente e senza alcun margine di incertezza a quest’ultimo la responsabilità dell’abuso, considerato che altri soggetti potrebbero aver avuto interesse a ripristinare lo scivolo (ad esempio, altri residenti nell'area in questione, per garantirsi l’accesso dal mare alle rispettive proprietà).

Peraltro, non può desumersi un’implicita ammissione di responsabilità dalla circostanza che la realizzazione dello scivolo fosse stata già contestata al ricorrente nel 2010 e che quest’ultimo non abbia impugnato la relativa ordinanza (senza tralasciare, peraltro, che le opere di cui si discute risultano realizzate in un momento successivo).

Ne consegue l’illegittimità dell’ordinanza gravata con il ricorso per motivi aggiunti, che pertanto deve essere accolto, con assorbimento delle rimanenti censure.

17. In conclusione, il ricorso introduttivo deve essere rigettato perché infondato mentre il ricorso per motivi aggiunti deve essere accolto perché fondato.

18. L’esito del giudizio consente l’integrale compensazione delle spese fra le parti.

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