TAR Salerno, sez. I, sentenza 2016-11-08, n. 201602424
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Testo completo
Pubblicato il 08/11/2016
N. 02424/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00919/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso, numero di registro generale 919 del 2015, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli Avv. A B C. F. BRNNTN77P09H703A e R P C F. PPERNT70P52Z102N, con domicilio eletto, in Salerno, alla via Nizza, 73;
contro
Comune di Campagna, in persona del legale rappresentante p. t., rappresentato e difeso dall’Avv. E F C. F. FRRMLE75A05Z401Y, con domicilio eletto, in Salerno, alla via Sichelmanno, 8;
per l’annullamento
della nota, prot. n. 3190 del 19/02/2015, notificata in data 25/02/2015, con la quale il Comune di Campagna ha ritenuto valido ed efficace l’atto preliminare di permuta del 9/07/2009 (prot. n. 12373), stipulato con il Sig. -OMISSIS-, e conseguentemente ha rigettato l’istanza, tesa a sollecitare l’avvio del procedimento amministrativo d’acquisizione sanante, ex art. 42 bis del d. P. R 327/01, delle particelle di terreno, identificate al foglio 35, mapp. 52, 53, 54 e 56 del Comune di Campagna, illegittimamente occupate per la realizzazione e sistemazione dell’area urbana del centro storico di Campagna, denominata insula 81;
nonché per l’accertamento
dell’avvenuta risoluzione del contratto preliminare di permuta, stipulato in data 9/07/2009 (prot. n. 12373) tra i Sigg.ri Granito ed il Comune di Campagna, per inadempimento contrattuale del Comune di Campagna, come da diffida ad adempiere del 20/03/2014;
nonché per l’accertamento
dell’illegittima occupazione delle particelle di terreno identificate al foglio 35, mapp. 52, 53, 54 e 56 del Comune di Campagna, di proprietà di -OMISSIS-, non avendo il Comune mai provveduto, nel termine d’efficacia della dichiarazione di pubblica utilità ed in adempimento del preliminare di permuta, ad emanare un valido decreto di esproprio;
nonché per la condanna
del Comune di Campagna, in persona del legale rappresentante p. t. – una volta accertata l’illegittima occupazione del terreno di proprietà di -OMISSIS- – ad avviare il procedimento d’acquisizione sanante, ex art. 42 bis del d. P. R 327/01;
nonché per la condanna
del Comune di Campagna al risarcimento del danno, da responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, in riferimento all’illegittimo comportamento assunto nella specie;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Campagna;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 25 ottobre 2016, il dott. P S;
Uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue;
FATTO
Il ricorrente, premesso che:
in data 29/09/2008 il Comune di Campagna, con nota prot. n. 16390, dava avvio al procedimento espropriativo delle particelle di terreno, identificate al foglio 35 del mappale 52, 53, 54 e 56, intestate, all’epoca, per la metà a V G e per l’altra metà a E G, al fine di sistemare il centro storico del paese e realizzare un parcheggio pubblico, come da progetto esecutivo, denominato insula 81;
con contratto preliminare di permuta, del 9/07/2009 (prot. n. 12372) i Sigg.ri Granito, comproprietari delle predette particelle di terreno, s’impegnavano a cedere le stesse al Comune, il quale, a sua volta, in luogo dell’indennità d’esproprio, avrebbe ceduto un locale legnaia delle dimensioni di ml. (5,11 X 8,00) X h ml. 3,00;il locale legnaia, oggetto della permuta, sarebbe stato realizzato nel corso dei lavori di sistemazione della cd. insula 81;all’atto della consegna del locale le parti avrebbero formalizzato con appositi atti pubblici il reciproco trasferimento dei beni come espressamente convenuto al punto “5” del preliminare di permuta;
in data 21/02/2010 il ricorrente – giusta scrittura privata di vendita del 21/02/2010 – diventava proprietario anche della quota pari a 1/2 delle particelle di terreno del mappale 52, 53, 54 e 56, del foglio 45 del Comune di Campagna, già intestate a V G;
in data 18/04/2013 il ricorrente, considerato che a distanza di oltre 4 anni dalla stipula del preliminare di vendita, il Comune non aveva ancora ultimato i lavori di sistemazione dell’insula 81, con una prima diffida, invitava l’ente a terminare i lavori e a consegnare il locale legnaia, come da accordi;
in data 20/03/2014 il ricorrente – vista la perdurante inerzia dell’Amministrazione – con ulteriore diffida, nelle forme e per gli effetti dell’art. 1454 c. c. – invitava l’Ente, assegnando a tal fine un termine di 30 giorni, a terminare i lavori all’insula 81 e a consegnare il locale legnaia, come da preliminare di permuta, avvertendo che, in caso d’inadempimento, il contratto preliminare di permuta si sarebbe dovuto intendere risolto di diritto;
il Comune non dava adempimento – nel termine indicato di 30 giorni – all’obbligo, assunto con il preliminare di permuta, né riscontrava la diffida;
il ricorrente, con istanza del 5/06/2014, acclarata al protocollo dell’ente al n. 10891 – preso atto dell’avvenuta risoluzione contrattuale, ex art. 1454 c. c. – chiedeva di dare avvio alla procedura d’acquisizione sanante delle aree occupate, sulla scorta del risolto preliminare di permuta, essendo l’occupazione delle proprie particelle di terreno – in assenza sia di valido atto d’esproprio, sia di valido ed efficace contratto preliminare di permuta – divenuta illegittima;
il Comune, con l’impugnata nota, prot. n. 3190 del 19/02/2015, notificata in data 25/02/2015, respingeva l’istanza del ricorrente, ritenendo valido ed efficace il contratto preliminare di permuta, sottoscritto in data 9/7/2009, nonostante il suo inadempimento ed in assenza di un valido decreto d’esproprio, idoneo a trasferire la proprietà in capo al Comune;
tanto premesso, avverso tale nota, articolava le seguenti censure:
- 1) Violazione e falsa applicazione art. 23 d. P. R 327/01;Violazione e falsa applicazione art. 45 d. P. R 327/01;Violazione e falsa applicazione art. 42 bis d. P. R 327/01;Violazione e falsa applicazione l. 241/90;Violazione e falsa applicazione artt. 1454 e 1458 c. c.;Eccesso di potere;Sviamento;Illogicità manifesta: il contratto preliminare di permuta, stipulato tra il Comune di Campagna ed i Sigg.ri Granito in data 9/07/2009 (prot. n. 12372) non era idoneo —contrariamente a quanto asserito nell’impugnata nota – di per sé a produrre gli stessi effetti giuridici del decreto di esproprio;da ciò, l’illegittima occupazione delle aree di proprietà del ricorrente;con il preliminare di permuta, infatti, non si erano generati effetti traslativi della proprietà, ma solo effetti di tipo obbligatorio;all’art. 3 del contratto preliminare è dato leggere: “Il Comune si impegna a cedere in permuta un piccolo volume da utilizzare come legnaia ubicato al di sotto della struttura progettata per la sistemazione dell’area di risulta del rudere facente parte dell’insula 81, approssimativamente di dimensione pari a ml. (5,11 x 8,00) x h circa ml. 3,00”, mentre al successivo art. 4 si legge: “I sigg. Granito autorizzano il Comune all’immissione immediata in possesso delle aree”, e, infine, all’art. 5 si stabilisce: “I sigg. Granito si impegnano a trasferire la proprietà dell’area oggetto di cessione libera da vincoli, pesi, oneri reali e di altra natura, trascrizioni ed iscrizioni pregiudizievoli, privilegi, nonché da servitù passive, entro il termine che verrà indicato dal Comune in ragione delle esigenze di realizzazione del parcheggio pubblico, riservato solo ed esclusivamente ad autovetture”;dalla testuale previsione dell’art. 5 del contratto, s’evinceva, senza dubbio, che le parti avevano rimandato, a un successivo momento, il trasferimento dell’area ceduta: era “chiaro dunque che le parti, con il contrato del 9/07/2009, hanno stipulato un atto ad effetti obbligatori e demandato ad un momento successivo il trasferimento dei beni ed il perfezionamento della cessione bonaria, in luogo di un atto autoritativo di esproprio. Ed infatti, da una parte i Sigg.ri Granito si sono obbligati a trasferire la proprietà delle particelle oggetto di esproprio entro il termine che verrà stabilito dal Comune, dall’altra il Comune s’è obbligato a cedere in permuta un piccolo locale legnaia, in luogo dell’indennizzo di esproprio”;l’immissione in possesso dei beni, come stabilito tra le parti al punto 4 del preliminare di permuta, non era comunque idonea a produrre effetti traslativi, in quanto, per costante giurisprudenza di legittimità, il contratto preliminare ad effetti anticipati non produce l’effetto traslativo, che si determina solo con la stipula del contratto definitivo;le parti, infatti, nell’ambito di un procedimento espropriativo, hanno voluto stipulare un contratto preliminare di permuta ad effetti obbligatori, demandando così gli effetti reali del trasferimento dei beni ad un successivo atto, a richiesta dell’ente espropriante e a condizione avverata (consegna del locale legnaia);secondo costante orientamento giurisprudenziale, nell’ambito di un procedimento espropriativo l’autorità espropriante ed il proprietario interessato possono dar vita ad accordi di vario contenuto, come quello concluso tra il Comune di Campagna ed i Sigg.ri Granito, tra cui anche schemi integranti gli estremi di un contratto preliminare di permuta di cosa presente (cessione delle particelle di terreno da espropriare) con cosa futura (trasferimento del realizzando locale legnaia);ma tale atto d’autonomia privata non è di per sé idoneo a sorreggere la traslazione del diritto di proprietà, richiedendosi, alternativamente, o la stipulazione del definitivo o l’impiego dello strumento autoritativo dell’espropriazione, che debbono intervenire entro il termine d’efficacia della dichiarazione di pubblica utilità;nella specie, l’atto definitivo e/o il decreto di esproprio non erano mai intervenuti, nel termine d’efficacia della dichiarazione di p. u., con l’effetto che, allo stato, l’occupazione delle particelle di terreno di proprietà del ricorrente era illegittima, perché mai legittimata da un successivo atto di esproprio e/o dalla stipulazione del definitivo, come espressamente previsto al punto 5 del preliminare di permuta;in ogni caso, il contratto preliminare di permuta s’era comunque risolto di diritto, a norma dell’art. 1454 c. c., per inadempimento contrattuale;il Comune di Campagna non aveva, infatti, adempiuto alla propria obbligazione di cedere in permuta, al ricorrente, il locale legnaia, nel termine assegnato con la diffida del 20/03/2014;e infatti, dopo oltre cinque armi dalla stipula del contratto, il Comune non aveva ancora realizzato il locale legnaia, da cedere al ricorrente;tale inadempimento contrattuale era grave e di non scarsa importanza, con l’effetto che il preliminare di permuta doveva intendersi senz’altro risolto di diritto, a norma e per gli effetti dell’art. 1454 c. c.;l’illegittima occupazione delle aree, oggetto della procedura espropriativa, discendeva, anche e soprattutto, dal venir meno, a seguito della risoluzione, ex art. 1454 c. c., del preliminare di permuta, degli effetti giuridici prodotti, tra le parti, da detto contratto;infatti, a norma dell’art. 1458 c. c., decorso il termine (nella specie trenta giorni, come da atto di diffida del 20/03/2014), senza che il contratto sia stato adempiuto, lo stesso è risolto di diritto;nella specie, il Comune di Campagna, a seguito della diffida ad adempire del 20/03/2014, formulata dal ricorrente, non aveva né provveduto ad adempiere alle proprie obbligazioni, né aveva mai richiesto, nei termini d’efficacia della dichiarazione di pubblica utilità, la stipula del definitivo e/o aveva emesso il decreto di esproprio;da ciò, a norma dell’art. 1458 c. c., l’intervenuta risoluzione di diritto del contratto preliminare di permuta, stipulato inter partes ;era “chiaro dunque come la declaratoria di risoluzione del preliminare di permuta determini l’illegittimità dell’occupazione delle particelle di terreno”, a decorrere dalla data di stipula di detto contratto preliminare e cioè a far data dal 9/07/2009, perché l’art. 1458 c. c., rubricato “effetti della risoluzione”, espressamente prevede che la risoluzione del contratto per inadempimento ha effetto retroattivo tra le parti;invero, fino a quando il preliminare di permuta era produttivo di effetti giuridici tra le parti, l’occupazione, seppure non retta da un atto ad effetti reali, era comunque legittimata dall’art. 4 del preliminare che autorizzava, fmo alla stipula del definitivo, l’ente espropriante all’anticipata immissione in possesso del bene;ma, una volta venuto meno il preliminare, l’occupazione delle aree, di proprietà del ricorrente, era divenuta illegittima, sorgendo così l’obbligo del Comune di procedere, a norma e per gli effetti dell’art. 42 bis del d. P. R. 327/01;ad oggi il Comune di Campagna, atteso il lungo lasso di tempo trascorso dalla dichiarazione di p. u., non poteva più legittimamente emanare atto d’esproprio, né poteva più dare esecuzione al preliminare di permuta, attesa l’intervenuta risoluzione di diritto, ex art. 1454 c. c.;la conseguenza era che: “La sopravvenuta perdita d’efficacia dell’accordo sottoscritto inter partes da una parte, e l’impossibilità di emanare valido ed efficace decreto di esproprio dall’altra, determinano l’illiceità dell’occupazione delle aree di proprietà del ricorrente”;e costituiva ormai “ ius receptum che l’occupazione sine titulo , anche se accompagnata dall’irreversibile trasformazione del fondo, sia fatto materiale non idoneo a determinare l’effetto traslativo della proprietà del bene occupato, esito non consentito dall’art. 1 del Protocollo addizionale CEDU, come costantemente interpretato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, dal Consiglio di Stato, e, da ultimo, dalla stessa Cassazione”. Da quanto detto, derivava l’obbligo per il Comune di provvedere, secondo il modulo normativo dettato dall’art. 42 bis del d. P. R. 327/01, dopo aver accertato e dichiarato risolto il preliminare di permuta e verificato che, allo stato, non è possibile emanare un valido ed efficace atto d’esproprio;inoltre, l’illegittimo comportamento del Comune di Campagna era fonte di danno ingiusto: nella specie, il risarcimento del danno da risoluzione contrattuale e da illegittima occupazione potevano trovare facile ristoro, attraverso il modulo normativo dell’art. 42 bis del d. P. R. 327/01, che espressamente prevede un indennizzo sia a titolo di danno morale e sia a titolo di illegittima occupazione.
Il ricorrente formulava quindi domanda di sospensione dell’atto impugnato e concludeva per l’accertamento della risoluzione per inadempimento contrattuale, ex art. 1454 c. c., del contratto preliminare di permuta del 9/07/2009, stipulato tra il Comune di Campagna ed i Sigg.ri Granito, per l’accertamento dell’illegittima occupazione delle particelle di terreno di sua proprietà e per la condanna del Comune di Campagna a dare avvio al procedimento d’acquisizione sanante, ex art. 42 bis d. P. R. 327/01, oltre al risarcimento di tutti i danni patiti e patiendi per l’illegittimo agere della P. A., con vittoria di spese e distrazione ai procuratori costituiti, per dichiarato anticipo.
Si costituiva in giudizio il Comune intimato, con memoria in cui eccepiva l’inammissibilità, e comunque, sosteneva l’infondatezza della pretesa, azionata ex adverso;l’inammissibilità, in particolare, rilevava sotto i molteplici e distinti profili del difetto di giurisdizione, della natura dell’azione proposta e dell’omessa impugnazione della clausola n. 5 dell’accordo di permuta, prot. n. 12373/2016;l’infondatezza, invece, scaturiva dalla tipologia d’accordo, sottoscritto con il Comune di Campagna (permuta di cosa presente con cosa futura), dalla previsione del termine per l’adempimento in favore dell’Ente e non del privato, nonché dalla mancanza di prova dell’esatto adempimento da parte del ricorrente;in ordine alla richiesta di risarcimento dei danni, il Comune sosteneva che la natura degli accordi, intercorsi tra le parti, faceva sì che non potesse parlarsi di comportamento illecito da parte del Comune di Campagna, tale da giustificare il ristoro dei danni lamentati che, peraltro, non risultavano documentati nell’an e nel quantum;in particolare, il richiamo al “modulo normativo di cui all’art. 42 bis del d. P. R. 327/2001” era inidoneo allo scopo, prevedendo, detta norma, il versamento di un indennizzo, solo per il caso di bene modificato, in assenza di un valido ed efficace provvedimento d’esproprio, o dichiarativo della p. u., ipotesi non ricorrente nella specie, avendo il ricorrente autorizzato l’immediata immissione nel possesso ed avendo accettato la consegna del locale promesso, al momento della sua esistenza, in considerazione “delle esigenze di realizzazione del parcheggio pubblico”;da ultimo, la difesa dell’ente evidenziava che risultavano realizzate “tutte le opere strutturali e murarie” ed era stata ricostruita la parete del prospetto principale, in cui erano state reinserite le originarie cornici in pietra;che il collaudo statico delle strutture era in corso di redazione, dovendo essere ancora realizzate solo alcune modeste opere di completamento (pavimentazione, porta in ferro legnaia, terreno vegetale di riempimento aiuola, messa a dimora piante ornamentali, elementi di arredo urbano, ecc.) (cfr. nota, prot. n. 17936 del 13.09.2016, a firma del R. U. P.);per il completamento della legnaia, dunque, occorreva soltanto il montaggio della porta esterna, riferendosi le ulteriori lavorazioni all’opera pubblica (sistemazione dell’area di risulta, facente parte dell’insula 81).
Rinunziata l’istanza cautelare, seguiva lo scambio di memorie difensive tra le parti (il ricorrente, in particolare, replicava alle eccezioni preliminari, sollevate da controparte).
Alla pubblica udienza del 25 ottobre 2016, il ricorso era trattenuto in decisione.
DIRITTO
Preliminarmente, va esaminata l’eccezione di difetto di giurisdizione, sollevata dalla difesa dell’Amministrazione Comunale di Campagna (sub lett. A), sul presupposto che l’azione, volta alla declaratoria dell’intervenuta risoluzione per inadempimento dell’accordo di permuta, stipulato tra il Comune e i sigg. V ed E G (e, quindi, all’accertamento dell’illegittima occupazione delle particelle di terreno di sua proprietà, essendo – a quel punto – mancato un valido decreto d’esproprio), spetterebbe alla giurisdizione del G. O.
In senso contrario, la difesa del ricorrente ha richiamato la valenza – ai fini determinativi della giurisdizione, relativamente alla controversia in esame – dell’art. 133, comma 1, lett. g), del c. p. a., secondo cui: “Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge: (…) g) le controversie aventi ad oggetto gli atti, i provvedimenti, gli accordi e i comportamenti, riconducibili, anche mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere, delle pubbliche amministrazioni in materia di espropriazione per pubblica utilità, ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario per quelle riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa (…)”.
In realtà, ad avviso del Tribunale, la questione della spettanza della controversia in esame al G. O. oppure al G. A., si pone, anzitutto (come d’altronde intuito, da parte resistente, alla lett. B) dell’eccezione preliminare di difetto di giurisdizione), con riferimento all’applicabilità, o meno, alla specie, dell’art. 133, comma 1, lett. a), n. 2) del c. p. a., secondo il quale: “Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge: a) le controversie in materia di: (…) 2) formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi integrativi o sostitutivi di provvedimento amministrativo e degli accordi fra pubbliche amministrazioni”.
Nel caso in esame, infatti, tra i sigg.ri Granito e il Comune di Campagna è intervenuto, in data 9.07.2009, un accordo (atipico) per mezzo del quale i proprietari hanno trasferito (non importa, qui, stabilire se con effetti reali od obbligatori) la proprietà di alcuni loro terreni, necessari per l’esecuzione di un’opera pubblica, in cambio – non già dell’indennità d’espropriazione, determinata in via amichevole (cessione volontaria, ex art. 45 d. P. R. 327/01) – bensì di un “piccolo volume da utilizzare come legnaia ubicato al di sotto della struttura progetta per la sistemazione dell’area di risulta del rudere, facente parte dell’insula n. 81”, in tal modo dovendosi qualificare, l’accordo in questione, come una permuta, caratterizzata dall’ulteriore particolarità che, laddove (art. 4 dell’accordo) i proprietari autorizzavano il Comune all’immissione immediata nel possesso dell’area, impegnandosi peraltro (art. 5) a trasferire la proprietà dell’area medesima, oggetto di cessione (…) “entro il termine che verrà indicato dal Comune in ragione delle esigenze di realizzazione del parcheggio pubblico riservato (ad autovetture)”, l’ente avrebbe ceduto loro, in permuta, il piccolo locale legnaia, solo all’esito del completamento dei relativi lavori (condizione che, sia pur inespressa, è logicamente implicita, stante l’inesistenza, attuale, del locale in questione);s’è trattato quindi, all’evidenza, di una permuta di cosa presente, contro cosa futura.
Stante l’atipicità di tale accordo, si pone, in via assolutamente preliminare, e in disparte ogni altra questione, il problema di stabilire se lo stesso sia, come l’accordo di cessione volontaria, ex art. 45 d. P. R. 327/2001 (che ne rappresenta, indubbiamente, l’ipotesi normativa più prossima), sottratto alla giurisdizione del G. A., per rientrare in quella del G. O.;e ciò, giusta la massima della Sezione, n. 504 del 28.02.2014, secondo cui “La cessione volontaria degli immobili assoggettati ad espropriazione e la determinazione amichevole della relativa indennità non rientrano nel genus degli accordi ex art. 11 l. n. 241 del 1990, circostanza che implica la non operatività della previsione di cui all’odierno art. 133 comma 1 lett. a) n. 2 c. proc. amm. Ciò comporta che ogni vertenza relativa all’esecuzione ed all’adempimento dell’accordo di cessione volontaria rientri nella giurisdizione del g. o.” (T. A. R. Salerno (Campania), sez. I, 28/02/2014, n. 504).
Ritiene il Tribunale, con il conforto d’autorevole giurisprudenza, che la risposta debba essere positiva, vale a dire che, attesa l’atipicità di tale accordo, lo stesso debba rientrare nell’alveo della giurisdizione ordinaria, e ciò in adesione all’indirizzo, espresso nell’ulteriore massima, che segue: “La cessione volontaria dei beni è un’ipotesi speciale di accordo tra privato e amministrazione, caratterizzata dalla mancanza della discrezionalità propria degli accordi riconducibili all’art. 11, l. 7 agosto 1990 n. 241, e, quindi, qualora si decida di utilizzare lo strumento convenzionale ai fini della cessione dei beni, la scelta è obbligata verso le modalità proprie previste dal Testo Unico Espropri, essendo qualsiasi altro tipo di accordo non sussumibile sotto la previsione dell’art. 11, l. 7 agosto 1990 n. 241, ma rientrando all'interno degli accordi privatistici. Nella materia degli espropri, pertanto, l’accordo fra soggetto espropriando ed amministrazione, sostitutivo del decreto di espropriazione, è assoggettato alla giurisdizione del g. o., tenuto conto che, al di fuori dell’ambito dell’art. 11 citato e nella materia degli espropri, l’incontro della volontà fra amministrazione e privato non ha rilievo pubblicistico” (T. A. R. Lecce, (Puglia), sez. I, 19/09/2012, n. 1545).
Si ritiene opportuno riportare, integralmente, la parte motiva della suddetta sentenza del T. A. R. Lecce:
“Il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione.
La difesa dei ricorrenti sostiene la giurisdizione di questo giudice ritenendo che il protocollo d’intesa in questione costituisca un accordo ex art. 11 l. 241/1990 con conseguente giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Questa prospettazione non è condivisibile.
Com’è noto, nell’ambito della procedura espropriativa il TU Espropri prevede espressamente un’ipotesi di accordo tra le parti;in particolare l’art. 45, nel definire l’istituto della cessione volontaria dei beni, individua un’articolata sequenza procedimentale al fine di garantire la realizzazione del pubblico interesse.
Nel caso in esame, risulta incontestato in giudizio, che questa sequenza non sia stata seguita dall’amministrazione procedente, tant’è che la stessa parte ricorrente, ai fini della legittimazione della giurisdizione di questo giudice, inquadra il protocollo in esame nell’ambito degli accordi ex art. 11 l. 241/1990.
In realtà, com'è stato precisato sia dalla giurisprudenza amministrativa che dalle Sezioni Unite della Cassazione, l’accordo sulla cessione dei beni assoggettati a espropriazione non può derogare a quanto previsto dall’art. 45 TU espropri e quindi non può essere autonomamente determinato dalle parti ai sensi dell’art. 11 l. 241/1990;questo perché "la cessione volontaria è configurata come modo tipico di chiusura del procedimento, secondo modalità ritenute necessarie dalla legge in virtù di una relazione legale e predeterminata di alternatività al decreto ablatorio, e per ciò non di semplice sostituzione che ne consenta l’inquadramento tra gli accordi sostitutivi previsti dall’art. 11 della legge n. 241-90, che sono liberi nell’an e nel quomodo, a differenza degli accordi espropriativi, che sono liberi solo nell’an" (Tar Salerno, sez. I, 12 luglio 2011, n. 1269).
È stato precisato che “L’art. 11 l. 7 agosto 1990 n. 241, non è applicabile al (sub)procedimento di cessione volontaria del bene da espropriare: ciò in base al rilievo che la legge generale sul procedimento amministrativo non può trovare applicazione quando la disciplina di settore (quale quella che regola la procedura ablatoria di cui alla l. n. 865 del 1971, art. 9 e ss.), soddisfacendo in maniera diversa (e con minori margini di discrezionalità per la p.a.) le esigenze tutelate dalla disciplina generale, risulti incompatibile con il modello procedimentale da essa delineato e debba applicarsi nella sua interezza” (Cass., sez. un., 6 dicembre 2010, n. 24687).
In sostanza, la cessione volontaria dei beni è un’ipotesi speciale di accordo tra privato e amministrazione, caratterizzata dalla mancanza della discrezionalità propria degli accordi riconducibili all’art. 11 l. n. 241 del 1990, e quindi, qualora si decida di utilizzare lo strumento convenzionale ai fini della cessione dei beni, la scelta è obbligata verso le modalità proprie previste dal T. U. Espropri, essendo qualsiasi altro tipo di accordo non sussumibile sotto la previsione dell’art. 11 l. 241/1990, ma rientrando all’interno degli accordi privatistici.
In altri termini, la disciplina pubblicistica degli accordi ha carattere generale.
Nella materia degli espropri l’accordo fra soggetto espropriando ed amministrazione sostitutivo del decreto di espropriazione e quindi assoggettato alla giurisdizione del giudice amministrativo trova la sua disciplina esclusivamente nel T. U. sugli espropri;questo istituto ha carattere speciale rispetto alla regola generale dettata in materia di accordi fra privato ed amministrazione dall’art. 11 della legge n. 241/1990.
Al di fuori dell’ambito dell’art. 11 citato e, nella materia degli espropri, della normativa speciale l’incontro della volontà fra amministrazione e privato non ha rilievo pubblicistico e perciò è soggetto al sindacato del giudice ordinario.
Pertanto, qualora le parti, come nel caso in esame, non hanno applicato (si siano discostati) dal modello procedimentale previsto dal T. U., ai fini della cessione dei beni da espropriare, ma, al contrario, hanno determinato liberamente, nell’ambito della loro autonomia negoziale, i contenuti dell’accordo di cessione, si deve ritenere che si rientri nel campo degli accordi privatistici, la cui giurisdizione appartiene al giudice ordinario.
In base a queste considerazioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e la cognizione della controversia è, quindi, riservata al giudice ordinario, davanti al quale il processo potrà essere proseguito mediante riassunzione a cura della parte interessata, nel termine di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente sentenza, ai sensi e per gli effetti dell’art. 11 codice del processo amministrativo, fatti salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda proposta innanzi a questo tribunale amministrativo”.
Ferma restando la valenza dirimente di quanto testé rilevato, in ogni caso la Sezione ritiene che allo stesso risultato, della spettanza, nel caso concreto, della giurisdizione all’A. G. O., dovrebbe pervenirsi, anche se si postulasse, con il ricorrente, l’applicabilità nella specie, quale regola determinativa della giurisdizione medesima, dell’art. 133, comma 1, lett. g), sopra citato.
Milita in tale direzione, in particolare, la considerazione dell’oggetto sostanziale dell’azione esercitata;pur essendo, la stessa, mediatamente rivolta all’annullamento della nota del Comune di Campagna, prot. n. 3190 del 19.02.2015, è evidente che detta nota – che esprime la convinzione, da parte del Responsabile del Settore competente, della persistente validità ed efficacia dell’accordo di permuta di cui sopra – non ha valore provvedimentale, ma rileva, unicamente, all’interno della controversia, di natura squisitamente privatistica, circa l’affermata, da un lato, e negata, dall’altro, intervenuta risoluzione, per inadempimento (in virtù del preteso esercizio di una clausola risolutiva espressa), del contratto di permuta, di cui sopra.
In buona sostanza, l’oggetto dell’azione consiste in ciò: il ricorrente, non reputando più valido l’accordo, con il quale aveva ceduto, al Comune, aree (anche) di sua proprietà, in cambio del (solo) locale legnaia e, reputando che fosse idonea, a svincolarsi dal legame contrattuale, a suo tempo stipulato, la risoluzione per inadempimento, intimata all’Amministrazione nel 2014, ha agito affinché l’Amministrazione, preso atto del dedotto venir meno del titolo, legittimante al possesso delle aree in questione, avviasse il procedimento d’acquisizione sanante, ex art. 42 bis del T. U. Espr.
Da quanto appena osservato discende, ad avviso della Sezione, con carattere di necessaria consequenzialità, che il ricorrente ha agito, in definitiva, al fine d’ottenere una diversa determinazione dell’indennità, derivante dall’ablazione del bene di sua proprietà, non ritenendosi evidentemente più soddisfatto di quella, a suo tempo stabilita nell’accordo di permuta, e auspicando di trovare una più consistente soddisfazione, all’interno del procedimento d’acquisizione sanante (e ciò, lo si rileva incidentalmente, nonostante che l’Amministrazione sia, infine, in grado di consegnargli il piccolo locale legnaia, pattuito come corrispettivo della permuta – cfr. l’attestazione del 13.09.2016, a firma del Responsabile del Settore Comunale competente).
Che tale sia l’oggetto dell’azione, lo si ricava, anche, dalla constatazione che il ricorrente non ha chiesto, al Comune, la restituzione dell’area di sua proprietà, ceduta bonariamente nel 2009, bensì, unicamente, l’attivazione della procedura d’acquisizione sanante, con ciò dimostrando di avere di mira, unicamente, il corrispettivo per equivalente del sacrificio, derivante dall’apprensione del bene di sua proprietà (come s’esprime il ricorso: “L’illegittimo comportamento del Comune di Campagna era fonte di danno ingiusto: nella specie, il risarcimento del danno da risoluzione contrattuale e da illegittima occupazione potevano trovare facile ristoro, attraverso il modulo normativo dell’art. 42 bis del d. P. R. 327/01, che espressamente prevede un indennizzo sia a titolo di danno morale e sia a titolo di illegittima occupazione”).
Ma, se tale è l’oggetto sostanziale del ricorso, deve trovare, allora, applicazione la riserva, contenuta nell’ultima parte della disposizione codicistica di cui sopra (art. 133 comma 1, lett. g) c. p. a.), secondo la quale resta ferma la giurisdizione del giudice ordinario, per le controversie riguardanti “la determinazione” e “la corresponsione” delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa.
Le considerazioni che precedono, stante la loro valenza preliminare, implicano che non debba scendersi alle ulteriori eccezioni d’inammissibilità del ricorso (tra cui quella secondo cui, al fine di far risaltare l’inerzia del Comune, relativamente alla mancata consegna del locale legnaia, il ricorrente avrebbe dovuto avvalersi dell’azione avverso il silenzio della P. A., ex artt. 31 e 117 c. p. a., piuttosto che intimare la risoluzione per inadempimento dell’accordo, che tale consegna prevedeva, eccezione sollevata, dalla difesa dell’Amministrazione, sulla falsariga della sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, 15/05/2002, n. 2636).
In definitiva, letto l’art. 11, commi 1 e 2, c. p. a. (1. “Il giudice amministrativo, quando declina la propria giurisdizione, indica, se esistente, il giudice nazionale che ne è fornito”. 2. “Quando la giurisdizione è declinata dal giudice amministrativo in favore di altro giudice nazionale o viceversa, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, sono fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda se il processo è riproposto innanzi al giudice indicato nella pronuncia che declina la giurisdizione, entro il termine perentorio di tre mesi dal suo passaggio in giudicato”), il ricorso va dichiarato inammissibile, per difetto di giurisdizione, spettando la cognizione del presente processo all’A. G. O., innanzi alla quale la parte interessata potrà riassumerlo, entro il termine perentorio sopra indicato.
La preliminare decisione, nel senso della declinatoria della giurisdizione, evidentemente implica che non possa scendersi affatto all’esame delle domande di risarcimento del danno, avanzate da parte ricorrente.
Attesa la natura processuale della presente decisione, sussistono eccezionali motivi per disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti.