TAR Brescia, sez. I, sentenza 2010-10-22, n. 201004113

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Brescia, sez. I, sentenza 2010-10-22, n. 201004113
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Brescia
Numero : 201004113
Data del deposito : 22 ottobre 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00873/2010 REG.RIC.

N. 04113/2010 REG.SEN.

N. 00873/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 873 del 2010, proposto da:
H SH, rappresentato e difeso dall'avv. M S S, con domicilio eletto presso T.A.R. Segreteria in Brescia, via Carlo Zima, 3;

contro

MINISTERO DELL'INTERNO, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale Stato, domiciliata per legge in Brescia, via S. Caterina, 6;

per l’accertamento

della illegittimità del silenzio da parte dell'Amministrazione sull'istanza presentata dal ricorrente in data 2/4/2007 (K10/150599), volta ad ottenere la concessione della cittadinanza italiana.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti gli artt. 35, co. 1, e 85, co. 9, cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 30 settembre 2010 il dott. C R e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Rilevato che:

- occorre anzitutto porsi il problema della competenza a decidere: si tratta, infatti, di un silenzio su domanda di concessione della cittadinanza italiana, che il ricorrente ha introdotto davanti al T.a.r. Brescia, ed in cui l’Avvocatura dello Stato ha proposto regolamento di competenza chiedendo che esso sia deferito al giudizio del T.a.r. Lazio,

- il regolamento di competenza è stato introdotto davanti al T.a.r. Brescia, in ossequio alla disposizione dell’art. 31 l. 1034/71, ma deve transitare per la decisione al Consiglio di Stato, giusta la nuova norma dell’art. 15, co. 2, c.p.a., non potendo essere revocato in dubbio che l’attribuzione della competenza a decidere sul regolamento di competenza costituiscono norma processuale soggetta, in caso di successione di leggi nel tempo, al principio del tempus regit actum,

- la circostanza che sia stato proposto regolamento di competenza (e che quindi debba essere emessa sul punto una pronuncia da parte del Consiglio di Stato) non priva, peraltro, il Tribunale del potere di decidere il merito del ricorso (naturalmente, se si ritenga competente);
l’art. 71, co. 4, c.p.a., stabilisce, infatti, che “la pendenza del termine di cui all’articolo 15, comma 2, e la proposizione del regolamento di competenza non precludono la fissazione dell’udienza di discussione né la decisione del ricorso, anche ai sensi degli articoli 60 e 74, salvo che nel termine di cui all’articolo 73, comma 1, la parte interessata depositi l’istanza di regolamento di competenza notificata ai sensi dello stesso articolo 15, comma 2. In tal caso, il giudice può differire la decisione fino alla decisione del regolamento di competenza”,

- se il giudice “può differire la decisione fino alla decisione del regolamento di competenza”, ciò significa che lo stesso non è obbligato a differirla per attendere l’esito del regolamento, il che in altri termini significa che la proposizione del regolamento di competenza non ha effetto sospensivo del giudizio in essere (d’altronde, la sospensione automatica del processo non è prevista neanche per il regolamento di giurisdizione dove l’art. 10 c.p.a. richiama l’art. 367 c.p.c., in cui è statuito che il giudice sospende il processo, salvo che ritenga l’istanza di regolamento manifestamente inammissibile o la contestazione della giurisdizione manifestamente infondata),

- il sistema introdotto dal codice del processo amministrativo in tema di regolamento di competenza deve, pertanto, essere ricostruito in questo modo: ferma la possibilità di sospendere la decisione ex art. 71, co. 4, il Tribunale si può pronunciare comunque sulla competenza, o implicitamente (se trattiene il ricorso per la decisione nel merito, perché ciò presuppone che abbia valutato favorevolmente la propria competenza) o esplicitamente (se declina la competenza con una ordinanza ex art. 16, co. 2),

- ciò posto, il Tribunale ritiene di trattenere il ricorso per la decisione del merito, valutando sussistere nel caso in esame la competenza a giudicare del T.a.r. Brescia,

- l’attribuzione della competenza a giudicare del caso di specie deve, infatti, essere ricostruita nel seguente modo: i provvedimenti degli organi dello Stato sono soggetti alla regola principale dell’art. 13, co. 1, secondo periodo, c.p.a., secondo cui “il tribunale amministrativo regionale è comunque inderogabilmente competente sulle controversie riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti di pubbliche amministrazioni i cui effetti diretti sono limitati all’ambito territoriale della regione in cui il tribunale ha sede”, ed alla regola residuale del co. 3, primo periodo, della stessa norma, secondo cui “negli altri casi è inderogabilmente competente, per gli atti statali, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma”,

- per poter transitare alla regola residuale del co. 3 occorre, pertanto, che non si versi nella ipotesi principale del co. 1 di “provvedimenti, atti, accordi o comportamenti (…) i cui effetti diretti sono limitati all’ambito territoriale della regione in cui il tribunale ha sede”,

- è noto che per i provvedimenti di attribuzione della cittadinanza la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha sostenuto la competenza del Ta.r. Lazio, sede di Roma, sull’assunto che gli effetti diretti non sarebbero limitati ad una regione soltanto perché attribuirebbero uno status spendibile in tutto il territorio nazionale,

- il caso in esame, però, è diverso da quello affrontato dalla giurisprudenza appena citata, in quanto riguarda non un provvedimento di attribuzione della cittadinanza, ma un mero comportamento inerte sulla relativa domanda,

- a differenza del provvedimento di attribuzione della cittadinanza, che produce l’attribuzione dello status civitatis (e quindi i cui effetti diretti non sono limitati al territorio di una regione), il mero comportamento inerte sulla domanda di cittadinanza produce effetti soltanto processuali (in quanto legittima alla domanda ex art. 31 c.p.a.), che non consentono di sottrarlo alla regola generale di attribuzione della competenza ex 13, co. 1, secondo periodo, citato,

- certo, ricostruendo il sistema in questo modo, si verifica una dissonanza tra il Tribunale competente a provvedere sul diniego esplicito di cittadinanza ed il Tribunale competente a decidere sul silenzio sulla domanda di cittadinanza, ma non vi è nessuna norma processuale che stabilisca che la competenza a decidere sul silenzio deve essere ricavata per relationem dalla competenza a decidere sul diniego esplicito,

- ne consegue che il Tribunale trattiene il ricorso per la decisione, non rilevando alcun difetto di competenza nel ricorso introdotto dalla difesa del ricorrente,

- nel merito, il ricorso è irricevibile perché tardivo,

- infatti, in forza dell’art. 2, co. 5, l. 241/90 “salvi i casi di silenzio assenso, decorsi i termini di cui ai commi 2 o 3, il ricorso avverso il silenzio dell'amministrazione, ai sensi dell'articolo 21-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, può essere proposto anche senza necessità di diffida all'amministrazione inadempiente, fintanto che perdura l'inadempimento e comunque non oltre un anno dalla scadenza dei termini di cui ai predetti commi 2 o 3. (…)”;

- nel caso in esame, l’interessato ha presentato l’istanza per ottenere la cittadinanza il 2. 4. 2007, il relativo termine di conclusione del procedimento è scaduto il 2. 4. 2009, pertanto il ricorso poteva essere proposto fino al 2. 4. 2010;

- il ricorso è in esame è stato proposto il 30. 7. 2010, e quindi deve ritenersi irricevibile (in senso conforme all’interpretazione proposta in questa sentenza v. anche Tar Calabria, Catanzaro, II, 1561/08: In seguito alle modifiche apportate all'art. 2, l. n. 241 del 1990, dall'art. 2, l. n. 15 del 2005, il ricorso avverso il silenzio di cui all'articolo 21 bis, l. 6 dicembre 1971 n. 1034, e successive modificazioni, può essere proposto, decorsi i termini di conclusione del procedimento, anche senza necessità di diffida all'amministrazione inadempiente fin tanto che perdura l'inadempimento e comunque non oltre un anno dalla scadenza dei termini di cui ai commi 2 o 3. È fatta salva la riproponibilità dell'istanza di avvio del procedimento ove ne ricorrano i presupposti. Il suddetto termine di un anno non costituisce un vero e proprio termine di decadenza, regolato dagli artt. 2964 e ss. c.c., ma una mera presunzione legale assoluta, avente ad oggetto la persistenza dell'interesse ad agire in giudizio per il rilascio del provvedimento richiesto, nonostante il decorso di un notevole lasso di tempo dalla data di scadenza del termine previsto dalla legge per la conclusione del procedimento. Infatti, mentre nei casi di decadenza l'inerzia del titolare della situazione giuridica soggettiva è sanzionata dal legislatore con la perdita della situazione giuridica soggettiva stessa, nella fattispecie in esame l'inerzia dell'interessato non preclude, per espressa previsione di legge, la possibilità di proporre nuovamente l'istanza laddove ne ricorrano i presupposti. Pertanto, deve dichiararsi inammissibile, poiché tardivo, il ricorso ai sensi art. 2, l. n. 241 del 1990 presentato oltre il termine di un anno dalla conclusione del procedimento, ferma restando la possibilità di ripresentare l'istanza ove ne ricorrano i presupposti);

- le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;

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