TAR Pescara, sez. I, sentenza 2022-07-29, n. 202200325

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Pescara, sez. I, sentenza 2022-07-29, n. 202200325
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Pescara
Numero : 202200325
Data del deposito : 29 luglio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/07/2022

N. 00325/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00369/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo

sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 369 del 2021, proposto da:
M P, Ambra Dell'Arciprete, S D P, P D P, e G P, rappresentati e difesi dall'avvocato C C, con domicilio eletto in forma digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Guardiagrele, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. R F, con domicilio eletto in forma digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in forma digitale come in atti nonché in forma fisica in L'Aquila, presso il Complesso Monumentale di San Domenico;

per l'annullamento

- della deliberazione di C.C. n. 44 del 30.7.2021, pubblicata il 3.8.2021, ad oggetto “Dichiarazione di dissesto finanziario ai sensi dell'art. 246, D. Lgs. 267/2020”, nonché della nota del Responsabile del Servizio Finanziario n. 15807 del 21.7.2021, della relazione ex art. 246, D. Lgs. 267/2000 dell'Organo di revisione contabile del 27.7.2021 e di tutti gli altri atti e/o provvedimenti ad essi prodromici, connessi, presupposti o consequenziali e, tra questi, in particolare:

- della deliberazione di C.C. n. 43 del 30.7.2021, pubblicata il 3.8.2021, ad oggetto “Approvazione del rendiconto della gestione anno 2020 ai sensi dell'art. 227, comma 2, D. Lgs. 267/2000 e dell'art. 18, comma 1, lett. B), D. Lgs. 118/2011” e della relazione dell'Organo di revisione contabile del 7.7.2021 sulla proposta di deliberazione consiliare del rendiconto della gestione e sullo schema di rendiconto;

- della deliberazione di G.M. n. 110 del 28.6.2021, pubblicata il 1.7.2021 ad oggetto “Rendiconto della gestione relativo all'esercizio finanziario 2020 – approvazione dello schema di rendiconto e relazione sulla gestione di cui all'art. 151, comma 6 e 231 del D. Lgs. 267/2000 e art. 11, comma 6, D. Lgs. 118/201”;

- della deliberazione di G.M. n. 109 del 28.6.2021, pubblicata il 1.7.2021, ad oggetto “riaccertamento ordinario dei residui al 31 dicembre 2020 ai sensi dell'art. 3, comma 4 del D. Lgs. 118/2011” e del relativo parere reso dall'Organo di revisione contabile il 28.6.2021;

- della determinazione del Settore III Polizia Municipale n. 18 del 16.4.2021, pubblicata il 22.9.2021, ad oggetto “ricognizione dei residui attivi e passivi al 31.12.2020 di competenza del servizio di Polizia Municipale” e dell'allegato A;

- della determinazione del Settore II LLPP – Urbanistica – Ambiente n. 116 del 18.6.2021, pubblicata il 22.9.2021, ad oggetto “riaccertamento ordinario residui anno 2020” e delle schede allegate;

- della determinazione del Settore I Affari Generali e Finanziari n. 591 del 25.6.2021, pubblicata il 22.9.2021, ad oggetto “riaccertamento ordinario dei residui Settore I Affari Generali Finanziari” e degli elenchi allegati.


Visti il ricorso ed i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Guardiagrele e del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 luglio 2022 la dott.ssa R E I e uditi per ricorrenti l’avv. C C, e per il Comune intimato l’avv. R F;


FATTO e DIRITTO

1.Con ricorso iscritto al n.369/2021 i ricorrenti, quali cittadini residenti nel Comune di Guardiagrele, ex amministratori ed attuali Consiglieri in carica, impugnavano, chiedendone l’annullamento le deliberazioni C.C. n.n. 43 e 44 del 30 luglio 2021 relative alla dichiarazione di dissesto finanziario dell’ente comunale ex art. 246 d.lgs. n. 267/2000, la nota del responsabile del servizio finanziario n. 15807 del 2021, la relazione dell’organo di revisione contabile del 27.07.2021 e del 7.07.2021, le deliberazioni G.M. n.n. 109 e 110 del 28 giugno 2021 di accertamento di un disavanzo di amministrazione per €3.390.015,81, le determinazioni n.18/2021 del Settore Polizia Municipale, n.116/2021 del Settore Lavori Pubblici e Ambiente, e n. 591/2021 del Settore Affari generali e Finanziari.

A sostegno del ricorso deducevano i seguenti vizi di legittimità degli atti impugnati:

1)Eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, falsità dei presupposti, sviamento irragionevolezza, violazione del procedimento, difetto di motivazione, violazione e/o falsa applicazione di ogni norma in materia di riaccertamento dei residui, illegittimità derivata;

Le attività istruttorie che hanno preceduto la dichiarazione di dissesto risultano condizionate dalla finalità illegittimamente perseguita di determinarne i presupposti non essendo verosimile che il Responsabile del Settore Affari Generali e Finanziari, subentrato al precedente con l’amministrazione di nuova carica elettiva, abbia potuto esprimere il proprio parere esaminante nel dettaglio la documentazione attraverso il metodo del campionamento nell’ambito della sola giornata festiva del 27 giugno 2021.

L’attività di riaccertamento dei residui è stata connotata da molteplici errori e omissioni e da un’istruttoria sommaria come documentato in atti dalla relazione redatta dal consulente incaricato dai ricorrenti attestante una serie di irregolarità nella cancellazione dei residui attivi: Cap.130/0 Canone sulle pubbliche affissioni anno 2015 per € 27.341,70 e cap. 575/0 Canoni occupazione spazi ed aree pubbliche anno 2017, per € 47.500,00 irregolari perché il fallimento della società Duomo spa non si è ancora concluso;
Cap. 245/1 Contributo Regionale Fondo non autosufficienza per € 127.778,00 annualità 2017;
Cap 245/5 Contributo regionale fondo minori A3 annualità 2019 per € 15.448,00;
Cap 245/8 Contributo Regionale Fondo spesa sanitaria annualità 2019 per €31.435,11, Cap. 250/30 Esa, Contributi fondi europei per il sostegno inclusione attiva anni 2018 e 2019 per € 60.370,82;
Cap. 275/0 Contributo regionale per la fornitura libri di testo agli alunni della scuola dell’obbligo annualità 2017 per €32.698,99;
Cap 313/9 Contributo Inps Progetto Home Care Premium 2014 per € 6.434,61;
Cap. 361/0 proventi per indagini statistiche annualità 2019 per € 3.726,10, Cap. 459/1 Sanzioni amministrative per violazioni al codice della strada da famiglie annualità 2019 per € 27.997,22;
Cap. 459/2 Sanzioni amministrative per violazioni al codice della strada da imprese annualità 2019 per € 5.500,00;
Cap. 632/0 Recuperi per contabilizzazione spesa ex art. 18 legge n.109/1994 annualità 2012 e 2019 per € 40.804,02;
Cap. 942/0 Quota di compartecipazione Guardiagrele per l’accesso alle prestazioni socio sanitarie annualità 2018 e 2019 per € 27.150,25 99 tutti irregolari perché correlati a capitoli di uscita ove non sono stati cancellati i residui passivi;Cap.950/0 Rimborso spese per elezioni e referendum popolare annualità 2019 per € 5.208,30 irregolare perché le somme sono in corso di erogazione.

Sono stati stralciati €136.643,11 di residui attivi da crediti per sanzioni al codice della strada con la motivazione che avrebbero un’anzianità superiore a 3 anni mentre il punto 9.1 dell’allegato 4/2 del d.lgs. n. 118/2011 non impone alcun automatismo nella cancellazione dei crediti scaduti da più di tre anni ma richiede di compiere una valutazione circa la possibilità di mantenerli, e stabilisce che il riconoscimento formale dell’assoluta inesigibilità o insussistenza deve essere adeguatamente motivato descrivendo le procedure seguite per realizzarli o indicando le ragioni della maturazione della prescrizione. Di tale motivazione non v’è traccia negli atti allegati alla deliberazione di accertamento e nella relazione dell’organo di revisione contabile.

E’ irregolare lo stralcio della somma di € 521.078,89 per addizionale Irpef 2019 e di € 964.191,71 per l’anno 2019, che in parte deve essere ancora incassata.

Non è indicata alcuna motivazione che giustifichi la quantificazione in € 1.355.867,03 del Fondo Crediti di dubbia esigibilità che sarebbe stato notevolmente inferiore se fossero state prese in considerazione le attività di accelerazione della riscossione ai sensi del principio contabile 3.3 di cui all’allegato 4.2 del d.lgs. n. 118/2011, senza dar conto della possibilità di determinarlo calcolando la percentuale di riscossione nel quinquennio precedente con i dati del 2019 in luogo di quelli successivi 2020 e 2021 come consentito dall’art. 107 bis del d.l. n.18/2020 conv in l. n. 27/2020, o di ridurlo nel corso degli esercizi dal 2020 al 2022 ai sensi dell’art. 1 comma 80 della legge n.160/2019 sulla base del rapporto di previsione tra incassi in conto competenza ed in conto residui ed accertamenti.

In realtà se il disavanzo fosse stato correttamente determinato in misura significativamente inferiore il Consiglio Comunale avrebbe potuto ricorrere alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale ex art. 243 bis d.lgs. n. 267/2000.

4) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 87 del regolamento di contabilità comunale, eccesso di potere per falsità dei presupposti, sviamento, travisamento dei fatti, violazione del procedimento, difetto di istruttoria, difetto di motivazione, incompetenza, nullità della deliberazione di riaccertamento dei residui, illegittimità derivata;

Ai sensi dell’art. 87 del regolamento di contabilità comunale per ogni residuo eliminato deve darsene idonea motivazione e le relazioni finali di gestione dei responsabili dei servizi contengono l’analisi della revisione delle ragioni del mantenimento in tutto o in parte dei residui attivi e passivi. Alla delibera di Giunta n.109/2021 di approvazione del riaccertamento dei residui non sono allegate né identificate le relazioni dei responsabili dei servizi, che sono state pubblicate il 22 settembre 2021 dopo 3 mesi dal riaccertamento.

Inoltre:

-gli allegati alla delibera di G.M. n.109 sono redatti in forma anonima e sono privi dei riferimenti alle determinazioni di riaccertamento dei responsabili dei servizi;

-l’allegato A della determinazione del Settore III Polizia Municipale n.18/2021 avente ad oggetto la ricognizione dei residui attivi e passivi al 31.12.2020 di competenza del Servizio medesimo pubblicato il 22.09.2021 non è quello allegato il 16 aprile 2021 recando il calce la stampigliatura del 23 giugno 2021;

- manca il visto di regolarità contabile sulla determinazione n.116 del 18.06.2021 del Settore II lavori Pubblici in assenza del quale la delibera non è esecutiva come chiarito al punto 4 della stessa determinazione.

Pertanto la Giunta con la deliberazione n.109 ha approvato delle schede tecniche anonime e non adeguatamente motivate, ed ha operato una presa d’atto su documenti non rintracciabili ai sensi dell’art. 3 comma 3 della legge n. 241/1990, ed il parere del 28 giugno 2021 dell’organo di revisione contabile non documenta di aver applicato il metodo del campionamento in assenza del quale l’attività di verifica e di controllo non può ritenersi tale.

5)Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 193,194,242, 243 bis e segg., 244 e segg d.lgs. n. 267/2000, eccesso di potere per sviamento, difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, contraddittorietà ed illogicità, irragionevolezza, ingiustizia manifesta, violazione del principio del buon andamento, e di proporzionalità, difetto di motivazione;

Premesso che la dichiarazione di dissesto non è frutto di una scelta discrezionale bensì vincolata all’insorgere di determinati presupposti ossia l’impossibilità per l’ente di assolvere alle funzioni e servizi indispensabili ovvero l’esistenza di crediti certi liquidi ed esigibili cui non si possa far fronte con gli strumenti di cui di agli artt. 193 e 194 del d.lgs. n. 267 cit., nell’impianto normativo vigente la soluzione del dissesto costituisce l’extrema ratio cui ricorrere solo quando non è possibile attivare le altre opzioni previste dalla legge secondo un ordine progressivo di gravità dovendo in ogni caso privilegiarsi l’attivazione di un piano di riequilibrio o ricorrere al disposto di cui all’art. 243 ter per gestire le difficoltà da fronteggiare.

Il Comune di Guardiagrele non ha crediti certi liquidi ed esigibili di terzi cui non possa far fronte attraverso il sistema della salvaguardia degli equilibri di bilancio, o con quello del riconoscimento dei debiti fuori bilancio.

E’ inconferente l’elenco dei presunti debiti riportati nella relazione ex art. 246 dal momento che sono insorti successivamente al marzo 2021 in quanto relativi a fatture per complessivi € 695.127,26 emesse da fornitori nel 2021 e quindi esclusi ex art. 254 cit. dalla massa passiva. Il mancato pagamento di questi fornitori non deriva dall’impossibilità del Comune di pagare ma dalla sua volontà di rinunciare ad attingere ex art. 195 alla cassa vincolata che alla data della relazione ammontava ad € 3.423.001,13.

Non sono identificabili i debiti fuori bilancio nella relazione del Responsabile del Settore Affari generali e Finanziari.

Alla data del 30 luglio 2021 il Comune di Guardiagrele garantiva l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili di cui all’art. 244 d.lgs. n. 267/2000, dal momento che la relazione allegata alla delibera di dissesto parla solo di una condizione di grave squilibrio finanziario non fronteggiabile ai sensi degli art.. 193 e 194 cit., senza tuttavia operare alcun approfondimento riguardo alla capacità di garantire le funzioni ed i servizi indispensabili.

Peraltro lo stesso giorno in cui è stato dichiarato il dissesto il Comune è intervenuto sul bilancio per liberarne una quota cospicua avendo proceduto poche settimane prima all’assunzione di 4 unità di personale.

E’ mancata alcuna verifica circa la possibilità di ricorrere al disposto di cui all’art. 243 bis, non risultando accertata per il Comune di Guardiagrele una situazione strutturalmente deficitaria sulla base dei parametri della tabella di cui all’art. 242 del d.lgs. n. 267/2000. Ed infatti la tabella allegata alla relazione del Responsabile Affari generali del 21.07.2021 considera erroneamente ricorrente il parametro P7 relativo ai debiti in corso di riconoscimento, riconosciuti e in corso di finanziamento ove maggiori dello 0,60%.

Inoltre si appalesa contraddittorio il comportamento dell’organo di revisione contabile che alla prima proposta di deliberazione sul Rendiconto per la seduta del 30.07.2021 C.C. invitava il Consiglio a valutare il ricorso alle misure di cui agli artt. 243 bis e 244, mentre alla proposta di deliberazione sul dissesto concludeva immotivatamente nel senso che non sono sufficienti le leve a disposizione dell’ente per garantire un’equilibrata gestione economico-finanziaria e concludeva per la dichiarazione di dissesto ex art. 244.

Con la relazione tecnica del consulente incaricato dai ricorrenti si è dato conto della possibilità di evitare la dichiarazione di dissesto sia riducendo il disavanzo nella sua misura reale, sia confermando il suo importo ben potendo l’ente dare attuazione ad un piano di riequilibrio finanziario. Gli enti che ricorrono alla procedura anti dissesto di cui al d.l. 174/2012 possono destinare le entrate da alienazioni al finanziamento dello squilibrio corrente. Il Comune di Guardiagrele con deliberazione C.C. n.72/2019 ha approvato il Piano delle alienazioni per il triennio 2020-2022 per un valore pari ad € 3.268.444,79, dispone di una Farmacia Comunale del valore stimato in € 800.000,00, in passato è stato in grado di effettuare operazioni di ripianamento ricorrendo a piani di rientro, negli anni 2018,2019 e 2020 sono state avviate attività di recupero di Imu e Tari per un totale di € 721.800,07 importo che poteva essere utilizzato per abbattere il Fondo Crediti di dubbia esigibilità.

Sulla base di tali motivi concludevano quindi per l’accoglimento del ricorso con ogni conseguenza quanto alle spese di giudizio.

Costituitosi il Comune di Guardiagrele con memoria del 26 ottobre 2021, eccepiva preliminarmente in rito il difetto di giurisdizione del giudice adito, di legittimazione dei ricorrenti per mancanza di attualità e concretezza del pregiudizio (cfr T.a.r. Reggio Calabria 4.11.2019 n.642) sussistendo un interesse di mero fatto da parte degli ex consiglieri, nonché la mancata integrazione dei contraddittorio nei confronti degli altri Consiglieri non dissenzienti.

Nel merito opponeva l’infondatezza del ricorso sui seguenti rilievi:

-non vi sono due diverse determinazione sul riaccertamento annuale dei residui adottatte dai responsabili che si sono succeduti poiché il primo ha posto in essere le attività propedeutiche al riaccertamento, ed il secondo ha adottato il provvedimento di competenza;

-l’attività istruttoria non si è svolta in una sola giornata lavorativa ma si è sviluppata quanto meno dal 10 giugno 2021 data di trasmissione della prima bozza del Responsabile del servizio finanziario;

-per i residui attivi l’attività di riaccertamento è di merito tecnico sottratta al vaglio pieno del g.a., e comunque ne è stata contestata sola una parte restando incontestato il residuo disavanzo accertato;

- sui residui è stata compiuta un’analisi di tutte le posizioni creditorie vantate dall’ente in particolare di quelli di maggiore importo e anzianità, eliminando € 1.564.036,30 di residui attivi addizionale Irpef perché accertati e gestiti in difformità dal punto 3.7.5. del principio di competenza finanziaria potenziata all.4/2 del d.lgs. n.118/2011, e sono stati eliminati quelli di cui non era possibile comprendere il titolo (principio di veridicità par.5 allegato 1 del d.lgs. 118/2011);

-ai sensi dell’art. 3 comma 4 del d.lgs. 118/2011 richiamato dall’art. 228 comma 3 del d.lgs. n. 267/2000 nell’operazione annuale di riaccertamento dei residui possono essere conservate le sole entrate accertate esigibili nell’esercizio di riferimento ma non incassate, nonché le spese impegnate liquidabili e non pagate, mentre le entrate e le spese non esigibili devono essere reimputate all’esercizio in cui diverranno liquidabili. Ai sensi del principio contabile 4/2 capitolo n.9 il mantenimento dei residui attivi ha carattere di eccezionalità, per cui il responsabile dell’ufficio finanziario non era tenuto a motivare la cancellazione dei crediti per cui non erano verificate le condizioni di legge ossia la esistenza di un titolo giuridico e la esigibilità del credito nell’esercizio. Con il ricorso nel contestare le cancellazioni non sono state indicate le condizioni di cui al citato art. 189 ossia il parametro sulla cui base il credito doveva essere mantenuto in bilancio, e senza censurare la relazione dell’ufficio finanziario;

- sulla base dell’art. 228 comma 3 la Giunta Comunale non si limita ad una mera presa d’atto ma è l’organo competente ad adottare l’atto conclusivo della procedura di riaccertamento ordinario;

-il disavanzo della gestione per l’anno 2020 è risultato di 3.390.015,81, per i rendiconti dal 2014 al 2018 la Corte dei Conti aveva formulato una serie di rilievi circa una elevata mole di residui attivi nonché una riduzione della percentuale di riscossione ed un aumento della percentuale di formazione, circa la forte riduzione del Fondo Crediti di dubbia esigibilità rispetto al 2015 senza che il Comune avesse fornito i chiarimenti richiesti al riguardo, ed il continuo ricorso alla anticipazione di tesoreria o il mancato reintegro della cassa vincolata non derivante da un mero disallineamento tra incassi e pagamenti, nonché in ordine a criticità nella gestione dell’ente d’ambito e crediti Sasi s.pa.;

-l’entità del disavanzo non consente alcuna possibilità di ripianamento del debito se non incidendo su funzioni e servizi avendo il Comune già le aliquote di imposta al massimo.

Sulla base di tali motivi concludeva per il rigetto del ricorso con vittoria di competenze e spese di lite.

Alla pubblica udienza di discussione dell’8.07.2022 il ricorso veniva discusso ed introitato per la decisione.

2. Preliminarmente va respinta poiché infondata l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dal Comune intimato.

Nel giudizio è oggetto di gravame la delibera con cui il Comune di Guardiagrele ha dichiarato il dissesto finanziario dell’ente che risulta adottata spontaneamente al di fuori dell’iter procedimentale proprio del potere di controllo demandato alla Corte dei Conti.

Come noto, ai sensi dell’art. 11 comma 6 lett. e) del d.lgs. 174/2016, la cognizione dei ricorsi avverso le pronunce delle Sezioni regionali di controllo in esito alle verifiche sulla gestione finanziaria dell’ente, come anche contro i piani di riequilibrio finanziario pluriennale, è devoluta alla giurisdizione esclusiva in materia di contabilità pubblica ex artt. 100 e 103 Cost. delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti in speciale composizione.

La delibera dichiarativa del dissesto del Comune di Guardiagrele intimato si pone al di fuori dell’iter procedimentale di competenza della Corte dei Conti, poiché costituisce l’esito provvedimentale di poteri amministrativi propri dell’ente, e discende dall’autonoma valutazione - pur vincolata nei requisiti materiali - da questo espressa, e dalla conseguente determinazione assunta, il che pone la relativa impugnazione al di fuori del perimetro di cui alla lett. e) relativa alle impugnazioni conseguenti alle deliberazioni delle sezioni regionali di controllo, nonché delle fattispecie di cui alle lett. b) e c) che riguardano i giudizi in materia di piani di riequilibrio degli enti territoriali e ammissione al Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali, nonché quelli aventi a oggetto i rendiconti dei gruppi consiliari dei consigli regionali (lett. d).

Il Collegio al riguardo è consapevole del differente avviso espresso dalle Sezioni Riunite della Corte dei Conti nel recente arresto del 12.11.2020 n.32 che, in ordine al rapporto tra giurisdizione contabile e amministrativa, ha affermato che la Corte dei Conti è in senso più ampio il giudice naturale delle controversie nelle “materie” di contabilità pubblica e che in base al combinato disposto degli artt. 100 comma 2 e 103 comma 2 Cost., nonché ai sensi dell’art. 11 comma 6 del codice di giustizia contabile tale giurisdizione è piena ed esclusiva in ragione del ruolo della Corte dei Conti prefigurato dall’ordinamento anche a seguito delle leggi costituzionali n.n. 3/2001 e 1/2012 quale giudice naturale precostituito per legge nella “materia della contabilità pubblica” come riconosciuto dalla Corte Cost. sin dalle pronunce n. n. 29/1995 e 60/2013. La riserva di cognizione alla Corte dei Conti in materia di contabilità pubblica, secondo le Sezioni Riunite della Corte dei Conti, vale sia nei confronti della pubblica amministrazione sia rispetto alle altre giurisdizioni che non possono alterare il riparto previsto dalla Costituzione, anche al fine di dare piena attuazione al diritto comunitario che assegna alla Corte dei Conti il compito di verificare la rispondenza alla normativa contabile dei dati di bilancio delle pubbliche amministrazioni (cfr art. 30 legge n. 161/2014;
direttiva 2011/85/UE sui quadri di bilancio;
regolamento UE del 21 maggio 2013).

Il Collegio è di diverso avviso. In senso contrario rispetto alla devoluzione alla giurisdizione contabile della contabilità pubblica per blocco di materie depone un’espressa voluntas legis di segno negativo come evidenziata in un recente decisum del Consiglio di Stato secondo cui lo stesso Codice della giustizia contabile nell’individuare i singoli atti e provvedimenti oggetto di devoluzione al giudice contabile non vi ha ricompreso il provvedimento dichiarativo del dissesto adottato autonomamente dall’ente locale: “Di ciò offre del resto (ulteriore) conferma lo stesso art. 11, comma 6, Cod. giust. cont., il quale prevede alla lett. f) che le Sezioni Riunite, al di fuori delle ipotesi espressamente indicate dalle lett. a)-e), si pronunciano “nell’esercizio della propria giurisdizione esclusiva in tema di contabilità pubblica” nelle “materie ulteriori, ad esse attribuite dalla legge”: se e nella misura in cui vi sia una specifica attribuzione dalla legge una siffatta giurisdizione può essere dunque ravvisata” (cfr Cons. St. 8108 del 2020).

Anche la giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione maturata prima dell’entrata in vigore del Codice della giustizia contabile ha chiaramente affermato che la giurisdizione esclusiva delle Sezioni Riunite della Corte dei conti sulle deliberazioni con cui la competente Sezione regionale di controllo della Corte dei conti abbia accertato che ricorrono le condizioni previste per la dichiarazione dello stato di dissesto finanziario si ricollega al manifesto intento del del legislatore di collegare strettamente, in questa materia, la funzione di controllo della Corte dei conti a quella giurisdizionale ad essa attribuita dal citato art. 103 Cost. A sua volta la Corte di cassazione a Sezioni Unite s’è poi riferita e ha confermato la giurisdizione contabile pur sempre nel quadro dello stretto collegamento fra le funzioni di controllo e quelle giurisdizionali della Corte dei conti, e dunque in relazione all’impugnazione delle delibere adottate dalle Sezioni regionali di controllo nei diversi ambiti di loro competenza, ivi inclusa la parificazione dei rendiconti regionali (cfr. Cass., SS.UU., 8 novembre 2016, n. 22645;
cfr. anche Cass., n. 16631 del 2014, citata, che valorizza la non riconducibilità della fattispecie concreta esaminata alla specifica “previsione di giurisdizione esclusiva” presa a riferimento;
Cass., SS.UU., 18 maggio 2017, n. 12496, in cui si afferma sì la giurisdizione “piena ed esclusiva” della Corte dei conti riconoscendole un sindacato “esteso a tutti i vizi dell’atto”, ma nel quadro pur sempre d’una espressa attribuzione di legge, in specie ex art. 1, comma 169, l. n. 228 del 2012). La stessa giurisprudenza ha riconosciuto peraltro la giurisdizione del giudice amministrativo quanto all’impugnazione del successivo provvedimento prefettizio di cui all’art. 6, comma 2, d.lgs. n. 149 del 2011, proprio in quanto esso sotto nessun profilo potrebbe essere fatto rientrare nella sfera giurisdizionale della Corte dei conti (Cass., SS.UU., n. 5805 del 2014, cit.;
22 luglio 2014, n. 16631;
cfr. anche Cga, 21 dicembre 2015, n. 702;
cfr., diversamente, Corte conti, SS.RR., 12 giugno 2013, n. 2/2013/EL e 26 marzo 2014, n. 6/2014/EL).

In tale contesto, la radice della giurisdizione contabile è chiaramente ricondotta alla rilevata osmosi in tale ambito fra la funzione di controllo e quella giurisdizionale della Corte dei conti, così da giustificare - nell’alveo dell’art. 103, 2° comma, Cost. - una giurisdizione esclusiva delle Sezioni Riunite “riferita ad oggetti ben definiti” (Cass., SS.UU., n. 16631 del 2014, cit.) e non in blocco alla materia della contabilità pubblica.

Nessuna pertinenza rispetto - non solo alle previsioni testuali di cui all’art. 11, comma 6, Cod. giust. cont., ma anche - alle ragioni che giustificano tale criterio di devoluzione delle controversie si rinviene in relazione alla dichiarazione di dissesto autonomamente pronunciata dall’ente locale.

Il fenomeno di “stretto collegamento” con la funzione di controllo della Corte dei conti non trova infatti qui emersione, poiché viene in rilievo un mero provvedimento amministrativo spontaneamente adottato dall’ente, all’esito d’un procedimento suo proprio, caratterizzato per il fondarsi su presupposti di legge vincolati e produrre effetti diretti sulla stessa condizione e situazione gestoria dell’ente, nella prospettiva dell’autotutela rispetto alla precedente gestione amministrativo-contabile (Cons. Stato, V, 16 gennaio 2012, n. 143).

L’eccezione di difetto di giurisdizione va quindi disattesa.

3. Del pari infondate si appalesano le ulteriori eccezioni di difetto di legittimazione attiva sollevate dal Comune rispetto ai ricorrenti che hanno impugnato la delibera dichiarativa del dissesto, in parte quali cittadini residenti nel Comune di Guardiagrele, in parte nella veste di ex amministratori ed attuali Consiglieri in carica.

3.1 Quanto ai ricorrenti che hanno agito nella veste di cittadini residenti lamentando il pregiudizio derivante dall’innalzamento già attuato ai massimi livelli percentuali delle imposte Imu e Tari, va richiamata la pacifica giurisprudenza secondo cui: "In caso di dichiarazione di dissesto finanziario del Comune, sussiste la legittimazione a ricorrere di tutte le singole persone fisiche residenti nel Comune, atteso che la dichiarazione di dissesto costituisce la premessa per ulteriori provvedimenti sfavorevoli, contro i quali esse non avrebbero poi modo di difendersi (riduzione dei servizi offerti dal Comune alla cittadinanza, aumento delle tariffe dei restanti servizi, aumento dell'aliquota dell'imposta comunale sugli immobili). Tali ulteriori provvedimenti possono certamente rendersi necessari, nel caso in cui realmente sussista lo stato di dissesto, ma non è irragionevole consentire ai residenti d'impugnare la dichiarazione di dissesto quando ne neghino il presupposto stesso, per esempio lamentando che si siano tralasciate poste attive o computate poste passive inesistenti o che le valutazioni finanziarie siano state altrimenti errate" (Cons. Stato, sez. V, 17 maggio 2006, n. 2837;
id. 10 marzo 2022 n.1711;
T.a.r. Catanzaro sez. I 22 aprile 2015 n.703).

3.2 Allo stesso modo va ritenuta la legittimazione dei consiglieri comunali in carica, quali amministratori dissenzienti, a ricorrere avverso la deliberazione dell’Ente con cui si dichiara il dissesto finanziario ai sensi dell’art. 244 e ss. del dlgs 267/2000, innanzitutto, poiché il dissesto incide sull’esercizio del mandato in quanto ne consegue l’effetto di separare la gestione ordinaria dell’Ente (che continua ad essere affidata agli amministratori) dal pregresso (che, invece, diviene oggetto di una procedura vincolata ex lege sotto la responsabilità di un organo straordinario di gestione) e dunque sottrae alla competenza dei consiglieri comunali un rilevante spazio di gestione, peraltro costringendo l’Ente ad una serie di misure correttive che sono obbligatorie (come l’innalzamento delle aliquote della tassazione locale) e che incidono nella potestà di autorganizzazione e sull’autonomia di governo del Comune, così comprimendo ulteriormente le corrispondenti facoltà propositive e decisionali dei consiglieri comunali.

3.3 Nello stesso senso va riconosciuta la legittimazione degli ex Consiglieri dal momento che la deliberazione con cui si prende atto del dissesto finanziario dell’Ente comporta l’attivazione di una speciale indagine circa la posizione degli amministratori che, se riconosciuti anche in primo grado da parte della Corte dei Conti responsabili a titolo colposo o doloso del dissesto stesso, subiscono pesanti limitazioni quanto alla capacità di ricoprire incarichi pubblici e candidature (art. 245, comma 5 del dlgs 267/2000): palese è dunque l’interesse dei consiglieri ad impugnare la deliberazione del dissesto finanziario quando quest’ultimo, come nel caso di specie, è prospettato come scaturente dalla gestione amministrativa pregressa che li riguarda come ex amministratori di maggioranza, fermo restando che l’accertamento effettivo delle responsabilità del dissesto dipende comunque dal giudizio della Corte dei Conti, nei modi e tempi da essa azionati.

Peraltro per il caso di accertamento di responsabilità per il dissesto la normativa prevede fino a dieci anni di interdizione dalle cariche di assessore, revisore di conti e rappresentante dell’ente locale presso altri enti (che siano istituzioni od organismi pubblici e privati) e incandidabilità alle cariche di sindaci e presidenti di provincia, della stessa durata. Agli stessi soggetti, ove giudicati responsabili, viene imposta una sanzione pecuniaria, incassata direttamente dall’ente in dissesto, pari a minimo di cinque fino a un massimo di venti volte la retribuzione mensile lorda percepita dagli amministratori al momento della violazione

Da quanto sopra consegue il rigetto anche di tale eccezione in rito.

3.4 Va da ultimo respinta l’eccezione di difetto di integrazione del contraddittorio rispetto ai Consiglieri di maggioranza dal momento che il ricorso è stato correttamente instaurato nei confronti dell’ente cui è riferibile la volontà espressa in sede deliberativa, e non costituendo i Consiglieri di maggioranza contraddittori necessari.

4. Nel giudizio è controversa la legittimità della delibera n.44 del 30.07.2021, e degli atti ad essa presupposti, con cui il Consiglio Comunale di Guardiagrele, acquisito con nota prot. 15678 del 19 luglio 2021 il parere di una società di consulenza, nonché la relazione prot. n. 16255 del 27 luglio 2021 dell’Organo di revisione, e dando atto di non poter garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili, ha dichiarato il dissesto dell’ente ai sensi dell’art. 244 d.lgs. n. 267/2000 sui seguenti rilievi:

-il rendiconto del 2020 approvato con la delibera C.C. n. 43 del 30.07.2021 presenta un disavanzo di amministrazione pari a -€ 3.390.015,81 determinato principalmente dall’insussistenza di € -2.648.219,49 di residui attivi e dall’adeguamento del Fondo crediti di dubbia esazione rispetto a quello determinato negli anni precedenti;

-a partire dal 2014 vi è stato un continuo ricorso all’anticipazione di tesoreria e/o utilizzo in termini di cassa di entrate aventi specifica destinazione ex art. 195 d.lgs. n.267/2000, non regolare come da pregressi rilievi della Corte dei Conti;

-il Responsabile del Servizio Finanziario ha evidenziato nella sua relazione gravi irregolarità contabili e violazione dei principi contabili dell’attendibilità e della veridicità del bilancio;

-l’Organo di revisione ha dichiarato che il disavanzo è di importo tale da non consentire il ripiano ai sensi dell’art. 188 d.lgs. n. 267/2000, né attraverso il sistema di cui agli artt. 193 e 194, o ricorso alla procedura di riequilibrio pluriennale di cui all’art. 243 bis del d.lgs. cit.

Dalla relazione dell’organo di revisione contabile emerge quanto segue:

-la situazione debitoria dell’ente alla data del 26.07.2021 per le fatture di fornitura utenze e prestazioni svolte da cooperative sociali nell’anno 2021 è dell’importo di €695.127,26;

-con verbale n.1 del 13.04.2021 è stato qualificato quale debito fuori bilancio l’esternalizzazione del servizio di pubblica illuminazione per mancanza di impegno contabile e il servizio di Bus navetta per la notte bianca del 2019;

-esiste un contenzioso che costituisce potenziale passività presso il Tribunale di Chieti per tardivo pagamento di 1400 fatture relative ad utenze;

- il frequente ricorso nel periodo pregresso all’anticipazione di tesoreria o all’utilizzo della cassa vincolata per le spese correnti ex art. 195 d.lgs. n. 267/2000, già censurato dalla Corte dei Conti, è stato determinato da squilibri di bilancio dovuti ad un sostanziale divario tra lo stanziamento in bilancio Irpef nel periodo 2015-2019 e le somme effettivamente incassate;

- in sede di riaccertamento dei residui attivi con delibera G.C. n.109/2021, è stato eliminato l’importo di €1.564.036,30 di residui attivi di addizionale Irpef nonché di altri capitoli privi dei requisiti previsti dall’art. 179 del d.lgs.267/2000 ossia il creditore, le ragioni del credito ed il titolo giuridico;

- sul disavanzo di amministrazione ha inciso pesantemente la sottostima del Fondo Crediti di dubbia esigibilità per cui con la inclusione di tutti i capitoli del Titolo I e Titolo III e l’utilizzo della media semplice ne è stato determinato l’importo in € 1.1.69.067,03 da iscrivere nell’avanzo 2020.

5. Ciò premesso, il ricorso è solo in parte fondato e merita accoglimento nei limiti di seguito precisati.

5.1 Va innanzitutto escluso che la dichiarazione di dissesto sia viziata da illegittimità per eccesso di potere in quanto frutto di una volontà politica artatamente mirata da parte della compagine neo eletta al fine di porre in discussione la correttezza dell’operato dei precedenti amministratori.

A ben vedere la dichiarazione di dissesto non è stata frutto di operazioni manipolative né arbitrarie da parte del Consiglio appena insediato e dei suoi amministratori, dal momento che le risultanze degli accertamenti contabili compiuti sono state conseguenti ad una serie di irregolarità riscontrate nelle gestioni pregresse e già oggetto di rilievo da parte della Corte dei Conti nei precedenti esercizi. Risulta allegata agli atti del Comune la deliberazione n. 124 del 20 luglio 2017 con cui sin dal rendiconto dell’anno 2014 si rilevavano una serie di irregolarità riguardanti il ricorso ad un’anticipazione di tesoreria per un importo di € 664.667,48 non restituita, un disequilibrio tra i residui passivi di parte capitale e gli omologhi attivi con una differenza di € 1.268.424,13 non riscontrabile nel fondo cassa finale, con il rischio prospettato di criticità per la tutela dell’equilibrio di bilancio nei successivi esercizi, ed altre irregolarità relative, ad esempio, all’erronea imputazione di spese ai servizi per conto terzi, al ritardo nel pagamento di obbligazioni scadute per assicurare il rispetto del patto di stabilità, alla violazione del divieto di effettuare spese in misura superiore alla spesa sostenuta nel 2011 per autovetture e buoni taxi, al mancato aggiornamento dell’inventario sullo stato di effettiva consistenza del patrimonio, al mancato riscontro a richiesta di chiarimenti della stessa Corte.

Come noto, il ricorso costante all'anticipazione di tesoreria può sconfinare in una forma (anomala) d'indebitamento, trasformando l'anticipazione in una forma di debito a medio termine in difformità dall'art. 119 della Costituzione che pone stringenti limiti in ordine all'utilizzo dell'indebitamento, con ogni conseguenza di legge. La Corte Costituzionale con sentenza n.188/2014 ha chiarito che detto istituto non può che essere utilizzato in via eccezionale per il superamento di crisi di liquidità meramente temporanee, non potendo al contrario diventare mezzo ordinario di gestione per il pagamento delle spese, per fronteggiare una cronica sofferenza di liquidità.

5.2 L’attività di riaccertamento dei residui oggetto di censura da parte dei ricorrenti, e contenuta nella delibera di Giunta Comunale n.109 del 28 giugno 2021, costituisce la risultante della omessa applicazione negli esercizi pregressi del principio contabile della competenza finanziaria potenziata di cui all’allegato n.4/2 del d.lgs. n.118/2011 punto 9.1 secondo cui ogni amministrazione annualmente prima di predisporre il rendiconto procede alla ricognizione dei residui attivi e passivi, verificando la fondatezza e l’esigibilità del credito, l’affidabilità della scadenza dell’obbligazione in sede di accertamento o impegno contabile, il permanere delle posizioni debitorie effettive e la corretta classificazione ed imputazione dei crediti e debiti in bilancio.

5.3 Ai sensi dell’art. 3 comma 4 del d.lgs. n. 118/2011 richiamato nella delibera, tra i residui attivi possono essere conservate solo le entrate accertate esigibili nell’esercizio di riferimento ma non incassate, e tra i residui passivi le spese impegnate liquidate o liquidabili nel corso di tale esercizio.

In sostanza prima dell’introduzione ad opera del d.lgs. n. 118/2011 del principio della competenza finanziaria potenziata con il principio della competenza finanziaria generale previgente di cui all’art. 183 comma 5 del d.lgs. n. 267/2000 nei bilanci degli enti locali le obbligazioni attive erano imputate all’esercizio finanziario in cui esse sorgevano e quelle passive all’esercizio in cui venivano in scadenza, ma gli impegni ed i residui passivi comprendevano anche gli accantonamenti riguardanti spese e rischi futuri, non era possibile riconoscere i debiti effettivi nei confronti di terzi e gli accertamenti comprendevano anche crediti futuri, senza poter distinguere i crediti di dubbia esazione. Di conseguenza l’equilibrio finanziario non considerando la scadenza delle obbligazioni non consentiva la comparazione tra obbligazioni attive a lungo termine ed obbligazioni passive a breve termine.

Diversamente, con il principio della competenza finanziaria cd. potenziata, le obbligazioni attive e passive sono registrate nelle scritture contabili nel momento in cui l’obbligazione sorge e sono imputate all’esercizio nel quale esse vengono a scadenza, ossia quando l’obbligazione è certa liquida ed esigibile. In tal modo è stata rafforzata la programmazione del bilancio, e si è evitato di iscrivere a bilancio poste o impegni inesistenti così orientando la modulazione dei debiti secondo gli effettivi fabbisogni.

L’applicazione del principio di competenza finanziaria potenziata impone inoltre di procedere all’eliminazione definitiva dal conto del bilancio dei residui non assistiti da obbligazione giuridica, per i quali sia intervenuta la prescrizione legale del diritto a riscuotere, o comunque nei casi di inesigibilità del credito, e nei casi di dubbia esigibilità si procede ad operare un accantonamento nell’apposito Fondo Crediti di dubbia esigibilità.

5.4 Nella fattispecie in esame, dalla relazione del Responsabile del Settore del 21 Luglio 2021 è emerso che, rispetto all’addizionale Irpef sono risultati insussistenti residui attivi impossibili da riscuotere per un importo di € 1.564.036,30 in quanto fino all’esercizio 2019 non è stata applicata la regola di cui al punto 3.7.5. dell’allegato 4/2 in vigore dal 2015 per cui i tributi in autoliquidazione che vengono riscossi dall’Agenzia delle Entrate vanno accertati sulla base delle riscossioni effettuate entro la chiusura del rendiconto per un importo non superiore a quello stimato dal competente Dipartimento delle Finanze. La mancata applicazione di questa norma ha comportato che per ovviare al divario esistente tra lo stanziamento in bilancio ed il gettito massimo ricavato si faceva frequente ricorso ad anticipazioni di tesoreria ed utilizzo di cassa vincolata con conseguente accumulo di una rilevante mole di residui attivi.

5.5 Del pari l’operazione di riaccertamento dei residui di cui alla delibera n.109 cit. è intervenuta al fine di regolarizzare la contabilità includendovi le sole obbligazioni rispondenti ai criteri di cui all’art. 179 del d.lgs. n. 267/2000 che al primo comma richiede che l’accertamento delle entrate avvenga sulla base di idonea documentazione da cui risulti la ragione del credito, la sussistenza di un idoneo titolo giuridico, l’identificazione del debitore, e la quantificazione della somma da incassare con la relativa scadenza. A sua volta il comma 3 bis sancisce che l’accertamento dell’entrata è registrato quando l’obbligazione è perfezionata con imputazione alle scritture contabili riguardanti l’esercizio in cui l’obbligazione viene a scadenza, con divieto di accertamento attuale di entrate future.

Sul punto, destituita di fondamento si appalesa la censura di difetto di motivazione sull’operazione di riaccertamento dal momento che dalle tabelle annesse alla delibera n. 109 risulta innanzitutto effettuata una distinzione tra residui conservati e residui cancellati e tra accertamenti ed impegni reimputati secondo esigibilità, e sono riportate voce per voce le motivazioni nella tabella delle variazioni entrata accertamenti, come riportato altresì nel parere favorevole dell’organo di revisione di cui al verbale n. 12 del 28.06.2021.

Peraltro il conteggio dei residui era stato oggetto di rilievi da parte della Corte dei Conti che sui rendiconti 2015-2017 con delibera 68/2019/VSGF aveva rilevato che se i residui attivi fossero composti anche da crediti non esistenti o di dubbia esigibilità la copertura di spesa sarebbe stata solo fittizia.

Ed infatti le motivazioni riguardano l’insussistenza dei requisiti di cui all’art. 179 cit. e di esigibilità del credito dal momento che il canone sulle pubbliche affissioni 2015 cap.130 è stato cancellato poiché la società è stata dichiarata fallita ed il residuo è di anzianità superiore a tre anni, gli importi di cui al cap.459/3 riguardano ruoli coattivi codice della strada dell’anno 2012 cancellati quali residui con anzianità superiore a tre anni e contestuale riduzione del fondo crediti di dubbia esigibilità, il contributo regionale non autosufficienza per l’annualità 2017 risulta interamente saldato, i contributi 245/5 fondo minori annualità 2019 e fondo spesa sanitaria annualità 2019 non sono riscontrati dal titolo giuridico a base dell’accertamento, il cap. 250/30 Contributi Fondi Europei per il sostegno inclusione attiva 2018 e 2019 riguarda in parte un progetto concluso ed interamente saldato ed in parte un atto da cui non è rinvenibile la ragione giuridica a base dell’accertamento, il cap. 275/0 contributo regionale libri di testo anno 2017 riguarda un’operazione in cui non è rinvenibile il titolo giuridico posto a base dell’accertamento, il cap. 459/1 e 459/2 relativo a sanzioni amministrative del codice della strada riguarda atti ove dalla causale dell’accertamento non emerge il titolo giuridico fondante, il cap. 632/0 di recuperi per contabilizzazione spesa riguarda incentivi tecnici già liquidati, salvo uno per cui non è rinvenibile l’opera pubblica di riferimento, per il cap. 942/0 su accesso a prestazioni socio sanitarie non ci sono ulteriori somme da riscuotere, e da ultimo per il cap. 950/0 sul rimborso spese per elezioni e referendum popolari si attesta che dalla causale non si evince il titolo giuridico a base dell’accertamento.

Allo stesso modo lo stralcio dell’importo di € 1.564.036,30 per addizionale Irpef anni 2017, 2018 e 2019 risulta giustificato, come innanzi chiarito, quale entrata accertata e gestita in difformità dal punto 3.7.5. del principio della competenza finanziaria potenziata di cui sopra argomentato.

5.6 Per il resto le altre censure di rilievo formale avrebbero dovuto legittimare una querela di falso laddove si sostiene che i documenti contabili siano stati elaborati sulla base di atti diversi da quelli allegati.

Sotto altro profilo il procedimento si appalesa esente dai vizi procedurali denunciati risultando acquisiti tutti i pareri degli organi competenti.

Inoltre i motivi di ricorso relativi alla quantificazione del Fondo Crediti di Dubbia Esigibilità devono essere ritenute inammissibili perché travalicano i limiti del sindacato di legittimità e comunque non sono idonee a mettere in luce ragioni di manifesta illogicità, irrazionalità, irragionevolezza, arbitrio o travisamento dei fatti. E la manifesta illogicità ed irragionevolezza è stata esclusa nell’operato dell’amministrazione, come sopra argomentato, proprio in ragione della necessità di aggiornare i metodi di compilazione dei documenti contabili ai nuovi criteri ed al principio di competenza finanziaria potenziata e quindi di ricondurre i bilanci a parametri di “realtà” al fine di selezionare e far emergere le poste attive certe, liquide ed esigibili.

La verifica della correttezza dell’operato della pubblica amministrazione, sotto il profilo tecnico, non può sfociare nella sostituzione dell'opinione del giudice a quella espressa dall'organo amministrativo ove tale opinione, pur se non condivisa sul piano soggettivo in dipendenza della fisiologica opinabilità che connota l'interpretazione e l'applicazione di scienze non esatte, non venga considerata erronea sul piano della tecnica. Il giudizio dell’amministrazione pertanto sfugge, quindi, al sindacato del giudice amministrativo in sede di legittimità laddove non vengano in rilievo indici sintomatici del non corretto esercizio del potere, sub specie di difetto di motivazione, di illogicità manifesta, di erroneità nei presupposti di fatto e di incoerenza della procedura. Nel controllo sul giudizio tecnico dell'organo amministrativo il giudice amministrativo non può sovrapporre la propria valutazione a quella della pubblica amministrazione, o a quella dell’organo di revisione contabile deputato ad operare il controllo.

6. il ricorso è fondato e merita accoglimento laddove lamenta il difetto di motivazione negli atti impugnati circa l’impercorribilità della procedura di riequilibrio finanziario di cui all’art. 243 bis del d.lgs. n. 267/2000, quale misura speciale e straordinaria, attivabile quando, da un lato, non ci sono risorse sufficienti a ripristinare gli equilibri nei modi e nei tempi degli artt. 193 e 194 del TUEL, e, dall’altro, ci sono ragionevoli margini di recupero entro un orizzonte temporale allargato.

6.1 Sul piano normativo occorre preliminarmente precisare che la disciplina predisposta dal testo unico degli enti locali di cui al d.lgs. n. 267/2000 in tema di dissesto degli enti locali pone innanzitutto una prima distinzione tra enti c.d. deficitari ed enti in condizione di dissesto.

Secondo quanto disposto dall’art. 242 d.lgs. n. 267 cit. devono considerarsi in condizioni strutturalmente deficitarie quegli enti che presentino “gravi ed incontrovertibili condizioni di squilibrio”, rilevabili da un’apposita tabella elaborata dal Ministero sulla base di parametri oggettivi.

Ai sensi dell’art. 244 d.lgs. cit. si ha invece dissesto finanziario quando l’ente “non può garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero esistono nei confronti dell’ente locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte”.

Le condizioni di ente deficitario e di ente in stato di dissesto costituiscono due situazioni logicamente collegate dal momento che la condizione deficitaria è normalmente presupposto del più grave stato di dissesto, anche se trattasi di situazioni che non possono per questo essere equiparate, specie con riferimento alle conseguenze che da esse derivano.

In ogni caso, come correttamente evidenziato il ricorso, il sistema normativo di contenimento della crisi in base è impostato al principio della proporzionalità, di precauzione e di graduazione degli strumenti di risoluzione al fine di ampliare le possibilità per gli Enti locali di correggere gli squilibri finanziari ed evitare le conseguenze negative del dissesto che si appalesa quale extrema ratio.

Proprio in tale ottica sono stati introdotti il dissesto guidato e il c.d. pre-dissesto.

In particolare con il d.l. 174/2012 sono stati introdotti gli artt. 243-bis e seguenti del d.lgs. n.267 con la previsione della procedura di riequilibrio finanziario pluriennale (c.d. pre-dissesto) dei Comuni e delle Province che versano in una situazione di squilibrio strutturale del bilancio, in grado di provocare la situazione di dissesto, che opera laddove non siano sufficienti le misure di cui agli articoli 193 e 194 del Tuel 267/2000 e qualora vi sia la possibilità di accedere alla suddetta disciplina per il superamento delle condizioni di squilibrio rilevate. Deve trattarsi di una patologia grave, quale l’accertata insufficienza delle previste entrate inidonee a finanziare le spese impegnate e da impegnare per la competenza della gestione, oppure uno squilibrio che deriva da un accertamento di un avanzo contabile di amministrazione sovrastimato o di una sottostima del disavanzo.

La procedura di riequilibrio finanziario (c.d. “pre-dissesto”, art. 243-bis e ss. Tuel), così come la procedura di dissesto (art. 246 e ss.), viene intrapresa dagli enti che presentano uno squilibrio che non può essere rimediato con i mezzi, i tempi e le procedure previste dagli artt. 193, 194 e 188 d.lgs. n. 267/2000, ossia, in presenza di uno “stato” di dissesto (art. 244 d.lgs. 267 cit.)

Come emerge sovrapponendo l’art. 243-bis co. 1 e l’art. 244 cit., il presupposto condiviso di entrambe le procedure consiste nell’impossibilità di ripianare “validamente” lo squilibrio evidenziatosi con le modalità di cui agli articoli 193 e 194 cit. ed entro il fisiologico arco temporale del bilancio di previsione (art. 162 d.lgs. cit.), con una manovra correttiva (“piano di rientro”) di durata triennale ed in ogni caso non oltre la durata della consiliatura (art. 188 co. 1).

La procedura di riequilibrio finanziario pluriennale o pre-dissesto, non concorsuale che prevede l’integrale copertura del debito pregresso a carico del bilancio dell’Ente locale e senza separazione del bilancio, oltre alla regolare approvazione del bilancio di previsione e dell’ultimo rendiconto nei termini di legge, presuppone lo “stato” di insolvenza giuridico-finanziaria. Il ricorso a tale misura è tuttavia ammesso solo nel caso in cui le esigenze di illiquidità, unitamente alla complessiva massa passiva da ripianare, non compromettano la continuità amministrativa nello svolgimento delle funzioni e dei servizi indispensabili e, nel contempo, lo squilibrio finanziario e la massa passiva siano ripianabili, ragionevolmente, nell’orizzonte temporale determinato in base ai criteri dell’articolo 243-bis, comma 6, del d.lgs n.267 cit. (Corte dei conti, Sezione Autonomie, deliberazione n. 16/2012/INPR).

La procedura consiste nella gestione della crisi finanziaria dell’Ente locale da parte degli organi ordinari, attraverso la definizione di un piano pluriennale di recupero della massa passiva accumulata. Essa assume una sua peculiarità in quanto protesa a valorizzare la responsabilità degli organi ordinari dell’ente nell’assunzione delle iniziative per il risanamento, ed è volta ad evitare che l’Ente locale subisca le gravi conseguenze prodotte dal dissesto, è avviata spontaneamente dall’Ente, mentre le attività e le competenze restano in capo agli organi ordinari, senza ricorso ad alcun soggetto esterno.

In ogni caso il piano di riequilibrio finanziario pluriennale, come si è innanzi anticipato, non può essere trasformato in uno strumento dilatorio di una situazione di dissesto finanziario e funzionale ormai inevitabile: se le condizioni dello squilibrio sono tali da compromettere la continuità amministrativa nello svolgimento delle funzioni o se lo squilibrio finanziario è tale da non essere ripianabile, ragionevolmente, in 10 anni, è dunque precluso l’accesso alla procedura.

La Corte dei conti sez. regionale per la Calabria, con deliberazione n. 11/2014, ha difatti specificato che l’alternatività non si può spingere a ritenere il piano in questione un mezzo sostitutivo alla dichiarazione di dissesto ai sensi dell’art. 244 del d.lgs. n.267 cit. poiché in determinate circostanze il dissesto è l’unico rimedio esperibile.

Sul piano procedurale, il piano di riequilibrio finanziario pluriennale è misura meno gravosa del dissesto in situazioni di grave crisi finanziaria laddove permette di non rompere l’unità del bilancio e di favorire il recupero dell’Amministrazione rispetto alla comunità amministrata.

Il dissesto rimane la misura ultima e residuale, tant’è che è prevista l’immissione automatica nella stessa nei casi di “fallimento” della procedura di riequilibrio, ai sensi dell’art. 243-quater del Tuel 267/2000, rimanendo il parametro procedurale a garanzia della serietà del percorso di rientro e riequilibrio, e non una sanzione.

6.2 Tanto premesso è da rilevare che negli atti impugnati non è rinvenibile una motivazione circostanziata da cui evincere le concrete ragioni poste a base della scelta di optare per il dissesto senza ritenere esperibile la procedura di cui all’art. 243 bis cit. dal momento che le asserzioni ostative contenute negli atti impugnati risultano meramente assertive e non danno conto dell’impraticabilità di tale soluzione alternativa nell’arco temporale riconosciuto dal legislatore e tenuto conto delle provvidenze costituite tra l’altro dalla possibilità di accedere al Fondo di rotazione previsto dalla normativa di settore. Una siffatta motivazione rafforzata deve ritenersi al più esigibile anche tenuto conto che il Comune di Guardiagrele, come ricavabile in atti, non è risultato strutturalmente deficitario non avendo riportato alcuno dei parametri di allarme di cui all’art. 242 del d.lgs. n. 267/2002 e che, alla dichiarazione di dissesto, non si è accompagnato un riconoscimento di debiti fuori bilancio se non limitato a fatture dell’ultimo esercizio e censite in data successiva alla dichiarazione di dissesto oggetto di gravame.

Inoltre la dichiarazione di dissesto risulta genericamente motivata in relazione alla prima ipotesi di cui all’art. 244 cit. ossia per la dichiarata impossibilità dell’ente di garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ma non sono state adeguatamente esternate le ragioni per cui non sarebbe stato possibile recuperare lo stato di disavanzo attraverso le provvidenze previste e disciplinate dall’art. 243 bis cit.

Il ricorso pertanto merita accoglimento ai soli fini del riesame della motivazione relativa al mancato ricorso al piano di riequilibrio finanziario di cui all’art. 243 bis del d.lgs. n. 267/2000.

La peculiarità e complessità delle questioni trattate giustifica la integrale compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

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