TAR Bari, sez. III, sentenza 2024-05-18, n. 202400612
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Testo completo
Pubblicato il 18/05/2024
N. 00612/2024 REG.PROV.COLL.
N. 01218/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1218 del 2019, proposto da
A Z, rappresentato e difeso dagli avvocati C S e S C, con domicili digitali come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'interno - Questura di Bari, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Bari alla via Melo, 97;
per l'annullamento
del provvedimento del Questore di Bari Cat. A. 11/2019/Imm.n.24/P.S. del 3 luglio 2019 di rigetto della domanda di rinnovo o conversione del permesso di soggiorno presentata in data 12 novembre 2018.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Questura di Bari;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 aprile 2024 il dott. Lorenzo Ieva e nessun difensore comparso;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- Con ricorso depositato come previsto in rito, l’istante extracomunitario, cittadino del Marocco, impugnava il diniego di rinnovo o conversione del permesso di soggiorno.
In fatto, deduceva che, a seguito di pregresso nulla-osta, rilasciatogli, onde consentirgli di svolgere, ai sensi dell’art. 27, comma 1, lett. i) , d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, attività di operaio specializzato nel campo della chimica farmaceutica nel territorio italiano, in quanto distaccato in Italia dalla società “Prominox Sa” di Casablanca (Marocco), si vedesse però respinta la richiesta di rilascio del permesso di soggiorno per un nuovo rapporto di lavoro a tempo determinato in qualità di “bracciante agricolo”.
In diritto, lamentava in due punti la violazione dell’art. 27 d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, nel combinato disposto con l’art. 40, commi 13 e 23, del d.p.r. 31 agosto 1999, n. 394, e con l’art. 5, comma 5, d.lgs. n. 286 citato;nonché l’eccesso di potere per manifesta irragionevolezza ed arbitrarietà, violazione dei principi di lealtà, correttezza e di buon andamento della p.a., difetto di istruttoria e di ponderazione dei contrapposti interessi, difetto di motivazione;nonché la violazione e falsa applicazione dell’art. 10- bis legge 7 agosto 1990, n. 241 e la violazione dei principi in materia di partecipazione all'azione della p.a.
2.- Si costituiva l’Amministrazione, la quale depositava i documenti del procedimento.
3.- Alla fissata udienza pubblica, il ricorso veniva introitato per la decisione.
4.- Il ricorso è infondato.
Il provvedimento adottato dall’Amministrazione è congruamente motivato e reca l’indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche nella motivazione analitica, che ha dato ben conto della particolare fattispecie. Risulta inoltre essere stata assicurata adeguata partecipazione procedimentale, perlomeno per quanto è necessario e sufficiente al caso di specie, come segnatamente emerge dalla narrativa dell’atto.
Non sussiste alcuna contestata violazione di legge o profilo di eccesso di potere. Il cittadino è entrato nel territorio italiano, fuori quota-flussi, al fine di poter svolgere attività per conto di una società del Marocco, presso la quale era assunto, ai sensi dell’art. 27, comma 1, lett. i) , d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, che contempla il caso dei lavoratori, dipendenti da datori di lavoro aventi sede all'estero, i quali siano temporaneamente trasferiti in Italia, in c.d. distacco, al fine di effettuare nel territorio italiano determinate prestazioni oggetto di contratto di appalto.
In base all’art. 40 (Casi particolari di ingresso per lavoro) , comma 13, del d.P.R. 31 agosto 1999, n. 394 (“Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione”), in queste ipotesi: “il visto d'ingresso e il permesso di soggiorno sono rilasciati per il tempo strettamente necessario alla realizzazione dell'opera o alla prestazione del servizio”;mentre il comma 23 del medesimo articolo precisa che “Il nullaosta al lavoro e il permesso di soggiorno di cui al presente articolo possono essere rinnovati […], in costanza dello stesso rapporto di lavoro […]. In caso di cessazione del rapporto di lavoro, il nullaosta non può essere utilizzato per un nuovo rapporto di lavoro”.
Chiaro è che, dunque, il cittadino extracomunitario ricorrente solo in seguito ha chiesto il rilascio di un permesso di soggiorno per altra ragione, ossia per assumere un diverso rapporto di lavoro, in qualità di bracciante, presso un’impresa agricola datrice di lavoro, i cui presupposti e requisiti vanno però esaminati, con riguardo a una siffatta tipologia di assunzione al lavoro;essa, diversamente dalla fattispecie speciale, di cui all’art. 27, comma 1, lett. i) , d.lgs. n. 286 citato, è invece assoggettata al c.d. “decreto flussi”.
Invero, va ricordato che l’Amministrazione dell’interno, in materia di immigrazione, può adottare soltanto provvedimenti e atti, in conformità al principio della tipicità e nominatività, che sono previsti espressamente dal decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e dal relativo regolamento di attuazione, di cui al d.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, esclusivamente per i casi ivi contemplati. Non può dunque adottare provvedimenti atipici o immaginare, in materia, indeterminate “più ampie casistiche”, per legittimare, ex post , al di fuori di provvedimenti straordinari di sanatoria (c.d. emersione da lavoro irregolare), la presenza di un extracomunitario nel territorio nazionale. In virtù dell’art. 10, comma 2°, Cost., nella Repubblica italiana “La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali”;il d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, all’art. 1, esordisce, per l’appunto, chiarendo che le disposizioni dallo stesso dettate sono da intendersi “in attuazione” dell’art. 10, comma 2°, Cost., applicabili ai cittadini degli Stati non appartenenti all'U.E. e agli apolidi, indicati riassuntivamente come “stranieri” (extra-comunitari).
In ultima analisi, non possono essere rilasciati permessi di soggiorno al di fuori delle fattispecie expressis verbis previste, che esigono il riscontro di precisi requisiti.
5.- In conclusione, per le sopra esposte motivazioni, il ricorso va respinto.
6.- Le spese del giudizio possono essere compensate per la particolarità della controversia.
7.- L’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato prodotta è da respingere perché risulta carente della prevista certificazione rilasciata dall'autorità consolare competente, ai sensi dell’art. 79, comma 2, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, sui redditi prodotti all’estero.