TAR Napoli, sez. V, sentenza 2013-01-24, n. 201300540

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. V, sentenza 2013-01-24, n. 201300540
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201300540
Data del deposito : 24 gennaio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05817/2001 REG.RIC.

N. 00540/2013 REG.PROV.COLL.

N. 05817/2001 REG.RIC.

REPUBBLICA IALIANA

IN NOME DEL POPOLO IALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5817 del 2001, proposto da:
D'Anna Felice, rappresentato e difeso dagli avv. M A, L S, C D R, con domicilio eletto presso M A in Napoli, via Suarez,21;
A S, D L G, V G, rappresentati e difesi dagli avv. M A, C D R, L S, con domicilio eletto presso C D R in Napoli, via Cilea N. 183;
A A, Beneduce Donato, Febbraro G, G M, I D, V G;
B E, rappresentato e difeso dagli avv. C D R, L S, M A, con domicilio eletto presso C D R in Napoli, via Cilea N. 183;
Casciello Sabino, Citarella Pietro, Petti Alberto, Sperandeo Alfonso, Trezza Luigi, rappresentati e difesi dagli avv. C D R, L S, con domicilio eletto presso C D R in Napoli, via Cilea N. 183;
Cascone Alessandro, rappresentato e difeso dagli avv. M A, C D R, con domicilio eletto presso C D R in Napoli, via Cilea N. 183;
Criscuolo Danilo, rappresentato e difeso dagli avv. C D R, M A, L S, con domicilio eletto presso C D R in Napoli, via Cilea N. 183;
Ferrara Paolo, rappresentato e difeso dagli avv. M A, C D R, L S, con domicilio eletto presso C D R in Napoli, via Cilea N. 183;
Gison Giuseppe, Soria Patrizia, Toro Gennaro, Visconti Giuseppe, rappresentati e difesi dagli avv. L S, C D R, con domicilio eletto presso C D R in Napoli, via Cilea N. 183;

contro

Comune di Napoli, rappresentato e difeso dagli avv. Bruno Ricci, Giuseppe Tarallo, Barbara Accattatis Chalons D'Oranges, Antonio Andreottola, Eleonora Carpentieri, Bruno Crimaldi, Annalisa Cuomo, Anna Ivana Furnari, Giacomo Pizza, Anna Pulcini, Gabriele Romano, con domicilio eletto presso Giuseppe Tarallo in Napoli, Avv. Municipale - p.zza S. Giacomo;

per l'annullamento

del.ne g.c. n.476/2001 -annullamento concorso interno


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Napoli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 novembre 2012 il dott. S Z e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso notificato il 5 maggio del 2001 e depositato il 4 giugno successivo i ricorrenti, tutti dipendenti del comune di Napoli che avevano partecipato alla progressione verticale per la copertura di n.654 posti di Istruttore Direttivo Amministrativo in applicazione degli artt. 36, 36 bis D.Lgs. n.29/1993 e dall'art.4 del CCNL del 31.3.99 e dell'ivi previsto Regolamento sulla progressione verticale di cui alla delibera di G.C. n.26751/20O0 e s. m. ed i. e che erano stati dalla stessa esclusi per mancanza dei requisiti, adivano questo Tribunale chiedendo l’annullamento degli atti indicati in epigrafe.

A tal proposito esponevano le seguenti circostanze:

- in servizio nella categoria “C” appartenevano all’aera amministrativa ed erano in possesso di un’anzianità di servizio di due anni o poco meno essendo stati assunti nel periodo 15 maggio 1999 15 settembre 1999 a seguito di corso-concorso RIPAM;

- l’Amministrazione, senza prima avviare la revisione della pianta organica nonché alla verifica dei carichi di lavoro, aveva proceduto alla indizione delle procedure di progressione verticale per coprire 3215 posti di varia qualifica e categoria tra cui 654 posti di Istruttore Direttivo;

- la procedura rivelava numerose ed inquietanti illegittimità anche perché ritagliata “ad hoc”, secondo gli attori, per determinate categorie di dipendenti.

A sostegno dell’imputazione, i ricorrenti deducevano i seguenti motivi di ricorso: violazione dell’art.36 del d. lgs. n.29 del 1993 e degli artt.2 e 4 del C.C.N.L. 31 03.1999, eccesso di potere per travisamento dei presupposti e difetto di istruttoria.

Si costituiva l’amministrazione intimata, contestando l’avverso dedotto e chiedendo il rigetto del ricorso.

Con ricorso per motivi aggiunti, notificato in data 31 ottobre 2002 e depositato il 29 novembre successivo alcuni degli originari ricorrenti impugnavano anche la successiva delibera di approvazione della graduatoria concorsuale, riproponendo avverso quest’ultima gli originari motivi di doglianza.

All’odierna udienza, dopo le conclusioni dei difensori, come da verbale, la causa veniva spedita in decisione.

DIRITO

I I motivi di impugnazione si articolano, in buona sostanza, su due linee direttrici. La prima contesta l’avvenuta violazione, da parte del Comune, di protocolli procedurali. La seconda le modalità e le scelte di merito della procedura selettiva.

Ai fini dell’inquadramento della controversia conviene pertanto ricostruire la storia amministrativa che ha condotto all’avvio della selezione professionale impugnata, per come è dato ricostruirla dalla nota del 23 maggio del 2001 del Dipartimento delle Risorse Umane del comune di Napoli, a firma della dr.ssa Lidia Genovese.

Il Comune di Napoli, con Disposizione Dirigenziale n.60/2001 ha bandito una progressione verticale per la copertura di n.654 posti di Istruttore Direttivo Amministrativo in applicazione degli artt.36,36 bis D. Lgs. n.29 del l993 e dall'art.4 del CCNL del 31.3.99 e dell'ivi previsto Regolamento sulla progressione verticale di cui alla delibera di GC. n.26751/2000 e s. m. ed i..

In attuazione di quelle disposizioni sono state previste due tipologie di selezione, rispettivamente, il concorso esterno e la selezione per progressioni verticali, quest’ultima per consentire il passaggio del personale nella categoria immediatamente superiore a quella di appartenenza.

In funzione del fabbisogno programmato, dopo essere stati individuati, i posti da coprire sono stati distinti tra quelli da destinare all'accesso dall'esterno e quelli riservati alle progressioni verticali.

Il Regolamento ha stabilito i requisiti di partecipazione per ciascuna categoria con riferimento a quanto previsto dalla contrattazione collettiva.

La stessa contrattazione collettiva è intervenuta, in conformità a quanto previsto all’art.16 comma 2 lett. a) c.c.n.l. - a stare a quanto si legge nella predetta nota del comune - nella definizione dei criteri generali per lo svolgimento delle selezioni.

All’esito della procedura, dopo l’esclusione di coloro che, a norma del Bando erano sprovvisti dei requisiti, è stata approvata la graduatoria finale, con determina che è stata impugnata, come detto in fatto, con motivi aggiunti.

II Tanto premesso, e venendo alla prima doglianza, i ricorrenti contestano al Comune di non avere, prima di procedere alla selezione verticale, effettuato una ricognizione delle piante organiche e dei carichi di lavoro, seguendo gli insegnamenti della Corte Costituzionale n.1/99.

Il Collegio non ritiene fondata la censura. Ed infatti, l’organizzazione degli uffici degli enti locali, era, “ ratione temporis ” disciplinata dall'art. 6 del DIgs n.29/93 e dall’art- 51 comma 1 della L.142/90.

La prima disposizione prevede che, prima di procedere all’individuazione della pianta organica l’ente debba procedere ad una verifica dei suoi bisogni e finalità. Quanto all’art.51 comma 1 della citata legge 142 prevede che gli Enti Locali, nel rispetto dei principi fissati dalla legge, devono determinare le proprie dotazioni organiche, tenendo conto dei limiti derivanti dalle capacità di bilancio e dalle esigenze di esercizio dei compiti, dei servizi e delle funzioni loro attribuite.

Orbene la determinazione impugnata, con la quale il comune ha deliberato di procedere alla selezione in oggetto, è stata assunta in coerenza con la programmazione triennale del fabbisogno, nonché con gli strumenti di programmazione economica e finanziaria pluriennale, adottate dall’ente locale . D’altronde, la Giunta con apposite deliberazioni versate in atti (n.5051/1999 e 582/2000) aveva previamente istituito in pianta organica i posti di Istruttore Direttivo Amministrativo di cui alla Categoria D1 mediante trasformazione dei corrispondenti posti di categoria C, utilizzando, per coprire l’incremento di costi, i risparmi derivanti dalla soppressione di posti vacanti.

Dunque erano stati rispettati i principi che presidiano la scelta di indizione di procedure concorsuali e selettive.

Quanto, in particolare, alla scelta di promuovere i posti di categoria D, in disparte la considerazione che si tratta di scelta di tipo tecnico-discrezionale, si osserva che la stessa è stata ispirata dalla ragionevole esigenza di potenziare quel livello lavorativo, anche allo scopo di eliminare le funzioni di basso contenuto professionale, ormai divenute anacronistiche. Dunque, anche sotto questo diverso profilo, le deduzioni attoree si rivelano infondate.

Infine non pare appropriato il riferimento alla sentenza della Corte Costituzionale n.1 del 1999 perché tale decisione si riferisce, in realtà, al sistema di classificazione del personale appartenente al CCNL delle qualifiche funzionali, e cioè ad un sistema diverso da quello riferito all'attuale contratto che viceversa ha strutturato il personale in base al concetto di "categoria".

III Con un secondo motivo di doglianza – come detto- i ricorrenti contestano all’ente di avere previsto una procedura “vestita su misura”, per così dire, su di una determinata categoria di dipendenti. A sua volta questa censura principale può essere ripartita in due sub-censure, delle quali la prima riguarda i criteri che presidiavano le prove selettive, e l’altra i requisiti (di anzianità professionale) richiesti per la partecipazione al concorso.

Nessuna delle due obiezioni si palesa fondata.

Sotto il primo punto si osserva infatti che dagli atti non emerge alcuna violazione dei principi di imparzialità, né per quanto riguarda i criteri selettivi adottati, né tanto meno con riferimento alla loro pratica applicazione. La prova scritta, celebratasi in modo da consentire l’anonimato consisteva invero in due domande a risposta sintetica e in trenta domande a risposta multipla, con criteri che erano stati, come detto, predefiniti a livello di concertazione sindacale ed avverso i quali non è dato di intravedere alcun privilegio riservato a taluna categoria di esaminati.

Sulle modalità attuative della prova peraltro non è formulata alcuna specifica doglianza.

Quanto alla seconda sub-censura formulata, essa come detto riguarda il richiesto requisito, in capo agli aspiranti, della permanenza in servizio da almeno un quinquennio. Orbene anche in questo caso la doglianza non è fondata alla luce della semplice considerazione che esigere quel titolo in capo agli aspiranti non è una pretesa sproporzionata. Tanto si opina in ragione della procedura di progressione prescelta finalizzata all’acquisizione di un profilo lavorativo più elevato, che esigeva, secondo criteri di ragionevolezza, un minimo di anzianità nella qualifica inferiore.

D’altronde la scelta, anche in considerazione del peso ponderale attribuito all’anzianità nel più ampio ambito della procedura, non si rivela affatto arbitraria e strumentale, tanto più laddove si consideri che il titolo era in realtà richiesto in alternativa al possesso del diploma di laurea da parte dell’aspirante.

IV Infine non può essere accolta, sempre in tema di contestazione dei requisiti, la pretesa di considerare l’equipollenza con l’anzianità professionale quinquennale degli anni di attività destinata dai ricorrenti al corso-concorso RIPAM. Invero la precipua finalità del requisito dell’anzianità professionale, in quell’ottica promozionale e di riassorbimento del personale di bassa qualifica, di cui si diceva poc’anzi, contrasterebbe con tale costrutto, dal momento che il periodo di cui trattasi era prevalentemente destinato alla formazione lavorativa dei ricorrenti e non allo svolgimento di un’esperienza professionale idonea a far maturare le specifiche competenze materiali ed esecutive che si intendevano invece valorizzare con la procedura impugnata. Dunque non pare irragionevole né la clausola che contiene i requisiti, né l’esclusione dalla procedura, disposta in attuazione materiale di essa, dei ricorrenti.

Questi motivi inducono al rigetto del ricorso. La natura della controversia giustifica una compensazione integrale delle spese.

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