TAR Torino, sez. III, sentenza breve 2024-04-04, n. 202400337

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Torino, sez. III, sentenza breve 2024-04-04, n. 202400337
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Torino
Numero : 202400337
Data del deposito : 4 aprile 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/04/2024

N. 00337/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00180/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 180 del 2024, proposto da
D S, rappresentata e difesa dall’avvocata P G, con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia;

contro

Comune di Farigliano, non costituito in giudizio;

per l’annullamento

del provvedimento emesso dal Comune di Farigliano, ai sensi e per gli effetti dell’art. 64 co. 8, lett. b) del d.lgs. n. 59/2010 e dell’art. 16 co. 1 lett. i) della Legge Regionale del Piemonte n. 38/2006, avente ad oggetto la decadenza della licenza commerciale n. 2 dell’11/01/1990 e della S.C.I.A. del 27/07/2018 rilasciate in favore della ricorrente, per l’attività di somministrazione di alimenti e bevande nei locali ubicati in Farigliano (CN), Piazza Vittorio Emanuele II n. 15, e di ogni altro atto presupposto, attuativo ed integrativo e/o consequenziale al succiato provvedimento;

Nonché per l’accertamento del diritto della ricorrente ad ottenere la revoca del provvedimento impugnato e per la conseguente condanna dell’Amministrazione resistente a provvedere in tal senso.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 27 marzo 2024 il dott. G F P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. – Con ricorso notificato in data 01/03/2024 D S ha impugnato il decreto del 03/01/2023 n. 34, a mezzo del quale il Comune di Farigliano (CN) ha disposto la decadenza della licenza commerciale n. 2 del 11/01/1990 e della SCIA del 27/07/2018 intestate alla ricorrente, quale titolare della ditta individuale “Caffè Centro di S Daniela”, inerenti l’attività di somministrazione di alimenti e bevande nell’immobile situato a Farigliano (CN) in Piazza Vittorio Emanuele n. 15. A fondamento della propria domanda, la ricorrente ha formulato un unico motivo di impugnazione (rubricato « Violazione e falsa applicazione della Legge n. 241/1999 s.m.i., dell’art. 22 lett. a) d.lgs. n. 114/1998, dell’art. 16, co. 1 lett. b), i) della Legge Regionale n. 28/2006 s.m.i., nonché dell’art. 64, co. 8 lett. b) d.lgs. 59/2010 s.m.i. »), teso a far valere l’intervenuta violazione della normativa – nazionale e regionale – inerente la revoca delle licenze commerciali, in quanto l’Amministrazione comunale avrebbe omesso di considerare che l’attività commerciale della ricorrente, ancorché non operativa sul piano gestorio, fosse regolarmente iscritta al registro delle imprese e, pertanto, giuridicamente esistente.

2. – All’udienza camerale del 27/03/2024 la Presidente ha reso l’avviso di possibile definizione del procedimento con sentenza in forma semplificata, a norma dell’art. 60 c.p.a., e ha riservato la decisione.

3. – La causa può essere definita con sentenza in forma semplificata.

La mancata costituzione dell’Amministrazione resistente non osta alla pronuncia di merito, giacché il ricorso introduttivo risulta notificato alla PEC del Comune di Farigliano presente nel registro IPA e, alla data dell’udienza camerale, risulta decorso il termine dilatorio di cui agli artt. 45 e 71 c.p.a. per la costituzione delle parti intimate. Il contraddittorio processuale deve dunque ritenersi ritualmente integrato.

La decisione non richiede l’espletamento di alcun incombente istruttorio, giacché – come rilevato dalla Presidente del Collegio nel corso dell’udienza camerale – sussistono profili di manifesta infondatezza della domanda. Appare infine rispettato il termine a difesa previsto dagli artt. 55, co. 5 e 60 c.p.a., decorrente dalla notificazione del ricorso nei confronti dell’Amministrazione resistente.

4. – Venendo al merito della controversia, il ricorso è manifestamente infondato.

4.1 - La tesi difensiva patrocinata da S, secondo cui la mera esistenza giuridica di una ditta individuale, inattiva sul piano operativo e gestorio, sarebbe suscettibile di impedire la decadenza della licenza rilasciata in suo favore, è smentita dalla lettera delle disposizioni invocate nel ricorso.

L’art. 64, co. 8 lett. b) d.lgs. 26/03/2010 n. 59 (recante “Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno”) dispone che « L’autorizzazione e il titolo abilitativo decadono […] qualora il titolare sospenda l’attività per un periodo superiore a dodici mesi ».

L’art. 22, co. 5 lett. a) d.lgs. 31/03/1998, n. 114 (recante “Riforma della disciplina relativa al settore del commercio”) a sua volta prevede che « Il sindaco ordina la chiusura di un esercizio di vicinato qualora il titolare […] sospende l’attività per un periodo superiore ad un anno ».

L’art. 16, co. 1 lett. i) della Legge regionale del Piemonte del 29/12/2006 n. 38 (recante “Disciplina dell’esercizio dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande”), prevede infine che « È disposto il divieto di prosecuzione dell’attività o, nei casi soggetti ad autorizzazione, la revoca dell’autorizzazione, quando […] viene meno l’effettiva disponibilità dei locali nei quali si esercita l’attività e il titolare dell’attività non richiede il trasferimento in una nuova sede nel termine di dodici mesi, salvo proroga in caso di comprovata necessità e previa motivata istanza ».

La disciplina regionale, cui compete la regolazione del commercio, quale materia di legislazione concorrente (salvi i principi regolatori stabiliti della normativa nazionale ex art. 117, co. 3 Cost.), espressamente e inequivocabilmente dispone la revoca della licenza commerciale in favore di chi abbia perso la disponibilità dei locali nei quali esercita l’attività e non chieda il trasferimento della sede (o formuli istanza di proroga) entro l’anno. Essa di conseguenza esclude la conservazione della licenza in considerazione della mera esistenza giuridica della società o della ditta individuale che ne era titolare.

Né d’altronde una simile conclusione può legittimamente trarsi dalla lettura delle menzionate norme nazionali, giacché – per unanime opinione – l’istituto della decadenza ex lege di cui all’art. 64 co. 8 lett. b) d.lgs. n. 59/2010 si fonda sulla duplice esigenza di impedire – da un lato – che, nell’ambito di un settore di mercato non interamente liberalizzato, il possesso di un titolo autorizzatorio non corrisponda all’effettivo esercizio dell’attività e di consentire – dall’altro lato – che al titolo possano accedere ulteriori aspiranti, che possano meglio garantire l’efficienza del mercato. È evidente che tali finalità sarebbero in radice frustrate, laddove – come pretende la ricorrente – una licenza commerciale potesse restare per un tempo indefinito nelle mani di un operatore economico in ragione della sua mera iscrizione nel registro delle imprese, a prescindere dalla sua attività sul mercato. Né dunque può ritenersi sufficiente, ai fini della conservazione del titolo, il fatto che l’esercizio sia stato occasionalmente attivato « in quanto ciò che importa è che l’esercizio operi in modo effettivo e continuativo, non potendo ammettersi interpretazioni della normativa che consentano agevoli e non tollerabili elusioni della ratio ad essa sottesa » (TAR Calabria - Reggio Calabria, Sez. I, 01/02/2022, n. 71;
cfr. sul punto anche Cons. Stato, Sez. V, 25/05/2023 n. 5140;
Id., 22/02/2007, n. 938).

Nel caso di specie, S ha rilasciato l’immobile ove ella esercitava la ditta “Caffè Centro di S Daniela” in data 07/11/2022 e non ha svolto alcuna attività commerciale, né formulato alcuna istanza di trasferimento al Comune nei successivi dodici mesi. Pertanto, nessun dubbio può esservi sull’intervenuto perfezionamento della fattispecie decadenziale.

4.2 - A nulla rileva che l’intervenuta interruzione dell’attività commerciale della ricorrente fosse – recte , potesse essere – correlata alle difficoltà economiche dovute alla pandemia da Covid-19. Per consolidata e condivisile giurisprudenza, il mancato esercizio dell’attività commerciale per il termine di un anno determina ipso facto il perfezionamento della fattispecie decadenziale di cui all’art. 64, comma 8, lett. b), d.lgs. n. 59/2010. L’adozione del provvedimento conseguente da parte dell’Amministrazione comunale costituisce dunque un atto dovuto, di natura ricognitivo-dichiarativa, salvo che, prima del decorso del termine assegnato dalla legge, l’interessato non formuli motivata richiesta di proroga (Cons. Stato, Sez. V, 23/02/2015, n. 852). Nel caso di specie, dunque, non residuava alcun margine discrezionale in capo all’Amministrazione comunale, la quale non poteva che dichiarare l’intervenuta decadenza della ricorrente dalla licenza commerciale intestata in suo favore.

Alla luce di tali considerazioni è persino superfluo osservare che il rilascio dei locali all’interno dei quali S svolgeva la propria attività commerciale è avvenuto nel novembre 2022, dunque a più di un anno e mezzo dall’avvio del processo di progressivo allentamento delle misure di restrizione delle attività economiche e della circolazione delle persone, e comunque più di un semestre dopo la cessazione dello stato di emergenza proclamato in relazione alla crisi pandemica. Per di più, la ricorrente non ha depositato in atti i bilanci o le dichiarazioni IVA presentate nell’ultimo quinquennio, né alcun elemento documentale che sia anche solo suggestivo del fatto che, al momento della consegna dei locali, i ricavi dell’attività commerciale fossero inferiori rispetto al periodo pre-pandemico e che l’attività non fosse più sostenibile sul piano economico. Non vi è dunque alcuna prova, nemmeno indiziaria, del fatto che l’inattività dell’esercizio commerciale di S fosse effettivamente correlata alla pandemia da Covid-19.

Il motivo di impugnazione proposto è insomma privo di fondamento. Il ricorso merita pertanto di essere definitivamente respinto.

5. – La mancata costituzione in giudizio dell’Amministrazione resistente osta alla condanna della ricorrente alla refusione delle spese di lite, giacché la controparte non ne ha sostenuta alcuna. I costi del giudizio sopportati da S devono invece dichiararsi non ripetibili.

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