TAR Roma, sez. 2Q, sentenza 2017-02-01, n. 201701626

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2Q, sentenza 2017-02-01, n. 201701626
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201701626
Data del deposito : 1 febbraio 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/02/2017

N. 01626/2017 REG.PROV.COLL.

N. 09150/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9150 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
G B G, B M, M V, rappresentati e difesi dagli avvocati A N, M B, G B G, A C, con domicilio eletto presso lo studio A N in Roma, viale Regina Margherita, 290;
V L, M G, M M, Lgm s.r.l., rappresentati e difesi dagli avvocati S D F, A D Mo, con domicilio eletto presso lo studio A D Mo in Roma, via G. Avezzana, 6;



contro

Banca d'Italia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Flavia Sforza, Ruggero Ippolito, Michele Cossa, con domicilio eletto in Roma, via Nazionale, 91;



e con l'intervento di

ad adiuvandum:
Echo s.n.c. di Baruzzi Silvana e Caravita Emanuela, Mirri Dino, Mirandola Laura, Star Grafic s.r.l., Levrano Antonio, Musiani Laika, PI 2000 s.r.l., Foschi Roberto, Foschi Claudio, rappresentati e difeso dall'avvocato Giuseppe Nola, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale delle Milizie, 34;



per l'annullamento

delle misure contenute nella nota della Banca di Italia del 28.6.2016; della nota dell’11-10-2016 impugnata con i motivi aggiunti; nonché di tutti gli atti preordinati e connessi.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Banca d'Italia;

Visto l’atto di intervento ad adiuvandum;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 gennaio 2017 la dott.ssa Cecilia Altavista e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.




FATTO

Il Credito di Romagna è stato autorizzato all’esercizio dell’attività bancaria e alla gestione dei servizi di investimento di cui al d.lgs. n. 58 del 1998 con provvedimento della Banca di Italia del 12 marzo 2004. Successivamente con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 20-7-2010, la banca è stata sottoposta ad amministrazione straordinaria ai sensi dell’art. 70 comma 1 lettera a) del Testo unico bancario per gravi irregolarità nell’amministrazione e violazioni normative; la proposta della Banca di Italia, in particolare, faceva riferimento alle problematiche del rapporto tra l’assetto proprietario, collegato anche all’istituto bancario sanmarinese, e gestionale. I più rilevanti soci della banca erano anche soci dell’istituto bancario sanmarinese; la gestione era, infatti, concentrata nell’amministratore delegato, dott. M, socio anche della banca (18% del capitale) e dell’istituto bancario sanmarinese (3%). Con riferimento a tale circostanza, già nella nota di trasmissione del provvedimento di autorizzazione del 23-3-2004 la Banca di Italia aveva raccomandato agli esponenti della banca di assicurare una netta separazione con l’Istituto bancario Sanmarinese, rispetto alla quale “vi erano collegamenti proprietario gestionali”; in particolare invitando il dott. M, amministratore delegato, ad optare per cariche nella banca italiana o in quella sanmarinese. Nel corso delle ispezioni 2007, la Vigilanza, pur dando atto del particolare impulso dato all’iniziale sviluppo della banca dal socio e amministratore delegato dott. M, aveva rilevato criticità nel sistema di affidamento dei crediti (inoltre, particolarmente concentrati), espressamente concludendo riguardo agli impieghi che “grazie al buon andamento dell’economia locale il comparto ad oggi presenta contenute aliquote di posizioni anomale e di perdite”.

Nel corso della ispezione compiuta dal 10-2-2010 al 7-5-2010, posta a base del provvedimento di amministrazione straordinaria, erano state riscontrate criticità nei processi creditizi e nelle procedure di controllo della banca inadeguate rispetto alle cresciute dimensioni della stessa, nonché complessivamente il peggioramento della qualità del credito; in particolare era stata posta l’attenzione sui finanziamenti effettuati insieme all’istituto bancario sanmarinese e sulla criticità dell’investimento nella società immobiliare Credito di Romagna effettuato nell’ottobre 2008, detentrice unicamente di una area edificabile (operazione finalizzata alla realizzata di una nuova sede), superando il limite individuale di concentrazione del 25%, senza richiedere la preventiva autorizzazione per l’acquisto della partecipazione all’Autorità di Vigilanza.

Avverso il provvedimento di amministrazione straordinaria e avverso la proposta della Banca di Italia è stato proposto dagli amministratori davanti a questo Tribunale il ricorso n. 3349 del 2011 tuttora pendente.

Con provvedimento del 10-6-2011 la Banca di Italia irrogava sanzioni pecuniarie ai sensi dell’art. 144 Testo unico bancario al direttore generale e amministratore delegato, ai consiglieri di amministrazione e ai membri del collegio sindacale (avverso il provvedimento sanzionatorio è stato proposto davanti a questo Tribunale il ricorso n. 9223 del 2011 conclusosi con la sentenza n. 2644 del 2015 che ha dichiarato il difetto di giurisdizione in relazione alla sentenza della Corte Costituzionale n. 95 del 15-4-2014).

Per le operazioni effettuate con l’Istituto bancario Sanmarinese gli esponenti della banca sono stati condannati: gli amministratori e i sindaci per il reato di cui all’art. 132 T.U.B, abusiva attività finanziaria, con sentenza del Tribunale di Forli n. 18 del 2015; il dott. M con sentenze pronunciate a seguito di patteggiamento dal GIP presso il Tribunale di Forlì n. 235 del 2011 e n. 835 del 2012.

Nel settembre 2011 la Banca di Italia aveva disposto una proroga tecnica dell’amministrazione straordinaria ai sensi dell’art. 70 comma 6 T.U.B, al fine di permettere la ricostituzione degli organi aziendali sulla base di un piano di discontinutità aziendale che era stato presentato da sei soci titolari del 54% del capitale (Edo Lelli, Manlio Maggioli, Mirella Grilli, Fiorenzo Rivelli, Roberto Valducci, Giovanni M), con la uscita dei soci azionisti anche dell’istituto bancario sanmarinese e il coinvolgimento quale socio industriale nella governance di Veneto Banca.

Sulla base di tale progetto la procedura di amministrazione straordinaria si è conclusa il 30-9-2011 con la ricostituzione degli organi da parte dell’assemblea dei soci.

Successivamente alla ricostituzione degli organi ordinari, la Banca di Italia segnalava già nel corso del 2012 e del 2013 la crescente esposizione al rischio di credito e la insoddisfacente redditività, segnalando il significativo peso della componente subordinata e invitando a interventi di rafforzamento patrimoniale e al riorganizzazione delle procedure di controllo del credito e della gestione.

Il 1° agosto 2013 il Credito di Romagna inviava alla Banca di Italia la delibera del consiglio di amministrazione del 25 luglio 2013 di aumento di capitale e il piano di sviluppo territoriale con l’apertura di sei nuove dipendenze. L’aumento di capitale è stato autorizzato ai sensi dell’art. 56 T.U.B.. Per il piano di sviluppo territoriale, con la nota del 29-10-2013, la Banca di Italia comunicava l’avvio del procedimento di diniego, invitando la banca a riconsiderare i progetti di sviluppo in relazione alle problematicità della governance.

Nella ispezione condotta dalla Vigilanza dal 16 giugno al 5 settembre 2014 si rilevavano ancora le problematiche relative alla governance e la carenza di un idoneo assetto organizzativo e di controllo e, inoltre, l’aggravarsi della situazione di rischio e di redditività della banca. In particolare emergeva chiaramente che la gestione della banca era ancora influenzata dal dott. M, che fin dal 30-9-2011 era rimasto consulente strategico della banca, dal 28-2-2013 era di nuovo consigliere di amministrazione e dall’11-7-2013 amministratore delegato e direttore.

Al 31-3-2014 venivano rilevate partite deteriorate per 17,9% dei prestiti con il rischio dovuto ad una particolare concentrazione del portafoglio crediti; la redditività aziendale negativa con incidenza di alti costi operativi; il mancato rispetto dei requisiti prudenziali; le carenze nei processi di erogazione del credito.

A seguito dell’ispezione, l’autorità di vigilanza, con provvedimento dell’11-11-2014 comunicava il diniego all’apertura di due nuove succursali nei comuni di Imola e Cesena, nonché disponeva alcune misure ai sensi dell’art. 53 comma 3 lettera b) T.U.B. allora vigente: la presentazione di un progetto di integrazione con un partner bancario forte, la riqualificazione dell’esecutivo, la revisione dei processi creditizi, il recupero di redditività anche tramite un intervento sui costi; nonché misure ai sensi dell’art. 53 comma 3 lettera d): il rispetto del coefficiente specifico di capitale di prima classe pari all’8%, limite individuale alla concentrazione dei rischi entro il 10% dei fondi propri, con rientro graduale delle posizioni eccedenti e un limite complessivo pari a tre volte i fondi propri; limite della esposizione nel settore immobiliare pari al 35% rispetto al totale dei prestiti. Hanno dedotto i ricorrenti di avere impugnato tale provvedimento con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, allo stato pendente.

Il 28-1-2015 il Presidente del Consiglio di Amministrazione inviava alla Banca di Italia il piano di integrazione con Veneto Banca, che prevedeva misure di rafforzamento patrimoniale, nonché il rinnovo degli organi, di cui la maggioranza avrebbe dovuto essere nominata da Veneto Banca, con la conferma del dott. M quale direttore generale (“con deleghe

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi