TAR Brescia, sez. I, sentenza 2018-11-13, n. 201801062
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Pubblicato il 13/11/2018
N. 01062/2018 REG.PROV.COLL.
N. 01078/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 1078 del 2017, proposto da -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avv. A L e dall’avv. F L con domicilio digitale presso l’indirizzo PEC indicato nell’atto introduttivo e domicilio fisico eletto presso lo studio dei predetti legali, in Brescia, alla via Solferino n. 10
contro
- Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t.;
- Prefettura di Brescia, in persona del Prefetto p.t.;
rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso la quale sono domiciliati, in Brescia, alla via Santa Caterina n. 6
- ANAC – Autorità Nazionale Anticorruzione, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso la quale è domiciliata, in Brescia, alla via Santa Caterina n. 6
nei confronti
- Confindustria Venezia Area Metropolitana di Venezia e Rovigo, in persona del legale rappresentante pro tempore;
- Confindustria, in persona del legale rappresentante pro tempore;
non costituite in giudizio
per l'annullamento
del provvedimento prot. n 31557/17/U/AM/Area I, del Prefetto di Brescia, datato 26 settembre 2017, ricevuto in data 29 settembre 2017, con cui è stata emessa una comunicazione interdittiva antimafia nei confronti della società ricorrente, nonché dei provvedimenti da questa richiamati e, in particolare, ove occorra, del protocollo di legalità sottoscritto tra il Ministero dell’Interno e Confindustria in data 10 maggio 2010 e dell’Atto Aggiuntivo al Protocollo di legalità sottoscritto in data 22 gennaio 2014, nonché di ogni provvedimento presupposto, connesso e conseguenziale.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e di U.T.G. – Prefettura di Brescia, nonché di ANAC – Autorità Nazionale Anticorruzione;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 ottobre 2018 il dott. Roberto Politi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Espone la ricorrente società che, in data 2 ottobre 2014, la Prefettura di Milano ha emesso un’informazione antimafia interdittiva nei confronti della società -OMISSIS-, le cui quote sono interamente detenute dal sig.-OMISSIS-, convivente con la sig.ra -OMISSIS-, la quale è titolare della società -OMISSIS-, la quale, a sua volta, detiene il 70% delle quote della medesima ricorrente -OMISSIS- s.r.l.
In data 29 settembre 2017, quest’ultima riceveva informativa antimafia interdittiva basata sulla riconducibilità della -OMISSIS- s.r.l. al sig. -OMISSIS-, qualificato come “ vero dominus ” dell’impresa.
A sua volta, il giudizio di pericolosità del -OMISSIS- veniva basato sugli stessi elementi in base ai quali il Tribunale di Brescia, in composizione collegiale, aveva escluso il ricorrere dei presupposti per l’applicazione di una misura di prevenzione.
Tale informativa veniva resa dalla Prefettura di Brescia a seguito di una richiesta di informazioni proveniente da Confindustria Venezia, nell’ambito di un protocollo di legalità.
Queste le censure articolate avverso l’impugnata determinazione:
1) Carenza di potere. Violazione degli artt. 4, 25, 27, 35, 41, 111 della Costituzione. Violazione del combinato disposto degli artt. 6 e 18 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ratificata con legge 4 agosto 1955 n. 848. Violazione del combinato disposto degli artt. 67, 83, 84, 87, 88, 89-bis, 91 e 97 del D.Lgs. 6 settembre 2011 n. 159, dell’art. 14 delle preleggi e degli artt. 1 e 3 della legge 7 agosto 1990 n. 241. Violazione dei principi di proporzionalità, ragionevolezza e adeguatezza. Difetto di motivazione
La comunicazione interdittiva impugnata sarebbe illegittima, in quanto emessa al di fuori dei casi previsti dalla legge.
Nell’osservare come l’art. 83 del D.Lgs. 159/2011 stabilisca che i soggetti che possono chiedere la documentazione antimafia sono “ Le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici, anche costituiti in stazioni uniche appaltanti, gli enti e le aziende vigilati dallo Stato o da altro ente pubblico e le società o imprese comunque controllate dallo Stato o da altro ente pubblico nonché i concessionari di lavori o di servizi pubblici ”, osserva la ricorrente che, nel caso in esame, la richiesta non è stata formulata da uno degli enti indicati dall’art. 83, ma da Confindustria Venezia, soggetto privato non legittimato ai sensi della normativa applicata.
Inoltre, l’interdittiva antimafia emessa in un procedimento avviato per l’emissione di una comunicazione antimafia, non di un’informativa antimafia, non può essere resa per motivi diversi dall’emergere della “sussistenza di cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all'articolo 67”.
Sulla base delle previsioni dettate dal Codice antimafia, ad avviso della parte ricorrente, l’emissione di un’interdittiva, nell’ambito di un procedimento avviato su richiesta di una comunicazione antimafia, risulta legittima, esclusivamente, quando sia verificata la sussistenza di cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all'art. 67 del D.Lgs. 159/2011;e non, come nel caso di specie, laddove il Prefetto abbia avviato le verifiche nonostante la mancanza di cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all'articolo 67, basando l’interdittiva, non sul ricorrere di tali presupposti, ma su un giudizio di pericolo di infiltrazione mafiosa reso ai sensi dell’art. 84, comma 4, del D.Lgs. 159/2011.
E, comunque, l’interdittiva antimafia emessa all’esito di un procedimento avviato per l’emissione di una comunicazione antimafia non può essere comunicata a chiunque, ma solo “ai soggetti richiedenti di cui all'articolo 83, commi 1 e 2”.
La norma derogatoria dell’art. 89-bis del D.Lgs. 159/2011 limita espressamente la platea dei possibili destinatari dell’informativa interdittiva emessa al di fuori del procedimento previsto dalla legge, nell’ambito di un procedimento avviato su richiesta di una comunicazione antimafia, specificando che possa essere comunicata ai soggetti di cui all’art. 83, commi 1 e 2, cioè pubbliche amministrazioni, enti pubblici, gestori di pubblici servizi e contraenti generali.
Nel caso in esame, il soggetto richiedente (Confindustria Venezia), non ha tali caratteristiche, di talché l’interdittiva antimafia non avrebbe potuto essere comunicata a quest’ultima.
2) Violazione degli artt. 4, 25, 27, 35, 41, 111, 117 della Costituzione. Violazione del combinato disposto degli artt. 6 e 18 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ratificata con legge 4 agosto 1955 n. 848. Violazione del combinato disposto degli artt. 67, 83, 84, 85, 87, 88, 89bis, 91 e 97 del D.Lgs. 6 settembre 2011 n. 159, dell’art. 14 preleggi e degli artt. 1 e 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Violazione dei principi di proporzionalità, ragionevolezza e adeguatezza. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto, difetto di istruttoria e di motivazione.
I provvedimenti impugnati sarebbero illegittimi, in quanto fondati sull’asserita riconducibilità della società al sig.-OMISSIS-, in mancanza dei presupposti di legge, in difetto di istruttoria e con grave carenza di motivazione.
Nell’osservare come il provvedimento gravato sostenga che l’istruttoria condotta avrebbe permesso di formulare “ un giudizio di contiguità e vicinanza ad ambienti della criminalità organizzata ” della società -OMISSIS- s.r.l., “ nonché un evidente pericolo di condizionamento mafioso nelle proprie scelte di gestione e di infiltrazione mafiosa ”, la ricorrente evidenzia che l’intera compagine societaria e l’amministratore della società sono indenni da alcun rilievo ai fini in discorso.
Sottolinea, poi, che il Tribunale Penale di Brescia ha rigettato la richiesta di applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale nei confronti del sig. -OMISSIS-, in data 26 luglio 2016:
- non solo escludendo che lo stesso sia abitualmente dedito a traffici delittuosi (e, tanto meno, di carattere associativo o mafioso) e respingendo, anche, un giudizio di pericolosità dello stesso;
- ma, all’esito di un’analisi biennale dei redditi del -OMISSIS-, dei signori -OMISSIS- e delle società ad essi riconducibili, tra le quali la ricorrente, escludendo altresì una qualsiasi sproporzione tra le attività legittime dei soggetti indicati, i redditi generati e le operazioni poste in essere, nonché le relative disponibilità finanziarie e gli stili di vita.
Contesta parte ricorrente la presenza di elementi che facciano ritenere la riconducibilità della società al -OMISSIS- (e che questi abbia una “ evidente capacità di influenzare la società in considerazione delle relazioni personali e delle cointeressenze ” con i signori -OMISSIS-), atteso che:
- se la signora-OMISSIS- (socia della società -OMISSIS-, a sua volta socia della ricorrente), è convivente con il sig. -OMISSIS-, il quale, nel dicembre 2014, ha venduto le proprie quote della ricorrente alla società -OMISSIS-, cessando da ogni carica rivestita in entrambe le società;
- la cessazione da ogni carica nelle società e la vendita a terzi delle proprie quote, da tre anni, ha determinato la fuoriuscita del -OMISSIS- dalla compagine sociale e la sua impossibilità di incidere sull’amministrazione e sulle scelte gestionali della ricorrente.
Né la divisione delle attività imprenditoriali, successiva all’informativa antimafia riferita ad una società terza, (la cui legittimità, lo si ricorda, è ancora sub judice), dimostrerebbe la presenza di alcuna attuale cointeressenza.
In disparte la convivenza della figlia del legale rappresentante con il sig. -OMISSIS-, non vengono nel provvedimento gravato indicati elementi indiziari da cui desumere un’ipotesi di controllo o di condizionamento dell’impresa da parte di questi.
3) Violazione degli artt. 4, 25,27, 35, 41, 111 della Costituzione. Violazione del combinato disposto degli artt. 6 e 18 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ratificata con legge 4 agosto 1955 n. 848. Violazione del combinato disposto degli artt. 67, 83, 84, 85, 87, 88, 89bis, 91 e 97 D.Lgs. 6 settembre 2011 n. 159, dell’art. 14 preleggi e degli artt. 1 e 3 della legge 7 agosto 1990 n. 241. Violazione dei principi di logicità, proporzionalità, ragionevolezza e adeguatezza. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto, difetto di istruttoria e di motivazione
Nel ribadire come l’unico elemento menzionato dal provvedimento, in base al quale è stato espresso un giudizio di “ contiguità” della società, dei suoi soci e amministratori alla criminalità organizzata sia rappresentato, esclusivamente, dalla convivenza della signora -OMISSIS- con il sig. -OMISSIS-, sostiene parte ricorrente l’insufficienza del richiamo, operato nell’atto gravato, ai deferimenti nel corso del tempo resi nei confronti di quest’ultimo, rilevando come sia mancato un aggiornato e concreto giudizio in ordine all’attualità della pericolosità e/o alla contiguità a sodalizio criminoso (e soggiungendo che al predetto nominativo è stata concessa riabilitazione nel 2015, con rigetto della richiesta di applicazione di una misura di prevenzione nel 2016).
Esclude, poi, la rilevanza delle frequentazioni e dei contatti telefonici indicati nell’interdittiva.
Con motivi aggiunti depositati in data 25 gennaio 2018, parte ricorrente ha, altresì, impugnato:
- il provvedimento dell’Autorità Nazionale Anticorruzione prot. 851 del 3 gennaio 2018, ufficio SG