TAR Venezia, sez. II, sentenza 2009-06-26, n. 200901951

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. II, sentenza 2009-06-26, n. 200901951
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 200901951
Data del deposito : 26 giugno 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01930/2007 REG.RIC.

N. 01951/2009 REG.SEN.

N. 01930/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 1930 del 2007, proposto da:
PAOLA TRENTO, G FRACCARO, SANTE FRANCESCO DE COPPI, ANTONELLA GEREMIA, M ZINATI, SIMONETTA ANTONIAZZI, S MRCON, IMMOBILIARE MARCON S.A.S. DI MARCON S.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, A F, P M, G R, L B, A P, C B, S B, F P, C PLI, ANNA PICCOLI, ALBERTO BONFIGLIO, MARA MEDICI, ADRIANA POLI, VALERIA ROSSATO, EMILIO FORNASIERO, MARIANGELA BARLOTTINI, TIZIANA NORO, LUCIANO GRIGGIO, MARIA BORELLA, LUCA GOBBATO, GIGLIOLA PADOVANI, anche quale titolare dell'Hotel Touring di Jesolo, PAOLA MARCATO, LUIGI COLOMBO e MARIA GRAZIA PAGANI, rappresentati e difesi dagli avv.ti Piazza e Noro, con domicilio presso la segreteria del T.A.R. ai sensi dell'art. 35 del R.D. 26.6.1924 n. 1054;
nonchè da TURIDDU CESTER e da MAURIZIO MICHIELAN, attualmente rappresentati e difesi dagli avv.ti I. e C. Cacciavillani e G. Quarneti, con domicilio presso la segreteria del T.A.R., ai sensi dell'art. 35 del R.D. 26.6.1924 n. 1054;

contro

Comune di Jesolo - (Ve), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Enrico Gaz, con domicilio eletto presso Enrico Gaz in Venezia, Santa Croce, 269;

nei confronti di

Terramare Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Alberto Borella e Franco Stivanello Gussoni, con domicilio eletto presso Franco Stivanello Gussoni in Venezia, Dorsoduro, 3593;
Grandin Renata, Santin Paolo e Santin Maria Atonia, non costituiti in giudizio;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali – Roma, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distr.le Venezia, domiciliata per legge in Venezia, San Marco, 63;

per l'annullamento

I – quanto al ricorso principale:

a) della deliberazione 21.5.2007 n. 89 del consiglio comunale di Jesolo 21/5/2007 n. 89, concernente le controdeduzioni alle osservazioni e l’approvazione di un piano di recupero di iniziativa privata in zona B3, denominato “Terramare”;

b) della deliberazione della giunta municipale del Comune di Jesolo 23/1/2007, n. 32 di adozione del medesimo piano di recupero;

c) della deliberazione di consiglio comunale 17/11/2005 n. 138;

d) dell’art. 11 delle Norme Tecniche di Attuazione del P.R.G. del Comune di Jesolo;

II – nonché, quanto ai i motivi aggiunti, depositati il 2/12/2008, e proposti dai ricorrenti principali, con l'esclusione di Antonella Geremia, Silvano Marcon, Piercarlo Marchiori, Francesco Piccoli, Anna Piccoli, Gigliola Padovani, Paola Marcato, Luigi Colombo e Mariagrazia Pagani;
e) del permesso di costruire n. T/08/02773, pratica edilizia n. 07/00927, rilasciato dal Comune di Jesolo, Settore IV, Pianificazione, 11/9/2008, per i lavori di opere di urbanizzazione su piano di recupero denominato “Terramare”;
f) della deliberazione di Giunta Municipale del Comune di Jesolo n. 257, adottata il 9/9/2008, recante l’approvazione del progetto delle opere di urbanizzazione sul Piano di Recupero di Iniziativa Privata in zona B3 denominato “Terramare”;

III – nonché, quanto ai i motivi aggiunti, depositati il 30 gennaio 2009 dai ricorrenti principali con l'esclusione di e il 2 dicembre 2008 (questi ultimi limitatamente ai ricorrenti Cester e Michielan, che con tali motivi impugnano anche il provvedimento sub II e);
g) del permesso di costruire n. T/08/02842, pratica edilizia n. 07/00827, rilasciato dal Comune di Jesolo, Settore V, Edilizia Privata 30/10/2008, per i lavori di demolizione edifici esistenti, e nuova costruzione di edificio a torre, porzione ad uso turistico-ricettivo e porzione ad uso residenziale nell’ambito del piano di recupero di iniziativa privata definito "Ambito Hotel Terramare"

e per il risarcimento dal danno ingiusto.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Jesolo - (Ve);

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Terramare Srl;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11/06/2009 il dott. A G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso introduttivo e i due atti di motivi aggiunti in epigrafe indicati, i ricorrenti impugnano i provvedimenti coi quali il Comune di Jesolo ha approvato il Piano di Recupero “Terramare” di iniziativa privata e i conseguenti permessi di costruzione di alcuni edifici a torre siti nella fascia di 300 dalla battigia del litorale comunale.

2. Si rileva pregiudizialmente che i ricorrenti, in quanto proprietari di immobili contermini al Piano di Recupero, hanno legittimazione attiva tenuto in particolare conto dell’elevatissima altezza degli edifici predetti che fa ombra sui propri, estremamente più bassi, e delle relative conseguenze sul valore economico degli immobili.

Altresì si rileva pregiudizialmente come sia infondata l’eccezione di inammissibilità dell’intervento della Soprintendenza ai beni culturali, che ha indubbiamente un interesse in ordine alla realizzazione degli edifici e non agisce ampliando il thema decidendum.

Ancora in via pregiudiziale va rilevata l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità del gravame a causa della mancata impugnazione della variante cartografica di coordinamento delle tavole di PRG del 17/7/07. Infatti il vincolo ambientale di cui si controverte sussiste del tutto indipendentemente dalla sua indicazione nel PRG.

Infine, sempre in via pregiudiziale, l’eccezione di parziale inammissibilità del secondo atto di motivi aggiunti perché la mancanza di autorizzazione paesaggistica non era stata dedotta contro il Piano di Recupero col ricorso introduttivo è infondata in punto di fatto, essendovi invece tale censura.

3. Ha carattere logicamente preliminare ed assorbente il profilo di illegittimità proposto nell’ ambito della nona censura del ricorso introduttivo, col quale i ricorrenti lamentano che l’intervento in questione sia stato autorizzato nella fascia dei 300 metri di profondità della battigia senza il parere dell’autorità preposta alla tutela del patrimonio paesaggistico, ovvero della Soprintendenza ai beni ambientali competente.

Giova in proposito innanzitutto riportare il testo dell’a. 142 del D.Lgs. n. 42 /04, che disciplina la materia:

“142. Aree tutelate per legge.

1. Sono comunque di interesse paesaggistico e sono sottoposti alle disposizioni di questo Titolo:

a) i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare;

b) i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi;

c) i fiumi, i torrenti, i corsi d'acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna;

d) le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole;

e) i ghiacciai e i circhi glaciali;

f) i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonchè i territori di protezione esterna dei parchi;

g) i territori coperti da foreste e da boschi, ancorchè percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall'articolo 2, commi 2 e 6, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227;

h) le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici;

i) le zone umide incluse nell'elenco previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448;

l) i vulcani;

m) le zone di interesse archeologico.

2. La disposizione di cui al comma 1, lettere a), b), c), d), e), g), h), l), m), non si applica alle aree che alla data del 6 settembre 1985:

a) erano delimitate negli strumenti urbanistici, ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, come zone territoriali omogenee A e B;

b) erano delimitate negli strumenti urbanistici ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, come zone territoriali omogenee diverse dalle zone A e B, limitatamente alle parti di esse ricomprese in piani pluriennali di attuazione, a condizione che le relative previsioni siano state concretamente realizzate;

c) nei comuni sprovvisti di tali strumenti, ricadevano nei centri edificati perimetrati ai sensi dell'articolo 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865.

3. La disposizione del comma 1 non si applica, altresì, ai beni ivi indicati alla lettera c) che la regione abbia ritenuto in tutto o in parte irrilevanti ai fini paesaggistici includendoli in apposito elenco reso pubblico e comunicato al Ministero. Il Ministero, con provvedimento motivato, può confermare la rilevanza paesaggistica dei suddetti beni. Il provvedimento di conferma è sottoposto alle forme di pubblicità previste dall'articolo 140, comma 4.

4. Resta in ogni caso ferma la disciplina derivante dagli atti e dai provvedimenti indicati all'articolo 157. “

Secondo i ricorrenti e la Soprintendenza i progetti non possono essere approvati in assenza di autorizzazione ambientale insistendo in “territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia” (v. 1° c. lett. a), ove è imposto il vincolo ope legis dalla “legge Galasso” (poi trasfusa nel suddetto a. 142).

Secondo la parte resistente invece il vincolo ambientale non sussiste trovando applicazione la deroga di cui al 2° c., tenuto particolarmente conto dell’urbanizzazione dell’area de qua al termine di riferimento del 6/9/85 posto dalla legge Galasso.

Si osserva innanzitutto come sia principio pacifico e consolidato della giurisprudenza che le norme derogatorie sono insuscettibili di integrazione analogica o di interpretazione estensiva. Rilievo tanto più pregnante quando le norme derogate sono qualificate di “grande riforma economico-sociale”, come per la legge Galasso e in specie il menzionato a. 142, a giudizio della Corte Costituzionale (cfr. da ultimo sentenza n. 164 del 18/5/09 proprio in materia di fascia costiera di rispetto).

Perché sussista la deroga invocata deve quindi riscontrarsi all’ indicata data del 6/9/85, con stretta interpretazione, una delle tre ipotesi previste dalle lettere “a”, “b” e “c” del riportato 2° comma.

L’ipotesi di cui alla lettera “a” (aree “delimitate negli strumenti urbanistici, ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, come zone territoriali omogenee A e B”) non sovviene in quanto lo strumento urbanistico allora vigente qualificava l’area in questione “zona di ricomposizione spaziale” e non zona A o B ai sensi del cit. D.M.

Neppure ricorre l’ipotesi di cui alla lettera “b” (aree “delimitate negli strumenti urbanistici ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, come zone territoriali omogenee diverse dalle zone A e B, limitatamente alle parti di esse ricomprese in piani pluriennali di attuazione, a condizione che le relative previsioni siano state concretamente realizzate”), dato che, pur sussistendo un piano pluriennale di attuazione, le sue previsioni -che avrebbero dovuto riguardare il progetto de quo- non erano state concretamente realizzate.

Non trova infine neanche applicazione l’ipotesi “c” (aree che “nei comuni sprovvisti di tali strumenti, ricadevano nei centri edificati perimetrati ai sensi dell'articolo 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865”): tale area infatti era compresa nel centro edificato così perimetrato, ma il comune era dotato di strumento urbanistico.

Al fine di superare quanto sopra rilevato la parte resistente sostiene che la deroga debba estendersi a tutte le aree di fatto urbanizzate alla data di riferimento e trae conferma di tale tesi dalla successiva zonizzazione dell’area stessa come “B” e da una delibera del Consiglio Comunale che le avrebbe conferito tale zonizzazione sin dal 31/3/80.

Gia si è tuttavia osservato come non si possa integrare o interpretare estensivamente una deroga. Per poter dare rilievo ad un’urbanizzazione di fatto la legge avrebbe dovuto contemplare una quarta ipotesi derogatoria, diversa dalle sole tre previste, che desse rilievo all’urbanizzazione indipendentemente dalla presenza delle specifiche previsioni urbanistiche indicate (cfr., sull’irrilevanza dell’urbanizzazione di fatto, C.d.S., VI, n. 657/02).

Neppure si può fare riferimento alla zonizzazione urbanistica esistente ad una data successiva a quella di riferimento.

Parimenti, la richiamata delibera consiliare non è certo idonea, per forma e sostanza, a mutare le zonizzazioni comunali ma si limita a prevedere per l’esistenti zone di ricomposizione spaziale gli oneri di urbanizzazione nella misura stabilita per le zone “B”. Oggetto della delibera consiliare del 31/3/80 è invero espressamente la determinazione degli oneri di urbanizzazione e non la modifica dell’allora vigente PRG.

E’ ancora necessario aggiungere che sono irrilevanti tutte le argomentazioni, svolte anche nel pubblico dibattimento, per provare che la Soprintendenza in precedenza considerasse inesistente il vincolo su tale area. Quel che conta è l’esistenza del vincolo e non l’opinione eventualmente manifestata in passato dalla Soprintendenza.

Tanto meno rilevano i profili inerenti le convinzioni o le decisioni del Comune di Jesolo espresse a suo tempo: non sarebbero infatti idonee ad incidere su un vincolo posto dallo Stato.

La censura esaminata è in definitiva fondata.

4. Parimenti sono fondate le censure di illegittimità derivata contenute negli atti di motivi aggiunti.

Le domande di annullamento proposte con il ricorso introduttivo e gli atti di motivi aggiunti devono quindi essere accolte e i provvedimenti impugnati sono annullati.

La domanda di risarcimento dei danni subiti non può invece trovare accoglimento. Basti al riguardo sottolineare come i ricorrenti non forniscano alcuna prova di tali danni.

Le spese del giudizio possono essere in parte compensate e in parte seguono la soccombenza, come indicato nel dispositivo.

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