TAR Napoli, sez. III, sentenza 2017-06-07, n. 201703080
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Pubblicato il 07/06/2017
N. 03080/2017 REG.PROV.COLL.
N. 07343/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7343 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
M C, rappresentato e difeso dall'avvocato P F, con domicilio eletto presso lo studio Marco D'Arcangelo in Napoli, via Chiatamone N. 55;
contro
Comune di Terzigno, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato F A, con domicilio eletto presso lo studio Francesco M. Cervelli in Napoli, via M.Stanzione N.18;
Ente Parco Nazionale del Vesuvio, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura distrettuale dello Stato con cui domicilia in Napoli, via Diaz, 11;
per l'annullamento, quanto al ricorso introduttivo,
dell'ordinanza n. 73 del 06/10/2009 emessa dal Comune di Terzigno, con la quale si dispone la demolizione delle opere edili realizzate alla via Amati n. 183, nel Comune di Terzigno;
di ogni altro atto presupposto, connesso o conseguenziale, comunque lesivo dei diritti del ricorrente.
Quanto ai motivi aggiunti,
dell’ordinanza n. 123 del 29.12.206 emessa dall’Ente Parco Nazionale del Vesuvio.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Terzigno e di Ente Parco Nazionale del Vesuvio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'Udienza pubblica del giorno 14 febbraio 2017 il Consigliere A G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso in epigrafe, notificato il 2.12.2009 e depositato il successivo 23, il ricorrente, proprietario di un immobile sito in Terzigno alla via Amati, n. 183 individuato in catasto al foglio 22, mappale n. 349 ove svolge attività agricola e di ristorazione, impugna l’ordinanza n. 73 del 6 ottobre 2009 con la quale il competente responsabile del Comune di Terzigno gli ha ingiunto la demolitone di una struttura in legno lamellare con copertura in lamiere coibentate, occupante una superficie di circa 107 mq ed una volumetria di 490 mc., che all’atto del sopralluogo di cui alla relazione dell’ufficio tecnico comunale prot. 6076 del 23.3.2009 richiamata nel provvedimento unitamente alla comunicazione di notizia di reato del Corpo forestale dello Stato di Boscoreale n. 16 del 23.3.2009, si presentava “completamente pavimentata, allacciata alle reti tecnologiche ed in uso”.
Si precisa nel provvedimento che le opere descritte sono stata realizzate in assenza del permesso di costruire, identificate in catasto al mappale 349 del foglio 22, ricadenti all’esterno del centro abitato come delimitato con apposita delibera di Giunta municipale del 11.8.1969, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico – ambientale di cui al D.lgs. n. 42/2004 regolamentato dal Piano territoriale paesistico del Comuni vesuviani approvato con D.M. 4.7.2002 redatto ai sensi della L. n. 431/1985, nonché a vincolo archeologico di cui all’art. 82, comma 5 del D.P.R. 27.7.1977, n. 616 e inoltre ricadente nella perimetrazione definitiva del Parco Nazionale del Vesuvio ai sensi del D.P.R. 5.6.1995.
1.2. Si costituiva in giudizio il Comune di Terzigno con memoria e documenti prodotti il 15.1.2010
1.3. Con motivi aggiunti depositati il 16.1.2010 il ricorrente gravava anche l’ordinanza di demolizione n. 123 del 29.12.2009, preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento del 17.7.2009, prot. 4534, medio tempore emessa anche dall’Ente parco Nazionale del Vesuvio per l’omessa richiesta del nulla osta preventivo dell’Ente Parco e l’avvenuta incisione dei valori naturalistici da esso tutelati
Il Comune d Terzigno produceva il 22.4.2010 note di replica in resistenza i citati motivi aggiunti, avverso i quali si costituiva il 14.5.2010 anche l’Ente parco del Vesuvio a mezzo della difesa erariale con memoria formale con la quale l’avvocatura di Stato si riportava a titolo difensivo al rapporto informativo sulla vicenda redatto dal Direttore dell’ente il 12.3. 2010 prot. 1256.
In data 11.10.2016 il ricorrente depositava dichiarazione di permanenza dell’interesse alla definizione del ricorso con istanza di fissazione dell’Udienza.
Il 4.1.2017 il ricorrente produceva una perizia giurata con relativi allegati onde supportare l’asserita anteriorità del manufatto sanzionato con la grava ordinanza, alla data di entrata in vigore della c.d. Legge Ponte, ossia la n. 765 del 1967 che ha esteso a tutto il territorio comunale l’obbligo di premunirsi del permesso di costruire, limitato al solo perimetro del centro urbano dall’art.31 della legge urbanistica n. 1550 del 1942.
In vista della trattazione del merito le parti hanno depositato memorie e repliche.
Alla Pubblica Udienza del 14 febbraio 2017 sulle loro conclusioni la causa è stata ritenuta in decisione.
2.1. Ritiene il Collegio opportuno affrontare per primo il quarto motivo, dedicato alla censura cruciale di violazione dell’art. 31, L. n. 1550/1942 nonché di eccesso di potere per difetto dei presupposti e sviamento, sostenendosi, come accennato, che la struttura in legno lamellare e con copertura in lamiere coibentate, della superficie di circa 107 mq., preesisteva all’entrata in vigore della L. n. 765/1967 che modificando il testo dell’art. 31 della L. n.1550 del 1942, ha esteso la necessità d acquisire, per realizzare interventi di nuova costruzione o comunque di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, il permesso di costruire, prima richiesto solo allorché detti interventi venissero realizzati nel centro abitato;e posto che per chiara amissione contenuta nella stessa ordinanza impugnata, le opere abusivamente costruite dal ricorrente senza il previo permesso di costruire, ricadono al di fuori del centro abitato come delimitato dalla delibera di Giunta comunale n. 228/1969, ne consegue l’illegittimità della sanzione demolitoria irrogata.
Prova della delineata risalenza del manuffato sarebbe fornita dalla documentazione allegata, la quale nella narrativa in fatto del ricorso viene precisata nell’atto notarile di divisione trascritto in data 24.10.1976 (in realtà già si fornisce un dato errato, atteso che l’invocato rogito è stato redatto il 26 settembre 1978 e trascritto il 24 ottobre successivo) nel quale l’immobile del ricorrente è descritto come fabbricato rurale della consistenza di due vani terranei con cantina ed accessori e due stanze al primo piano.
Nella memoria per il merito il deducente adduce come ulteriore prova della sostenuta antica datazione del manufatto, la perizia tecnica giurata sopra citata.
2.2. Ad avviso del Collegio gli elementi di prova forniti non sono convincenti e non riescono a provare l’allegata anteriorità della struttura in legno lamellare coperta con lamiere coibentate, della superficie di circa 107 mq. oggetto dell’ordinanza di demolizione impugnata.
E ciò per le seguenti conducenti ragioni.
2.3. Esaminando attentamente il rogito di divisione per notaio V G del 26.9.1978 (Doc. 5 del ricorso con data errata), allegato altresì alla perizia giurata citata, nella narrativa di cui alla lettera “A” relativa alla “zona di terreno della superficie di are settantanove con l’intero fabbricato rurale in essa della consistenza di due vani terranei con cantina ed accessori” che viene attribuito per divisione al sig. C M ricorrente, si legge che “detta zona (…) è riportata nel catasto rustico di Terzigno alla partita 10747 foglio 22 particella 88 are 40,32” (particella estranea all’oggetto del provvedimento in disamina, n.d.r.), nonché nella “partita 11373 foglio 22 particella 349 are 77,28”, particella quest’ultima, ove insiste la struttura il legno lamellare e copertura in lamiere coibentate, di 107 mq sanzionata con l’ordinanza di demolizione, la quale infatti indica la struttura stessa come insistente sulla particella 349 del foglio 22.
Ebbene, in primo luogo, osserva il Collegio, la stessa descrizione, contenuta sia nella narrativa “A” della zona di terreno attribuita al ricorrente, sia nella nota di trascrizione, come comprensiva del descritto “fabbricato rurale in essa della consistenza di due vani terranei con cantina ed accessori”, non consente di acclarare l’esistenza in tale cespite anche della tettoia rudimentale ed ammalorata, che nella tesi del ricorrente – espressa sia in fatto che nel terzo motivo di ricorso – sarebbe stata poi oggetto di un mero intervento di manutenzione ordinaria, come tale non soggetto a permesso di costruire ma al più a mera D.I.A., effettuato mediante comunicazione di inizio lavori n. 1193 del 26.2.2007 (doc. 6 ricorrente), considerato che nel rogito non si precisa la natura dei cennati “accessori” che unitamente a due vani terranei e a una cantina, componevano il pian terreno dell’immobile, non specificandosi tali accessori cosa fossero.
Di talché appare arbitrario e non convincente identificare tali accessori nella preesistente rudimentale tettoia, come si afferma nella perizia, ove si asserisce anche che la stessa costituiva riparo per i clienti della trattoria e i viandanti che vi trovavano rinfranco.
In disparte ogni ulteriore considerazione sulla liceità di trasformazione, con una DIA, di una tettoia, avente la mera funzione di riparo, in una struttura della superficie di mq. 107 interamente tompagnata e “completamente pavimentata, allacciata alle reti tecnologiche ed in uso” (vedi infra paragrafo 4.2).
2.4. In secondo luogo, anche a voler ammettere, pur in assenza di elementi probanti che permettano di ricondurre l’accessorio in parola ad una rudimentale tettoia, che detto accessorio coincida con la persistente tettoia, non risulta ancora provata la datazione della stessa ad epoca anteriore al 1.9.1967 (data di entrata in vigore dell’art. 10 della L. 6.8.1967, n. 765 che ha sostituito l’art. 31 della L. 17.8.1942, n. 1550) che non può eo ipso infierirsi dalla semplice ancorché imprecisa sua menzione in un atto di divisione redatto il 26 settembre 1978, potendo, invero tale manufatto essere stato realizzato nei mesi o anni immediatamente precedenti la redazione della divisione avvenuta il 26 settembre 1978.
2.5.1. Cosicché occorre rifarsi alle provenienze del cespite.
Al riguardo, evidenzia il Collegio che l’atto notarile di divisione in analisi specifica con esattezza solo la provenienza della particella 88, estranea come rilevato all’oggetto dell’ordinanza per cui è causa, precisando che “il predetto immobile è pervenuto per quanto riguarda la particella 88 per successione del defunto signor C P deceduto in Terzigno il 17 giugno 1964 come da denunzia di successione registrata ad Ottaviano il 12/10/1966”.
Nulla attesta il rogito de quo relativamente alla particella 349 del foglio 22 ove insiste il manufatto di 107 mq. Raggiunto dall’impugnata ordinanza di demolizione.
2.5.2. Ma il Collegio ritiene di dover spingersi oltre – stante la delicatezza della questione e l’obiettiva incisione degli interessi afferenti ad un’attività di somministrazione di alimenti tuttora in corso nella contestata struttura – nell’ermeneusi delle fonti di prova allegate del ricorrente.
Ebbene, la descrizione delle provenienze leggibile nell’atto notarile del 1978 all’esame, prosegue affermando testualmente “E per quanto riguarda le particelle 359 e 151 con atto di donazione e divisione per Notaio G O del 15 febbraio 1968”.
Ora, considerato che nella pagina precedente, contenente la descrittiva della zona, si fa menzione solo delle particelle 88, 349 e 151 del foglio 22, potrebbe ritenersi che il riferimento alla particella n. 359 come oggetto del citato rogito di donazione e divisione del 15 febbraio 1968, sia in realtà il frutto di un errore materiale sub specie di un refuso di dattiloscrittura del rogito del 26.9.1978 in disamina, nel quale il notaio, in realtà, intendeva riferirsi alla provenienza anche della particela 349, per errore indicata con il n. 359.
E tuttavia anche a voler opinare nel riferito senso e ritenere che la particella 349 ove insiste l’abuso provenga dall’atto da ultimo citato del 15 febbraio 1968, non possono che ripetersi e valere le considerazioni in punto di non raggiunta prova della datazione del manufatto ad epoca precedente il 1 settembre 1967 di entrata in vigore dell’art. 1 della Legge Ponte;potendo, infatti, tale manufatto essere stato realizzato nei giorni o mesi immediatamente precedenti la redazione della divisione avvenuta 15 febbraio 1968.
Da quanto finora argomentato dai dati documentali forniti dal ricorrente, discende l’infondatezza del quarto motivo che va pertanto respinto.
3.1 Censura contermine al quarto motivo è quella svolta con il quinto, con il quale, come corollario dell’infondato assunto in odine alla risalenza del manufatto ad epoca antecedente il 1.9.1967, il ricorrente sostiene l’illegittimità della sanzione demolitoria irrogata, siccome introdotta dalla legge n. 47 del 1985, inapplicabile nei casi in cui, come quello di specie, l’abuso sia stato compiuto anteriormente.
L’infondatezza della doglianza discende dalla non raggiunta prova della premessa fattuale da cui muove, cioè la realizzazione della struttura contestata in epoca precedente l’entrata i vigore della L. 28 febbraio 1985, n. 47, questione appena sviscerata nei numeri che precedono, ai quali non può che inviarsi.
4.1. Con il terzo motivo il ricorrente si duole che l’intervento realizzato senza permesso di costruire rientri nell’attività edilizia libera, essendo consistito in mera manutenzione della preesistente tettoia, ragion per cui non è inquadrabile nei casi per i quali l’art. 10 del D.P.R. n. 380/2001 richiede l’acquisizione del previo permesso di costruire.
4.2. La censura è infondata in considerazione delle caratteristiche strutturali del manufatto contestato, le quali oltre a quanto già leggibile nell’ordinanza di demolizione impugnata, si ricavano dalla relazione tecnica dell’U.T.C. del 23.3.2009, prot. 6076 in essa richiamata e prodotta dalla difesa comunale in allegato alla costituzione e memoria di replica (doc. 5 produzione del 15.1.2010).
O, in tale atto istruttorio prodromico all’adozione del provvedimento, si legge che “in adiacenza all’immobile esistente di proprietà del sig. C M, con accesso da via Amati n. 183 è stata realizzata una struttura in legno lamellare, con copertura in lamiere coibentate, adagiata su orditura lignea” e che inoltre, “perimetralmente il manufatto è delimitato da un muretto in laterizio dell’altezza di circa 1,00 mt, sormontato da finestre in alluminio e vetro. Tale struttura occupa una superfice di circa 107 mq per un totale di circa 490,00 mc, ed è adibita a sala di ristorazione. Allo stato si presenta completamente pavimentata, allacciata alle reti tecnologiche ed in uso”.
Traspare evidente la natura di nuova costruzione del descritto manufatto, che si presenta delimitato nel perimetro da un muretto in laterizio alto un metro, sormontato da finestre in vetro e alluminio, pavimentata, allacciata alle reti tecnologiche ed adibita a sala ristorazione.
Basti solo rammentare che la nozione di nuova costruzione va affermata per pacifica e radicata giurisprudenza, in presenza di opere che attuino trasformazione del tessuto urbanistico ed edilizio “ anche se esse non consistano in opere murarie, essendo realizzate in metallo, in laminati in plastica, in legno od altro materiale, in presenza di trasformazioni preordinate a soddisfare esigenze non precarie del costruttore” (Consiglio di Stato, Sez., IV, 6.6.2008, n. 2705).
Il Giudice d’appello ha ribadito tale principio affermando che “necessita di concessione edilizia la costruzione di una tettoia in quanto essa (anche se costituisce pertinenza dell'immobile), incide sulla costruzione preesistente. La nozione di costruzione, ai fini del rilascio della concessione edilizia, si configura in presenza di opere che attuino una trasformazione urbanistico-edilizia del territorio, con perdurante modifica dello stato dei luoghi, a prescindere dal fatto che essa avvenga mediante realizzazione di opere murarie ”(Cons. di Stato, Sez. VI, 5 agosto 2013 n. 4086)
La riferita opzione è stata più di recente enunciata anche dal Tribunale, secondo cui “Ai fini del rilascio del permesso di costruire, costituisce nuova costruzione l'opera che attui una trasformazione urbanistico-edilizia del territorio, preordinata a soddisfare esigenze non precarie sotto il profilo funzionale, con perdurante modifica dello stato dei luoghi, a prescindere dal fatto che essa sia realizzata con opere murarie, in metallo, in laminati di plastica, in legno o qualsiasi altro materiale” (T.A.R. Campania - Napoli, Sez. II , 3 maggio 2016, n. 2205).
5.1. Con il sesto motivo il deducente lamenta che i vincoli di inedificabilità menzionati nell’ordinanza impugnata sarebbero stati citati “senza indicazione della loro portata inibitoria e del loro carattere precettivo” non comprendendosi quindi “i motivi per cui il Comune sembrerebbe ritenere le opere in contrasto con tali vincoli” e “nel provvedimento sembrerebbe comunque adombrarsi una contestazione sulla carenza i autorizzazioni paesaggistiche per l’esecuzione delle opere” (ricorso, pag. 23).
5.2. La sintetizzata censura è inconferente ed infondata in fatto e va conseguentemente respinta, considerato che non è esatto che con l’ordinanza di demolizione avversata il Comune di Terzigno contesti la carenza di autorizzazioni paesaggistiche ovvero nulla osta vari relativi agi altri vincoli (quali il vincolo archeologico ex art. 82, co.5, D.P.R. n. 616/1977 o quello naturalistico scaturente dalla normativa di cui al D.P.R.