TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2016-03-08, n. 201603021
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N. 03021/2016 REG.PROV.COLL.
N. 08683/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8683 del 2015, proposto da:
M T M, rappresentata e difesa dall'avv. C V, con domicilio eletto presso Tar Lazio Segreteria Tar Lazio in Roma, Via Flaminia, 189;
contro
Ministero della Giustizia;
per l'esecuzione del giudicato relativo al decreto n. 7162/11 dell'8.11.2011 della Corte di Appello di Roma, sezione equa riparazione
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 febbraio 2016 il dott. Salvatore Mezzacapo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il decreto indicato in epigrafe la Corte di Appello di Roma, sezione equa riparazione ha condannato il Ministero della giustizia al pagamento di complessivi euro 950,00 quali spese processuali da distrarsi in favore dell’avvocato M T M, odierna ricorrente, quale difensore antistatario nel corso del giudizio proposto dal proprio rappresentato per il riconoscimento dell’equa riparazione per violazione del termine ragionevole di durata del processo.
Nonostante il carattere definitivo della pronunzia e l’avvenuta notifica della stessa in formula esecutiva, l’Amministrazione non ha provveduto all’adempimento del comando promanante dal titolo giudiziario, per cui parte ricorrente ha domandato che, in accoglimento del presente mezzo di tutela, proposto ai sensi dell’art. 112 c.p.a., l’adito giudice amministrativo:
- dichiari, in esecuzione della statuizione di cui sopra, l’obbligo del Ministero della giustizia di provvedere al pagamento in favore della parte ricorrente delle somme dovute in forza del citato decreto;
- disponga che a tanto provveda, pel caso di perdurante inadempimento, un commissario ad acta;
- condanni, per effetto di espressa richiesta ex art. 114, comma 4 lett. e), del c.p.a., il Ministero della Giustizia al pagamento - in conseguenza della perdurante violazione ed inosservanza del debito da tempo scaduto - di una somma quale sanzione per il ritardo;
- condanni l’Amministrazione intimata al pagamento delle spese processuali da distrarsi a favore del difensore antistatario.
Il Ministero della Giustizia non si è costituito in giudizio.
Il ricorso è stato trattenuto per la decisione alla camera di consiglio del 17 febbraio 2016.
Constatata la ritualità del gravame e la fondatezza della pretesa con esso fatta valere in giudizio dalla parte ricorrente – atteso che, sulla base delle depositate evidenze documentali, e in ragione del comportamento processuale serbato dall’Amministrazione della giustizia, la statuizione indicata in epigrafe non risulta, allo stato, aver ricevuto esecuzione – non può esimersi l’adito giudice amministrativo dal disporre l’accoglimento del mezzo di tutela all’esame nei limiti che seguono.
In relazione alla domanda principale, la Sezione ritiene quindi che vada ordinato al Ministero della giustizia, nella persona del Ministro p.t., di provvedere a dare esecuzione al provvedimento giudiziale di cui in epigrafe, versando alla parte ricorrente le somme spettanti alla stessa e di cui al citato decreto della Corte di Appello di Roma.
Il Collegio comunque nomina, fin da ora, un commissario ad acta, che provvederà – una volta decorso il termine assegnato all’amministrazione di giorni 30 (trenta) dalla notificazione, o, se anteriore, dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza – al pagamento, entro ulteriori 30 giorni, delle somme indicate in narrativa.
Il predetto organo commissariale viene nominato, ai sensi dell’art. 1, comma 777, punto 8, della legge n. 208/2015, nella persona del responsabile p.t. dell’Ufficio I della Direzione generale degli affari giuridici e legali del Dipartimento per gli affari di giustizia del Ministero della Giustizia, o un suo delegato.
In ragione del fatto che le funzioni di commissario ad acta sono assegnate a un dipendente pubblico già inserito nella struttura competente per i pagamenti della c.d. legge Pinto, l’onere per le prestazioni svolte rimarrà interamente a carico del Ministero della Giustizia.
Quanto alla richiesta di condanna dell’Amministrazione al pagamento delle cd. penalità di mora, la pretesa non è fondata atteso che l’obbligazione consistente nel pagamento di somme di danaro da parte della pubblica amministrazione per spese processuali liquidate nel decreto della Corte d’Appello di Roma a favore dell’avvocato dichiaratosi antistatario trova titolo nel solo provvedimento del giudice ordinario ed è qualificata come competenza di natura professionale per attività processuali poste in essere dal difensore della parte istante nel giudizio di equa ripartizione.
Ciò comporta che detta obbligazione, di cui si chiede l’adempimento, solo occasionalmente è legata al riconoscimento dell’equa riparazione, potendosi la stessa formare per l’accoglimento di qualsiasi altra azione giudiziaria.
La medesima, pertanto, è assistita da tutta una serie di garanzie poste a tutela del credito vantato del difensore della parte vincitrice nei confronti di quella soccombente, nonché dalla possibilità di rivalersi nei confronti del proprio rappresentato.
Ciò induce a ritenere per ragioni di equità sostanziale - sul tema è particolarmente significativo il dato letterale della prima parte della lett. e) del comma 4 dell’art. 114 del c.p.a. “salvo che ciò sia manifestamente iniquo” – la non applicazione della sanzione da ritardo nell’adempimento, quale
astreinte, in virtù della richiesta formulata dalla parte istante ex art. 114, comma 4 lett. e), del c.p.a., a tale tipo di obbligazione posta a carico dell’Amministrazione intimata dal provvedimento del giudice ordinario di cui si chiede l’esecuzione.
Le spese di giudizio, liquidate come da dispositivo tenuto conto della semplicità della controversia, seguono la soccombenza.