TAR Trieste, sez. I, sentenza 2018-05-17, n. 201800162
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Pubblicato il 17/05/2018
N. 00162/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00116/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 116 del 2017, proposto da
W J, titolare dell’omonima impresa individuale, rappresentato e difeso dall'avvocato C B, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. prof. G M in Trieste, via di Mercato Vecchio 3;
contro
Comune di Pordenone, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati F B e F M dell’Avvocatura comunale, domiciliato, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 25, comma 1-ter, c.p.a., presso gli indirizzi di posta elettronica certificata indicati dai difensori nell’epigrafe dell’atto costitutivo;
nei confronti
Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca - Scuola Primaria
"A. Gabelli"
, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Trieste, presso la cui sede è, del pari, per legge domiciliato in Trieste, piazza Dalmazia, 3;
per l'annullamento, previa sospensione cautelare
- del provvedimento Rep. n. 85439/86195/2010 (PR. 772/791/2010), notificato a mezzo posta elettronica certificata il 7 marzo 2017, del Comune di Pordenone - Settore IV Gestione Territorio, Infrastrutture - Ambiente - Servizio Pianificazione del Territorio, SUAP, U.O.C. Politiche Economiche e Gestione Associata SUAP, con il quale si ordina la “ disinstallazione immediata degli apparecchi per il gioco d’azzardo lecito presenti nel pubblico esercizio sito in via S. Caterina n. 1 all’insegna <Caffè Commercio>” ;
- di ogni altro atto e provvedimento ad esso presupposto e conseguente, ancorché incognito;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Pordenone e del Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 aprile 2018 la dott.ssa Manuela Sinigoi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1) Il signor W J, titolare del pubblico esercizio all’insegna “Caffè Commercio” sito in Pordenone, via Santa Caterina n. 1, ha chiesto l’annullamento, previa sospensione cautelare, del provvedimento in epigrafe compiutamente indicato, con cui il Comune di Pordenone gli ha ordinato la “disinstallazione immediata degli apparecchi per il gioco d’azzardo lecito presenti nel pubblico esercizio…”, attesa la riscontrata nuova installazione degli apparecchi medesimi ad una distanza inferiore a quella minima stabilita dall’art. 6, comma 1, della l.r. 14 febbraio 2014, n. 1 e dalla d.G.R. n. 2332 del 5 dicembre 2014. Un tanto in considerazione della vicinanza della scuola primaria “A. Gabelli”, luogo considerato sensibile dalla normativa regionale citata.
2) A sostegno della domanda azionata ha dedotto i seguenti motivi di diritto:
1. “Violazione degli artt. 7 e ss. l. n. 241/1990. Eccesso di potere per carenza di istruttoria”, con cui lamenta il mancato invio da parte dell’Amministrazione della comunicazione di avvio del procedimento, che, laddove ricevuta gli avrebbe potuto consentire di apportare il proprio utile contributo partecipativo, rappresentando, in particolare, l’avvenuta stipula del contratto con il nuovo concessionario in data anteriore all’entrata in vigore della norma di cui è stata fatta applicazione nel caso specifico, introdotta dall'art. 5, comma 19, lettera b), L.R. 29 dicembre 2015, n. 33.
2. “Violazione dell’art. 6, comma 2-ter l.r. Friuli Venezia Giulia n. 1/2014. Eccesso di potere per difetto o erronea valutazione dei presupposti”, con cui lamenta che non può, in ogni caso, trovare applicazione nel caso specifico l’art. 6, comma 2-ter l.r. Friuli Venezia Giulia n. 1/2014, così come introdotto con L.R. n. 33/2015, che equipara alla “nuova installazione” la “ stipulazione di un nuovo contratto, anche con un differente concessionario, nel caso di rescissione o di risoluzione del contratto in essere” , atteso che la stipula del nuovo contratto con la società NTS Network S.p.A., asseritamente avvenuta in data 28 dicembre 2015, sarebbe anteriore all’entrata in vigore della novella legislativa.
Non ricorrono, inoltre, i presupposti previsti dalla norma, dato che non si sarebbe verificata alcuna rescissione o risoluzione del precedente contratto stipulato con la Cirsa Italia s.p.a., ma una semplice novazione soggettiva del concessionario (da Cirsa Italia s.p.a. a NTS Network s.p.a.).
3. “ Violazione dell’art. 6, commi 1 e ss. l.r. Friuli Venezia Giulia n. 1/2014. Violazione della delibera G.R. n. 2332/2014 (allegato “A”). Eccesso di potere per difetto o erronea valutazione dei presupposti”, con cui lamenta che le nuove previsioni contenute nella “novella” non possono ritenersi allo stato cogenti e/o immediatamente precettive, non essendo le stesse state recepite da un’espressa modifica alla deliberazione di Giunta Regionale, così come prescritto dall’ art. 6, comma 1, della legge regionale e secondo lo schema procedimentale delineato dal comma 2 della medesima disposizione. L’art. 2, lett. c), dell’allegato A alla D.G.R. n. 2332/2014 (“Determinazione della distanza dai luoghi sensibili per la nuova collocazione di apparecchi per il gioco di azzardo lecito, in attuazione dell’art. 6, comma 1, della L.R. 1 febbraio 2014, n. 1”) non contempla, infatti, le ipotesi che il (nuovo) comma 2-ter dell’art. 6 della legge equipara alla “nuova installazione” , ma, allo stato, definisce la nuova collocazione di apparecchi per il gioco lecito ancora nei seguenti termini: “la prima installazione di apparecchi oppure l’installazione di apparecchi ulteriori rispetto a quelli detenuti lecitamente”. E solo a tale previsione che parte ricorrente asserisce di aver fatto, quindi, affidamento, allorché, in data 28 dicembre 2015, ha stipulato il nuovo contratto.
4. “Violazione degli artt. 6 e 9 l.r. Friuli Venezia Giulia n. 1/2014. Violazione della delibera G.R. n. 2332/2014 (allegato “A”). Eccesso di potere per difetto o erronea valutazione dei presupposti”, con cui lamenta che il potere in concreto esercitato dal Comune di Pordenone – sfociato nell’ordine di “disinstallazione immediata degli apparecchi per il gioco d’azzardo lecito presenti nel pubblico esercizio sito in via S. Caterina n. 1 all’insegna <Caffè Commercio>” – non trova copertura in nessuna disposizione primaria (regionale o statale). A suo avviso, a tale lacuna non potrebbe sopperirsi né in via analogica o interpretativa, né tantomeno facendo leva su presunti poteri amministrativi impliciti a tutela del bene della salute di cui all’art. 32 Cost.
Né la copertura legislativa potrebbe essere rinvenuta negli artt. 17 e ss. T.U.L.P.S. anche perché, se così fosse, tali disposizioni risulterebbero palesemente violate, dato che l’Autorità di P.S. non può inibire sine die l’attività svolta dal privato.
Per le stesse ragioni, risulterebbe parimenti violato l’art. 21-quater L. n. 241/1990, il quale, com’è noto, stabilisce che, in ipotesi di sospensione dell’efficacia di un provvedimento (nel nostro caso, si tratterebbe del titolo abilitativo di cui all’art. 86, comma 3 T.U.L.P.S.), il termine della sospensione debba essere esplicitamente indicato nell’atto che la dispone (cosa che non è occorsa nella fattispecie).
5. “Violazione dell’art. 6 l.r. Friuli Venezia Giulia n. 1/2014. Violazione della delibera G.R. n. 2332/2014 (allegato “A”). Eccesso di potere per difetto di istruttoria. Eccesso di potere per carenza o erronea valutazione dei presupposti, illogicità manifesta e travisamento”, con cui lamenta che il provvedimento gravato, oltre a non dare minimamente conto delle misurazioni effettuate, non reca nemmeno traccia alcuna di quale sarebbe stato il criterio di calcolo utilizzato nell’individuazione della distanza tra l’esercizio di somministrazione gestito dal ricorrente e la scuola primaria “A. Gabelli”, nonché se detto criterio rispetti o meno quanto prescritto dal Codice della Strada.
6. “Istanza di disapplicazione delle modifiche contenute nella l.r. Friuli Venezia Giulia n. 33/2015 per contrasto con la direttiva 98/34/CE, così come integrata e sostituita dalla direttiva 98/48/CE e 1535/2015/UE” , con cui ha avanzato, per l’appunto, istanza di disapplicazione delle (nuove) norme regionali, nella parte in cui hanno esteso la nozione di “nuova installazione”, integrando le disposizioni della l.r. n. 1/2014.
Ritiene, invero, che sia stata integrata una “regola tecnica” sotto forma di “altro requisito” , poiché consente un utilizzo puramente marginale degli apparecchi da gioco lecito di cui all’art. 110, comma 6 T.U.L.P.S. rispetto ai vari utilizzi ragionevolmente ipotizzabili degli stessi ovvero comunque influenza in misura significativa la loro commercializzazione (cfr., per tutte, CGUE, 21 aprile 2005, C-267/2003, Lindberg).
La “novella” introdotta nell’anno 2015 avrebbe, pertanto, dovuto essere preventivamente notificata alla Commissione europea prima della sua emanazione (ai sensi dell’art. 6 della citata Direttiva), ma così non è stato, con conseguente obbligo di procedere alla sua disapplicazione ed al contestuale annullamento del provvedimento fondato sulla medesima.
3) Il Comune di Pordenone, costituito, ha contestato con diffuse controdeduzioni la fondatezza delle doglianze ex adverso svolte, evidenziando preliminarmente di aver ordinato la disinstallazione degli 8 apparecchi per il gioco lecito presenti nell’esercizio di cui è titolare il ricorrente a seguito dell’avvenuto accertamento, in data 22/02/2017, tramite l’Amministrazione Autonoma Monopoli dello Stato (AAMS), dell’avvenuta nuova installazione dei medesimi in violazione del disposto dell’art. 6 della l.r. n. 1/2014, che vieta l’installazione di apparecchi per il gioco lecito ad una determinata distanza da alcuni luoghi considerati <sensibili>.
3.1) Ai fini che vengono qui specificamente in rilievo, l’AAMS ha accertato, infatti, che per tutti e 8 gli apparecchi la data di avvenuta (nuova) installazione è successiva all’entrata in vigore della l.r. n. 33/2015.
3.2) Risulta, inoltre, che la distanza in sé del Caffè Commercio dalla Scuola primaria Gabelli – inferiore ai 200 mt ovvero di gran lunga inferiore al limite di 500 mt previsto dalla legge regionale - non è stata contestata da controparte.
3.3) Ha concluso, pertanto, per la doverosità dell’adozione del provvedimento impugnato e invocato la reiezione del ricorso e della preliminare istanza incidentale di sospensione del provvedimento medesimo.
4) Il Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca - Istituto Comprensivo di Pordenone Centro – Scuola Primaria “A. Gabelli” si è costituito in giudizio col patrocinio dell’Avvocatura distrettuale dello Stato di Trieste per chiedere la propria estromissione dal giudizio, in considerazione della propria estraneità al provvedimento impugnato, riconducibile in via esclusiva al Comune di Pordenone.
5) Il Tribunale ha negato al ricorrente le misure cautelare invocate, sulla scorta di una prognosi d’infondatezza del ricorso (ord. caut. n. 75 del 10 maggio 2017).
6) E’ stata, quindi, fissata l’udienza pubblica dell’11 aprile 2018 per la trattazione del merito, in vista della quale il ricorrente ha ribadito, con memoria, gli assunti difensivi già sviluppati nel ricorso introduttivo, soffermandosi, in particolare, a svolgere ulteriori considerazioni in ordine al quinto, quarto e secondo motivo di ricorso, nonché a insistere nell’invocata disapplicazione delle modifiche contenute nella l.r. Friuli Venezia Giulia n. 33/2015 per contrasto con la direttiva 98/34/CE, così come integrata e sostituita dalla direttiva 98/48/CE e 1535/2015/UE.
6.1) Il Comune ha replicato brevemente, eccependo, tra l’altro, anche l’inammissibilità delle nuove censure, che, a suo avviso, il ricorrente avrebbe tardivamente e irritualmente introdotto con la memoria da ultimo dimessa nell’ambito del secondo, del quinto e del sesto motivo. Ha ribadito che il ricorrente medesimo non ha, comunque, contestato di trovarsi ad una distanza inferiore ai 500 metri dall’ingresso della scuola.
7) L’affare è stato, quindi, chiamato all’udienza su indicata e, poi, introitato per la decisione.
8) In accoglimento del rilievo formulato dalla difesa erariale, va, innanzitutto, disposta l’estromissione dal giudizio del Ministero, in quanto – in effetti – del tutto estraneo al provvedimento impugnato.
9) Nel merito, il ricorso non è fondato.
10) Giova, invero, premettere che le disposizioni della l.r. 14 febbraio 2014, n. 1 (“Disposizioni per la prevenzione, il trattamento e il contrasto della dipendenza da gioco d'azzardo, nonché delle problematiche e patologie correlate”) che vengono in rilievo nel caso di specie ovvero i commi 1 (nella parte in cui stabilisce che “ non è consentita … la nuova installazione di apparecchi per il gioco lecito a una distanza, determinata con deliberazione della Giunta regionale, entro il limite di cinquecento metri, misurati lungo la via pedonale più breve, da istituti scolastici di ogni ordine e grado, luoghi di culto, impianti sportivi, strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o sociosanitario, strutture ricettive per categorie protette, luoghi di aggregazione giovanile o altri luoghi di aggregazione” ), 2-bis (“Ai fini della presente legge per nuova installazione si intende il collegamento degli apparecchi di cui al comma 1 alle reti telematiche dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli in data successiva alla data di pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione della deliberazione della Giunta regionale di cui al comma 1, relativa alla determinazione della distanza da luoghi sensibili”) e 2-ter (“Sono equiparati alla nuova installazione: a) il rinnovo del contratto stipulato tra esercente e concessionario per l'utilizzo degli apparecchi;b) la stipulazione di un nuovo contratto, anche con un differente concessionario, nel caso di rescissione o risoluzione del contratto in essere;c) l'installazione dell'apparecchio in altro locale in caso di trasferimento della sede dell'attività”) dell’art. 6, aggiunti dall'art. 5, comma 19, lettera b), L.R. 29 dicembre 2015, n. 33, nel testo vigente all’epoca dell’adozione del provvedimento opposto, paiono in linea non solo con la finalità specifica perseguita dal legislatore regionale [che – si rammenta – è proprio quella di dettare disposizioni “per la prevenzione, il trattamento e il contrasto della dipendenza da gioco d'azzardo e da gioco praticato con apparecchi per il gioco lecito, nell'osservanza delle indicazioni in materia provenienti dall'Organizzazione mondiale della sanità e dalla Commissione europea e nel rispetto del decreto legge 13 settembre 2012, n. 158 (Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute), convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189” e, inoltre, di “promuovere la consapevolezza dei rischi correlati al gioco d'azzardo e al gioco praticato con apparecchi per il gioco lecito, al fine di salvaguardare le fasce più deboli e maggiormente vulnerabili della popolazione e stabilire misure volte a contenere l'impatto negativo sulla vita della popolazione delle attività connesse alla pratica di tali giochi, con particolare riferimento ai profili concernenti la sicurezza urbana, la viabilità, l'inquinamento acustico e luminoso, nonché il governo del territorio” (art.1)], ma anche con la Risoluzione del Parlamento europeo del 10 settembre 2013 e con quanto enunciato dalla Corte di Giustizia dell’UE, Sezione III, con sentenza in data 22 gennaio 2015, nella causa C- 463/13, contribuendo, di fatto, ad anticipare quegli obiettivi di accentuazione dell’azione preventiva e di contrasto al gioco d’azzardo patologico sanciti dalla Conferenza Unificata Stato Regioni nella seduta del 7 settembre 2017.
10.1) Si rammenta, invero, che il Parlamento europeo, ancorché con specifico riferimento al gioco d’azzardo on line nel mercato interno, ha opportunamente evidenziato che “il gioco d'azzardo non è un'attività economica ordinaria, dati i suoi possibili effettivi negativi per la salute e a livello sociale, quali il gioco compulsivo, le cui conseguenze e i cui costi sono difficili da stimare, la criminalità organizzata, il riciclaggio di denaro e la manipolazione degli incontri sportivi (partite truccate)” (considerando “A” ) e che “… la Corte di giustizia ha confermato che la fornitura di giochi di sorte o d'azzardo costituisce un'attività economica di natura particolare, in relazione alla quale possono essere giustificate restrizioni per motivi d'interesse generale prevalente come la tutela dei consumatori, la prevenzione delle frodi, il contrasto del riciclaggio di denaro e il mantenimento dell'ordine pubblico e della salute pubblica;considerando che le eventuali restrizioni imposte a tale attività devono rispettare i principi del TFUE, cioè essere proporzionate agli obiettivi perseguiti e non essere discriminatorie” (considerando “H” ).
10.2) La Corte di Giustizia UE, pronunciandosi, con la sentenza dianzi citata, sul rinvio pregiudiziale concernente l'interpretazione degli articoli 49 TFUE e 56 TFUE nonché dei principi di parità di trattamento e di effettività in relazione all’indizione di una nuova gara per il rilascio di concessioni aventi durata inferiore rispetto a quelle rilasciate in passato, in ragione di un riordino del sistema attraverso un allineamento temporale delle scadenze delle concessioni, ha, inoltre, affermato che:
“… secondo una giurisprudenza costante, le restrizioni alle attività dei giochi d’azzardo possono essere giustificate da motivi imperativi di interesse generale, quali la tutela dei consumatori nonché la prevenzione delle frodi e dell’incitamento dei cittadini a spese eccessive legate al gioco (sentenza Digibet e Albers, EU:C:2014:1756, punto 23 e la giurisprudenza ivi citata);
(…) Oltre a ciò, per quanto riguarda la normativa italiana in materia di giochi d’azzardo, la Corte ha dichiarato che l’obiettivo attinente alla lotta contro la criminalità collegata a tali giochi è idoneo a giustificare le restrizioni alle libertà fondamentali derivanti da tale normativa (v. sentenza Biasci e a., C - 660/11 e C - 8/12, EU:C:2013:550, punto 23).
(…)Tuttavia, si deve ricordare il carattere peculiare della disciplina dei giochi d’azzardo, che rientra nei settori in cui sussistono tra gli Stati membri notevoli divergenze di ordine morale, religioso e culturale. In assenza di un’armonizzazione in materia a livello dell’Unione europea, spetta al singolo Stato membro valutare, in tali settori, alla luce della propria scala di valori, le esigenze che la tutela degli interessi coinvolti comporta (…).
Per tale ragione, in questo specifico settore, le autorità nazionali dispongono di un ampio potere discrezionale per stabilire quali siano le esigenze che la tutela del consumatore e dell’ordine sociale comporta e, a condizione che siano inoltre rispettati i requisiti stabiliti dalla giurisprudenza della Corte, spetta a ciascuno Stato membro decidere se, nel contesto dei legittimi scopi da esso perseguiti, sia necessario vietare totalmente o parzialmente attività riconducibili ai giochi e alle scommesse, oppure soltanto limitarle e prevedere a tal fine modalità di controllo più o meno rigorose (v. sentenza Digibet e Albers, EU:C:2014:1756, punto 32 e la giurisprudenza ivi citata)”.
10.3) Da ultimo, la Conferenza Stato Regioni, del pari dianzi citata, ha stabilito che "le disposizioni specifiche in materia, previste in ogni Regione o Provincia autonoma, se prevedono una tutela maggiore, continueranno comunque ad esplicare la loro efficacia. Inoltre le Regioni e le Province autonome ai fini del contrasto delle patologie afferenti alla dipendenza da gioco d'azzardo, potranno prevedere forme maggiori di tutela per la popolazione."
10.4) Non bisogna dimenticare, infatti, che la ludopatia ( rectius azzardopatia) è un vero e proprio flagello sociale. Trattasi, invero, di una nuova (grave) dipendenza aumentata esponenzialmente negli ultimi anni, che mette a rischio vita sociale, familiare, professionale e materiale.
Il gioco d’azzardo patologico sottrae, infatti, ore al lavoro, alla vita affettiva, al tempo libero e produce sofferenza psicologica, di relazione, educativa, materiale, di aspettativa di futuro ed è un fenomeno, come detto, in costante crescita, che provoca ricadute sanitarie, sociali ed economiche di consistente rilievo, che vanno ovviate con l’individuazione di utili misure di carattere preventivo, trattandosi, per l’appunto, di una patologia oggettivamente prevenibile e, tutto sommato, soggettivamente evitabile.
10.5) Mutuando le parole della Corte Costituzionale [sentenza n. 108 in data 11 maggio 2017 - giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 7 della legge della Regione Puglia 13 dicembre 2013, n. 43, recante «Contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo patologico (GAP)» ], si può, dunque, affermare, in termini di assunto preliminare, che “ il legislatore regionale è intervenuto (…) per evitare la prossimità delle sale e degli apparecchi da gioco a determinati luoghi, ove si radunano soggetti ritenuti psicologicamente più esposti all’illusione di conseguire vincite e facili guadagni e, quindi, al rischio di cadere vittime della <dipendenza da gioco d’azzardo>: fenomeno da tempo riconosciuto come vero e proprio disturbo del comportamento, assimilabile, per certi versi, alla tossicodipendenza e all’alcoolismo”.
Le disposizioni che vengono in rilievo, al pari di quelle della Regione Puglia sottoposte al giudizio di costituzionalità perseguono, invero, in via preminente finalità di carattere socio-sanitario, preoccupandosi “… delle conseguenze sociali dell’offerta dei giochi su fasce di consumatori psicologicamente più deboli”, segnatamente in termini di prevenzione di “forme di gioco cosiddetto compulsivo”.
11) Ciò premesso, si può passare ora allo scrutinio dei motivi di ricorso, precisando, tuttavia, sin d’ora che le illegittimità denunciate non possono che essere apprezzate alla luce di quanto sin qui evidenziato e, in particolare, delle finalità perseguite dal legislatore regionale e degli approdi della giurisprudenza comunitaria.
12) Sono, innanzitutto, privi di pregio il primo e il secondo motivo di gravame, che, poggiando in parte su analoghe argomentazioni, possono essere vagliati assieme.
12.1) E’, invero, smentito per tabulas quanto affermato da parte ricorrente ovvero che il contratto col nuovo concessionario (ovvero con la società NTS Network s.p.a. in luogo della società Cirsa Italia s.p.a.) sarebbe stato stipulato in data 28 dicembre 2015 e, pertanto, in epoca anteriore all’entrata in vigore delle disposizioni della l.r. 1/2014 dianzi riportate, aggiunte dall’art. 5, comma 19, della l.r. 33/2015, che, nel precisare con norma di evidente valenza interpretativa cosa si intende per nuova installazione vietata di apparecchi per il gioco lecito, ha fornito, al contempo, una chiara elencazione di ipotesi ad essa equiparate.
12.1.1) Vero è, infatti, che le disposizioni in questione sono entrate in vigore il giorno 13 gennaio 2016 (data della pubblicazione della legge nel Bollettino Ufficiale della Regione) e hanno avuto effetto dal 1° gennaio 2016, come stabilito dall’art. 8, comma 1, della l.r. 33/2015 e che, come chiaramente esplicitato nella parte motiva del provvedimento gravato, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Trieste, con nota in data 22.02.2017, ha trasmesso “la situazione esistente degli apparecchi per il gioco lecito presso il pubblico esercizio Caffè Commercio” ovvero, come risulta dalla documentazione dimessa nella presente sede giurisdizionale dalla difesa del Comune (all. 005 – fascicolo doc.), ha effettuato, su espressa richiesta del Comune medesimo, una verifica “storica” a partire dall’anno 2015, riscontrando 1) gli apparecchi per il gioco lecito presenti, con relativo numero di matricola, 2) le date di avvenuta installazione dei medesimi, 3) il nominativo del concessionario, secondo lo specchietto riassuntivo trasmesso ai competenti uffici comunali.
12.1.2) Da tale verifica è emerso che “nell’anno 2015 presso il pubblico esercizio di via S. Caterina n. 1 erano installati n. 8 apparecchi per il gioco lecito collegati alla rete del concessionario CIRSA ITALIA S.P.A.” e che “nel corso dell’anno 2016 tutti gli apparecchi esistenti sono stati ad uno ad uno sostituiti con altri apparecchi e collegati alla rete di altro concessionario, NTS NETWORK S.P.A.” e, nello specifico, che la nuova installazione di tutti gli 8 apparecchi presenti nell’esercizio è avvenuta in date successive all’entrata in vigore delle disposizioni di cui è stata fatta applicazione nel caso qui in esame [dallo specchietto trasmesso dall’AAMS si desume che, alla data del 22/02/2017, gli apparecchi presso l’esercizio sono diversi rispetto a quelli presenti in precedenza: il codice apparecchio è diverso, diverso è il concessionario (da Cirsa Italia S.p.A. si è passati a NTS Network S.p.A.), vi è anche chiaramente indicata la data di installazione (8/03/2016, 7/12/2016, 8/03/2016, 8/03/2016,21/03/2016, 1/04/2016, 16/11/2016, 30/11/2016)].
12.1.3) Né in senso difforme a tali pacifiche risultanze può valere la produzione documentale del ricorrente, dato che il contratto asseritamente stipulato in data 28 dicembre 2015 dimesso sub all. 004 – doc. 7 altro non è che uno schema di contratto, sottoscritto unicamente dall’esercente (odierno ricorrente), come tale inidoneo a costituire un rapporto giuridico tra i due indicati contraenti (in tal senso parrebbe, peraltro, confortare anche l’art.