TAR Salerno, sez. I, sentenza 2023-09-04, n. 202301944

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Salerno, sez. I, sentenza 2023-09-04, n. 202301944
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Salerno
Numero : 202301944
Data del deposito : 4 settembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/09/2023

N. 01944/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01927/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Slerno (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso avente numero di registro generale 1927 del 2019, proposto da
- -OMISSIS-, rappresentato e difeso in giudizio dall'avvocato V S, con domicilio digitale in atti;

contro

- Ministero dell'interno, Prefettura - Ufficio territoriale del Governo di Slerno, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi in giudizio dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, presso i cui uffici ex lege sono domiciliati, in Slerno, al c.so Vittorio Emanuele n. 58;

per l'annullamento

- del provvedimento di divieto detenzione armi e munizioni, adottato dal Prefetto di Slerno ai sensi dell’art. 39 T.U.L.P.S e notificato in data 25 settembre 2019;

- di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4 -bis , cod. proc. amm.;

Relatore, all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 26 maggio 2023, il Consigliere avv Benedetto Nappi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. -OMISSIS-, con ricorso depositato il 17 dicembre 2019, è insorto avverso il provvedimento prefettizio in epigrafe «a causa del quale il Questore di Slerno, in persona del responsabile del procedimento, con prot. -OMISSIS-. del 19.09.2019, ha revocato la licenza di porto di fucile», formulando motivi specifici in punto di violazione e falsa applicazione di legge ed eccesso di potere.

2. L’Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, ha concluso per l’inammissibilità in rito e per l’infondatezza nel merito del ricorso.

3. All’esito della camera di consiglio dell’8 gennaio 2020, con ordinanza n. 11 del 2020, l’incidentale istanza cautelare è stata rigettata per la ritenuta carenza di “ fumus boni iuris ”.

4. All’udienza smaltimento del 26 maggio 2023, previo deposito di documenti e scritti difensivi da parte del ricorrente, l’affare è transitato in decisione.

5. Il ricorso è infondato, alla stregua della motivazione che segue. Ritiene dunque il Collegio di per soprassedere alla delibazione delle (persuasive) eccezioni di inammissibilità sollevate dalla difesa erariale, secondo cui: a ) risulta «impugnato unicamente “il presunto divieto della detenzione armi” che sarebbe stato emesso dalla Prefettura di Slerno ai sensi dell’art.3 9 del testo unico delle Leggi di P.S. e che avrebbe originato il provvedimento del Questore di Slerno di revoca, in data 19.9.2019, della licenza di porto di fucile rilasciata al ricorrente, provvedimento, quest’ultimo, non impugnato», mentre «il Prefetto di Slerno non ha emesso alcun ordine di polizia finalizzato in tal senso né, peraltro, detto presunto divieto di detenzione armi risulta richiamato nel provvedimento di revoca della licenza di porto di fucile; b ) in ogni caso, non risulta evocata in giudizio la Questura di Slerno, ovverosia la partizione amministrativa che ha adottato il provvedimento effettivamente lesivo dell’interesse del ricorrente.

5.1. Vanno disattese le dedotte censure di violazione degli articoli 39 e 40 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza e dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, in quanto la valutazione della capacità di abuso delle armi da parte del deducente si fonderebbe unicamente sulla base del rapporto del reparto Carabinieri di Spri, dal quale risulta che “il ricorrente è stato tratto in arresto in quanto responsabile di detenzione di un’arma clandestina”.

Osserva il Collegio come l’art. 39 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza – TULPS, attribuisca al Prefetto la facoltà di vietare la detenzione delle armi «alle persone ritenute capaci di abusarne», mentre il successivo art. 43 preveda, oltre alle generali ipotesi comportanti il diniego di rilascio o di rinnovo delle autorizzazioni di pubblica sicurezza di cui all'art. 11, ulteriori specifiche ipotesi indicate al comma 1, nonché, al comma 2 che «la licenza può essere ricusata […] a chi non dà affidamento di non abusare delle armi». Secondo una condivisibile giurisprudenza, tali disposizioni devono essere interpretate nel senso che il rilascio della licenza a portare le armi non costituisce una mera autorizzazione di polizia, che rimuove il limite ad una situazione giuridica soggettiva, la quale già fa parte della sfera del privato, ma assume contenuto permissivo in deroga al generale divieto di portare armi sancito dall'art. 699 c. p. e dall'art. 4, comma 1, della l. n. 110/1975, sicché, in tale quadro normativo, il controllo effettuato al riguardo dall'autorità di pubblica sicurezza viene ad assumere connotazioni particolarmente pregnanti e severe, essendo la stessa titolare di un ampio potere discrezionale di valutazione in ordine alla affidabilità del soggetto di non abusare delle armi. In ragione di ciò il diniego di porto d’armi o la revoca di tale titolo non richiedono un oggettivo ed accertato abuso delle armi, essendo sufficiente che il soggetto non dia affidamento di non abusarne (Cons Stato, sez. III, 31 marzo 2014, n. 1521). Ancora, la giurisprudenza ha avuto modo di affermare che il giudizio di inaffidabilità a detenere armi è giustificabile anche in base a situazioni che non hanno dato luogo a condanne penali che però sono non ascrivibili a buona condotta, di guisa che l’autorizzazione al porto d’armi può essere rilasciata solo a persone assolutamente ineccepibili, in modo da scongiurare ogni perplessità su possibili abusi a tutela dell’ordine pubblico e della tranquilla convivenza della collettività (Cons Stato, sez. III, 11 marzo 2015, n. 1270).

Nel caso di specie, gli atti avversati si imperniano su fatti che, per come descritti nel rapporto dei militari dell’Arma fondano una prognosi di attendibilità e verosimiglianza, con conseguente non erroneità dei precipitati che ne sono stati tratti.

A ben vedere, la stessa ordinanza “di convalida di arresto e di non applicazione di misura cautelare” del Tribunale di Vallo della Lucania del 10 agosto 2019, riconosce la sussistenza di «indizi di colpevolezza in ordine ai reati ascritti» (capo 3.1.), ancorché non connotati dal «carattere della gravità richiesto dalla disciplina del codice di rito» penale per l’applicazione della misura cautelare.

Ritiene il Collegio, dunque, che nel caso di specie sia stata svolta un’adeguata valutazione complessiva degli aspetti concreti che sono stati assunti a presupposto per la formulazione del giudizio di non affidabilità che, atteso il suo carattere latamente discrezionale, non può essere sindacata se non per la violazione del rispetto dei canoni di ragionevolezza e della coerenza o del travisamento dei fatti, nella specie non ravvisabile.

6. Quanto alla sentenza di assoluzione del ricorrente successivamente pronunciata del 2021, essa è ininfluente rispetto alla decisione del presente giudizio, in quanto quest’ultimo verte sulla legittimità di provvedimenti amministrativi, da vagliare, sul piano diacronico, con riferimento al quadro fattuale e alle norme vigenti al tempo in cui della loro adozione ( ex multis , T.A.R. Basilicata, 19 settembre 2020, n. 563). In altri termini, l’assoluzione del ricorrente per non aver commesso il fatto, appare al più idonea a sostanziare, sul piano motivazionale, un’apposita istanza alle Amministrazioni competenti di nuova valutazione della sua condizione soggettiva, al fine dell’eventuale ripristino dello “ status quo ante ”, ma non può comunque essere considerata ai fini che qui rilevano, dovendosi ragguagliare l’attività amministrativa in predicato di legittimità alla situazione fattuale in essere al momento del suo esercizio.

8. Dalle considerazioni che precedono discende il rigetto del ricorso.

9. Le spese seguono la soccombenza, con liquidazione come da dispositivo.

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