TAR Roma, sez. II, sentenza 2016-02-26, n. 201602666

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. II, sentenza 2016-02-26, n. 201602666
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201602666
Data del deposito : 26 febbraio 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 10192/2013 REG.RIC.

N. 02666/2016 REG.PROV.COLL.

N. 10192/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10192 del 2013, proposto da:
P B s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. C C, con domicilio eletto presso lo studio del difensore, in Roma, Via Giacinto Carini, 32 - Pal. A;

contro

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, già Aams - Amministrazione Autonoma Monopoli di Stato, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

M P, titolare della Rivendita Tabacchi n. 1409, rappresentata e difesa dall'avv. Livia Grazzini, con domicilio eletto presso lo studio del difensore, in Roma, Via Leopoldo Serra, 32;

per l'annullamento

- del provvedimento prot. 58269/LP, notificato in data 24.07.2013, di rigetto dell'istanza preordinata all'installazione di nuova rivendita di tabacchi a causa della sopravvenuta carenza del parametro richiesto, così come stabilito dal D.M. n. 38 in data 21.02.2013;

- del provvedimento prot. 69991 in data 13.09.2013, di definitiva archiviazione della domanda;

- di ogni altro atto comunque presupposto, connesso e conseguente;


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata e della controinteressata;

Viste le memorie difensive;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del giorno 27 gennaio 2016 il Cons. S M;

Uditi gli avv.ti, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. Parte ricorrente rappresenta che, il 21.12.2012, inoltrava all’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato una richiesta volta all’installazione di una rivendita speciale di tabacchi all’interno del bar della stazione di servizio carburanti da essa gestita e sita in Roma, Via Fosso dell’Osa n. 355/B;
a tal fine, veniva autocertificata la sussistenza dei requisiti previsti dall’art. 17 d.l. 24.1.2012, conv. in l. n. 27 del 24.3.2012.

L’amministrazione comunicava che, ai sensi dell’art. 28, comma 8, lett. b) l. n. 111/2011, come modificata dalla l. n. 44/2012, doveva essere presentata ulteriore documentazione, relativa alla superficie minima dell’impianto nonché dei locali destinati all’istituenda rivendita.

Evasa la richiesta di integrazione documentale, in data 24.7.2013, l’istanza veniva rigettata, per carenza del parametro della distanza minima previsto dal d.m. n. 38 del 21 febbraio 2013, invitandosi peraltro l’istante a far pervenire all’amministrazione ulteriore documentazione al fine di poter valutare la sussistenza dei parametri per il rilascio del patentino per la rivendita di tabacchi.

La società rappresentava che il d.m. n. 38/2013 era sopravvenuto rispetto all’istanza di autorizzazione e che, comunque, si trattava di norma di rango subordinato, non idonea a derogare alle norme di legge. Ciononostante, la richiesta della ricorrente veniva archiviata.

Avverso siffatta determinazioni, deduce:

1. ECCESSO DI POTERE SOTTO IL PROFILO DELL’ERRONEITÀ DEI PRESUPPOSTI E TRAVISAMENTO DEI FATTI;
VIOLAZIONE DELL’ART. 28,

COMMA

8, LETT. B) D.L. 6

LUGLIO

2011, N. 98, CONV. IN L. CON MODIFICAZIONI DALLA L. 15

LUGLIO

2011, N. 111, COME MODIFICATO DALL’ART. 8,

COMMA

22 BIS, DEL D.L. N. 16/2012, CONV. DALLA L. N. 44/2012.

Parte ricorrente rappresenta che il d.m. n. 38/2013 è ius superveniens di rango inferiore a quello legislativo. Esso, comunque, sarebbe palesemente in contrasto con la fonte primaria, ispirata da una sempre maggiore apertura alla logica concorrenziale dei servizi resi dalle imprese commerciali.

Richiama, in particolare, l’art. 83 – bis del d.l. n. 112/2008, conv. in . n. 133/2008, che, al comma 17, prevede in modo esplicito l’inapplicabilità agli impianti di distribuzione di carburanti di restrizioni od obblighi circa la possibilità di offrire attività e servizi integrativi.

Di analogo tenore è l’art. 28, comma 8, del d.l. n. 98/2011, conv. in l. n. 111/2011 (integralmente sostituito dall’art. 17, comma 4, del d.l. n. 1/2012, conv. dalla l. n. 27/2012), relativo alla possibilità di istituire una rivendita speciale di tabacchi, sia pure alla condizioni ivi stabilite.

2. VIOLAZIONE DI LEGGE DEL PROVVEDIMENTO IMPUGNATO;
DISAPPLICAZIONE DEL D.M. N. 38 DEL 21

FEBBRAIO

2013.

L’art. 6 del d.m. in rubrica, invocato dall’amministrazione a sostegno del diniego, è una fonte di rango regolamentare, che non può derogare alla disciplina legislativa ordinaria.

Trattasi peraltro di normativa sopravvenuta che, a dire di parte ricorrente, non potrebbe trovare applicazione nella fattispecie, in cui la domanda è stata presentata sotto il vigore del d.l. 24.1.2012, poi convertito in legge.

Il d.m. n. 38/2013, inoltre, sarebbe in contrasto anche con il principio introdotto dall’art. 3, comma 7, del d.l. n. 138/2011, relativo alla necessità di interpretare in modo restrittivo le disposizioni che regolano l’accesso e l’esercizio delle attività economiche.

Esso dovrebbe, quindi, essere annullato ovvero disapplicato.

3. CARENZA E CONTRADDITTORIETÀ DELLA MOTIVAZIONE;
VIOLAZIONE DELL’ART. 22 E 23 DELLA L. N. 1293 DEL 1957 E DELL’ART. 53 DEL D.P.R. N. 1074 DEL 1958.

Tra le rivendite ordinarie e le rivendite speciali, esiste una differenza ontologica che la giurisprudenza non ha mancato di sottolineare.

Queste ultime, infatti, possono essere istituite in relazioni a particolari esigenze di servizio, non suscettibili di essere soddisfatte mediante rivendita ordinaria o patentino.

Si sono costituiti, per resistere, l’amministrazione intimata e la sra. M, titolare della rivendita ordinaria di generi di monopolio n. 1409, ubicata in via Fosso dell’Osa n. 367/369.

L’amministrazione ha fatto presente che, alla data di entrata in vigore del d.m. n. 38/2013, il procedimento avviato dall’istanza di parte ricorrente non era ancora concluso.

In ordine alla genesi del d.m. in questione, fa notare che il potere regolamentare discende dall’art. 24, comma 42, del d.l. n. 98/2011, convertito con modificazioni dalla l. 15 luglio 2011, n. 111 (come peraltro chiarito dall’art. 11, comma 22 del d.l. n. 76/2012, convertito dalla l. n. 99 del 2013).

In particolare, l’apertura di punti vendita di prodotti da fumo presso i distributori di carburante non può ritenersi liberalizzata, ai sensi dell’art. 1 del d.l. n. 1 del 2012, in ragione della predetta disposizione, contenuta nello stesso testo legislativo in cui figura l’art. 28, comma 8, lett. b), e quindi, necessariamente da coordinare.

Pertanto, presso i distributori di carburanti è sempre possibile attivare una rivendita, (ovvero l’esercizio contraddistinto al suo esterno dalla nota “T”), ma ciò comunque nel rispetto dei criteri stabiliti dall’art. 2 del regolamento;
inoltre, ove non sia possibile attivare una rivendita, sarà sempre possibile attivare o rinnovare un patentino (art. 6, comma 13, del regolamento n. 38/2013).

La controinteressata s.ra M, dal canto suo, ha sottolineato che il servizio di vendita dei tabacchi lavorati, nella zona interessata dalla nuova istituzione, è sempre stato ottimamente soddisfatto non solo dalla propria rivendita, posta sulla stessa strada, sullo stesso senso di marcia e a soli 95 mt., ma anche dalla rivendita n. 1359 e deal patentino n. 101523 ubicati, rispettivamente, a 190 e 150 mt., dall’impianto di distribuzione di carburanti richiedente.

Richiamati gli orientamenti giurisprudenziali in ordine all’applicazione del principio “tempus regit actum” nonché gli effettivi termini del procedimento (che avrebbe dovuto concludersi entro il 21 maggio 2013, mentre il d.m. n. 38/2013 è entrato in vigore il 17 aprile) evidenzia che l’art. 28, comma 8, lett. b) del d.l. n. 98/2011, come da ultimo modificato, deve essere coordinato con l’art. 24, comma 42, del medesimo testo normativo, che ha riordinato le regole del settore affidando al Ministro competente il potere di individuare i criteri di ubicazione dei punti vendita dei prodotti da fumo al fine di contemperare le esigenze dell’utenza con quelle di tutela della salute.

Tali criteri, per quanto riguarda gli impianti di distribuzione di carburanti, sono contenuti nell’art. 6 del d.m. n. 38/2013, e tengono conto del fatto che, al giorno d’oggi, le stazioni di servizio automobilistico costituiscono un significativo fattore di interferenza tra le rivendite ordinarie e le rivendite speciali.

Ha poi sostenuto che le norme statali di liberalizzazione delle attività economiche, non hanno mai trovato applicazione nel settore della rivendita di generi di monopolio, come del resto dimostrato dal fatto che le disposizioni di cui si discute, del d.l. n. 98/2011, sono stati modificate con norme successive all’ultimo intervento in materia di liberalizzazione e semplificazione delle attività economiche di cui al d.l. n. 1/2012, conv. in l. n. 27/2012.

Sia la parte ricorrente che quella controinteressata, hanno presentato memorie, in vista della pubblica udienza del 27 gennaio 2016.

La s.ra M ha fatto riferimento alla più recente giurisprudenza della Sezione, e del Consiglio di Stato, in ordine alla legittimità dell’art. 6 del d.m. n. 38/2013, nonché in ordine all’effettiva operatività, nel settore in esame, delle disposizioni liberalizzatrici di cui all’art. 34 del d.l. n. 201/2011 (Cons. St., sentenza n. 5231 del 17.11.2015).

Parte ricorrente, dal canto suo, ha insistito sulla rilevanza del principio dell’affidamento, della valenza della disposizione liberalizzatrice di cui all’art. 3, comma 7, del d.l. n. 138/2011 (conv. in l. n. 148/2011), sulla differenza, infine, che sussiste tra il mero patentino, e l’istituzione di una rivendita speciale.

Il ricorso è passato in decisione alla pubblica udienza del 27 gennaio 2016.

2. Il ricorso è infondato e deve essere respinto.

2.1. Risultano in primo luogo non condivisibili i rilievi con cui parte ricorrente sostiene che, nella fattispecie, non avrebbe potuto trovare applicazione il d.m. n. 38 del 21.2.2013.

E’ infatti del tutto pacifico che la legittimità di un provvedimento deve essere valutata con riferimento alla disciplina vigente al tempo in cui esso è stato adottato.

Ai sensi del principio “ tempus regit actum ” ciò che infatti rileva non è la data in cui il procedimento ha avuto avvio bensì il momento in cui l’amministrazione provvede, avendo l’obbligo di operare nel rispetto dello ius superveniens (Cass. civ., sez. un., sentenza n. 21949 del 28.10.2015;
id, sez. VI, sentenza n. 17574 del 27.7.2010) e quindi sulla base della valutazione attuale degli interessi pubblici ad esso sottesi (Cons.St., sez. IV^, sentenza n. 3880 del 17.7.2013).

L’opposto principio della (tendenziale) irrretroattività dell’azione amministrativa, si applica esclusivamente agli atti che incidono su diritti soggettivi, o, comunque, su posizioni di vantaggio già acquisite.

Nel caso di specie, va poi detto che non si pone nemmeno una questione di mancato rispetto del termine di conclusione del procedimento amministrativo, in quanto, come dedotto dalle parti resistenti, e non contestato dal ricorrente, detto termine era ancora in corso alla data di entrata in vigore del d.m. n. 38/2013.

Ad ogni buon conto, l’eventuale violazione del termine di conclusione del procedimento amministrativo, può costituire titolo per richiedere il risarcimento del danno causato, ricorrendone gli ulteriori presupposti, ma non già ridondare nella illegittimità del provvedimento finale.

2.2. Nemmeno condivisibili risultano i rilievi svolti avverso il d.m. n. 38 del 2013, di cui è stato invocato l’annullamento, ovvero la disapplicazione, essenzialmente per supposta contrarietà di tale normativa alle fonti primarie che hanno liberalizzato l’esercizio di numerose attività economiche.

Le tesi svolte nel ricorso sono state infatti già confutate dalla Sezione con pronunce rese su fattispecie analoghe, successivamente confermate dal Consiglio di Stato (cfr., in particolare, le sentenza della IV^ sezione n. 1428 del 19 marzo 2015).

Al riguardo, valga quanto segue.

2.2.1. Il d.m. n. 38 del 21.2.2013, reca il regolamento della distribuzione e vendita dei prodotti da fumo.

Esso prevede, all’art. 4, comma 1, che “Le rivendite speciali possono essere istituite per soddisfare le concrete e particolari esigenze di cui all' articolo 22 della legge 22 dicembre 1957, n. 1293, da valutare in ragione:

a) dell'ubicazione degli altri punti vendita già esistenti nella medesima zona di riferimento;

b) della possibile sovrapposizione della rivendita da istituire rispetto agli altri punti vendita già esistenti nella medesima zona di riferimento;

c) del significativo pregiudizio economico che dalla nuova rivendita deriverebbe per quelle già esistenti nella medesima zona di riferimento”.

Ai sensi del comma 2 “Le rivendite speciali possono essere istituite nei seguenti luoghi, previsti dall' articolo 53 del decreto del Presidente della Repubblica 14 ottobre 1958, n. 1074, purché abbiano esclusivo accesso dalla struttura ospitante e non siano dotate di ingressi diretti ed autonomi sulla pubblica via:

a) stazioni ferroviarie;

b) stazioni automobilistiche e tranviarie;

c) stazioni marittime;

d) aeroporti;

e) caserme;

f) case di pena”.

Nel caso in cui esse vengano istituite in “altri luoghi, diversi da quelli di cui alle lettere da a) a f), nonché da quelli di cui all'articolo 6”, esse debbono rispettare i parametri di cui all’art. 2, “sempre che l'ufficio competente dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli riscontri un'esigenza di servizio alla quale non può sopperirsi mediante rivendita ordinaria o patentino, ivi inclusi, in particolare”.

Anche secondo l’art. 6, qui in particolare rilievo, relativo agli esercizi per la vendita di tabacchi lavorati ubicati presso impianti di distribuzione di carburante, è previsto che “[...] 2. L'istituzione della rivendita è consentita nel rispetto dei criteri di cui all'articolo 2, nonché dei parametri dimensionali minimi degli impianti di distribuzione carburanti e dei locali chiusi, diversi da quelli al servizio della distribuzione di carburanti, di cui all'articolo 28, comma 8, lettera b), del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, e successive modificazioni, come ulteriormente modificato dall'articolo 8, comma 22-bis, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44. [...]”.

12. Restano fermi, finché le rivendite sono attive, i provvedimenti di assenso all'istituzione di rivendite speciali presso gli impianti di distribuzione carburanti adottati anteriormente alla data di entrata in vigore dell'articolo 28, comma 8, lettera b), del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, e successive modificazioni, come ulteriormente modificato dall'articolo 8, comma 22-bis, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44.

13. Qualora in un impianto di distribuzione carburanti, per l'impossibilità del rispetto dei criteri di cui all'articolo 2, non sia consentita l'istituzione di una rivendita, nella medesima stazione è sempre consentito, fermo il rispetto dei parametri dimensionali di cui ai commi 3 e 4, il rilascio ovvero il rinnovo del patentino ai sensi degli articoli 7 e 8.

14. Nell'ambito di un medesimo territorio comunale l'attivazione di una rivendita di tabacchi lavorati presso un impianto di distribuzione carburanti, fermo quanto previsto dai commi 2, 3 e 4, può avvenire anche per trasferimento presso tale impianto di una rivendita ordinaria già attiva nel predetto territorio comunale. In tale caso, per rispetto del saldo del piano per l'istituzione delle rivendite di cui all'articolo 3, l'Ufficio di cui al comma 5 valuta contestualmente la domanda di istituzione della rivendita presso l'impianto di distribuzione di carburanti e quella di trasferimento. Qualora le domande siano accolte, la rivendita che si trasferisce è soppressa. Trova applicazione la disposizione di cui al comma 9.

15. Le rivendite che si istituiscono presso un impianto di distribuzione carburanti, anche per effetto di quanto previsto al comma 14, non sono suscettibili di trasferimento.

16. Fuori dai casi di cui al comma 13, è sempre consentito esporre, sia all'interno dell'impianto di distribuzione carburanti sia al suo ingresso, scritte o insegne che indichino la vendita di tabacchi lavorati.”.

L’art.2 disciplina i “criteri per l’istituzione delle rivendite ordinarie”, tra cui quello della distanza, applicato nella fattispecie.

La disposizione – fonte del regolamento in esame, si rinviene nel d.l. 6 luglio 2011, n. 98, convertito in l. n. 15 luglio 2011, n.211, che, all’art. 24 comma 42, così si esprime:

“Con regolamento emanato entro il 31 marzo 2013, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, dal Ministro dell'economia e delle finanze sono dettate disposizioni concernenti le modalità per l'istituzione di rivendite ordinarie e speciali di generi di monopolio, nonché per il rilascio ed il rinnovo del patentino, secondo i seguenti principi:

a) ottimizzazione e razionalizzazione della rete di vendita, anche attraverso l'individuazione di criteri volti a disciplinare l'ubicazione dei punti vendita, al fine di contemperare, nel rispetto della tutela della concorrenza, l'esigenza di garantire all'utenza una rete di vendita capillarmente dislocata sul territorio, con l'interesse pubblico primario della tutela della salute consistente nel prevenire e controllare ogni ipotesi di offerta di tabacco al pubblico non giustificata dall'effettiva domanda di tabacchi;

b) istituzione di rivendite ordinarie solo in presenza di determinati requisiti di distanza e produttività minima;

c) introduzione di un meccanismo di aggiornamento dei parametri di produttività minima rapportato alle variazioni annuali del prezzo medio al consumo dei tabacchi lavorati intervenute dall'anno 2001;

d) trasferimenti di rivendite ordinarie solo in presenza dei medesimi requisiti di distanza e, ove applicabili, anche di produttività minima;

e) istituzione di rivendite speciali solo ove si riscontri un'oggettiva ed effettiva esigenza di servizio, da valutarsi in ragione dell'effettiva ubicazione degli altri punti vendita già esistenti nella medesima zona di riferimento, nonché in virtù di parametri certi, predeterminati ed uniformemente applicabili sul territorio nazionale, volti ad individuare e qualificare la potenzialità della domanda di tabacchi riferibile al luogo proposto;

f) rilascio e rinnovi di patentini da valutarsi in relazione alla natura complementare e non sovrapponibile degli stessi rispetto alle rivendite di generi di monopolio, anche attraverso l'individuazione e l'applicazione, rispettivamente, del criterio della distanza nell'ipotesi di rilascio, e del criterio della produttività minima per il rinnovo”.

Secondo il Consiglio di Stato (sez. IV^, sentenza n. 1428/2015, cit.), “nessuna disposizione vieta che particolari tipi di rivendite (speciali) vengano assoggettate a norme diverse e peculiari, in sede di normazione secondaria”.

Per quanto riguarda la ragionevolezza delle previsioni relative agli impianti di distribuzione di carburante, la sentenza appena citata (che ha confermato, sul punto, la sentenza della Sezione n. 5354/2014), ha in primo luogo richiamato le premesse del d.m. n. 38/2013, in cui si fa riferimento alla “necessità di contemperare l'esigenza di garantire all'utenza una rete di vendita adeguatamente dislocata sul territorio con l'interesse pubblico della tutela della salute, consistente nel prevenire e controllare ogni ipotesi di offerta di tabacco al pubblico che non sia giustificata dall'effettiva domanda di tabacchi e che sia, invece, tendente ad incentivarla oltre la sua naturale quantificazione”, nonché al fatto che “la razionalizzazione della rete di vendita, consistente tra l'altro nell'indicazione ed applicazione di criteri volti a disciplinare l'ubicazione dei punti vendita, previene ed esclude il possibile sovradimensionamento ingiustificato della rete di vendita e, conseguentemente, costituisce strumento necessario al fine di non alterare l'offerta di tabacchi in misura non corrispondente all'entità della stessa”.

Il Consiglio ha poi posto a raffronto la disciplina ivi contenuta con il testo della Segnalazione dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato del 21.6.2013, rilevando, in primo luogo, come detta Autorità abbia in parte rivisto la propria posizione (Comunicato AGCM n. 23 del 9.6.2014), risolvendosi a non impugnare un provvedimento applicativo del Regolamento n. 38/2013.

Ha quindi richiamato l’art. 34 (recante : “Liberalizzazione delle attività economiche ed eliminazione dei controlli ex-ante”) del d.l. n. 201/2011, convertito nella legge n. 214/2011 (c.d. decreto "salva Italia") il quale così disponeva:

“1. Le disposizioni previste dal presente articolo sono adottate ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lettere e) ed m), della Costituzione, al fine di garantire la libertà di concorrenza secondo condizioni di pari opportunità e il corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonché per assicurare ai consumatori finali un livello minimo e uniforme di condizioni di accessibilità ai beni e servizi sul territorio nazionale.

2. La disciplina delle attività economiche è improntata al principio di libertà di accesso, di organizzazione e di svolgimento, fatte salve le esigenze imperative di interesse generale, costituzionalmente rilevanti e compatibili con l'ordinamento comunitario, che possono giustificare l'introduzione di previ atti amministrativi di assenso o autorizzazione o di controllo, nel rispetto del principio di proporzionalità.

3. Sono abrogate le seguenti restrizioni disposte dalle norme vigenti:

a) il divieto di esercizio di una attività economica al di fuori di una certa area geografica e l'abilitazione a esercitarla solo all'interno di una determinata area;

b) l'imposizione di distanze minime tra le localizzazioni delle sedi deputate all'esercizio di una attività economica;

c) il divieto di esercizio di una attività economica in più sedi oppure in una o più aree geografiche;

d) la limitazione dell'esercizio di una attività economica ad alcune categorie o divieto, nei confronti di alcune categorie, di commercializzazione di taluni prodotti;

e) la limitazione dell'esercizio di una attività economica attraverso l'indicazione tassativa della forma giuridica richiesta all'operatore;

f) l'imposizione di prezzi minimi o commissioni per la fornitura di beni o servizi;

g) l'obbligo di fornitura di specifici servizi complementari all'attività svolta.

4. L'introduzione di un regime amministrativo volto a sottoporre a previa autorizzazione l'esercizio di un'attività economica deve essere giustificato sulla base dell'esistenza di un interesse generale, costituzionalmente rilevante e compatibile con l'ordinamento comunitario, nel rispetto del principio di proporzionalità.

5. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato è tenuta a rendere parere obbligatorio, da rendere nel termine di trenta giorni decorrenti dalla ricezione del provvedimento, in merito al rispetto del principio di proporzionalità sui disegni di legge governativi e i regolamenti che introducono restrizioni all'accesso e all'esercizio di attività economiche.

6. Quando è stabilita, ai sensi del comma 4, la necessità di alcuni requisiti per l'esercizio di attività economiche, la loro comunicazione all'amministrazione competente deve poter essere data sempre tramite autocertificazione e l'attività può subito iniziare, salvo il successivo controllo amministrativo, da svolgere in un termine definito;
restano salve le responsabilità per i danni eventualmente arrecati a terzi nell'esercizio dell'attività stessa.

7. Le Regioni adeguano la legislazione di loro competenza ai principi e alle regole di cui ai commi 2, 4 e 6.

8. Sono escluse dall'ambito di applicazione del presente articolo le professioni, il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea, i servizi finanziari come definiti dall'art. 4 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 e i servizi di comunicazione come definiti dall'art. 5 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato”.

Ha quindi osservato che detta norma faceva temporalmente seguito ad una pregressa disposizione liberalizzatrice, contenuta nell’art. 3 del d.l. n. 138/2011, laddove era stato espressamente chiarito che:

“Comuni, Province, Regioni e Stato, entro il 30 settembre 2012, adeguano i rispettivi ordinamenti al principio secondo cui l'iniziativa e l'attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge nei soli casi di:

a) vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali;

b) contrasto con i principi fondamentali della Costituzione;

c) danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana e contrasto con l'utilità sociale;

d) disposizioni indispensabili per la protezione della salute umana, la conservazione delle specie animali e vegetali, dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio culturale;

e) disposizioni relative alle attività di raccolta di giochi pubblici ovvero che comunque comportano effetti sulla finanza pubblica.”.

Secondo il Consiglio il “doveroso coordinamento di detta normativa implica che in via di principio non sia precluso alla legge (e, su disposizione di quest’ultima, a cascata, alle fonti secondarie attuative) di imporre restrizioni ad attività “che comunque comportano effetti sulla finanza pubblica”, quale, indubbiamente, è quella relativa alla rivendita di prodotti da fumo”.

Nel porre a raffronto tale normativa, con il richiamato testo dell’art. 24, comma 42, del cit. d.l. n. 98/2011, ha quindi concluso che “Non è quindi arbitrario fare discendere da tale disposizione di legge il convincimento per cui ogni misura “liberalizzatrice”, ove incidente sulla rivendita di generi di monopolio, poteva dettare prescrizioni che tengano conto del “necessario contemperamento della tutela della concorrenza, l'esigenza di garantire all'utenza una rete di vendita capillarmente dislocata sul territorio, con l'interesse pubblico primario della tutela della salute consistente nel prevenire e controllare ogni ipotesi di offerta di tabacco al pubblico non giustificata dall'effettiva domanda di tabacchi”.

In sostanza, “la diretta – e chiarissima – prescrizione della lett. a del comma 42 del citato art. 24, in quanto disposizione specifica diretta a normare in via generale la rivendita di generi di monopolio” costituisce la “norma speciale” alla quale deve rapportarsi “la - equiordinata ed addirittura contenuta nello stesso testo di legge - disposizione, di cui al comma 8 dell’art. 28 (recante Razionalizzazione della rete distributiva dei carburanti) D.L. 6-7-2011 n. 98, di seguito riportata:

“Al fine di incrementare la concorrenzialità, l'efficienza del mercato e la qualità dei servizi nel settore degli impianti di distribuzione dei carburanti, è sempre consentito in tali impianti:

a) l'esercizio dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande di cui all'articolo 5, comma 1, lettera b), della legge 25 agosto 1991, n. 287, fermo restando il rispetto delle prescrizioni di cui all'articolo 64, commi 5 e 6, e il possesso dei requisiti di onorabilità e professionali di cui all'articolo 71 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59”.

Premesso dunque che nessuna norma vieta che particolari tipi di rivendite speciali “vengano assoggettate a norme diverse e peculiari, in sede di normazione secondaria”, rimane da verificare se le prescrizioni ivi dettate, rispondano al requisito della “ragionevolezza, in relazione alla specificità del sito ove esse devono essere allocate, e della proporzionalità rispetto alle altre esigenze che si vogliono e si devono garantire (massime, come prima dimostrato, la salute pubblica)”.

2.2.2. Nel caso di specie, va soggiunto che, salvo una generica incompetenza della fonte secondaria (che si è già confutata), parte ricorrente non ha gravato specificamente le previsioni del d.m. sotto il profilo della ragionevolezza e/o proporzionalità.

Ad ogni buon conto, giova anche in questo caso richiamare quanto affermato dal Consiglio di Stato, in particolare per ciò che concerne la disciplina delle distanze, di cui viene il d.m. n. 38/2013, fa innovativamente applicazione anche nei confronti delle rivendite speciali da ubicarsi presso gli impianti di distribuzione di carburanti.

Secondo il Consiglio, le previsioni differenziate dettate per tali esercizi riposano oggi nelle norme del d.l. n. 98/2011, “nella parte in cui individuano quale esigenza da soddisfare (o comunque da tenere presente, per contemperarla con quella relativa alla “apertura del mercato” della vendita dei tabacchi) quella della tutela della salute da una “sovraofferta” di prodotti da fumo”.

Inoltre, quanto alla previsione, del comma 13 del ripetuto art. 6 del d.m. n. 38/2013 - che non pone alcun limite, di alcun genere, al rilascio/rinnovo del patentino - il Consiglio ha così spiegato la, solo apparente, contraddizione con la finalità di tutela della salute da cui muovono invece le più restrittive prescrizioni del medesimo decreto.

“Il c.d. “patentino” è normato sub art. 23 della legge n. 1293 del 1957.

Quest’ultimo testo di legge è stato espressamente richiamato dall’art. 28 comma 8 lett. b del d.l. n. 98/2011 recante “razionalizzazione della rete distributiva dei carburanti” che così dispone: “l'esercizio dell'attività di un punto di vendita non esclusivo di quotidiani e periodici senza limiti di ampiezza della superficie, nonché, tenuto conto delle disposizioni degli articoli 22 e 23 della legge 22 dicembre 1957, n. 1293, l'esercizio della rivendita di tabacchi, nel rispetto delle norme e delle prescrizioni tecniche che disciplinano lo svolgimento delle attività di cui alla presente lettera, presso gli impianti di distribuzione carburanti con una superficie minima di 500 mq, a condizione che, per la rivendita di tabacchi, la disciplina urbanistico-edilizia del luogo consenta all'interno di tali impianti la costruzione o il mantenimento di locali chiusi, diversi da quelli al servizio della distribuzione di carburanti, con una superficie utile minima non inferiore a 30 mq;
”.

Il predetto art. 23 della legge n. 1293 del 1957 (“Salvo quanto previsto per le rivendite ordinarie e speciali, l'Amministrazione può consentire la vendita dei generi di monopolio nei pubblici esercizi, nei luoghi di ritrovo e di cura e negli spacci cooperativi.

L'autorizzazione è effettuata a mezzo di patentino.

La rivendita ordinaria più vicina al locale cui è concesso il patentino rifornisce quest'ultimo dei generi, salvo diversa determinazione dell'Amministrazione”) chiarisce quale sia il connotato oggettivo che caratterizza il c.d. “patentino”: per semplificare, esso consente la vendita degli stessi prodotti che sarebbero disponibili presso le rivendite speciali, pur restando in uno stato di “dipendenza” rispetto alla rivendita ordinaria più vicina.”.

Il Consiglio ha fatto in particolare osservare che se è vero che le rivendite speciali costituiscono un “minus” rispetto a quelle “ordinarie” (le rivendite ubicate presso particolari strutture devono avere esclusivo accesso dalla struttura ospitante e non possono essere dotate di ingressi autonomi e diretti sulla pubblica via), esse possono esporre l’insegna regolamentare o la scritta “tabacchi” all’esterno della struttura medesima, ove insistano in stazioni di servizio su autostrade o di stazioni di servizio automobilistiche come sopra definite.

Non così per il c.d. “patentino”: quest’ ultimo, infatti, (che ha carattere di complementarietà e costituisce mera espansione di una preesistente struttura di vendita, non sovrapponibile alla stessa e giustificato dalla necessità di erogazione del predetto servizio in luoghi e tempi in cui tale servizio non può essere svolto dalle rivendite ordinarie) non può essere attivato se presso la rivendita più vicina risulti installato un distributore automatico di tabacchi lavorati e la stessa rivendita sia a distanza inferiore a quella di cui all’art.

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