TAR Lecce, sez. III, sentenza 2020-03-20, n. 202000342

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Lecce, sez. III, sentenza 2020-03-20, n. 202000342
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Lecce
Numero : 202000342
Data del deposito : 20 marzo 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/03/2020

N. 00342/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00773/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce - Sezione Terza

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 773 del 2019, proposto da
-OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli Avvocati P M e Alessandro D'Oria, con domicilio digitale come da P.E.C. da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’Avvocato P M in Lecce, Piazzetta Duca D'Enghien, n. 1;

contro

Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Lecce, Piazza S. Oronzo;

per l'annullamento:

- del provvedimento del Direttore Generale del Dipartimento dell'Organizzazione Giudiziaria del Personale e dei Servizi del Ministero della Giustizia datato 28 marzo 2019, notificato il 3 maggio 2019, con cui è stata rigettata l’istanza del 7 agosto 2017, con la quale il ricorrente ha chiesto di essere trasferito nei ruoli dell’Amministrazione Giudiziaria, ai sensi del Decreto Legislativo 30 ottobre 1992, n. 443;

- del decreto del Direttore Generale del Personale e delle Risorse del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia datato 2 maggio 2019, notificato il 10 maggio 2019, con cui è stato decretato che l’odierno ricorrente “è dispensato dal servizio per infermità a decorrere dalla data del presente decreto”:

- di tutti gli atti a questi comunque connessi, in quanto lesivi.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 gennaio 2020 la dott.ssa M L R e uditi per le parti l’Avvocato P. Mormando e l’Avvocato dello Stato M. Invitto;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il ricorrente, Assistente Capo di Polizia Penitenziaria, è stato dichiarato in data 19 luglio 2017 (con giudizio medico - legale espresso dal Dipartimento Militare di Medicina Legale di -OMISSIS-, C.M.O. distaccata di -OMISSIS-) “non idoneo permanentemente al servizio di istituto” ed “idoneo al transito nei Ruoli Civili dell’Amministrazione Penitenziaria o di altre Amministrazioni dello Stato, come previsto dall’art. 75 del D. Lgs. 443/92”.

Con istanza del 7 agosto 2017, ha chiesto, ai sensi degli artt. 75 e ss. del Decreto Legislativo 30 ottobre 1992, n. 443, di poter essere ammesso al “profilo professionale di Commesso giudiziario presso il Tribunale -OMISSIS-” dei ruoli del personale del Comparto Ministeri del Ministero della Giustizia.

Con provvedimento datato 25 ottobre 2017, notificato il 12 dicembre 2017, il Direttore Generale del Ministero della Giustizia - Dipartimento dell’Organizzazione Giudiziaria, del Personale e dei Servizi - Direzione Generale del Personale e della Formazione ha rigettato la predetta istanza del 7 agosto 2017.

Con il consequenziale decreto del 13 dicembre 2017, notificato il 27 gennaio 2018, il Direttore Generale del Ministero della Giustizia - Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria - Direzione Generale del Personale e delle Risorse ha, poi, disposto la sua dispensa “dal servizio per infermità a decorrere dal 13/12/2017”.

Avverso tali provvedimenti è insorto il Sig. -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- con ricorso n. 191/2018, definito con la sentenza n. -OMISSIS- dell’-OMISSIS-, con cui questa Sezione, preso atto dell’avvenuto autoannullamento del citato decreto direttoriale del 13 dicembre 2017, ha statuito che il ricorso:

<<- deve essere in parte accolto per difetto di adeguata motivazione, in relazione alla domanda di annullamento del diniego di trasferimento del 25 ottobre 2017, che va, per l’effetto, annullato;

- in parte, è divenuto improcedibile per cessazione della materia del contendere, riguardo all’impugnazione del conseguente decreto di dispensa dal servizio, datato 13 dicembre 2017;

- e in parte deve essere dichiarato inammissibile, quanto alla formulata domanda di accertamento e declaratoria del (preteso) diritto del sig. …… “ad essere trasferito nelle corrispondenti qualifiche di altri ruoli dell’Amministrazione penitenziaria o di altre amministrazioni dello Stato, così come previsto dall’art. 75 del D. Lgs. 443/’92 ”>>.

Ora, a seguito del riesercizio del potere amministrativo da parte delle competenti PP.AA., il ricorrente impugna, domandandone l’annullamento:

- il provvedimento del Direttore Generale del Dipartimento dell’Organizzazione Giudiziaria del Personale e dei Servizi - Direzione Generale del personale e della formazione del Ministero della Giustizia, datato 28 marzo 2019, notificato il 3 Maggio 2019, recante il rigetto dell’istanza del 7 agosto 2017, con la quale il ricorrente “ha chiesto di essere trasferito nei ruoli dell’Amministrazione Giudiziaria, ai sensi del D. Lgs. 30 ottobre 1992, n. 443, in quanto dalla documentazione relativa al dipendente non si individua la possibilità di un’utile collocazione all’interno di questa Amministrazione giudiziaria”;

- il consequenziale decreto del Direttore Generale del Personale e delle Risorse del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia, datato 2 maggio 2019, notificato il 10 maggio 2019, con cui è stato disposto che l’odierno ricorrente “è dispensato dal servizio per infermità a decorrere dalla data del presente decreto”;

- tutti gli atti a questi comunque connessi, in quanto lesivi.

A sostegno dell’impugnazione interposta deduce le seguenti censure così rubricate:

1) Violazione e falsa applicazione del comma 10 dell’art. 76 del Decreto Legislativo n. 443 del 30 ottobre 1992 - Formazione del silenzio assenso sull’istanza di transito nei ruoli civili;

2) Violazione e falsa applicazione degli artt. 75, 76 e 77 del Decreto Legislativo n. 443 del 30 ottobre 1992 - Eccesso di potere per irragionevolezza dell’azione amministrativa, difetto di istruttoria e di motivazione;

3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 78 del Decreto Legislativo n. 443 del 30 ottobre 1992.

Si è costituito in giudizio, per il tramite dell’Avvocatura Distrettuale Erariale, il Ministero della Giustizia, contestando le avverse pretese e chiedendo il rigetto del gravame.

Con decreto presidenziale -OMISSIS-, n. -OMISSIS-, è stata rigettata l’istanza di misure cautelari monocratiche incidentalmente presentata dal ricorrente, “ Considerato che, a prescindere - allo stato - da ogni valutazione sull’esistenza del fumus boni juris (che, nel particolare caso di specie, appare opportuno riservare al Collegio, all’esito della completa esplicazione del contraddittorio tra le parti in causa), tenuto conto che i provvedimenti impugnati sono stati notificati all’odierno ricorrente il 3 Maggio 2019 e 10 Maggio 2019, nel mentre il ricorso contenente l’istanza di misure cautelari urgenti presidenziali è stato (per libera scelta della parte ricorrente) depositato solo in data odierna, non si ravvisa la presenza di un pregiudizio di estrema gravità ed urgenza tale da non consentire dilazione nemmeno sino alla data della prossima Camera di Consiglio utile della Sezione ”.

Con ordinanza -OMISSIS-, n. -OMISSIS-, questa Sezione ha accolto l’istanza di misure cautelari collegiali incidentalmente formulata dal ricorrente, con la seguente testuale motivazione:

Considerato che, ad una sommaria delibazione propria della fase cautelare del giudizio, talune delle censure formulate nel ricorso appaiono fondate, in quanto gli artt. 75 e seguenti del Decreto Legislativo 30 Ottobre 1992 n° 443, avendo l’evidente finalità di tutelare nel massimo grado possibile il diritto al lavoro del personale del Corpo di Polizia Penitenziaria che, riconosciuto inidoneo al servizio d’istituto per motivi di salute, possa invece espletare differenti mansioni lavorative anche presso altre Amministrazioni dello Stato, devono essere interpretati nel senso che, ferma restando la facoltà della P.A. ricevente di valutare autonomamente (discrezionalmente, ragionevolmente e con adeguata motivazione) l’esistenza o meno dei requisiti soggettivi dell’istante di idoneità morale, fisica e di quelli attitudinali ad espletare la specifica attività di pubblico impiegato presso la P.A. di destinazione, - tuttavia - prima di escludere la possibilità di un’utile collocazione dello stesso all’interno dell’Amministrazione di destinazione debba necessariamente essere considerata anche l’ulteriore possibilità di utilizzazione dell’istante nel profilo professionale proprio dell’Amministrazione di destinazione (“Commesso giudiziario”) rientrante nella posizione funzionale inferiore a quella rivestita nell’Amministrazione di provenienza, allorquando (come nel caso di specie) via sia stata un’esplicita richiesta in tal senso presentata dall’interessato nell’istanza di transito nei ruoli civili. Ritenuto, altresì, esistente il pregiudizio grave ed irreparabile allegato dal ricorrente >>.

Con ordinanza 30 agosto 2019, n. 4272, la Quarta Sezione del Consiglio di Stato ha respinto l’appello cautelare proposto dall’Amministrazione resistente avverso la citata ordinanza n. -OMISSIS-/2019, così testualmente argomentando:

<< Ritenuto che, pure nei limiti della cognizione propria della tutela cautelare, l’appello cautelare non appare fondato in quanto:

a) il provvedimento di transito in altra Amministrazione o in altro ruolo è fondato sull’accertata inidoneità dell’interessato ad assolvere i compiti di istituto per motivi di salute e a esso è estranea qualunque valutazione negativa del comportamento dell’impiegato e comunque qualsiasi profilo sanzionatorio (Corte cost., sent. 13 novembre 2009, n. 294, § 2.1 del considerato in diritto);

b) con il consenso del dipendente, l’Amministrazione ha un onere di ricerca di una riutilizzazione in mansioni inferiori (Cons. Stato, sez. IV, 26 gennaio 2007, n. 307), in quanto è principio generale, proprio dell'ordinamento del pubblico impiego, che “ il personale inidoneo al servizio per ragioni di salute, prima di essere dispensato, deve essere posto nelle condizioni di continuare a prestare servizio nell’assolvimento di compiti e funzioni compatibili con le sue condizioni di idoneità fisica” (Corte cost., ord. 10 febbraio 2006, n. 56) >>.

Parte ricorrente ha successivamente svolto e ribadito le proprie difese.

All’udienza pubblica del 14 gennaio 2020, su istanza di parte, la causa è stata introitata per la decisione.

DIRITTO

1. - Il ricorso è fondato nel merito e deve essere, quindi, accolto.

2. - Va, innanzitutto, precisato che non può ritenersi formato l’invocato silenzio - assenso sull’istanza di transito nei ruoli civili in esame, ai sensi dell’art. 76, commi 10 e 11, del Decreto Legislativo n. 443/1992 (statuenti, rispettivamente, che “ 10. L’amministrazione alla quale è stata inoltrata la istanza da parte del personale di cui all’articolo 75 si dovrà pronunciare entro il termine di 150 giorni dalla data di ricevimento dell’istanza stessa ” e che, “ 11. Qualora nel termine sopraindicato l’Amministrazione non si sia pronunciata, l’istanza si intende accolta ”): vanno, quindi, disattesi i rilievi del ricorrente, secondo cui, essenzialmente, sommando i termini sospesi tra il primo diniego (impugnato nel ricorso n. 191/2018, definito con la sentenza di questa Sezione n. -OMISSIS- dell’-OMISSIS-) e il secondo nuovo rigetto (qui gravato), quest’ultimo sarebbe stato “adottato dopo il decorso di 155 giorni dalla data in cui l’Amministrazione giudiziaria ha avuto contezza dell’istanza presentata dal sig. -OMISSIS-”, con la conseguente asserita formazione del provvedimento tacito di accoglimento dell’istanza in questione.

2.1 - Osserva, infatti, il Collegio che i termini di cui al menzionato art. 76, commi 10 e 11, del Decreto Legislativo n. 443/1992 devono intendersi interrotti (e non già sospesi) dalla notificazione del ricorso introduttivo del precedente giudizio (n. 191/2018), in applicazione analogica degli artt. 2943 e 2945 del Codice Civile e, comunque, tali termini vanno calcolati con riferimento non già alla data della notifica del nuovo diniego all’interessato (3 maggio 2019), bensì in relazione alla data di adozione del nuovo diniego (28 marzo 2019), che segna la definitiva manifestazione della volontà (negativa) della P.A..

3. - Ciò premesso, le principali censure formulate dal ricorrente incentrate, essenzialmente, sulla mancata ricerca, da parte dell’Amministrazione resistente, di una possibile riutilizzazione dell’interessato in altri ruoli e mansioni, anche inferiori (pure esplicitamente richieste, con l’espressa indicazione del profilo di “Commesso giudiziario”), sono, invece, fondate.

4. - Giova rammentare che l’art. 75 (“ Utilizzazione del personale invalido ”) del Decreto Legislativo 30 ottobre 1992, n. 443 (“ Ordinamento del personale del Corpo di polizia penitenziaria, a norma dell'art. 14, comma 1, della L. 15 dicembre 1990, n. 395 ”) dispone, in particolare, che:

1. Il personale del Corpo di polizia penitenziaria, giudicato assolutamente inidoneo per motivi di salute, anche dipendenti da causa di servizio, all’assolvimento dei compiti d’istituto può, a domanda, essere trasferito nelle corrispondenti qualifiche di altri ruoli dell’Amministrazione penitenziaria o di altre amministrazioni dello Stato, sempreché l’infermità accertata ne consenta l’ulteriore impiego ”.

Il successivo art. 76 del citato Decreto Legislativo 30 ottobre 1992, n. 443, nel disciplinare le “ Modalità di trasferimento ”, prevede, al comma 9, che l’Amministrazione ricevente “ può sottoporre il personale interessato a visita medica ed a prova teorica o pratica, secondo modalità da fissarsi con decreto del Ministro competente ”.

5. - In linea generale, è stato condivisibilmente ritenuto che le disposizioni contenute nei menzionati artt. 75 e 76 del Decreto Legislativo 30 ottobre 1992 n. 443 hanno chiara finalità sociale, in quanto rivolte a tutelare nel massimo grado possibile il diritto al lavoro del dipendente che, riconosciuto inidoneo al servizio d’istituto, possa, invece, espletare altre mansioni anche presso Amministrazioni diverse da quella di Grazia e Giustizia (T.A.R. Lazio, Sezione Prima, 1° marzo l999, n. 516).

È stato, poi, anche di recente ribadito (si veda Consiglio di Stato, Sezione Seconda, 20 maggio 2019, n. 3203, nel confermare l’orientamento espresso dal Consiglio di Stato medesimo con la precedente <<sentenza, sez. IV, 26 gennaio 2007, n. 307 ”), che << sussiste l’onere in capo all’Amministrazione di appartenenza di ricercare un possibile reimpiego del dipendente inabile al servizio anche in mansioni inferiori a quelle richieste, purché tale diversa nuova attività del dipendente risponda alle esigenze organizzative dell’Amministrazione stessa. Si è osservato, sul punto che “Milita, peraltro, a favore di questa interpretazione, la stessa nozione di capacità di lavoro del dipendente, alla quale fa riferimento l’art. 1 della legge n. 222 del 1984 (il cui regime è stato esteso al comparto del pubblico impiego dall’art. 2, comma 12 della legge n. 335/1995) ai fini della valutazione della sussistenza del requisito sanitario richiesto per l’attribuzione dell’assegno di invalidità, consistente nella idoneità a svolgere, in primo luogo, il lavoro di fatto espletato al momento della dedotta menomazione (capacità specifica) ed inoltre tutti i lavori che l’assicurato per età, condizioni fisiche, preparazione culturale ed esperienze professionali sia in grado di svolgere (capacità generica), i quali vengono in considerazione in caso di accertata inidoneità del dipendente allo svolgimento del lavoro proprio (cfr. Cass., 9 marzo 2001, n. 3519;
Cass., 26 febbraio 2004, n. 3912);
e fra questi lavori rilevano, in subordine, anche quelli riconducibili a ‘mansioni inferiori’, che, ove accettati dall’interessato, gli consentono comunque, da un lato, di impegnare proficuamente le componenti psico-fisiche della sua personalità e soddisfare così la sua stessa dignità, dall’altro, di procurarsi mezzi adeguati di sostentamento”>>.

In definitiva, come già rilevato dalla Sezione nella fase cautelare del giudizio, l’art. 75 e ss. del Decreto Legislativo 30 ottobre 1992 n. 443, avendo l’evidente finalità di tutelare nel massimo grado possibile il diritto al lavoro del personale del Corpo di Polizia Penitenziaria (che, riconosciuto inidoneo al servizio d’istituto per motivi di salute, possa invece espletare differenti mansioni lavorative anche presso altre Amministrazioni dello Stato), devono essere interpretate nel senso che, ferma restando la facoltà della P.A. ricevente di valutare autonomamente (discrezionalmente, ragionevolmente e con adeguata motivazione) l’esistenza o meno dei requisiti soggettivi dell’istante di idoneità morale, fisica e di quelli attitudinali ad espletare la specifica attività di pubblico impiegato presso la P.A. di destinazione, - tuttavia - prima di escludere la possibilità di un’utile collocazione dello stesso all’interno dell’Amministrazione di destinazione debba necessariamente essere considerata anche l’ulteriore possibilità di utilizzazione dell’istante nel profilo professionale proprio dell’Amministrazione di destinazione rientrante nella posizione funzionale inferiore a quella rivestita nell’Amministrazione di provenienza.

6. - Nel caso di specie, il nuovo gravato diniego del 28 marzo 2019 ha disposto il rigetto dell’istanza del 7 agosto 2019, “in quanto dalla documentazione relativa al dipendente non si individua la possibilità di un’utile collocazione all’interno di questa Amministrazione giudiziaria”, così testualmente motivando:

<< Letta la sentenza del T.A.R. per la Puglia sez. Lecce in data -OMISSIS- n. -OMISSIS- che ha annullato il PDG di diniego del 25 ottobre 2017 per difetto di adeguata motivazione, di modo che occorre procedere nuovamente esplicitando i presupposti storici e logici della decisione, all’esito di adeguata istruttoria procedimentale;

Letta la documentazione relativa al dipendente, trasmessa con nota del 29 settembre 2017, dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria al fine di valutare i requisiti soggettivi dell’istante;

Rilevato che il sig. -OMISSIS- risulta gravato da n. 6 procedimenti disciplinari così sanzionati:

- sospensione dal servizio per mesi 6 dal 1.6.94 al 30.11.94 per violazione dell’art. 5 co. 3, lett. f) del D.Lgs. 449/92;

- censura per violazione dell’art. 2, lett. c) del D.Lgs. 449/92;

- sospensione dal servizio per mesi l dal 30.01.2014 al 28.02.2014 per violazione dell’art. 5 co. 3 lett. e), f), g) del D.Lgs. 449/92;

- pena pecuniaria per 5/30 di una mensilità per violazione dell’art. 3 co. 1, lett. f) del D.Lgs. 449/92;

- sospensione dal servizio per mesi 1 dal 26.03.2015 al 25.04.2015 per violazione dell’art. 5 del D.Lgs. 449/92;

- sospensione dal servizio per mesi 6 dal 1.11.16 al 30.05.17 per violazione dell’art. 5 co. 3, lett. f) del D.Lgs. 449/92;

- nonché da un procedimento penale davanti al Tribunale di -OMISSIS- con imputazione del reato di cui all’art. 612 co. 1 e 2 cpv. c.p., definito con sentenza n. 733/16 di “non doversi procedere in relazione per il reato ascritto per essersi esso estinto per esito favorevole della messa alla prova”;

- Letto il verbale del Dipartimento Militare di Medicina Legale di -OMISSIS- del 19 luglio 2017 di accertamento sanitario iniziato in data 7 novembre 2016 per le seguenti infermità: “documentato uso di sostanze psicotrope (Cannabinoidi, cocaina ed eroina) nel passato prossimo”;

- Visto l’art. 3 n. 1 e n. 2 del Decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62 - Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell’articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 che disciplina la condotta del dipendente pubblico nel rispetto dei principi di integrità e correttezza;

Visto il Codice di Comportamento dei Dipendenti del Ministero della Giustizia ai sensi dell’art. 54, del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165 adottato con Decreto del 23 febbraio 2018 che statuisce i doveri di diligenza e lealtà del dipendente della Giustizia;

Rilevata, altresì, la specificità e la delicatezza dei compiti espletati dal personale delle segreterie e cancellerie giudiziarie che impongono un oggettivo e rigoroso vaglio dei requisiti di integrità e correttezza dei propri dipendenti;

Vista la richiesta di trasferimento con la qualifica di commesso giudiziario, del Sig -OMISSIS-, Assistente Capo di Polizia Penitenziaria;

Rilevato che l’art. 78, comma 2, del D.Lgs. n.443/92, recita che “il personale trasferito è inquadrato in soprannumero, riassorbibile con la cessazione dal servizio per qualsiasi causa del personale stesso nella qualifica corrispondente a quella rivestita al momento del trasferimento, conservando l’anzianità nella qualifica ricoperta, l’anzianità complessivamente maturata e la posizione economica acquisita” e che pertanto, il. Sig. …, nell’eventualità di un passaggio nei ruoli di questa Amministrazione, potrà essere inquadrato esclusivamente con la figura professionale di assistente giudiziario, seconda area, F3, ed attribuzione della mansioni proprie come rimodulate nei nuovi profili professionali di cui al D.M. 9 novembre 2017;

Valutati i requisiti soggettivi dell’istante e gli aspetti oggettivi delle mansioni specifiche dell'assistente profilo professionale che prevede, fra l’altro, l’assistenza al magistrato anche in udienza, non si individua la possibilità di un’utile e opportuna collocazione del sig. …. all’interno dell’organizzazione giudiziaria>>.

6.1 - Orbene, la - pur articolata - motivazione del gravato diniego risulta, tuttavia, contrastare con i richiamati artt. 75 e seguenti del Decreto Legislativo 30 ottobre 1992 n. 443, come innanzi interpretati, in quanto l’Amministrazione resistente, dopo che il Signor -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- veniva dichiarato idoneo ad essere impiegato nelle corrispondenti aree funzionali del personale civile a seguito di visita presso la C.M.O. in data19 luglio 2017, non ha provveduto a verificare un suo possibile reimpiego nelle mansioni inferiori di “Commesso giudiziario”, pure esplicitamente individuate e richieste con l’istanza di transito nei ruoli civili del 7 agosto 2017: ciò è in grado di inficiare l’operato dell’Amministrazione intimata, a prescindere dalle summenzionate circostanze diffusamente argomentate negli atti gravati.

7. - Per tutto quanto sopra illustrato, il ricorso deve essere accolto, e, per l’effetto, va disposto l’annullamento degli atti impugnati.

8. - Le spese processuali, ai sensi dell’art. 91 del c.p.c., seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

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