TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2021-09-01, n. 202109456

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2021-09-01, n. 202109456
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202109456
Data del deposito : 1 settembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/09/2021

N. 09456/2021 REG.PROV.COLL.

N. 07596/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7596 del 2020, proposto da
Ifinvest S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati R V, G G e G G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Banca d'Italia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati N D G, F S ed E C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

- del provvedimento di revoca dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività di concessione di finanziamento nei confronti del pubblico ai sensi degli artt. 106 e seguenti del d.lgs 1 settembre 1993, n. 385 e s.m.i. (TUB), prot. n. 1099058/20 del 26 agosto 2020 trasmesso con nota prot. n. 1099089/20 in pari data ex art. 113 ter, lettera a) del TUB;

- del rapporto ispettivo redatto ad esito degli accertamenti condotti dal 26 febbraio all'8 maggio 2020 e trasmesso con nota prot. n. 1098300/20 del 26 agosto 2020;

- per quanto occorrer possa, della contestazione formale prot. n. 1100842/20 del 27 agosto 2020, per violazione delle previsioni del TUB, ai sensi del procedimento sanzionatorio amministrativo ex art. 145 TUB, i cui esiti saranno impugnati avanti altra giurisdizione, il tutto notificato a mani in data 2 settembre 2020, nonché, per quanto occorrer possa, di ogni altro atto o provvedimento presupposto, connesso o consequenziale rispetto a quelli principalmente impugnati fra cui, segnatamente,

- del provvedimento prot. n. 0250428/20 del 24 febbraio 2020 con cui il direttore della sede di Napoli della Banca d'Italia aveva disposto che Ifinvest s.p.a. fosse sottoposta ad accertamenti ispettivi, ai sensi dell'art. 108, quinto comma, TUB;

- in parte qua, del provvedimento della Banca d'Italia, 18 dicembre 2012 e s.m.i., recante Disposizioni di vigilanza in materia di sanzioni e procedura sanzionatoria amministrativa, siccome richiamato (con rinvio palesemente dinamico) dal capitolo I del titolo VI della circolare della Banca d'Italia n. 288 del 3 aprile 2015 e s.m.i., recante Disposizioni di vigilanza per gli intermediari finanziari, anch'essa impugnata, ove occorrer possa, in parte qua;

nonché per la condanna dell'Amministrazione chiamata in giudizio alla rifusione di tutte le spese e dei compensi professionali relativi al presente giudizio, con tutti gli accessori come per legge, e alla restituzione del contributo unificato.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Banca d'Italia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 giugno 2021 - svolta ai sensi degli artt. 25 d.l. n. 137/2020 e 4 d.l. n. 28/2020 attraverso videoconferenza con l’utilizzo della piattaforma “Microsoft Teams” come previsto dalla circolare n. 6305 del 13/03/2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa - la dott.ssa O F;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La ricorrente ha chiesto al Tribunale di annullare, previa sospensione dell’efficacia, anche in via provvisoria, il provvedimento della Banca d’Italia prot. n. 1099058/20 del 26.08.2020 di revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività di concessione di finanziamenti nei confronti del pubblico ai sensi dell’art. 106 e ss. del d.lgs. n. 385/1993, il rapporto ispettivo redatto all’esito degli accertamenti condotti dal 26 febbraio 2020 all’8 maggio 2020 ed ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale;

Avverso gli atti impugnati, la ricorrente ha lamentato i seguenti motivi: 1) violazione o falsa applicazione di legge: artt. 3 e 7 della l.n. 241/1990, d.lgs. n. 385/1993, artt. 106 e ss, d.l. n. 18/2020 art. 103, eccesso di potere per carenza di istruttoria, motivazione erronea o carente, violazione del principio di proporzionalità;
2) violazione o falsa applicazione di legge: d.lgs. n. 385/1993, artt. 106 e ss, eccesso di potere per travisamento dei fatti presupposti, carente o erronea motivazione, illogicità, violazione dei principi di idoneità e proporzionalità;
3) violazione di legge: artt. 53 par 3 CDFUE (Carta di Nizza), art. 5 del Trattato sull’Unione Europea e relativo Protocollo sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità, art. 117 primo comma Cost., art. 1 primo comma e artt. da 7 a 10 bis della l.n. 241/1990 , falsa ed erronea applicazione di norme di diritto: artt. 106 e ss. TUB e segnatamente art. 113 ter, violazione del provvedimento della Banca d’Italia 18.12.2012 recante “Disposizioni di vigilanza in materia di sanzioni e procedura sanzionatoria amministrativa”, eccesso di potere, travisamento o mancata considerazione di fatti presupposti, violazione del principio di proporzionalità, motivazione erronea o carente.

Si è costituita in giudizio la Banca d’Italia, chiedendo il rigetto del ricorso, in quanto infondato.

Con decreto n. 6306/2020 del 9.10.2020 e con ordinanza n. 6750/2020 del 29.10.2020, il Presidente della Sezione II bis e il Tribunale hanno rigettato la richiesta di sospensiva;

Tale ultima pronuncia è stata, però, riformata dal Consiglio di Stato che, con ordinanza n. 448/2021 del 3.02.2021, ha accolto l’istanza cautelare di primo grado;

Con note di udienza del 14.06.2021 e del 15.06.2021, le parti hanno comunicato la pendenza del procedimento di autotutela avviato dalla Banca d’Italia per la revoca del provvedimento impugnato, chiedendo un rinvio della trattazione della causa.

All’udienza pubblica del 16.06.2021 la causa è stata trattenuta in decisione.

Successivamente a tale data, la Banca d’Italia ha depositato, dapprima nelle date del 19.07.2021 e del 21.07.2021, atti e documenti del procedimento di autotutela e, il 27.07.2021, il provvedimento conclusivo di tale procedimento, di revoca della revoca impugnata. La ricorrente da parte sua ha invece con memoria del 10.08.2021 fatto istanza di declaratoria di cessata materia del contendere con condanna dell’Amministrazione alla rifusione delle spese.

DIRITTO

Deve, in primo luogo, dichiararsi l’inammissibilità di tutti i depositi successivi al passaggio in decisione della presente causa, ininfluenti ed inutilizzabili per la presente decisione in quanto effettuati oltre i termini stabiliti dal c.p.a., quando alle parti era ormai preclusa qualsiasi ulteriore deduzione, in violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa della controparte e non ricadenti nell’unica ipotesi di eccezione ammessa, quella dello ius superveniens (cfr. Cons. St. Sez. V, 12.10.2004 n. 6574).

Quanto al merito della causa, la ricorrente, società per azioni autorizzata dal 2017 all’esercizio dell’attività di concessione di finanziamenti con atto della Banca d’Italia n. 1271712/20, ha dedotto a) di operare a supporto sia di numerose microimprese e p.m.i. sia di gruppi più grandi come il Muccillo Group “riferibile alla famiglia degli azionisti di maggioranza di Ifinvest s.p.a.”;
b) di essere stata fin dal momento del rilascio della suddetta autorizzazione sotto l’attento controllo della Banca d’Italia, che le aveva posto alcune condizioni per l’esercizio dell’attività de qua ed aveva successivamente convocato ad una riunione nella sede di Napoli i suoi amministratori, trasmettendole, poi, un elenco di “ grandi esposizioni” con la richiesta di dettagliate informazioni su numerosi elementi quali la qualità del credito, i “clienti connessi” e la “gestione prevista”;
c) di aver tempestivamente risposto a tale richiesta, inviando alla Banca d’Italia la nota del 27.12.2019 ed un’ampia relazione sul tema;
d) di essere stata sottoposta con provvedimento del 24.02.20120 ad accertamenti ispettivi protrattisi per oltre 2 mesi (dal 26.02.2020 all’8.05.2020) con modalità da remoto;
e) di aver ricevuto nella stessa data del 26.08.2020 sia la nota di trasmissione del rapporto ispettivo con gli allegati, sia il provvedimento di revoca dell’autorizzazione ai sensi dell’art. 113 ter lett. a TUB dovuto al fatto che gli accertamenti ispettivi si erano conclusi con un giudizio complessivo “sfavorevole” a causa di “gravi anomalie gestionali”, “rilevanti carenze degli assetti organizzativi e di controllo”, una “situazione di squilibrio economico patrimoniale”, una “redditività strutturalmente negativa” e “fondi propri inferiori al minimo richiesto per l’esercizio dell’attività” ed erano state riscontrate “irregolarità eccezionalmente gravi nell’amministrazione, ovvero violazioni eccezionalmente gravi delle disposizioni legislative amministrative o statutarie che regolano l’attività dell’intermediario”.

Alla luce di tali circostanze, la ricorrente ha sostenuto che la Banca d’Italia nelle “considerazioni di sintesi” del rapporto ispettivo non avesse tenuto “conto della (sua) effettiva dimensione …. e del suo giro di attività”, giudicando il contesto soggettivo ed oggettivo della sua operatività come un elemento negativo e dando luogo, così, ad una “incomprensione” che era sintomo di grave carenza di istruttoria.

Il rapporto stesso sarebbe stato, secondo la ricorrente, irrimediabilmente inficiato da “mancati approfondimenti” e “superficiali verifiche”, essendosi basato su un esame del credito effettuato “solo sul 70% degli impieghi dell’anno precedente” e su controlli in materia di trasparenza e usura svolti anch’essi “solo sul 20% del portafoglio” nel corso di un procedimento condotto interamente da remoto.

La carenza di istruttoria del procedimento ispettivo avrebbe anche condotto ad “una evidente carenza o assenza di motivazione” delle sue conclusioni, che si sarebbe “tutta riversata, contagiandolo, nel provvedimento finale di revoca dell’autorizzazione”, caratterizzato da una grave “limitazione temporale”, essendo il provvedimento stato “emesso a fine agosto 2020, con riferimento a un rapporto ispettivo firmato l’11 giugno 2020, ma tutto basato su dati – per altro parziali – fino al 31 dicembre 2019”.

La ricorrente ha, inoltre, dedotto che l’eccessiva “inspiegabile fretta” dell’Amministrazione di concludere il procedimento, nonostante la delicata situazione emergenziale dovuta alla pandemia, aveva condotto la Banca d’Italia “a superare, eludendole, le regole dell’azione amministrativa”, omettendo l’invio della comunicazione di avvio del procedimento in violazione dell’art. 7 della l.n. 241/1990 in assenza di alcun motivo di urgenza, visto anche il protrarsi nel tempo del procedimento relativo.

I rilievi mossi dalla Banca d’Italia a seguito dell’ispezione sarebbero stati, poi, così esigui , “a fronte di un atto così drammatico e totale come la revoca dell’autorizzazione” e i dati utilizzati dall’Amministrazione per adottare il provvedimento così risalenti ed inattendibili che l’atto di revoca sarebbe risultato in contrasto anche con il principio di proporzionalità, essendo la situazione della società “ - già al momento dell’emissione del provvedimento impugnato – del tutto diversa da quella descritta dalla Banca d’Italia”.

Nel revocare l’autorizzazione alla ricorrente la Banca d’Italia non avrebbe, in particolare, adeguatamente considerato sia la peculiare funzione svolta da Ifinvest a supporto delle iniziative (piccole e micro) del territorio, sia lo specifico rapporto con il gruppo Muccillo/Resce che, lungi dal costituire un “rischio” per la sua solidità e stabilità economica, avrebbe costituito “un fattore di sostegno e di rassicurazione della stessa società”.

L’Amministrazione non avrebbe neppure vagliato gli effetti degli interventi “messi in cantiere o realizzati nel lungo periodo di tempo intercorso tra la chiusura dell’ispezione e la notificazione del provvedimento finale” di revoca dell’autorizzazione ed avrebbe agito in modo “sostanzialmente e strutturalmente … punitivo” nei confronti della società, andando ad interrompere tutta una serie di rapporti giuridici ed economici che si erano nel frattempo comunque trasformati, imponendo l’avvio necessario delle operazioni di liquidazione della società stessa, che sarebbe stata, poi, cancellata dal panorama giuridico, senza prendere in considerazione misure meno afflittive come il commissariamento ad tempus o la gestione provvisoria che avrebbero potuto consentire il recupero sostanziale dell’attività di Ifinvest s.p.a.

Con il provvedimento di revoca dell’autorizzazione e con gli altri atti impugnati la Banca d’Italia avrebbe ritenuto di essere dinanzi ad “una situazione di estrema criticità con specifico riguardo alla perdurante incapacità di assicurare il mantenimento di adeguati livelli patrimoniali in linea con le vigenti norme, alla strutturale incapacità di assicurare una idonea redditività, alle gravi carenze degli assetti di governo e controllo, alle criticità della struttura organizzativa, alle gravi anomalie gestionali”, giudicando le problematiche riscontrate di “eccezionale gravità” senza, in verità, spiegare le concrete motivazioni di tale valutazione, né le ragioni dell’inadeguatezza di tutte le misure meno invasive e “definitive” per la società, basandosi per di più su rilievi ed attività ispettive “tutte svolte da remoto”, senza dar modo ad Ifinvest di esercitare il suo diritto di difesa mediante la presentazione di deduzioni scritte e documenti in ordine agli addebiti contestati, e su un’istruttoria piuttosto risalente (essendosi l’ispezione conclusa l’8.05.2020 ed essendo il provvedimento di revoca stato adottato il 26.08.2020), il tutto in violazione, come anticipato, del principio di proporzionalità e senza adeguato bilanciamento “tra l’astratto interesse pubblico al ripristino della legalità violata e l’interesse imprenditoriale ed economico di Ifinvest s.p.a. di continuare - sistemate le criticità ed eliminate le pretese violazioni – la propria attività nel proprio contesto imprenditoriale e territoriale.

Tali censure non sono fondate e devono essere rigettate.

La ricorrente, intermediario finanziario attivo sin dal 1994 ed iscritto dal 10.12.2018 (con decorrenza dal 13.03.2018) nel (nuovo) Albo unico degli intermediari finanziari ex art. 106 TUB, operante, come detto, nell’ambito della concessione di finanziamenti a piccole e medie imprese della Provincia di Benevento e facente capo alla sig.ra A R (ex Presidente della società titolare al 31.12.2019 del 64,4% del capitale sociale ), dopo un iniziale preavviso di rigetto della sua istanza di autorizzazione ed un successivo aumento di capitale appena sufficiente a portare i fondi propri al di sopra della soglia minima, aveva ottenuto dalla Banca d’Italia l’autorizzazione de qua, accompagnata da prescrizioni relative alla realizzazione di misure di rafforzamento patrimoniale atte ad assicurare il ripianamento delle perdite pregresse ed una adeguata copertura dei rischi connessi all’attività svolta.

In seguito a numerose criticità emerse nello svolgimento della sua attività ed ai limitati riscontri forniti a seguito di un incontro dei suoi esponenti aziendali presso la sede di Napoli della Banca d’Italia, la società è stata sottoposta ad accertamenti ispettivi conclusisi, come già ricordato, con un giudizio complessivo “sfavorevole” motivato dal riscontro di gravi anomalie gestionali e rilevanti carenze organizzative e di controllo che avevano concorso a determinare una situazione di squilibrio economico-patrimoniale espressa da una redditività strutturalmente negativa, non adeguatamente rappresentata nelle segnalazioni di vigilanza e nella situazione contabile, risultate inattendibili.

Per effetto delle rettifiche ispettive, poi, veniva accertato che i fondi propri ammontavano ad appena € 848.000 e, dunque, ad un importo molto inferiore a quello segnalato dalla società (€ 2.931.000,00) e, soprattutto, alla soglia minima richiesta per l’esercizio dell’attività in questione (€ 2.000.000,00).

L’Amministrazione ha sottolineato che suddetta insufficienza patrimoniale non era stata colmata neppure dall’apporto di capitale (azioni per € 500.000,00) sottoscritto dal gruppo di controllo della società il 4.05.2020 appena prima della data di chiusura degli accertamenti ispettivi, che circa il 36% degli strumenti di capitale emessi tra il 2017 e il 2018 erano stati sottoscritti da soggetti beneficiari di assistenza finanziaria diretta ed indiretta da parte dell’intermediario e che, oltretutto, gli stessi strumenti erano stati spesso posti a garanzia dei finanziamenti accordati in violazione dell’art. 2358 c.c.

Anche il complessivo assetto di governo e controllo, espressione del gruppo Muccillo/Resce, era risultato connotato da diffuse e gravi carenze sia a livello di attività del CDA sia con riguardo all’agire del Collegio Sindacale: il CDA non aveva, infatti, assicurato neppure i presidi minimi al processo del credito, nè svolto alcun approfondimento sulla situazione del portafoglio, essendo privo di qualsiasi sistema in grado di intercettare le anomalie ed adottando, anzi, prassi per la determinazione delle rettifiche su crediti non ispirate a criteri di prudenza che avevano determinato un’ampia sottostima delle previsioni di perdita sui crediti e l’emersione in sede ispettiva di consistenti porzioni di crediti deteriorati, mentre il Collegio Sindacale non era apparso in grado di assicurare la sua opera di vigilanza, a cui si era aggiunta, per l’intero biennio 2018-2019 la mancata effettuazione dei riscontri di secondo e terzo livello devoluti alla Funzione Unica di Controllo.

L’esposizione al rischio di credito si era attestata su livelli critici, cosicchè al 31.12.2019 gli impieghi, (pari a € 6.100.000) erano rappresentati per il 50,6% da partite deteriorate, a propria volta costituite quasi per la metà da sofferenze con esigue possibilità di recupero. Tale circostanza si univa ad una situazione di grave disordine contabile ed al fatto che le segnalazioni di vigilanza effettuate dall’intermediario, inficiate da sistematici errori, erano risultate inattendibili.

I suddetti esiti degli accertamenti ispettivi hanno condotto la Banca d’Italia a riteneredel tutto ragionevolmente che la situazione aziendale fosse tale da non consentire a Ifinvest di continuare ad operare sul mercato. Ciò ha determinato l’adozione del provvedimento di revoca dell’autorizzazione ai sensi dell’art.113 ter comma 1 lett. a).

Al riguardo devono essere, in primo luogo, rigettate le censure di difetto di istruttoria, in quanto dai documenti in atti, gli accertamenti ispettivi sulla ricorrente, avviati in data 26.02.2020, risultano essere stati inizialmente condotti “in presenza” e solo per le necessità imposte dall’emergenza sanitaria COVID – 19 successivamente proseguiti “da remoto”.

La verifica appare essersi comunque svolta in modo approfondito, analitico ed accurato, con acquisizione durante i sopralluoghi “in presenza” di documenti ed informazioni altrimenti non reperibili e successiva analisi di essi condotta “a distanza”.

Infondate sono, in particolare, le doglianze di violazione delle garanzie partecipative e del diritto di difesa, essendo gli accertamenti stati eseguiti, comunque con il pieno coinvolgimento dell’intermediario (cfr. corrispondenza intercorsa tra Amministrazione e vertici aziendali sulla questione dei crediti deteriorati e su quella delle azioni cd. finanziate non computabili nei fondi propri) ed essendo la comunicazione di avvio della revoca stata legittimamente omessa in presenza delle condizioni di cui all’art. 7 comma 1 della l.n. 241/1990, a causa dell’estrema gravità dei fatti emersi durante gli accertamenti ispettivi, riferiti, tra l’altro, alle diffuse carenze nell’organizzazione e nei controlli interni, con speciale riferimento al processo del credito, nonché alle violazioni di disposizioni normative quali quelle in materia di fondi propri e di grandi esposizioni che hanno imposto con urgenza l’adozione della revoca, a tutela dei terzi e del mercato (cfr.

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