TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2018-05-02, n. 201804762
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Pubblicato il 02/05/2018
N. 04762/2018 REG.PROV.COLL.
N. 07311/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7311 del 2007, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli Avvocati D B e P B, con domicilio eletto presso il primo, in Roma, via R. Grazioli Lante n. 16;
contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato presso la quale è
ex lege
domiciliato, in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
per l'annullamento
del decreto n. 582/N del 7 maggio 2007 di rigetto della domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio e di concessione di equo indennizzo;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 13 aprile 2018 il dott. M P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
In data 16 settembre 1998 il ricorrente, già Sottufficiale dell’Arma dei Carabinieri, chiedeva il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della “ -OMISSIS- ”, diagnosticata il 22 marzo precedente presso l’Ospedale Santa Maria di Terni.
In data 14 giugno 2001 il medesimo, nelle more riammesso in servizio, veniva sottoposto a visita di idoneità presso la Commissione Medica Ospedaliera (CMO) di Perugia che lo giudicava non “ idoneo permanentemente ed in modo assoluto al servizio nell’Arma dei Carabinieri ” ma “ idoneo al transito nelle qualifiche funzionali del personale civile del Ministero della Difesa ”.
In data 22 giugno 2001, il ricorrente veniva nuovamente sottoposto a visita presso la medesima CMO per gli accertanti conseguenti alla citata istanza del 16 settembre 1998 venendo riscontrato affetto da “ -OMISSIS- ”.
Detta malattia non veniva, tuttavia, riconosciuta essere dipendente da causa di servizio poiché “ dall’esame degli atti ” risultava “ un’importante -OMISSIS- (-OMISSIS-) ” che induceva la CMO a ritenere che “ il servizio prestato non ” avesse “ costituito né la causa esclusiva né la concausa efficiente e preponderante ” e che, quindi, non sussistesse alcun “ nesso di causalità tra l’infermità in diagnosi ed il servizio svolto ”.
Il Comitato di Verifica per le Cause di Servizio (di seguito Comitato), in data 21 settembre 2006, stabiliva che la “ -OMISSIS- NON PUO’ RICONOSCERSI DIPENDENTE DA FATTRI DI SERVIZIO in quanto trattasi di -OMISSIS- ”.
Il Comitato osservava, altresì, che “ poiché l’-OMISSIS- può derivare da fattori multipli costituzionali o acquisiti su base individuale (-OMISSIS-), la forma in questione non può attribuirsi al servizio prestato, anche perché in esso non risultano sussistenti specifiche situazioni di effettivo disagi o surmenage psico-fisico tali da rivestire un ruolo di concausa efficiente e determinante ”.
Con decreto ministeriale del 7 maggio 2007, che recepiva i suesposti esiti medico legali, veniva respinta l’istanza di riconoscimento.
Il ricorrente impugnava il citato diniego contestando, o il primo motivo di ricorso, le conclusioni cui era pervenuto il Comitato e, con il secondo motivo contenente censure inconferenti con l’oggetto del presente giudizio, il mancato riconoscimento del trattamento di pensione privilegiata.
L’Amministrazione si costituiva in giudizio eccependo in via pregiudiziale l’inammissibilità del ricorso nella parte in cui viene censurato il merito delle valutazioni espresse dal Comitato, nonché, laddove viene chiesto al Tribunale l’accertamento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità sofferta con condanna al pagamento dell’equo indennizzo.
Contestualmente rappresentava che pendeva innanzi alla Corte dei Corti il giudizio relativo alla richiamata controversia pensionistica.
All’esito della pubblica udienza del 13 aprile 2018 la causa veniva decisa.
Con il primo motivo di ricorso il ricorrente deduce “ eccesso di potere o apoditticità della motivazione, erronea valutazione dei presupposti, travisamento della realtà documentale, violazione ed errata applicazione del D.P.R. 461/2001: violazione della L. 241/1990 ” allegando l’erroneità delle valutazioni della CMO che avrebbe ritenuto -OMISSIS- nonostante detta malattia si fosse manifestata (e fosse stata diagnosticata) in epoca successiva all’infarto.
Con il medesimo capo d’impugnazione il ricorrente contesta il giudizio espresso dal Comitato in ordine alla propria istanza di riconoscimento allegando, sotto un primo profilo, la mancata considerazione della natura particolarmente gravosa degli incarichi ricoperti e le particolari condizioni ambientali nelle quali aveva per lungo tempo svolto il proprio servizio;sotto altro profilo, di essere “ stato sottoposto a veri e propri atti persecutori ” (pag. 4 del ricorso) da parte della scala gerarchica che incidevano sul proprio stato di salute psicofisica e che determinavano, quanto meno come concausa, la malattia.
Quanto ai precedenti si servizio, allega di essere stato destinato a sedi ubicate in “ zona di montagna ” (-OMISSIS- per complessivi 5 anni), nonché, di essere stato impiegato per due anni presso il -OMISSIS-reggendo interinalmente il Comando del Reparto per 4 mesi, durante i quali il malfunzionamento dell’impianto di allarme installato presso la sede dell’Istituto determinava situazioni di stress provocate dalla maggior attenzione con la quale era chiamato a svolgere le proprie mansioni.
In merito alle evidenziate persecuzioni subite dalla scala gerarchica, allega di essere stato dispensato dal servizio in data -OMISSIS- per “ -OMISSIS- ” con provvedimento che veniva impugnato con ricorso accolto con sentenza n. 2892/2001 del TAR Lazio, confermata dal Consiglio di Stato con decisione n. 1734/2002, nonché, di essere stato destinatario di un -OMISSIS- ex art. 5, della L. n. 327/1988 perché ritenuto “ -OMISSIS- ”, impugnato con ricorso accolto dal Prefetto di Perugia.
Il motivo è infondato.
In primis deve ritenersi l’irrilevanza, ai fini in esame, del dedotto errore commesso dalla CMO nell’indicazione del diabete quale concausa della patologia cardiaca.
Il giudizio di dipendenza da causa di servizio è, infatti, prerogativa del Comitato cui spetta l’accertamento della “ riconducibilità ad attività lavorativa delle cause produttive di infermità o lesione, in relazione a fatti di servizio ed al rapporto causale tra i fatti e l'infermità o lesione ” mentre alla CMO compete unicamente “ la diagnosi dell'infermità o lesione, comprensiva possibilmente anche dell'esplicitazione eziopatogenetica, nonché del momento della conoscibilità della patologia, e delle conseguenze sull'integrità fisica, psichica o sensoriale, e sull'idoneità al servizio ” (Cons. Stato, Sez. IV, 13 novembre 2017, n. 5194).
Ciò premesso si rileva che nel giudizio espresso dal Comitato è assente ogni riferimento all’incidenza patogenetica del diabete.
Con riferimento all’accertata inesistenza del “ nesso di causalità tra l’infermità in diagnosi ed il servizio svolto ” che il ricorrente in questa sede contesta, si rileva che i fattori patogenetici individuati dall’Amministrazione come causa della malattia patita (“ -OMISSIS- (-OMISSIS-) ” in “ soggetto con -OMISSIS- ) non sono oggetto di contestazione da parte del ricorrente.
Relativamente alla mancata considerazione della particolare gravosità delle mansioni svolte, non può che richiamarsi il pacifico orientamento giurisprudenziale fondato sulla circostanza che “ è innegabile come l'esposizione a situazioni di disagio e a potenziali fonti di stress sia una condizione connessa alla tipica prestazione lavorativa di un carabiniere, non sufficiente, da sola, a giocare un ruolo determinante nella patologia lamentata. Ne consegue che, nella nozione di causa di servizio, ovvero concausa efficiente e determinante, possono farsi rientrare soltanto fatti ed eventi eccedenti le ordinarie condizioni di lavoro, gravosi per intensità e durata, che vanno necessariamente documentati, con esclusione, quindi, delle circostanze e condizioni del tutto generiche, quali inevitabili disagi, fatiche e momenti di stress, che costituiscono fattore di rischio ordinario in relazione alla singola tipologia di prestazione lavorativa (Tar Lazio - Roma, 10 gennaio 2017, n. 306;Cons. St., III, 10 marzo 2015, n. 1234) ” (TAR Marche, 12 ottobre 2017, n. 767).
Affermata nei suesposti termini la necessità di provare, a cura del richiedente, l’eccezionalità dei disagi connessi all’espletamento del servizio, non può che rilevarsi l’assoluta ordinarietà degli incarichi svolti dal ricorrente presso Comandi di Stazione operanti in zone a basso indice criminale o svolgendo mansioni prevalentemente di ufficio con basso indice di operatività.
Quanto alle illustrate vicende che, secondo il ricorrente, comproverebbero la allegata persecuzione subita durante lo svolgimento del servizio, si evidenzia preliminarmente che, con riferimento alla richiamata dispensa per scarso rendimento, il giudizio conseguente alla relativa impugnazione veniva definito con sentenza di accoglimento in ragione dell’omissione di un adempimento procedimentale. (“ non essendo stato garantito il contraddittorio ”: v. sentenza n. 2892/2001, cit.).
Da tale vicenda non è, pertanto, evincibile alcuna condotta della scala gerarchica costituente anche mero indizio delle allegate “ persecuzioni ”.
Quanto all’-OMISSIS-, deve evidenziarsi che detta misura veniva adottata in conseguenza di comportamenti privati del ricorrente estranei a fatti di servizio.
Ne deriva che sulla base delle allegazioni di parte ricorrente non può considerarsi come provata l’esistenza della pretesa persecuzione né è fornito alcun principio di prova circa l’incidenza di tali vicende sull’insorgenza della malattia.
Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente deduce la “ violazione per mancata, falsa ed errata applicazione degli artt. 1 e 2 della L. 3 giugno 1981 ” rubricata “ Norme in favore dei militari di leva e di carriera appartenenti alle Forze armate, ai Corpi armati ed ai Corpi militarmente ordinati, infortunati o caduti in servizio e dei loro superstiti ” (che indica all’art. 1 i destinatari della disciplina in essa contenuta e, al successivo art. 2, oggi abrogato, che “ sono estesi il diritto alla pensione privilegiata ordinaria nonché i benefici previsti dagli articoli 15 e 16 della legge 26 gennaio 1980, n. 9 ”), la violazione del D.P.R. 1092/73 rubricato “ Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato ”, la violazione della L. n. 261/1991 rubricata “ Norme concernenti misura e disciplina dei trattamenti pensionistici di guerra ” e, infine, la violazione dell’art. 5 della L. n. 205/2000.
In particolare, il ricorrente lamenta in questa sede che l’Amministrazione gli avrebbe illegittimamente negato il riconoscimento del diritto alla percezione della pensione privilegiata.
L’Amministrazione eccepisce che l’istanza del ricorrente tesa al conseguimento della pensione privilegiata veniva respinta con decreto n. 41 del 26 marzo 2007, impugnato innanzi alla Corte dei Conti.
Il motivo è inammissibile poiché con esso il ricorrente lamenta una lesione non derivante, come evidenziato dall’Autorità ministeriale, dal provvedimento impugnato.
In ogni caso, non può non rilevarsi che in materia pensionistica non sussisterebbe la giurisdizione di questo giudice atteso che come prescritto dall’art. 5 della L. n. 205/2000 (invocato dallo stesso ricorrente) “ in materia di ricorsi pensionistici, civili, militari e di guerra la Corte dei conti, in primo grado, giudica in composizione monocratica, attraverso un magistrato assegnato alla sezione giurisdizionale regionale competente per territorio, in funzione di giudice unico ... ”.
Per quanto precede il ricorso deve essere in parte respinto (1° motivo) e in parte dichiarato inammissibile (2° motivo) con condanna del ricorrete al pagamento delle spese di giudizio nella misura liquidata in dispositivo.