TAR Brescia, sez. I, sentenza 2009-09-14, n. 200901692
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N. 01692/2009 REG.SEN.
N. 01434/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOE DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1434 del 2006, proposto da:
-OISSIS-, rappresentato e difeso dagli avv. G S e F T, con domicilio presso la segreteria del TAR in Brescia, via Malta 12;
contro
MINISTERO DELL'INTERNO, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, con domicilio in Brescia, via S. Caterina 6;
per l'annullamento
- del decreto del Questore di Bergamo Cat.A12/IMM/2^Sez/Maio/rig226-2006 del 19 ottobre 2006, con il quale è stata negata la trasformazione del permesso di soggiorno per minore età in permesso per lavoro subordinato;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 luglio 2009 il dott. M P;
Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Considerato quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. Il ricorrente -OISSIS-, -OISSIS-, cittadino del Marocco, è entrato clandestinamente nel territorio nazionale nel settembre 2003 quando era ancora minorenne. Trattandosi di minore non accompagnato dai genitori o da altro soggetto idoneo, il sindaco di Trescore Balneario con decreto n. 5 del 13 maggio 2004, adottato sulla base di una relazione dei Servizi sociali della ASL e previa acquisizione del consenso della famiglia di origine, ha disposto l’affidamento familiare ai sensi degli art. 2 e 4 comma 1 della legge 4 maggio 1983 n. 184. Quale affidatario è stato individuato uno zio, -OISSIS-, legalmente residente in Italia dal 1998. Il giudice tutelare con provvedimento del 17 maggio 2004 ha dichiarato esecutivo il decreto di affidamento. In data 31 maggio 2004 il ricorrente ha poi ottenuto un permesso di soggiorno per minore età ex art. 28 comma 1 lett. a) del DPR 31 agosto 1999 n. 394.
2. La Questura di Bergamo con decreto del 19 ottobre 2006 ha negato la conversione del permesso di soggiorno per minore età in permesso per lavoro subordinato in quanto non sono state rispettate le condizioni previste dall’art. 32 commi 1-bis e 1-ter del Dlgs. 25 luglio 1998 n. 286 (presenza in Italia da almeno tre anni e inserimento per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione gestito da un ente pubblico o privato iscritto nel registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri).
3. Contro il diniego il ricorrente ha presentato impugnazione con atto notificato il 14 novembre 2006 e depositato il 20 novembre 2006. Le censure possono essere ricondotte all’erronea applicazione dell’art. 32 commi 1-bis e 1-ter del Dlgs. 286/1998, in quanto la suddetta norma non si opporrebbe alla stabilizzazione dei minori stranieri che abbiano seguito i tradizionali percorsi di affidamento familiare previsti dalla legge 184/1983. Il ricorrente evidenzia inoltre la sussistenza degli altri requisiti per il rilascio del permesso di soggiorno per lavoro subordinato (rapporto a tempo indeterminato presso la ditta -OISSIS-, assenza di precedenti penali e di decreti di espulsione).
4. L’amministrazione si è costituita in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso. Questo TAR con ordinanza cautelare n. 1743 del 12 dicembre 2006 ha sospeso il decreto impugnato.
5. La tesi del ricorrente appare condivisibile. Occorre partire dalla definizione di minore non accompagnato accolta a livello comunitario e codificata dalla risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea del 26 giugno 1997 in quanto materia di interesse comune agli Stati membri. Sono considerati non accompagnati (art. 1 par. 1) “i cittadini di paesi terzi di età inferiore ai 18 anni che giungono nel territorio degli Stati membri non accompagnati da un adulto per essi responsabile in base alla legge o alla consuetudine e fino a quando non ne assuma effettivamente la custodia un adulto per essi responsabile”. La definizione è ripresa dalla Dir. 27 gennaio 2003 n. 2003/9/CE sul diritto di asilo e dalla Dir. 1 dicembre 2005 n. 2005/85/CE sul riconoscimento dello status di rifugiato.
6. In base alla suddetta definizione la condizione di minore non accompagnato si esaurisce quando subentri una forma legale di affidamento implicante la custodia effettiva da parte di un adulto. Nelle ipotesi di cui agli art. 2 e 4 della legge 184/1983 questo tipo di protezione può considerarsi realizzato, in quanto tali norme prevedono l’inserimento provvisorio del minore in un nuovo ambito familiare con l’assunzione di poteri e obblighi in capo agli affidatari (v. art. 5 della legge 184/1983). La garanzia della valutazione dell’interesse del minore è assicurata dal percorso amministrativo o giudiziario che conduce all’affidamento (v. rispettivamente i commi 1 e 2 dell’art. 4 della legge 184/1983).
7. In presenza di affidamento familiare è dunque direttamente applicabile l’art. 32 comma 1 del Dlgs. 286/1998, il quale consente la conversione del permesso di soggiorno nel caso di minori comunque affidati ai sensi dell’art. 2 della legge 184/1983. La circostanza che l’affidamento riguardi minori originariamente non accompagnati è irrilevante, in quanto la formulazione dell’art. 32 comma 1 del Dlgs. 286/1998 si presta a un’interpretazione estensiva, come dimostra la sostanziale assimilabilità dell’affidamento alla tutela (v. C.Cost. 5 giugno 2003 n. 198).
8. Rispetto a questo quadro normativo la fattispecie di cui all’art. 32 commi 1-bis e 1-ter del Dlgs. 286/1998 è meramente aggiuntiva e non sostitutiva. Si tratta in definitiva di un presupposto autonomo per il rilascio del permesso di soggiorno che non esclude un identico beneficio a favore di quanti durante la minore età siano stati protetti con la nomina di un tutore o l’affidamento familiare. A questa opzione interpretativa ha aderito lo stesso Ministero dell’Interno con la circolare prot. n. 17272/7 del 28 marzo 2008.
9. Il ricorso deve quindi essere accolto, con il conseguente annullamento del decreto impugnato. Le spese possono essere compensate tra le parti.