TAR Palermo, sez. I, sentenza 2021-05-13, n. 202101526

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. I, sentenza 2021-05-13, n. 202101526
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 202101526
Data del deposito : 13 maggio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/05/2021

N. 01526/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00702/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 702 del 2016, proposto da Federazione Siciliana della-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore , e -OMISSIS-, rappresentati e difesi dagli avvocati D P e G R, con domicilio eletto presso il loro studio in Palermo, via G. Oberdan, n. 5;

contro

Ministero dell’interno, U.T.G. - Prefettura di Agrigento, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici in via Valerio Villareale, n. 6, è domiciliata;

per l’annullamento

del decreto della Prefettura - Ufficio territoriale del Governo di Agrigento prot. n. 31925 del 30 luglio 2015.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti l’atto di costituzione in giudizio, i documenti e la memoria del Ministero dell’interno, U.T.G. - Prefettura di Agrigento;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica in videoconferenza del 4 maggio 2021, il consigliere Aurora Lento;

Ritenuto e considerato.


FATTO

Con ricorso, notificato l’11 marzo 2016 e depositato il giorno 14 successivo, la Federazione siciliana della caccia e il signor -OMISSIS- hanno chiesto l’annullamento, vinte le spese, del decreto prot. n. 31925 del 30 luglio 2015, notificato il 25 gennaio 2016, con cui la Prefettura - Ufficio territoriale del Governo di Agrigento, previo preavviso di rigetto e malgrado la presentazione di articolate controdeduzioni, ha rigettato l’istanza del 22 maggio 2014 presentata dalla prima al fine di ottenere la nomina a guardia giurata volontaria ittico – venatoria del secondo.

Precisato che il decreto era stato motivato con riferito ad asserite frequentazioni di pregiudicati per reati in materia di stupefacenti, hanno dedotto i seguenti motivi:

1) Violazione e falsa applicazione: dell’art. 97 della Costituzione;
dell’art. 10-bis della l. n. 241 del 1990. Eccesso di potere sotto i profili: del difetto d’istruttoria;
della violazione del principio del giusto procedimento.

2) Violazione e falsa applicazione: dell’art. 27 della l. n. 157 del 1992;
dell’art. 138 del d.P.R. n. 773 del 1931;
dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990;
dell’art. 97 della Costituzione. Eccesso di potere sotto i profili: della carenza di motivazione;
del difetto d’istruttoria;
dell’illogicità.

Avrebbero dovuto essere adeguatamente valutate le osservazioni di cui alla memoria procedimentale. Sussisterebbe carenza d’istruttoria e motivazione.

Per l’Ufficio territoriale del Governo di Agrigento si è costituita in giudizio l’Avvocatura dello Stato che ha depositato alcuni documenti e successivamente depositato una memoria con cui ha chiesto il rigetto del ricorso, poiché infondato, vinte le spese.

All’udienza pubblica in videoconferenza del 4 maggio 2021, la causa è stata posta in decisione.

DIRITTO

Il ricorso va rigettato.

Come noto, il conferimento della qualifica di guardia particolare giurata, cui accede anche il rilascio di porto d’armi per difesa personale, rientra tra le cosiddette autorizzazioni di polizia disciplinate a livello generale dal Capo III del Titolo I del r. d. 18 giugno 1931, n. 773;
il rilascio, pertanto, è condizionato alla verifica della sussistenza dei requisiti generali di cui all’art. 11, nonché a quelli specificamente richiesti dalla norma di riferimento.

L’art. 11, comma 2, del T.U.L.P.S. individua, tra le cause che legittimano il diniego di rilascio dell’autorizzazione di polizia, oltre all’avvenuta condanna per specifiche tipologie di reati, nominativamente indicati, la mancanza di “buona condotta”;
analoga indicazione è contenuta all’art. 43, comma 2, in materia di porto d’armi, laddove egualmente si richiama il requisito della “buona condotta”, nonché l’”affidamento a non abusare delle armi”.

L’art. 138, infine, relativo specificamente al titolo di guardia particolare giurata, al comma 1, nella stesura risultante dall’intervento della Corte Costituzionale n. 311 del 1996, consente di valutare la condotta morale del richiedente, senza pretenderne i parametri di assolutezza riconducibili all’aggettivo “ottima” ivi originariamente previsto.

La rilevante permanenza del requisito della “buona condotta” si desume, d’altro canto, anche dalla lettura della sentenza della Corte Costituzionale, che ha invece inciso sulle due norme sopra citate (artt. 11 e 43), ritenendo illegittimo che l’onere della prova dello stesso gravi, come previsto dal legislatore del 1931, sul richiedente (cfr. Corte Cost. , 16 dicembre 1993, n. 440).

Da tale quadro normativo emerge chiaramente che il legislatore ha individuato i casi in cui l’Autorità amministrativa è titolare di poteri strettamente vincolati (ai sensi dell’art. 11, primo e terzo comma, prima parte, e dell’art. 43, primo comma, che impongono il divieto di rilascio di autorizzazioni di polizia ovvero il loro ritiro) e quelli in cui, invece, è titolare di poteri discrezionali (ai sensi dell’art. 11, secondo e terzo comma, seconda parte, e 43, secondo comma, nonché, con le precisazioni effettuate, 138, comma 1, n. 5).

Ne deriva che residua in capo all’Amministrazione l’obbligo di valutare, con la discrezionalità tipica sottesa al rilascio delle autorizzazioni di polizia, a maggior ragione in un ambito di particolare delicatezza quale quello che implica, comunque, l’uso delle armi, la condotta specchiata del richiedente, non in termini assoluti e lato sensu etici, bensì in funzione proprio dei contenuti specifici della richiesta avanzata (in termini Consiglio di Stato, III, 10 luglio 2018, n. 4215).

In tale contesto si è, in particolare, ritenuto che gli organi del Ministero dell’interno ben possono rilevare come certe frequentazioni possano dare luogo al rischio che l’arma sia appresa dalle persone frequentate e gravate da procedimenti penali e sia impropriamente utilizzata: una tale valutazione risulta di per sé ragionevole, perché per una buona regola di prudenza è bene evitare che soggetti pregiudicati per gravi reati frequentino chi porti con sé armi, e viceversa (v. Cons. Stato, Sez. III, 13 ottobre 2016, n. 4242;
nonché id., 10 agosto 2016, n. 3612).

Nella specie la Prefettura di Agrigento, valutate le informazioni fornite dalla Questura di Agrigento, ha ritenuto dirimente la rappresentata frequentazione non episodica con soggetti gravanti nell’ambito dello spaccio di stupefacenti, quale risultava dalla circostanza che era stato più volte fermato in loro compagnia (11 gennaio 2002, 29 settembre 2002, 3 marzo 2004, 13 gennaio 2005).

Orbene, ad avviso del collegio, la motivazione del provvedimento impugnato è idonea a supportare il giudizio ampiamente discrezionale di possibile rischio di abuso del titolo che la legge affida all’autorità prefettizia nell'attività di rilascio di un’autorizzazione di polizia, a maggior ragione ove connessa anche all’uso di armi;
giudizio fondato, nel caso in esame, prevalentemente sulla riscontrata frequentazione di ambienti con possibile incidenza sul modus agendi dell’interessato. Con l’effetto che, del tutto ragionevolmente, il provvedimento impugnato ha valutato sia la non limpidezza della condotta in relazione alle frequentazioni controindicate, sia il pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica sulla base di un giudizio prognostico ex ante circa la possibilità di abuso delle armi.

Ne deriva l’infondatezza della dedotta censura di carenza di motivazione, nonché di quella di violazione delle garanzie procedimentali, dovendo, comunque, trovare applicazione il principio di sanatoria dei vizi formali di cui all’art. 21 octies della l. n. 241 del 1990.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

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