TAR Napoli, sez. VIII, sentenza 2017-03-14, n. 201701468

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VIII, sentenza 2017-03-14, n. 201701468
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201701468
Data del deposito : 14 marzo 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/03/2017

N. 01468/2017 REG.PROV.COLL.

N. 01468/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Ottava)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1468 del 2016, proposto da:
My Dog S, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Amedeo Sorge C.F. SRGMDA55E01F839I, con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via S.Nicola La Dogana N.15;

contro

Comune di Qualiano in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Stefano Odierno C.F. DRNSFN56E01H101T, domiciliato ex lege presso la Segreteria del T.A.R. Campania, in Napoli Piazza Municipio, 64;

per l'ottemperanza

dei decreti ingiuntivi del Tribunale Civile di Napoli, Sezione di Marano n. 222/2007;
n. 449/2010 e n. 607/10 e dell’atto di transazione approvato con delibera Comunale n. 177 del 2014.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Qualiano in Persona del Sindaco pro tempore;

Viste le memorie difensive;

Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 22 febbraio 2017 il dott. Fabrizio D'Alessandri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Parte ricorrente ha acquistato un ramo d’azienda dalla Rifugio Flegreo srl che aveva svolto dei servizi per il Comune di Qualiano e aveva ottenuto dal Tribunale Civile di Napoli, Sezione di Marano tre decreti ingiuntivi (n. 222/2007;
n. 449/2010 e n. 607/10) nei confronti del medesimo Comune.

La stessa parte ricorrente ha stipulato con il Comune di Qualiano un atto di transazione, a suo dire redatto con le forme della scrittura privata autenticata, nel quale l’ente pubblico si obbligava a pagare la somma di euro 650.000,00 in luogo del credito di euro 838.087,34, da versare entro determinate scadenze.

La medesima parte ricorrente sostiene che il Comune avrebbe versato solo parte delle somme indicate nell’atto di transazione e, pertanto, si sarebbe reso inadempiente, sia all’atto di transazione, che ai decreti ingiuntivi sottostanti. Ha, pertanto proposto il presente giudizio di ottemperanza specificando che la scrittura privata transattiva prevede espressamente la sua validità esecutiva ex art. 474, n. 2, c.p.c..

Si è costituito in giudizio il Comune di Qualiano sostenendo, tra l’altro, l’inammissibilità del ricorso per l’inazionabilità in sede di ottemperanza del titolo di costituito dall’atto di transazione e la circostanza che l’atto di transazione non rivestirebbe le forme della scrittura privata autenticata, ai fini dell’art. 474, comma 2, c.p.c.

DIRITTO

1) Il ricorso si palesa inammissibile.

2) L’atto di transazione ha avuto chiaro effetto novativo sul titolo del credito rispetto ai decreti ingiuntivi adottati e il titolo oggetto della domanda di esecuzione nel presente giudizio di ottemperanza è l’accordo transattivo stesso.

Si tratta, quindi, di un titolo negoziale, e in particolare, di una scrittura privata, rispetto alla quale peraltro parte ricorrente non ha nemmeno dimostrato sussistere il requisito dell’autentica ai fini della validità come titolo esecutivo ex art. 474, comma 2, c.p.c., non essendo tale formalità presente nel documento allegato agli atti del giudizio, che anzi risulta solo approvato dal Comune con la delibera comunale n. 177 del 2014, ma non sottoscritto da un rappresentante di quest’ultimo.

In ogni caso, anche qualora al titolo negoziale in esame si volesse attribuire valore di scrittura privata autenticata con effetti di titolo esecutivo ex art. 474, comma 2, c.p.c., lo stesso non sarebbe comunque un titolo eseguibile in sede di giudizio di ottemperanza.

L’art. 112 c.p.a. prevede che “ l'azione di ottemperanza può essere proposta per conseguire l'attuazione:

a) delle sentenze del giudice amministrativo passate in giudicato;

b) delle sentenze esecutive e degli altri provvedimenti esecutivi del giudice amministrativo;

c) delle sentenze passate in giudicato e degli altri provvedimenti ad esse equiparati del giudice ordinario, al fine di ottenere l'adempimento dell'obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato;

d) delle sentenze passate in giudicato e degli altri provvedimenti ad esse equiparati per i quali non sia previsto il rimedio dell'ottemperanza, al fine di ottenere l'adempimento dell'obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi alla decisione;

e) dei lodi arbitrali esecutivi divenuti inoppugnabili al fine di ottenere l'adempimento dell'obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato ”.

Il codice del processo amministrativo, pertanto, indica specificamente le pronunce per le quali è esperibile il rimedio dell’ottemperanza e i requisiti necessari per ciascuna di queste varie categorie.

Tra esse rientrano sia pronunce dei giudici amministrativi, sia pronunce dei giudici ordinari e altri giudici speciali, sino ai decreti decisori del ricorso straordinario al Capo dello Stato e le decisioni degli arbitri.

Le pronunce azionabili rivestono anche “forme” differenti da quella “classica” della sentenza, che vanno dall’ordinanza (es. ordinanza di assegnazione di somme nel processo esecutivo civile), al decreto decisorio (es. decreto decisorio della Corte d’Appello in materia di indennizzo per eccessiva durata del processo ex L. 24 marzo 2001, n. 89 o decreto decisorio del ricorso straordinario al Capo dello Stato), al lodo arbitrale.

Si tratta, tuttavia, di provvedimenti di natura giurisdizionale o ad essi dalla legge equiparati come nel caso del decreto decisorio del ricorso straordinario al Capo dello Stato (di cui è ormai riconosciuta la natura sostanzialmente giurisdizionale) o del lodo arbitrale esecutivo divenuto inoppugnabile.

Inoltre, il fondamento dell’ammissibilità del giudizio di ottemperanza per i titoli giudiziali che non provengano dal giudice amministrativo non è l’esecutività del titolo, bensì la sua valenza di giudicato formale, ovverosia il loro intervenuto passaggio in giudicato. Anche per il lodo arbitrale, infatti, espressamente ammesso all’azione di ottemperanza, in considerazione del carattere di sostanziale giurisdizionalità del procedimento arbitrale, la norma prevede la necessaria intervenuta inoppugnabilità, che ai sensi dell’art. 825 c.p.c., comporta la sua equivalenza a una sentenza quanto a imperatività delle statuizioni in esso contenute e alla stabilità degli effetti scaturenti dal passaggio in giudicato.

Un scrittura privata, per quanto autenticata ai fini dell’art. 474, comma 2, c.p.c., non può costituire titolo azionabile in sede di ottemperanza, non essendo equiparabile a un provvedimento giurisdizionale e, conseguentemente, non avendo alcuna attitudine al passaggio in giudicato.

Quanto alla necessità della natura giurisdizionale del titolo da azionare, si può rilevare come è stato denegato in giurisprudenza accesso al rimedio dell’ottemperanza a titoli di natura negoziale dotati del carattere dell’esecutività e di una certa forma di stabilità, quali i verbali di conciliazione sottoscritti dinanzi al Collegio di conciliazione istituito presso la Direzione provinciale del lavoro, previsto per il tentativo obbligatorio di conciliazione, dagli ormai abrogati artt. 65 e 66 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165. Ciò in quanto tali provvedimenti non hanno natura giurisdizionale, la commissione di conciliazione non esercita, infatti, funzioni giurisdizionali ma amministrative, né è idonea a conferirgli tale natura giurisdizionale l’apposizione del visto di esecutività (T.A.R. Lazio, Latina, sez. I, 26 novembre 2011, n. 740;
T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 12 settembre 2013, n. 1900;
T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 13 settembre 2013, n. 1921;
T.A.R. Lazio, Latina, sez. I, 26 settembre 2011, n. 740).

A tale principio non fanno eccezione neanche quelle pronunce che hanno ammesso il giudizio di ottemperanza per il verbale di conciliazione formato in sede giurisdizionale, ovverosia del verbale di conciliazione giudiziale formato dinanzi al Tribunale civile in funzione di giudice del lavoro (T.A.R. Puglia, Bari, sez. II, 19 ottobre 2006, n. 3719;
T.A.R. Liguria, sez. I, 20 maggio 2000, n. 656 ma contra T.A.R. Lazio, Latina, sez. I, 26 novembre 2013, n. 898). Queste pronunce, infatti, hanno dato ingresso al giudizio di ottemperanza per l’esecuzione del verbale di transazione sottoscritto innanzi al giudice del lavoro, valorizzando l’aspetto giurisdizionale della formazione del titolo ovverosia l’intervento di organo giurisdizionale, e in sostanza riconoscendo che la conciliazione giudiziale è un atto processuale che, oltre ad estinguere il processo medesimo, dà un assetto tendenzialmente definitivo ai rapporti sostanziali controversi, valendo come titolo esecutivo idoneo a fondare l’obbligo dell’amministrazione di rispettarne il contenuto. Ed è a questa capacità di definire la controversia tra le parti, alla pari della sentenza, che è stato dato valore determinante ai fini dell’ammissibilità del ricorso per l’ottemperanza.

3) Per quanto indicato il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

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