TAR Roma, sez. 3Q, sentenza 2015-07-10, n. 201509316
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
N. 09316/2015 REG.PROV.COLL.
N. 15482/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 15482 del 2014, proposto da:
EN Spa, in persona del legale rappresentante pro-tempore , rappresentata e difesa dagli avv.ti Maurizio Galbiati, Maria Stefania Masini, Mattia Casati e Maria Cristina Colombo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Maria Stefania Masini in Roma, Via A. Gramsci, 24;
contro
Agenzia Italiana del Farmaco, Ministero della Salute e Ministero dell'Economia e delle Finanze, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
Regione Lazio;
per l'annullamento
- della metodologia del calcolo del pay-back - esecuzione del giudicato della sentenza del Tar Lazio-Roma, Sez III quater, n . 10946/2013.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Agenzia Italiana del Farmaco, del Ministero della Salute e del Ministero dell'Economia e delle Finanze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 10 giugno 2015 il dott. Alessandro Tomassetti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in epigrafe la ricorrente chiede – ai sensi del disposto di cui all’art. 114, comma 4, lett. c), c.p.a. – la corretta esecuzione della sentenza del TAR Lazio, Sez. III quater , n. 10946/2013, previa dichiarazione di inefficacia degli atti posti in essere dall’AIFA in violazione o elusione del dettato della richiamata sentenza.
Si è costituita in giudizio l’AIFA contestando la pretesa della ricorrente e chiedendone il rigetto.
Alla camera di consiglio del 10 giugno 2015 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Preliminarmente il Collegio rileva come l'oggetto del giudizio di ottemperanza sia rappresentato dalla verifica da parte del giudice dell'esatto adempimento dell'obbligo dell'Amministrazione di conformarsi al giudicato per far conseguire concretamente all'interessato l'utilità o il bene della vita riconosciutogli in sede di cognizione (Cons. St., sez. V, 30 agosto 2013, n. 4322; 23 novembre 2007, n. 6018; 3 ottobre 1997, n. 1108; sez. IV, 15 aprile 1999, n. 626; 17 ottobre 2000, n. 5512).
È stato più volte ribadito, infatti, che la verifica deve essere condotta nell'ambito dello stesso quadro processuale che ha costituito il substrato fattuale e giuridico della sentenza di cui si chiede l'esecuzione (Cons. St., sez. V, 9 maggio 2001, n. 2607; sez. IV, 9 gennaio 2001, n. 49; 28 dicembre 1999, n. 1964) e comporta una puntuale attività di interpretazione del giudicato, al fine di enucleare e precisare il contenuto del comando, sulla base della sequenza “petitum - causa petendi - motivi – decisum” (Cons. St., sez. IV, 19 maggio 2008, n. 2312; sez. V, 7 gennaio 2009, n. 10): di conseguenza in sede di giudizio di ottemperanza non può essere riconosciuto un diritto nuovo ed ulteriore rispetto a quello fatto valere ed affermato con la sentenza da eseguire, anche se sia ad essa conseguente o collegato (Cons. St., sez. V, 24 gennaio 2013, n. 462; sez. IV, 17 gennaio 2002, n. 247) e non possono essere neppure proposte domande che non siano contenute nel "decisum" della sentenza da eseguire (Cons. St., sez. IV, 9 gennaio 2001 n. 49; 10 agosto 2000, n. 4459), trovando ingresso solo questioni che sono state oggetto dell'accertamento nel giudizio di cognizione (Cons. St., sez. VI, 8 marzo 2013, n. 1412; 3 giugno 2013, n. 3023; sez. IV, 28 maggio 2013, n. 2911).
La delineata ricostruzione dei poteri del giudice dell'ottemperanza non implica un vulnus all'effettività della tutela giurisdizionale amministrativa e ai principi costituzionali sanciti dagli articoli 24, 111 e 113, rappresentando piuttosto il naturale e coerente contemperamento della pluralità degli interessi e dei principi costituzionali che vengono in gioco nel procedimento giurisdizionale amministrativo, ed in particolare di quello secondo cui la durata del processo non deve andare a detrimento della parte vittoriosa (che ha diritto, però, all'esecuzione del giudicato in base allo stato di fatto e di diritto vigente al momento dell'atto lesivo, caducato in sede giurisdizionale) e di quello della stessa dinamicità dell'azione amministrazione e dell'esercizio della relativa funzione da parte della pubblica amministrazione che ne è titolare (che non consente di poter ragionevolmente ipotizzare una sorta di "congelamento" o di