TAR Pescara, sez. I, sentenza 2024-07-04, n. 202400194
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Testo completo
Pubblicato il 04/07/2024
N. 00194/2024 REG.PROV.COLL.
N. 00059/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo
sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 59 del 2021, proposto da
P P, rappresentato e difeso dall'avvocato F S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Direzione Marittima di Pescara, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale, domiciliataria
ex lege
in L'Aquila, Complesso Monumentale San Domenico;
per l'annullamento
del provvedimento n. 29656 del 10/11/2020, notificato il 16/11/2020, con il quale la Direzione Marittima di Pescara ha respinto la domanda per la corresponsione, al momento del collocamento in congedo per limiti di età, del premio differenziale di volo previsto per la contrazione di ferma volontaria quale ufficiale pilota in applicazione dell'art. 1, comma 3, della L. 28.2.2000 n. 42, nonché di ogni altro atto presupposto, conseguenziale e/o comunque connesso, con particolare riguardo ai pareri richiamati nel provvedimento impugnato;
nonché per la condanna
dell’Amministrazione resistente al pagamento delle somme dovute relative al beneficio di natura retributiva non concesso, con la maggiorazione sulle somme spettanti per la computazione per interessi e rivalutazione monetaria.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Direzione Marittima di Pescara;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 giugno 2024 il dott. Giovanni Giardino e udito per la parte ricorrente l'avvocato Giulio Cerceo in sostituzione di F S;
Nessuno è presente per l’Amministrazione resistente.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso ritualmente notificato PAVESE Paolo, già ufficiale in servizio permanente effettivo delle Capitanerie di Porto con il brevetto di pilota militare e collocato in congedo per raggiunti limiti di età a far data dal 15.7.2020, ha adito l’intestato Tribunale per l’annullamento del provvedimento n. 29656 del 10/11/2020, notificato il 16/11/2020, con il quale la Direzione Marittima di Pescara ha respinto la domanda per la corresponsione, al momento del collocamento in congedo per limiti di età, del premio differenziale di volo previsto per la contrazione di ferma volontaria quale ufficiale pilota in applicazione dell'art. 1, comma 3, della L. 28.2.2000 n. 42.
Insta inoltre il ricorrente per la condanna dell’Amministrazione resistente al pagamento delle somme dovute relative al beneficio di natura retributiva non concesso, con la maggiorazione sulle somme spettanti per la computazione per interessi e rivalutazione monetaria.
2. In punto di fatto, il ricorrente premette di aver prestato servizio quale ufficiale pilota presso la sede assegnata (3° Nucleo Aereo G.C. con sede in Pescara) per l'intero periodo di ferma obbligatoria. Ha ritenuto di continuare a prestare servizio a decorrere dal 21.3.2000 con la contrazione della prima, seconda e terza ferma biennale e, quindi, sino al 20.3.2006, con la percezione del premio di volo previsto.
Il ricorrente tuttavia non ha potuto prolungare il servizio di ufficiale pilota per gli ulteriori due bienni previsti e ciò per il superamento dell'età prevista (45 anni).
In data 20.3.2006, avendo maturato il diritto alla corresponsione dei premi relativi ai due bienni di ferma volontaria che non aveva potuto prestare per il superamento dell'età anagrafica prevista quale ufficiale pilota, ha quindi presentato formale richiesta all’Amministrazione per essere ammesso al momento del collocamento in congedo per il raggiungimento dei limiti di età anagrafica a percepire il beneficio retributivo di cui all'art. 1, comma 3, della L. 28.2.2000 n. 42, quantificabile in euro 28.921,58.
Con il gravato provvedimento l’Amministrazione intimata ha ritenuto di non poter corrispondere l'integrazione del premio di ferma volontaria in quanto, al momento del collocamento in congedo dell'ufficiale, il beneficio retributivo risultava soppresso a seguito dell’abrogazione della normativa che lo prevedeva.
Si è costituito in giudizio per resistere al ricorso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti eccependo, in via preliminare, il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo nonché il proprio difetto di legittimazione e instando, comunque, per il rigetto del ricorso siccome privo di merito di fondatezza.
All’udienza pubblica del 14 giugno 2024, la causa è stata introitata per la decisione.
2.1. In limine litis va delibata l’eccezione di difetto di giurisdizione formulata dall’Amministrazione resistente.
L’eccezione è priva pregio giuridico.
La controversia sottoposta all'esame di questo Tribunale verte sulla spettanza del premio di volo di cui alla legge 28.2.2000 n. 42, premio che riguarda gli ufficiali inquadrati nelle Forze Militari in possesso del brevetto di pilota.
Si tratta di un beneficio che trova causa nel rapporto di servizio, benché rinviato, quanto alla erogazione, al momento del collocamento in congedo (in tali termini, T.A.R. Pescara, sentenza 3 maggio 2023, n.165/2023).
Si controverte pertanto con riferimento ad un rapporto di pubblico impiego assoggettato alla giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo e, più precisamente, in ordine ad un emolumento di natura retributiva differito da corrispondersi al momento della cessazione del servizio, non vertendosi in materia di somme a carattere previdenziale.
2.2. Sempre in rito, va vagliata l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dall’Amministrazione intimata.
L’eccezione non è meritevole di positivo apprezzamento atteso che la pretesa azionata dal ricorrente mira all’annullamento dell’atto di diniego del premio differenziale di volo previsto per la contrazione di ferma volontaria quale ufficiale pilota in applicazione dell’art. 1, comma 3, della L. 28.2.2000 n. 42, che è imputabile in via esclusiva al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti intimato.
3. Ciò posto in via preliminare, nel merito il ricorso è fondato per le ragioni appresso specificate.
Ai sensi dell’art. 1, co. 1 e 2, della legge n. 42 del 2000 (intitolata “ Disposizioni per disincentivare l’esodo dei piloti militari ”), le cui previsioni sono oggi riprodotte negli artt. 966 e 1803 cod. ord. mil., gli ufficiali in servizio permanente delle Forze Armate in possesso del brevetto di pilota militare, che hanno ultimato la ferma obbligatoria e maturato almeno sedici anni di servizio, sono ammessi a una ferma volontaria di durata biennale, rinnovabile per non più di quattro volte entro il quarantacinquesimo anno di età, ottenendo un premio per ciascun periodo di ferma volontaria contratta.
Contestualmente, la stessa legge n. 42 del 2000, con disposizioni contenute nell’art. 1, co. 3 e 4, e oggi confluite nell’art. 2261 cod. ord. mil., ha previsto la corresponsione di una specifica indennità una tantum (meglio, un “premio”) agli ufficiali che rientrino in una delle seguenti categorie:
- coloro che, pur non avendo superato il quarantacinquesimo anno di età alla data del 21 marzo 2000 (giorno in cui è entrata in vigore la legge n. 42 del 2000), non hanno potuto contrarre tutti i cinque periodi di ferma volontaria consentiti dall’art. 966 cod. ord. mil. (in questo caso, il premio corrisponde alla differenza tra l’importo complessivo dei premi percepibili per tali periodi ai sensi dell’art. 1803 cod. ord. mil. e quello effettivamente percepito dal militare);
- coloro che, alla data del 21 marzo 2000, abbiano superato il quarantacinquesimo anno di età ma non il cinquantesimo anno di età e siano in possesso delle specifiche qualifiche previste per l’impiego di velivoli a pieno carico operativo e in qualsiasi condizione meteorologica (in questo caso, il premio corrisponde alla metà dell’importo complessivo dei premi percepibili ai sensi dell’art. 1803 cod. ord. mil.).
In entrambi i casi il premio è corrisposto « al raggiungimento dei limiti di età per la cessazione del servizio ».
Prima che il ricorrente raggiungesse i limiti di età per la cessazione del servizio, è entrata in vigore la legge n. 190 del 2014, il cui art. 1, co. 261, ha abrogato l’art. 2261 cod. ord. mil..
Invocando l’abrogazione della norma che lo prevedeva, l’Amministrazione di appartenenza ha negato il “ premio antiesodo ” che il militare aveva richiesto una volta cessato dal servizio per raggiunti limiti di età.
La fattispecie all’esame del Collegio è stata già vagliata, e risolta favorevolmente alla tesi del ricorrente, dalla giurisprudenza amministrativa, da ultimo con le sentenze del Consiglio di Stato n. 2881 del 2023 e n. 3642 del 2024 i cui principi sono integralmente estensibili anche al caso oggetto dell’odierno contenzioso.
Con sentenza non definitiva n. 2881 del 2023, il Consiglio di Stato ha ritenuto non manifestamente infondata, oltre che rilevante, la questione di legittimità costituzionale dell’abrogazione dell’art. 2261 come proposta rispetto ai principi di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto discendenti dall’art. 3 Cost., nonché dall’art. 117, co. 1, Cost. in riferimento all’art. 1 del Protocollo n. 1 alla CEDU.
Sul punto, è stata richiamata la sentenza della Corte costituzionale n. 169 del 2022, con cui è stata dichiarata l’incostituzionalità dell’art. 1, co. 261, della legge n. 190 del 2014 nella parte in cui ha abrogato l’art. 2262, co. 2 e 3, c.o.m., che aveva previsto, per i militari in possesso dell’abilitazione di controllore del traffico aereo, un incentivo analogo a quello rivendicato in questa sede.
Nella sentenza citata, la Corte ha osservato che la « norma censurata, a fronte di una ratio incentivante, quale quella che viene in rilievo nella specie, viola il principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., producendo effetti retroattivi ingiustificati, in quanto incidenti su situazioni soggettive fondate sulla legge e sulla permanenza in servizio dei controllori di volo, e così contraddicendo ex post la ratio della normativa premiale » (per completezza, si rileva che, in quest’occasione, il Giudice delle leggi ha limitato gli effetti della dichiarazione d’incostituzionalità della norma abrogatrice al solo art. 2262 c.o.m., in quanto nel giudizio a quo non veniva in rilievo l’art. 2261 c.o.m.).
Questi argomenti sono stati ritenuti dal Consiglio di Stato estensibili rispetto all’abrogazione del “ premio antiesodo ” per i piloti, anch’essa disposta dall’art. 1, co. 261, della legge n. 190 del 2014: anche in questo caso, infatti, il legislatore prima ha previsto un incentivo per i militari che, oltre a essere in possesso di determinate caratteristiche, fossero rimasti in servizio fino al raggiungimento dei limiti di età, per poi abrogarlo dopo aver conseguito lo scopo di scoraggiare il transito dei lavoratori nel settore privato.
Il Consiglio di Stato ha poi rimarcato che “ A tal proposito, è opportuno porre in luce come, benché in linea generale il fluire del tempo possa costituire un elemento sufficiente a giustificare un mutamento nella disciplina di una fattispecie, in questo caso non si può trascurare la circostanza che la norma abrogata riguardava una situazione specifica e una platea relativamente circoscritta di destinatari (gli ufficiali che avessero una determinata età alla data del 21 marzo 2000), con la conseguenza che l’alterazione del rapporto sinallagmatico tra questi e il datore pubblico, nonché la lesione dell’affidamento, sono correlate proprio al trascorrere del tempo, il quale, comportando l’avanzamento dell’età degli appellanti, ha ridotto progressivamente le loro opportunità d’impiego come piloti nell’aeronautica privata, rafforzando le ragioni che avevano indotto a prevedere il “premio antiesodo” e rendendo evidente l’irragionevolezza della sua abrogazione, che si risolve, in definitiva, nella penalizzazione di quanti, pur potendo all’epoca abbandonare il servizio, sono rimasti “fedeli” alle Forze Armate, anche confidando nel conseguimento del beneficio.
Per riprendere le parole della sentenza n. 169 del 2022 della Corte costituzionale, nel caso del “premio antiesodo” per i piloti, così come per quello dei controllori di volo, «ci si trova, dunque, al cospetto di una situazione soggettiva che discende direttamente dalla norma e che radica nei suoi destinatari un affidamento “rinforzato”;situazione che non può essere esposta ad un semplice ripensamento del legislatore che ha abrogato la norma incentivante a distanza di dodici anni dalla sua introduzione, dopo aver raggiunto lo scopo di scoraggiare, come nel caso oggetto del giudizio a quo, l’esodo dei dipendenti all’epoca in servizio»” .
Secondo le argomentazioni del Consiglio di Stato “ La lesione dell’affidamento riposto dagli appellanti nel conseguimento del “premio antiesodo”, una volta cessati dal servizio per raggiunti limiti di età, costituisce anche una violazione dell’art. 1 del Protocollo n. 1 alla CEDU, norma che rileva quale parametro interposto rispetto all’art. 117, co. 1, Cost., secondo il noto orientamento inaugurato dalla Corte costituzionale con le sentenze “gemelle” n. 348 e n. 349 del 2007 (mentre non si ravvisa il contrasto, denunciato dagli appellanti, con gli artt. 6 e 13 della CEDU e con gli artt. 24 e 111 Cost., dato che la modifica del quadro normativo è intervenuta prima dell’instaurazione del giudizio e non ha quindi avuto né lo scopo, né comunque l’effetto, d’influire su contenziosi aperti, indirizzandone l’esito a favore dell’Amministrazione)” .
Per effetto della sollevata questione di legittimità costituzionale « dell’art. 1, co. 261, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, nella parte in cui ha abrogato l’art. 2261 del codice dell’ordinamento militare di cui al d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66, con riferimento all’art. 3 Cost., nonché all’art. 117, co. 1, Cost. in relazione all’art. 1 del Protocollo n. 1 alla CEDU » è stato sospeso il giudizio ed è stata ordinata la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
Con sentenza n. 216 del 2023, depositata l’11 dicembre 2023, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, co. 261, della legge n. 190 del 2014, nella parte in cui ha disposto l’abrogazione dell’art. 2261 del d.lgs. n. 66 del 2010.
Il Giudice delle leggi, in particolare, ha ritenuto fondata la questione in riferimento all’art. 3 Cost., con assorbimento dei restanti motivi di censura, osservando che il “ premio antiesodo ” rappresenta « un emolumento correlato alla volontaria permanenza in servizio dei piloti militari, sempre che in possesso dei requisiti previsti dalla legge, da erogarsi una tantum, non riconducibile ad un rapporto previdenziale che, in quanto rapporto di durata, può invece subire modificazioni» e che «l’abrogazione della disposizione contenuta nell’art. 2261 cod. ordinamento militare, avvenuta dopo quattordici anni dalla sua originaria entrata in vigore, concreta, quindi, una violazione del principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., producendo effetti retroattivi ingiustificati, in quanto incidenti su situazioni soggettive fondate sulla legge e sulla permanenza in servizio dei piloti militari e così contraddicendo ex post la ratio della normativa premiale ».
Ebbene, all’esito del giudizio di costituzionalità, deve affermarsi che la dichiarazione d’incostituzionalità della norma abrogatrice comporta la “reviviscenza” della norma abrogata e l’accertamento del diritto del ricorrente a ottenere il “ premio antiesodo ”.
Occorre infatti ricordare, da un lato, che l’abrogazione determina la cessazione dell’efficacia di una norma nel tempo, la quale per l’effetto non può essere applicata a fattispecie perfezionatesi successivamente alla data di entrata in vigore della disposizione abrogatrice;dall’altro, che, ai sensi dell’art. 136 Cost., « quando la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale di una norma di legge o di atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione », formulazione che deve essere intesa nel senso specificato dall’art. 30, co. 3, della legge n. 87 del 1953 secondo cui « le norme dichiarate incostituzionali non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione ».
Pertanto, come afferma una giurisprudenza consolidata, la declaratoria d’illegittimità costituzionale di una norma abrogatrice comporta la “reviviscenza” di quella abrogata qualora la prima abbia carattere meramente abrogativo, mentre questo effetto non si produce quando questa presenta un contenuto più ampio e sostitutivo di quella previgente (in tal senso, tra le più recenti, si v. Corte cost., sent. n. 7 del 2020 e Cass. civ., sez. III, sent. n. 3592 del 2022).
Nel caso di specie, l’art. 1, co. 261, della legge n. 190 del 2014 si è limitato ad abrogare l’art. 2261 del d.lgs. n. 66 del 2010, senza introdurre alcuna disciplina modificativa o sostitutiva, in coerenza con lo scopo perseguito di eliminare puramente e semplicemente il “ premio antiesodo ”;ne consegue che la dichiarazione d’incostituzionalità dell’art. 1, co. 261, della legge di stabilità 2015 comporta il venir meno dell’abrogazione dell’art. 2261 cod. ord. mil., che deve ritenersi in vigore.
L’applicazione della norma in questione non può che condurre all’annullamento del provvedimento di diniego impugnato n. 29656 del 10/11/2020 ed al conseguente riconoscimento del “ premio antiesodo ” in favore del ricorrente, con conseguente condanna dell’Amministrazione a versare le relative somme.
Non essendovi prova dell’esatta consistenza dei crediti e - non potendosi recepire puramente e semplicemente i calcoli provenienti dalla parte privata - sarà compito del Ministero provvedere alla quantificazione dell’importo spettante al ricorrente ed a corrisponderlo entro novanta giorni dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza, riconoscendo anche la maggior somma tra interessi legali sull’ammontare dovuto e rivalutazione monetaria dello stesso dalla debenza al soddisfo (in applicazione del combinato disposto dell’art. 16, co. 6, della legge n. 412 del 1991 e dell’art. 22, co. 36, della legge n. 724 del 1994).
La circostanza che l’esito del giudizio sia dipeso dalla pronuncia della Corte costituzionale rappresenta una delle «gravi ed eccezionali ragioni» in presenza delle quali può essere disposta la compensazione delle spese, ai sensi dell’art. 92, co. 2, cod. proc. civ. come risultante dalla dichiarazione d’incostituzionalità di cui alla sentenza n. 77 del 2018 della medesima Corte.