TAR Roma, sez. III, sentenza 2017-06-23, n. 201707385

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. III, sentenza 2017-06-23, n. 201707385
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201707385
Data del deposito : 23 giugno 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 23/06/2017

N. 07385/2017 REG.PROV.COLL.

N. 03903/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3903 del 2007, proposto da:
Di V V, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati G P e L L, con domicilio eletto presso lo Studio Associato Lentini Placidi &
Partners in Roma, via Flaminia, 79;

contro

Universita' degli Studi di Roma “La Sapienza”, in persona del Rettore p.t., rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

- del decreto n. 3091 del 22.1.2007, ricevuto il 5.4.2007, con il quale il Rettore dell’Università di Roma “La Sapienza” ha disposto ai sensi dell’art. 127 del d.P.R. n. 3 del 1957 la decadenza del ricorrente dal servizio di ricercatore universitario con decorrenza retroattiva al 16.11.1999 (doc. 1 ric.);

- della nota prot. n. II A /34929 prot. n. 4624 del 29.1.2007 (doc. 2 ric.);

- della nota del Preside della I^ Facoltà di Medicina e Chirurgia del 4.1.2007 (doc. 3 ric.), non conosciuta dal ricorrente, con la quale si afferma che lo stesso non aveva in effetti ripreso servizio al termine dell’aspettativa, né presso la Presidenza della Facoltà né presso il Dipartimento di afferenza;

- di ogni ulteriore atto lesivo inerente o connesso, preparatorio o conseguente;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Universita' degli Studi di Roma “La Sapienza”;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 gennaio 2017 il dott. Claudio Vallorani e uditi per le parti i difensori: Avv. L. Lentini e l'Avvocato dello Stato A. Fedeli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

Con ricorso notificato all’Università degli studi di Roma “La Sapienza” in data 10.4.2007 e depositato il successivo 7.5.2017, il dott. Valerio D V esponeva quanto segue:

- il 9.8.1999 il ricorrente veniva nominato ricercatore universitario in bioingegneria presso l’Università di Roma “La Sapienza”, per il settore scientifico K06X presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia;

- successivamente, con decorrenza dal 16.5.2002 si vedeva conferire dall’Azienda Policlinico Umberto I, l’incarico triennale di dirigente della (allora) neo-istitutita U.O.S. Ingegneria Clinica mediante sottoscrizione di contratto a tempo determinato ai sensi dell’art. 15-septies, comma 1, d.lgs. n. 502 del 1992, a seguito del quale il ricorrente veniva collocato in aspettativa, nel ruolo di ricercatore, presso l’Università di appartenenza;

- con delibera prot. n. 609 del 29.7.2003 l’Azienda Policlinico Umberto I trasformava la U.O.S. Ingegneria Clinica, diretto dal ricorrente, in U.O.C., così riconoscendone la portata di struttura complessa;

- alla scadenza del contratto triennale l’Azienda Policlinico rinnovava l’incarico dirigenziale con nota prot. n. 10338 del 24.3.2005 per un ulteriore triennio, decorrente dal 16.5.2005 a cui seguiva la concessione di un corrispondente, nuovo periodo di aspettativa da parte dell’Università;

- il ricorrente riferisce tuttavia che i rapporti con il nuovo Direttore Generale dell’Azienda Policlinico (nominato nell’agosto 2005) si rivelavano fin da subito molto difficili, stanti le divergenze personali, lavorative e strategiche, da subito emerse fra i due (il dott. D V parla, invero, di una vera e propria “azione mobizzante e demansionante” perpetrata in suo danno, pag. 8 ric.);

- nella difficile situazione venutasi a creare, connotata da continue incomprensioni e contrasti tra il direttore generale e il ricorrente, quest’ultimo si poneva in congedo senza assegni dal 15.2.2006 al 15.7.2006;
al suo rientro, dopo una serie di accadimenti e decisioni del direttore generale che confermavano la mancanza di ogni positiva collaborazione tra i due, con nota prot. 27294 del 3.8.2006 l’Azienda comunicava al dott. D V una nota di contestazione di addebiti con contestuale sospensione dal lavoro per un periodo di gg. 30, disposta con delibera n.433 in pari data (doc. 10 ric.);

- il ricorrente produceva, entro il termine assegnato, una memoria difensiva in cui respingeva come infondati tutti gli addebiti e chiedeva l’audizione personale, richiesta che, a suo dire, sarebbe stata respinta senza motivazione;

- in data 20.11.2006 il Comitato dei Garanti istituito presso la Regione Lazio, Organo il cui parere era obbligatorio in base al CCNL applicabile al rapporto “de quo”, comunicava il proprio parere negativo sulla legittimità del recesso che l’Amministrazione intendeva promuovere in danno del dott. D V;

- nonostante il parere negativo, l’Azienda procedeva comunque nel recesso e comunicava in data 28.11.2006 la propria determinazione di risoluzione unilaterale del contratto.

Con specifico riferimento agli atti adottati dall’Università resistente, che sono quelli che specificamente rilevano nella presente sede (e che trovano nella vicenda lavoristica sopra esposta il loro antecedente storico-giuridico), il ricorrente espone che, con nota del 13.11.2006, l’Azienda avrebbe comunicato all’Università (presso la quale, si rammenta, il ricorrente era in aspettativa senza assegni a seguito dell’instaurazione del rapporto di lavoro a termine presso l’Azienda Policlinico) di avere risolto il contratto con il ricorrente. Successivamente il Preside della Facoltà di Medicina, con nota del 4.1.2007, (doc. 3 ric.) riferiva che il ricorrente, al termine dell’aspettativa, non aveva ripreso servizio in qualità di ricercatore, né presso la Facoltà, né presso il Dipartimento di afferenza e invitava l’Università all’adozione dei provvedimenti conseguenti.

Quindi il Rettore, con il decreto n. 3091 del 22.1.2007 (oggetto della presente impugnazione), disponeva la decadenza, con effetto dal 16.11.1999, del dott. Valerio D V, ricercatore universitario del settore ING-INF/06, dal servizio presso la I^ Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università “La Sapienza”, ai sensi e per gli effetti dell’art. 127, coma 1, lett. c) d.P.R. 10.1.1957 n. 3, laddove prevede che “Oltre che nel caso previsto dall'art. 63, l'impiegato incorre nella decadenza dall'impiego: ….(omissis)… c) quando, senza giustificato motivo, non assuma o non riassuma servizio entro il termine prefissogli, ovvero rimanga assente dall'ufficio per un periodo non inferiore a quindici giorni ove gli ordinamenti particolari delle singole amministrazioni non stabiliscano un termine più breve”.

Ad avviso del ricorrente il provvedimento decadenziale sarebbe illegittimo in quanto:

1) integra violazione e falsa applicazione dell’art. 127 sopracitato e dell’art. 3 della Legge n. 241/90 per difetto di istruttoria e relativa motivazione in quanto l’Università resistente non ha previamente assegnato un termine al dott. D V entro il quale riprendere servizio come ricercatore presso la struttura di pertinenza;
in secondo luogo, secondo il ricorrente, la palese illegittimità del recesso dell’Azienda Policlinico dal rapporto lavorativo con il proprio dirigente (adottato contravvenendo al parere negativo espresso dal Comitato dei Garanti) avrebbe determinato il venir meno del presupposto essenziale per poter ritenere cessata l’aspettativa che l’Università aveva a suo tempo concesso al ricorrente;

2) vi era incompetenza del Preside della Facoltà di Medicina a compiere le verifiche presupposte all’atto di decadenza: il ricorrente, nel momento in cui avrebbe dovuto riassumere servizio come ricercatore universitario, “non afferiva al Dipartimento di Fisiologia Umana di Medicina ma a quello di Informatica della Facoltà di Ingegneria, secondo quanto aveva disposto il decreto rettorale n. 395 del 21.9.2000” (doc. 5 ric.);
ne consegue che non era nei poteri del Preside di Medicina effettuare le verifiche sulla effettiva ripresa del servizio da parte del ricorrente, le quali hanno poi condotto al provvedimento decadenziale impugnato;

3) l’Università, incorrendo nel vizio di eccesso di potere, non avrebbe né invitato formalmente il ricorrente alla doverosa ripresa del servizio di ricercatore né acclarato nel modo dovuto tale riassunzione in servizio, mostrando così un atteggiamento “sbrigativo” finalizzato a facilitare il provvedimento finale espulsivo e ad azzerare gli strumenti di tutela del ricorrente in ambito procedimentale;

4) dispone la decadenza con effetto retroattivo, facendola decorrere dal 16.11.1999 ovvero dalla data di inizio del primo periodo di aspettativa, saldatosi poi, senza soluzione di continuità, con i successivi;
tuttavia la retroattività della decadenza dall’impiego non avrebbe mai potuto superare a ritroso la data di comunicazione del licenziamento da parte dell’Azienda Policlinico.

Il ricorrente, ancora nei termini, notificava in data 12 aprile 2007 un secondo atto impugnatorio (espressamente definito “integrativo”), da riunire al ricorso originario, nel quale si articolava un nuovo motivo di gravame, in aggiunta a quelli sopra riferiti. Il ricorrente, con questo secondo atto, ha inteso dedurre la violazione degli artt. 7, 8 e ss. della Legge n. 241 del 1990 per mancato avviso dell’avvio del procedimento di decadenza ex art. 127 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3: in tal modo non sarebbe stata assicurata al ricorrente la possibilità di difendersi, facendo pervenire all’Amministrazione le osservazioni del caso ovvero inoltrando la richiesta di essere sentito personalmente.

Si è costituita in giudizio l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” che ha prodotto dettagliata relazione difensiva (prot. n. 28192 del 1.6.2007) con allegati documenti, nella quale si ricostruiscono i fatti di causa e si forniscono le ragioni secondo cui, ad avviso dell’Ateneo, il ricorso proposto deve essere integralmente respinto.

Successivamente parte ricorrente ha depositato memoria conclusionale ex art. 73 c.p.a. nella quale si illustrano ulteriormente e si approfondiscono le questioni dedotte negli atti introduttivi (ricorso e ricorso integrativo).

Alla pubblica udienza del 25 gennaio 2017 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Deve premettersi che, seppur utili ai fini della ricostruzione fattuale della vicenda per cui è causa, non entrano nell’odierno “thema decidendum” le vicende relative alla risoluzione del contratto di lavoro di diritto privato tra il dott. D V e l’Azienda Policlinico Umberto I, rapporto al quale è rimasto estraneo l’Ateneo resistente, oggi chiamato a rispondere soltanto della legittimità del provvedimento decadenziale del 22.1.2007, che ha determinato la cessazione del diverso e distinto rapporto contrattuale attinente al profilo di ricercatore che legava il ricorrente all’Università, rapporto che, al momento dell’adozione del decreto rettorale impugnato, era in situazione di “quiescenza”, stante il collocamento in aspettativa del ricorrente dal 16.11.1999 in poi.

La controversia attinente al rapporto di lavoro dirigenziale con il Policlinico Umberto I, peraltro, è tuttora “sub judice” nella competente sede civile dove il ricorrente ha visto riconosciute le proprie ragioni dalla Corte di Appello di Roma che, con la sentenza n. 4186 / 2014 (doc. 1 della produzione di parte ricorrente del 14.12.2016), ha dichiarato l’illegittimità del recesso perché assunto in difetto di positivo parere del Comitato dei Garanti della Dirigenza Sanitaria, istituito presso la Regione Lazio, come previsto dal CCNL applicabile all’epoca del licenziamento.

La cennata vicenda processuale non è ancora conclusa in quanto l’Azienda Policlinico ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza (il giudizio dinnanzi alla Suprema Corte non risultava ancora definito al momento in cui la presente causa è stata assunta in decisione).

Ciò precisato possono essere esaminati congiuntamente il primo ed il terzo motivo di ricorso i quali si incentrano sull’illegittimità del decreto rettorale impugnato per carenza del presupposto sostanziale - costituito dal recesso del Policlinico Umberto I dal rapporto di lavoro dirigenziale, instaurato con contratto di diritto privato ex art. 15 septies d.lgs. n. 502 del 1992, recesso che però, ad avviso del ricorrente, non poteva più porsi a valido fondamento della declaratoria di decadenza ex art. 127, comma 1, lett. c) d.P.R. n. 3 del 1957 da parte dell’Università, stante l’illegittimità del licenziamento - e per inosservanza delle regole procedimentali ai fini della decadenza in discorso con particolare riguardo alla mancata assegnazione di un termine entro il quale riprendere servizio, mentre l’art. 127, lett. c) cit. si riferisce, non a caso, al dipendente che “non riassuma servizio entro il termine prefissogli”.

Il motivo non è meritevole di accoglimento, in quanto:

- l'art. 127, primo comma, lettera c), del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 dispone che "l'impiegato incorre nella decadenza dall'impiego: (...) quando, senza giustificato motivo, non assuma o non riassuma servizio entro il termine prefissogli, ovvero rimanga assente dall'ufficio per un periodo non inferiore a quindici giorni ove gli ordinamenti particolari delle singole amministrazioni non stabiliscano un termine più breve";

- il dott. D V, ricercatore universitario dall’1.9.1999 (quale vincitore di concorso), veniva collocato dall’Università in aspettativa senza assegni con provvedimenti del 9.12.99 (doc. 2 res.), del 14.6.02 (doc. 3 res.) e del 7.6.05 (doc. 4 res.), succedutisi senza soluzione di continuità in concomitanza con l’instaurazione ed il successivo rinnovo di rapporti di lavoro subordinato a termine tra il D V e l’Azienda Policlinico Umberto I;

- i menzionati provvedimenti universitari di collocamento in aspettativa, succedutisi nell’arco di circa sei anni, avevano quale loro unico presupposto e ragion d’essere l’avvenuta assunzione del ricorrente come dirigente di U.O.C., con successivi contratti di diritto privato a termine, prima presso l’Ospedale San Filippo Neri e poi presso il Policlinico Umberto I e, pertanto, trovavano la loro unica causa giustificatrice nella conservazione di tali rapporti di lavoro;

- poiché lo stato di aspettativa senza assegni aveva il suo unico presupposto nel rapporto contrattuale instaurato con il Policlinico, è legittimo che l’Ateneo, avuta la notizia dell’avvenuta risoluzione di tale rapporto contrattuale con nota del D.G. dell’Azienda Policlinico Umberto I del 13.11.2006, prot. 36652 (doc. 9 res.), abbia provveduto a verificare se vi fosse stata ripresa del servizio da parte del ricorrente, avvalendosi a tal fine del Preside della Facoltà di Medicina, l’ultima nella quale il ricorrente aveva prestato servizio come ricercatore;

- tra il 16.10.2006, data della risoluzione del contratto tra ricorrente e Policlinico e il 22.1.2007 data di adozione del decreto di decadenza ex art. 127, comma 1, lett. c) d.P.R. n. 3 del 1958 da parte dell’Ateneo (periodo di tempo consistente e ben superiore ai gg. 15 a cui fa riferimento l’art. 127 cit.), il dott. D V ha mantenuto un comportamento di totale inerzia: mancata ripresa del servizio presso la Facoltà di appartenenza e mancata attivazione di qualsiasi contatto con l’amministrazione universitaria;

- nemmeno è rinvenibile alcun suo atto, volto a fornire giustificazioni o a chiarire altrimenti le cause che (in ipotesi) gli avrebbero impedito di assumere servizio;

- soltanto in data 8.5.2008, del tutto tardivamente (a fronte del recesso dell’Azienda Policlinico dal rapporto lavorativo presupposto, risalente ad ottobre 2006), il D V dichiarava la sua disponibilità a rientrare “immediatamente in servizio dal 16.5.2008, al termine dell’aspettativa concessagli con D.R. n. 2869 del 7.6.2005;

- contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente nella nota appena citata e come ribadito nella presente causa, tuttavia, il periodo di aspettativa, poiché strettamente connesso e giustificato dal concomitante rapporto di lavoro subordinato (a termine) presso l’Azienda Policlinico, non poteva certo protrarsi per la durata triennale inizialmente prevista dal decreto rettorale del 16.5.2005 ma, al contrario, doveva considerarsi automaticamente interrotto per effetto della risoluzione del rapporto lavorativo presupposto;

- non incidono su tale conclusione la circostanza che il recesso contrattuale dell’Azienda Policlinico fosse stato impugnato dinnanzi al Giudice del lavoro, né il fatto che, successivamente, la precitata sentenza di secondo grado avesse annullato il provvedimento del datore di lavoro con effetto “ex tunc”, in quanto l’atto unilaterale recettizio di recesso (nella specie non nullo, né inesistente) avesse “medio tempore” prodotto i suoi effetti, per quanto provvisori, facendo cessare le obbligazioni scaturenti dal contratto di lavoro e rendendo, conseguentemente, ingiustificato il protrarsi dell’aspettativa;

- in questo caso, la decadenza dall'impiego si è verificata automaticamente, al verificarsi della fattispecie di cui all’art. 127, comma 1, lett c), d.P.R. n. 3 del 1958, cosicché l'atto con cui l’Università ne prende atto non ha valore costitutivo della cessazione del rapporto di impiego di ricercatore, ma è meramente ricognitivo dell'effetto già verificatosi;
esso non riveste carattere disciplinare e ha un contenuto interamente vincolato;

- i suesposti principi sono stati ripetutamente affermati nella giurisprudenza amministrativa: tra le altre, TAR Lazio, sez. III, 17/8/2005 n. 6200: "Ne consegue, che in relazione alla "ratio" sottesa alla predetta disposizione, la decadenza dall'impiego pronunciata ai sensi dell'art. 127, lett. c) del più volte citato D.P.R. n. 3 del 1957, non ha natura disciplinare, ma accertativa di una situazione di fatto dalla quale consegue in modo vincolato l'adozione della misura amministrativa in questione";
TAR Sicilia - Catania, sez. III, 7/4/2011 n. 853: "Al riguardo, occorre ricordare che, per pacifica e costante giurisprudenza (si veda, tra le più recenti, Cons. Stato, VI, n. 1320/2010 dell' 08/03/2010), l'art. 127 lett. c) t.u. imp. civ. St. ( D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 ) individua una specifica causa estintiva del rapporto di pubblico impiego (assenza ingiustificata dall'ufficio per un periodo di durata non inferiore a quindici giorni) che si collega al mancato assolvimento dell'obbligo primario del dipendente di garantire, con continuità e senza interruzione, l'obbligo di prestazione lavorativa, salvo si versi in presenza di condizioni esonerative della stessa che però devono essere portate tempestivamente alla cognizione dell'amministrazione".

Consegue da tutto quanto precede l’infondatezza del primo motivo di gravame al pari del terzo, in quanto la disposizione applicata dall’Ateneo non imponeva l’assegnazione di un termine “ad hoc” entro il quale ripresentarsi in servizio, avendo determinato la norma stessa (direttamente) l’effetto decadenziale, in relazione al protrarsi dell’assenza ingiustificata del dipendente dall'ufficio, per un periodo di durata non inferiore a quindici giorni.

La natura vincolata, accertativa e non sanzionatoria del provvedimento, inoltre, rendeva del tutto superflua, la comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 della Legge n. 241 del 1990 e, in ogni caso, la presunta violazione di quest’ultima disposizione non potrebbe condurre all’annullamento del decreto rettorale impugnato (arg. ex art. 21 octies Legge n. 241 del 1990).

Per quest’ultima ragione deve considerarsi infondato e da respingere anche l’unico motivo aggiunto, articolato da parte ricorrente con atto separato nel quale, come detto, si contesta la violazione del citato art. 7.

Quanto alla contestata incompetenza del Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia ad eseguire le verifiche e gli accertamenti sulla ripresa del servizio da parte del dott. D V, all’indomani della risoluzione del rapporto contrattuale con il Policlinico (secondo motivo), il Collegio rileva che:

- al momento della prima collocazione in aspettativa il dott. D V era in servizio come ricercatore, dal 9.9.1999, proprio presso la suddetta Facoltà (vedi docc. 7 e 8 res.), avendo vinto il concorso da ricercatore a suo tempo indetto dall’Ateneo per far fronte alle esigenze della Facoltà di Medicina;

- va detto che, con decreto rettorale n. 395 del 21.9.2000, durante il periodo di aspettativa, veniva attribuita al dott. D V l’afferenza al Dipartimento di Informatica e Sistemistica, presso il quale peraltro, non risulta che il medesimo abbia mai espletato le proprie prestazioni di servizio;

- tuttavia, ad avviso del Collegio, ciò che realmente rileva è che oggettivamente il ricorrente – in modo volontario, in quanto egli certamente era a conoscenza della risoluzione del rapporto di lavoro con il Policlinico - non ha ripreso il suo servizio di ricercatore presso l’Ateneo, né presso il predetto Dipartimento, né presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia né presso alcun altra struttura universitaria, come dimostra la nota dell’8.5.2008 (doc. 4, prod. doc. del 13.12.2016), diretta al Rettore, nella quale, dichiarando del tutto tardivamente la propria disponibilità alla ripresa in servizio, il ricorrente ammette implicitamente che, fino a quel momento, non aveva manifestato analoga disponibilità alla ripresa del servizio;

- era infatti onere del ricorrente (dallo stesso non assolto) dar prova di essersi reso disponibile alla ripresa in servizio presso la struttura universitaria dal medesimo ritenuta competente, mentre l’obbligo di riprendere il servizio non dipendeva da una comunicazione “ad hoc” da parte dell’Ateneo, trattandosi di obbligazione discendente direttamente dalla legge e dal rapporto di servizio quale ricercatore, che imponeva al ricorrente di mettere a disposizione le proprie prestazioni, una volta venute meno le ragioni che ne avevano determinato la sospensione (in dipendenza del collocamento in aspettativa).

Consegue da tutto quanto precede che la dedotta incompetenza del Preside della Facoltà di Medicina ad eseguire le verifiche demandategli dal Rettore è profilo estrinseco e formale, non rilevante ai fini dell’individuazione dei presupposti sostanziali per l’adozione dell’atto dichiarativo di decadenza ex art. 127, comma 1, lett. c) d.P.R. n. 3/1958.

Pertanto, anche il secondo motivo - oltre agli altri già esaminati (primo, terzo e unico motivo aggiunto) - va senz’altro respinto.

Merita accoglimento, invece, il quarto ed ultimo motivo articolato nel ricorso introduttivo, con il quale si contesta il provvedimento impugnato laddove dispone che la decadenza assuma effetto retroattivo, facendola decorrere dal 16.11.1999 e, cioè, dalla data di decorrenza del primo periodo di aspettativa, saldatosi poi, senza soluzione di continuità, con il secondo e con il terzo, mentre, a tutto concedere, la retroattività della decadenza non avrebbe potuto superare a ritroso la data di comunicazione del licenziamento da parte dell’Azienda Policlinico. Si legge, infatti, in ciascuno dei tre provvedimenti di collocamento in aspettativa allegati dall’Università resistente (vedi docc. 3, 4 e 5 res.), che “il periodo trascorso in aspettativa non è computabile ai fini economici, ma è comunque utile ai fini dell’anzianità di servizio”. Appare perciò in contraddizione con tale affermazione e comunque non motivata la scelta compiuta dall’Università di far retroagire la decadenza dal servizio al 16.11.1999 (doc. 1 ric.), in tal modo cancellando i periodi pregressi di aspettativa “a tutti gli effetti” e non solo ai fini economici, così azzerando l’anzianità di servizio maturata in detti periodi.

Pertanto l’Amministrazione universitaria dovrà riesaminare la posizione del ricorrente al limitato fine di rideterminare, nel rispetto del principio sopra affermato, la decorrenza degli effetti del provvedimento di decadenza ex art. 127 cit., qui impugnato.

La censura accolta assumeva fin dall’origine connotazione oggettivamente subordinata rispetto alle altre ragioni di doglianza, il cui accoglimento avrebbe comportato l’annullamento integrale dell’atto impugnato e non una limitata incidenza sulla determinazione del “dies a quo” di decorrenza degli effetti, ferma restando la legittimità del provvedimento decadenziale nei sui contenuti essenziali.

Ne consegue che, in ragione del parziale accoglimento del gravame nei limiti dianzi precisati – ferma restando la legittimità del decreto rettorale impugnato per i restanti profili e confermata l’estinzione del rapporto di servizio del dott. D V in qualità di ricercatore presso l’Ateneo resistente - può giustificarsi l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti in causa.

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