TAR Bologna, sez. II, sentenza 2021-01-13, n. 202100027

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bologna, sez. II, sentenza 2021-01-13, n. 202100027
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bologna
Numero : 202100027
Data del deposito : 13 gennaio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/01/2021

N. 00027/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00359/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 359 del 2015, proposto da
S Z, rappresentato e difeso dall'avvocato L M, domiciliato presso la Bologna Segreteria TAR in Bologna, via D'Azeglio, 54;

contro

Comune di Rimini, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato M A F, con domicilio eletto presso lo studio Francesco Bragagni in Bologna, Strada Maggiore n. 31;

per l'annullamento

dell'ordinanza ingiunzione di opere absive ex art.31

DPR

380/2001 e 13 L-R 23/2014, datata 25.02.2015 prot.n.0037387, notificata la Signor Z Stefano in data 6 marzo 2015;

nonchè per quanto occorrer possa, del verbale della Polizia Municipale del 22.09.2014 e della comunicazione di avio del procedimento del 25.09.2014 prot.n.176595 e della relazione tecnica redatta dai funzionari del Comune di Rimini durante il sopralluogo del 3.08.2014;

nonchè di qualsiasi altro atto connesso, presupposto e/o conseguente non conosciuto;

nonchè per l'accertamento del diritto del ricorrente al risarcimento dei danni subiti per effetto dei provvedimenti impugnati;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Rimini;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 gennaio 2021 la dott.ssa Jessica Bonetto e trattenuta la causa in decisione ex art. 25 D.L. n. 137 del 2020;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

S Z ha agito in giudizio per l’annullamento dell’ordinanza ingiunzione di rimozione di opere abusive ex art. 31

DPR

380/2001 e 13 L.R.n. 23/2004, datata 25/02/2015, prot.n. 0037387, notificata in data 6 marzo 2015 ed avente ad oggetto il “manufatto di mq. 25.08 con struttura portante in legno, copertura in telo in PVC a rullo impermeabile ad una falda inclinata, altezza minima ml. 2,20, massima ml. 3.00”, realizzato in Rimini, Lungomare Tintori n. 35, in aderenza al fabbricato, sulla terrazza dell’appartamento posto al piano primo.

Il ricorrente ha formulato altresì domanda di risarcimento dei danni conseguenti all’atto impugnato.

Quali motivi di impugnazione ha dedotto la violazione di legge e l’eccesso di potere sul presupposto che la tenda parasole oggetto dell’ordinanza di demolizione, diversamente da quanto sostenuto dal Comune, non costituisse nuova costruzione per la quale risultava necessario il rilascio del permesso di costruire, bensì opera di arredo urbano liberamente realizzabile mediante semplice D.I.A., tenuto anche conto della normativa vigente al momento della presentazione dell’avviso da parte dell’interessato circa l’inizio dei lavori (4.09.2000) e cioè del Regolamento del Comune di Rimini per l’arredo urbano, che all’art. 5 disciplinava espressamente le tede parasole, prevedendo che per quelle con caratteristiche analoghe a quella in esame (per tipologia e materiali), bastasse ex art. 19 del Regolamento citato, la mera comunicazione senza bisogno di alcuna preventiva autorizzazione.

Il Comune di Rimini si è costituito in giudizio contestando quanto ex adverso dedotto, in particolare con riferimento alle concrete caratteristiche dell’opera realizzata, che secondo l’Ente sarebbero tali da aver richiesto il previo rilascio del permesso di costruire.

Con ordinanza n. 179 del 2015 l’istanza cautelare articolata dal ricorrente è stata respinta.

In occasione dell’udienza di discussione, il difensore di Z ha depositato in giudizio la sentenza n. 545 del 2020 del Tribunale di Rimini con la quale il Giudice Penale ha assolto il ricorrente dal reato di cui all’art. 75 del D.P.R. n. 380 del 2001 in relazione alla medesima opera.

All’esito del giudizio, stante anche quanto disposto dall’art. 654 c.p.p. circa l’efficacia della sentenza penale di condanna o di assoluzione in altri giudizi civili o amministrativi (“ Nei confronti dell'imputato, della parte civile e del responsabile civile che si sia costituito o che sia intervenuto nel processo penale, la sentenza penale irrevocabile di condanna o di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo, quando in questo si controverte intorno a un diritto o a un interesse legittimo il cui riconoscimento dipende dall'accertamento degli stessi fatti materiali che furono oggetto del giudizio penale, purché i fatti accertati siano stati ritenuti rilevanti ai fini della decisione penale e purché la legge civile non ponga limitazioni alla prova della posizione soggettiva controversa ”), ritenendo peraltro il Collegio condivisibile quanto affermato dal Giudice Penale in ordine alla qualificazione della stessa tenda parasole qui in discussione (vedi anche sentenza n. 32 del 2021 del Consiglio di Stato sull’incidenza della sentenza penale sul giudizio amministrativo), il ricorso va accolto con riguardo alla domanda di annullamento dell’atto impugnato.

Invero, in sede penale è stato accertato che in relazione al manufatto per cui è causa “non vi sono elementi strutturali metallici”, “la tenda è di materiale permeabile ed è sostenuta da una struttura totalmente lignea”, sicché l’opera risulta “qualificabile come arredo esterno, che non necessita di collaudo”.

Da ciò consegue la non sottoponibilità alla sanzione penale, ma altresì, ad avviso del Collegio, la non assoggettabilità a permesso di costruire, non comportando il manufatto in esame la realizzazione di un volume urbanistico ed avendo la tenda la mera funzione di garantire una miglior fruizione dello spazio circostante, così da rappresentare semplice opera di arredo esterno (vedi anche Consiglio di Stato n. 1619 del 2016).

Né valgono a sconfessare tale conclusione le circostanze allegate dal Comune in replica agli accertamenti penali (consistenti dimensioni della tenda, copertura da telo in P.V.C. a rullo e non precarietà della struttura perché ancorata stabilmente al suolo ed alla parete del fabbricato), trattandosi di profili già emersi e valutati anche in sede penale, ma rispetto ai quali il Giudice Penale ha affermato, ad avviso di questo Collegio condivisibilmente: “a ben guardare, tuttavia sia dalla documentazione fotografica in atti, che dalla deposizione del teste Bianco, nonché dalle documentazioni prodotte, la tenda è di materiale permeabile ed è sostenuta da una struttura totalmente lignea che non presenta alcun elemento di struttura metallica. [] Ebbene, nel caso di specie lo scheletro della struttura è totalmente in materiale ligneo e la tenda è posizionata con un meccanismo di scorrimento centrale, ma privo di struttura propria. Non vi sono elementi strutturali metallici e la tenda stessa è di materiale permeabile come dalla documentazione fornita dalla difesa. Rientra pertanto in un'opera qualificabile come arredo esterno”.

Conclusivamente, quindi, la domanda di annullamento dell’ordinanza di demolizione va accolta.

Va respinta, invece, la domanda di risarcimento danni, in quanto proposta solo genericamente, senza fornire alcun elemento di prova circa il pregiudizio asseritamente subito per effetto dell’atto annullato.

L’esito del giudizio e la novità della specifica questione trattata, unitamente al fatto che la sentenza penale di assoluzione è intervenuta solo a giugno del 2020, giustificano l’integrale compensazione delle spese di lite.

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