TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2015-06-24, n. 201508664
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Testo completo
N. 08664/2015 REG.PROV.COLL.
N. 15325/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA NON DEFINITIVA
sul ricorso numero di registro generale 15325 del 2014, proposto da:
Soc San Vito Srl, rappresentato e difeso dagli avv. G C, A L, V D G, con domicilio eletto presso Studio Legale Macchi Di Cellere Gangemi in Roma, Via Cuboni, 12;
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero dell’Economia e delle Finanze, Autorità per l'Energia Elettrica il Gas e il Sistema Idrico, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;Governo della Repubblica, Soc Gestore Servizi Energetici Gse Spa;
per l'annullamento, previa sospensione
- delle "Istruzioni operative per gli interventi sulle tariffe incentivanti relative agli impianti fotovoltaici, ai sensi dell'art. 26 della Legge 116/2014 (c.d. "Legge Competitività")' emanate dal GSE e pubblicate sul relativo sito internet in data 3 novembre 2014;
- del decreto del Ministro dello Sviluppo Economico del 17 ottobre 2014, recante "Modalità per la rimodulazione delle tariffe incentivanti per l'energia elettrica prodotta da impianti fotovoltaici, in attuazione dell'articolo 26, comma 3, lett. b) del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, pubblicato in G.U., serie generale n. 248 del 24.10.2014 e delle relative tabelle redatte e pubblicate dal GSE;
e per l'accertamento
del diritto della ricorrente a non esercitare alcuna delle opzioni previste dall'art. 26, comma 3 del D.L. 24.6.2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 192 del 20.8.2014, (S.O. n. 72);
previa rimessione
alla Corte Costituzionale della questione di legittimità costituzionale dell'art. 26, comma 3, lett. a), b), e c), del D.L.91/2014, per violazione degli articoli 3, 41, 42, 97 della Costituzione e del principio del legittimo affidamento, nonché per violazione degli artt. 10 e 117, comma 1, della Costituzione, in relazione all'art. 1 del Protocollo n. 1 della CEDU, (Protezione della proprietà), per violazione degli artt. 10 e 117, comma 1 della Costituzione, con riferimento agli obblighi internazionali derivanti dal Trattato sulla Carta europea dell'energia, stipulato a Lisbona il 17.12.1994, e ratificato in Italia con legge 10 novembre 1997, n. 415, e in relazione ai contenuti della Direttiva 2009/28/CE, recepita nel nostro ordinamento con il D.Lgs. n. 28 del 2011, alla violazione del diritto comunitario e in relazione alle Direttive 2000/35/CE e 2011/7/UE;
oppure, previa disapplicazione
dell'art. 26, comma 3,lett. a),b), c),del D.L. 91/2014 per violazione del diritto comunitario, segnatamente del Protocollo n. 1 alla CEDU, (Protezione della proprietà), del Trattato sulla Carta europea dell'energia, stipulato a Lisbona il 17.12.1994, e ratificato in Italia con legge 10 novembre 1997, n. 415, della Direttiva 2009/28/CE e dei principi generali del diritto comunitario di tutela dell'affidamento, della certezza del diritto, della parità di trattamento,
oppure, in alternativa, previa remissione
alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea dell'interpretazione pregiudiziale ai sensi dell'art. 267 TFUE (ex art. 234 TCE) della conformità dell’art. 26, comma 3, lett. a), b), e c), del D.L. 91/2014 ai principi di diritto comunitario ed alle norme della Direttiva 2009/28/CE;
nonché per il risarcimento dei danni
subiti e subendi dalla società ricorrente derivanti dall'applicazione della riduzione dell'incentivo riconosciuto da determinarsi in corso di causa.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Presidenza del Consiglio dei Ministri e di Ministero dello Sviluppo Economico e di Ministero Dell’Economia e delle Finanze e di Autorità Per L'Energia Elettrica il Gas e il Sistema Idrico;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 marzo 2015 la dott.ssa M G V e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Visto l'art. 36, co. 2, cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La Società ricorrente, quale soggetto responsabile (ai sensi dell'art. 3, lettera s del D.M. 5 maggio 2011), titolare dell'impianto fotovoltaico nel Comune di Fossano, di KW 998,30, entrato in esercizio in data 29 marzo 2013, è il beneficiario della tariffa incentivante prevista dal D.M. 5 maggio 2011, avendo richiesto ed ottenuto l'ammissione alla tariffa incentivante e stipulato in data 27 novembre 2013 con il GSE la relativa convenzione (n. I02T275671107) di durata ventennale (20 anni) avente ad oggetto il riconoscimento da parte del GSE delle tariffe incentivanti.
Con ricorso, spedito per la notifica il 13/11/14 e depositato il 5/12/14, la società San Vito Srl ha chiesto l’annullamento delle "Istruzioni operative per gli interventi sulle tariffe incentivanti relative agli impianti fotovoltaici, ai sensi dell'art. 26 della Legge 116/2014 (c.d. "Legge Competitività")” emanate dal GSE e pubblicate sul relativo sito internet in data 3 novembre 2014;nonché del decreto del Ministro dello Sviluppo Economico del 17 ottobre 2014, recante "Modalità per la rimodulazione delle tariffe incentivanti per l'energia elettrica prodotta da impianti fotovoltaici, in attuazione dell'articolo 26, comma 3, lett. b) del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, pubblicato in G.U., serie generale n. 248 del 24.10.2014 e delle relative tabelle redatte e pubblicate dal GSE;ha inoltre chiesto l’accertamento del diritto di non esercitare alcuna delle tre opzioni di rimodulazione dell’incentivo per la produzione di energia elettrica fotovoltaica, previste dall’art. 26 comma 3° lettere a), b) e c) d.l. n. 91/2014, e la condanna delle parti resistenti al risarcimento dei danni.
Il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, l’Autorità per per l'Energia Elettrica il Gas e il Sistema Idrico e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, costituitisi con atto depositato il 24/12/14, hanno concluso per la reiezione del gravame.
All’udienza pubblica del 19 marzo 2015 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Il Tribunale, ai sensi degli artt. 33 comma 1° lettera a) e 36 comma 2 d. lgs. n. 104/2010, ritiene di dovere definire con sentenza parziale le questioni pregiudiziali in parte sollevate dal Ministero dello Sviluppo Economico ed aventi ad oggetto l’ammissibilità dell’azione di accertamento proposta dalla ricorrente ed in sintesi il difetto di giurisdizione.
Infatti, l’impostazione di parte ricorrente – che sostanzialmente invoca il diritto di non esercitare alcuna delle opzioni previste dall’art. 26 d. l. n. 91/2014 – postulerebbe l’esistenza di un vero e proprio diritto soggettivo la cui cognizione sarebbe sottratta al giudice amministrativo;né nella fattispecie sarebbe applicabile l’art. 133 lettera o) d. lgs. n. 104/2010 in quanto la domanda, nel contestare, in radice, il potere dell’amministrazione di adottare atti contrastanti con il contenuto del contratto, mirerebbe al mantenimento delle condizioni contrattuali oggetto della convenzione a suo tempo stipulata con il Gestore e, quindi, non riguarderebbe “vizi di procedure o di provvedimenti amministrativi”.
In quest’ottica, si aggiunge, non vi sarebbe una pubblica amministrazione che si presenta nell’esercizio dei suoi poteri, ma una parte (sia pure pubblica) chiamata a rispondere dell’esecuzione di un contratto sulla base delle norme di diritto privato.
Con il ricorso principale la società in epigrafe indicata chiede l’accertamento del diritto di non esercitare alcuna delle tre opzioni di riduzione, previste dall’art. 26 comma 3° lettere a), b) e c) d.l. n. 91/2014, dell’incentivo riconosciuto per la produzione di energia elettrica da impianto fotovoltaico, del conseguente diritto di conservare le condizioni contrattuali stabilite nelle convenzioni stipulate con il G.S.E., dell’insussistenza del potere del G.S.E. di applicare l’opzione ex art. 26 comma 3° lettera c) d. l. n. 91/14 nel caso di mancato esercizio, entro il 30 novembre 2014, della scelta tra una delle alternative di rimodulazione dell’incentivo e dell’insussistenza del potere del Gestore di modificare termini e condizioni delle convenzioni e la condanna delle parti resistenti al risarcimento dei danni.
Le domande di accertamento e di annullamento sono state dalla società ricorrente presentate in riferimento alla disciplina introdotta dall’art. 26 comma 3° d. l. n. 91/2014, convertito dalla legge n. 116 dell’11 agosto 2014, secondo cui “a decorrere dal 1º gennaio 2015, la tariffa incentivante per l’energia prodotta dagli impianti di potenza nominale superiore a 200 kW è rimodulata, a scelta dell’operatore, sulla base di una delle seguenti opzioni da comunicare al GSE entro il 30 novembre 2014:
a) la tariffa è erogata per un periodo di 24 anni, decorrente dall’entrata in esercizio degli impianti, ed è conseguentemente ricalcolata secondo la percentuale di riduzione indicata nella tabella di cui all’allegato 2 al presente decreto;
b) fermo restando il periodo di erogazione ventennale, la tariffa è rimodulata prevedendo un primo periodo di fruizione di un incentivo ridotto rispetto all’attuale e un secondo periodo di fruizione di un incentivo incrementato in ugual misura. Le percentuali di rimodulazione sono stabilite con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentita l’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, da emanare entro il 1º ottobre 2014 in modo da consentire, nel caso di adesione di tutti gli aventi titolo all’opzione, un risparmio di almeno 600 milioni di euro all’anno per il periodo 2015-2019, rispetto all’erogazione prevista con le tariffe vigenti;
c) fermo restando il periodo di erogazione ventennale, la tariffa è ridotta di una quota percentuale dell’incentivo riconosciuto alla data di entrata in vigore del presente decreto, per la durata residua del periodo di incentivazione, secondo le seguenti quantità:
1) 6 per cento per gli impianti aventi potenza nominale superiore a 200 kW e fino alla potenza nominale di 500 kW;
2) 7 per cento per gli impianti aventi potenza nominale superiore a 500 kW e fino alla potenza nominale di 900 kW;
3) 8 per cento per gli impianti aventi potenza nominale superiore a 900 kW.
In assenza di comunicazione da parte dell’operatore il GSE applica l’opzione di cui alla lettera c)”.
Così individuato l’oggetto del giudizio, il Tribunale ritiene che la presente controversia sia soggetta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in base a quanto previsto dall’art. 133 lettera o) d. lgs. n. 104/2010 che devolve a tale tipo di giurisdizione “le controversie, incluse quelle risarcitorie, attinenti alle procedure e ai provvedimenti della pubblica amministrazione concernenti la produzione di energia, ivi comprese quelle inerenti l'energia da fonte nucleare, i rigassificatori, i gasdotti di importazione, le centrali termoelettriche e quelle relative ad infrastrutture di trasporto ricomprese o da ricomprendere nella rete di trasmissione nazionale o rete nazionale di gasdotti”.
Va, innanzi tutto, rilevato che, ai sensi dell’art. 7 comma 2° d. lgs. n. 104/2010 “per pubbliche amministrazioni, ai fini del presente codice, si intendono anche i soggetti ad esse equiparati o comunque tenuti al rispetto dei principi del procedimento amministrativo”;in tale ambito rientra certamente il G.S.E. in virtù delle competenze e prerogative pubblicistiche ad esso attribuite dalla normativa vigente (tra cui il d. lgs. n. 28/2011 e i decreti ministeriali di attuazione aventi ad oggetto i vari Conti Energia) in materia di impianti di produzione di energia rinnovabile.
Ciò premesso, non possono sussistere dubbi circa la riconducibilità alla previsione dell’art. 133 lettera o) d. lgs. n. 104/2010 delle domande caducatorie che hanno ad oggetto atti emanati dal Ministero dello sviluppo economico e dal G.S.E. in attuazione della disciplina prevista dall’art. 26 comma 3° d. l. n. 91/2014 concernente la rimodulazione degli incentivi finalizzati alla produzione di energia fotovoltaica.
Il decreto del Ministro dello sviluppo economico del 17 ottobre 2014, infatti, individua le modalità di rimodulazione dell’incentivo nell’ipotesi in cui l’impianto acceda all’opzione di cui alla lettera b) dell’art. 26 comma 3° d. l. n. 91/2014 e le Istruzioni Operative del 03/11/14 sono state emanate dal G.S.E. in dichiarata attuazione dell’art. 26 in esame;da ciò consegue l’inerenza di tali atti amministrativi alla materia della “produzione di energia” richiamata dall’art. 133 lettera o) d. lgs. n. 104/2010.
Il Tribunale ritiene, poi, che anche le domande di accertamento, proposte con il ricorso, rientrino nell’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ex art. 133 lettera o) d. lgs. n. 104/2010.
Le domande in esame hanno sostanzialmente ad oggetto l’accertamento del diritto di non esercitare alcuna delle opzioni indicate dall’art. 26 comma 3° d.l. n. 91/2014 che prevede una rimodulazione e/o riduzione degli incentivi secondo le modalità ivi indicate.
Il giudizio concerne, in definitiva, la misura degli incentivi destinati alla produzione di energia fotovoltaica e, come tale, rientra nell’ambito applicativo dell’art. 133 lettera o) d. lgs. n. 104/2010 che devolve alla giurisdizione esclusiva del g.a. ogni controversia “concernente la produzione di energia” e, quindi, non solo quelle correlate all’esercizio del potere pubblico in senso stretto, ma anche quelle riferibili ad ogni situazione giuridica soggettiva (ivi compresi i diritti soggettivi) riferibile alla produzione di energia: in questo senso è significativo che l’art. 133 citato abbia utilizzato il termine generico di “procedura” invece che quello specifico di “procedimento”.
Per questo motivo non può accedersi alla tesi del Ministero, secondo cui la qualificazione in termini di diritto soggettivo della situazione giuridica soggettiva delle società ricorrenti, comporterebbe l’inapplicabilità dell’art. 133 lettera o) d. lgs. n. 104/2010.
Pertanto, anche le modalità di quantificazione del diritto all’incentivo rientrano nell’ambito della nozione di “procedura concernente la produzione di energia”, richiamata dall’art. 133 lettera o) d. lgs. n. 104/2010, e ciò in virtù del nesso di necessaria strumentalità tra l’incentivo e la produzione stessa.
Del resto la peculiare rilevanza del meccanismo incentivante ai fini della produzione di energia rinnovabile è desumibile dalla stessa normativa, di grado comunitario e nazionale, che dedica a tale aspetto una disciplina puntuale;a mero titolo di esempio, è utile, a tal fine, richiamare l’art. 2 lettera k) della Direttiva 2009/28/CE che definisce il “regime di sostegno” come “strumento, regime o meccanismo applicato da uno Stato membro o gruppo di Stati membri, inteso a promuovere l’uso delle energie da fonti rinnovabili riducendone i costi, aumentando i prezzi a cui possono essere vendute o aumentando, per mezzo di obblighi in materia di energie rinnovabili o altri mezzi, il volume acquistato di dette energie”.
Nello specifico, poi, la convenzione stipulata dal titolare dell’impianto con il Gestore, benché qualificabile come negozio “di diritto privato” (in questo senso si esprime espressamente l’art. 24 comma 2° lettera B d. lgs. n. 28/2011;indicazioni in tal senso sono presenti anche per le convenzioni stipulate in base al d. lgs. n. 387/2003 come si avrà modo di precisare in prosieguo), si colloca a valle di un vero e proprio procedimento amministrativo disciplinato dai decreti legislativi nn. 387/2003 e n. 28/2011 e dai decreti ministeriali di attuazione che regolamentano le modalità di accesso ai benefici previsti per i vari Conti Energia.
Pertanto, lo stretto nesso che caratterizza incentivo e convenzione, da una parte, e produzione di energia rinnovabile, dall’altra, e la procedimentalizzazione della fase di erogazione dell’incentivo giustificano la sussumibilità della presente controversia nell’ambito delle “procedure” che l’art. 133 lettera o) d. lgs. n. 104/2010 attrae alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Per quanto riguarda l’ammissibilità dell’azione di mero accertamento, il Ministero dello sviluppo economico ne contesta l’ammissibilità perché la stessa non costituirebbe l’unico rimedio a tutela della situazione giuridica soggettiva delle ricorrenti potendo le stesse instaurare il giudizio impugnatorio allorchè il G.S.E. darà concreta attuazione all’alternativa prevista dall'art. 26 comma 3° d. l. n. 91/2014 in caso di mancato esercizio dell’opzione entro il termine previsto.
La prospettazione in esame non può essere condivisa.
L’ammissibilità dell’azione di accertamento, intesa come astratta possibilità di utilizzare tale tecnica di tutela, è nella fattispecie desumibile dalla natura di diritto soggettivo della situazione giuridica azionata dalle ricorrenti ed identificabile nella pretesa all’incentivo come quantificato nei “contratti di diritto privato” espressamente menzionati dall’art. 24 comma 2° lettera b) d. lgs. n. 28/2011.
La disposizione, direttamente riferibile al Quarto e Quinto Conto, ha, tuttavia, portata ricognitiva della situazione venutasi a determinare durante la vigenza dei primi tre Conti Energia, in relazione ai quali il Gestore risulta avere concesso i benefici attraverso “convenzioni” con gli interessati (cfr. in proposito, con riferimento al III° conto, l’art. 13, all. A, delib. Aeeg ARG/elt n. 181/2010 del 20.10.2010, pubbl. sul sito Aeeg il 25.10.2010, recante previsione della redazione di uno schema tipo di convenzione;nello stesso senso si vedano anche i richiami alle convenzioni del Primo, Secondo e Terzo Conto Energia presenti sul “Manuale Utente per la richiesta di trasferimento di titolarità” del novembre 2014 e pubblicato sul sito internet del GSE).
Si tratta di atti aventi la medesima natura;infatti, sia la “convenzione” che il “contratto” hanno lo scopo di regolamentare il rapporto giuridico tra il GSE e il soggetto responsabile dell’impianto, secondo il consueto modello dei rapporti concessori, nei quali accanto al provvedimento di concessione l’amministrazione concedente e il privato concessionario concludono un contratto c.d. accessivo per la disciplina delle rispettive obbligazioni.
La qualificazione in termini di diritto soggettivo della pretesa al mantenimento dell’incentivo è desumibile dalla natura “di diritto privato” dell’atto da cui promana la quantificazione dell’incentivo stesso. In ogni caso, anche a volere qualificare la posizione giuridica soggettiva della ricorrente come interesse legittimo, l’azione di accertamento deve ritenersi, comunque, ammissibile, come ha avuto modo di ritenere l’Adunanza Plenaria con la sentenza n. 15/2011 in riferimento alle ipotesi in cui “detta tecnica di tutela sia l'unica idonea a garantire una protezione adeguata ed immediata dell'interesse legittimo” (presupposto che ricorre nella fattispecie come si avrà modo di precisare in prosieguo in ordine alla natura della lesione subita dalle ricorrenti) a nulla rilevando l'assenza di una previsione legislativa espressa;tale impostazione trova “fondamento nelle norme immediatamente precettive dettate dalla Carta fondamentale al fine di garantire la piena e completa protezione dell'interesse legittimo (artt. 24, 103 e 113)” (A.P. n. 15/2011).
Circa, poi, l’esistenza, in concreto, delle condizioni legittimanti l’esperibilità dell’azione di accertamento, il Tribunale rileva che nella fattispecie la ricorrente, sin dal momento dell’entrata in vigore dell’art. 26 d. l. n. 91/2014, ha subito una lesione diretta ed immediata della propria situazione giuridica soggettiva (identificabile nella pretesa al mantenimento dell’incentivo “convenzionato”) per effetto del regime introdotto dalla disposizione in esame;in particolare, tale pregiudizio è identificabile nell’immediata operatività dell’obbligo di scelta – da esercitare entro il 30 novembre 2014 – di una delle tre opzioni di rimodulazione degli incentivi previste dall’art. 26 d. l. n. 91/2014.
Infatti, sotto il profilo oggettivo, ciascuna delle opzioni del comma 3 dell’art. 26 citato impatta in senso peggiorativo sulla posizione degli operatori siccome definita nelle convenzioni di incentivazione, esplicando un effetto novativo sugli elementi della durata o dell’importo delle tariffe incentivanti o su entrambi, e tanto anche a non voler tener conto dei costi di transazione derivanti dalla necessità di adeguare gli assetti in essere alla nuova situazione.
E, infatti, a parte la riduzione secca delle tariffe di cui alla lett. c), avente chiara portata negativa:
- l’allungamento della durata divisata dalla lett. a) (estensione a 24 anni con proporzionale riduzione delle quote annuali), oltre a comportare una differita percezione degli incentivi, di per sé (notoriamente) pregiudizievole, non può non incidere sui parametri iniziali dell’investimento, impattando anche sui costi dei fattori produttivi (si pensi ad es. alle attività di gestione, alla durata degli eventuali finanziamenti bancari, dei contratti stipulati per la disponibilità delle aree, delle assicurazioni, ecc.), ferma la necessità del parallelo adeguamento dei necessari titoli amministrativi (cfr. comma 6);
- la lett. b) determina una riduzione degli importi per il quadriennio 2015-2019 (tale da generare un risparmio di “almeno 600 milioni” di euro per l’ipotesi di adesione all’opzione di tutti gli interessati) e un incremento nel periodo successivo (secondo l’algoritmo definito col d.m. 17.10.2014): poiché l’incentivo è funzione della produzione, il fisiologico invecchiamento degli impianti, assoggettati nel corso del tempo a una diminuzione di produttività, determina la non recuperabilità dei minori importi relativi al periodo 2015-2019, attraverso gli incrementi delle tariffe riferibili al periodo successivo (nel quale gli impianti stessi hanno minore efficienza).
Ne deriva che la lesione, attualmente riferibile alla posizione delle ricorrenti, consegue all’immediata operatività dell’obbligo, imposto dall’art. 26 comma 3° d.l. n. 91/2014, di scelta di uno dei tre regimi peggiorativi previsti dalla norma.
La norma in esame, pertanto, ha carattere autoapplicativo perché la lesione consegue alla mera entrata in vigore della stessa e non necessita per la sua attuazione dell’intermediazione del potere amministrativo del Ministero o del Gestore tanto che è lo stesso legislatore a sancire che, nell’ipotesi di mancato esercizio dell’opzione, agli operatori economici si applica la rimodulazione di cui alla lettera c) del terzo comma dell’art. 26 d. l. n. 91/2014.
In quest’ottica l’intervento del G.S.E., previsto dalla norma in esame, serve solo a quantificare in concreto, in riferimento alle percentuali già previste dalla norma, la riduzione dell’incentivo riconducibile all’opzione di cui alla lettera c), applicata in via imperativa dalla legge, e non costituisce in alcun modo autonoma manifestazione di volontà di applicazione dell’opzione in esame.
Proprio l’esistenza di una modificazione della realtà giuridica, peggiorativa di quella preesistente, conseguente all’introduzione dell’obbligo vigente di scegliere entro il 30 novembre 2014 una delle opzioni previste dall’art. 26 comma 3° d. l. n. 90/2014, qualifica, in capo alle società ricorrenti, l’interesse ad agire in relazione alla proposta azione di accertamento.
In una fattispecie simile a quella oggetto di causa la Corte di Cassazione (ordinanza n. 12060/2013), nel sollevare la questione di legittimità costituzionale di norme elettorali (poi accolta dalla Consulta con la sentenza n. 1/2014), ha avuto modo di affermare che “ci si allontana dall'archetipo delle azioni di mero accertamento per avvicinarsi a quello delle azioni costitutive o di accertamento-costitutive” allorchè (come nell’ipotesi in esame) l’interesse “è quello di rimuovere un pregiudizio che invero non è dato da una mera situazione di incertezza ma da una (già avvenuta) modificazione della realtà giuridica che postula di essere rimossa mediante un'attività ulteriore, giuridica e materiale”.
Nell’occasione la Corte di Cassazione, con un ragionamento che il Tribunale ritiene estensibile alla presente fattispecie, ha avuto modo di precisare che “una interpretazione della normativa elettorale che, valorizzando la tipicità delle azioni previste in materia (di tipo impugnatorio o concernenti l'ineleggibilità, la decadenza o l'incompatibilità dei candidati), escludesse in radice ovvero condizionasse la proponibilità di azioni come quella qui proposta al maturare di tempi indefiniti o al verificarsi di condizioni non previste dalla legge (come, ad esempio, la convocazione dei comizi elettorali), entrerebbe in conflitto con i parametri costituzionali (art. 24, e art. 113, comma 2) della effettività e tempestività della tutela giurisdizionale” aggiungendo che “ci sono leggi che creano in maniera immediata restrizioni dei poteri o doveri in capo a determinati soggetti, i quali nel momento stesso in cui la legge entra in vigore si trovano già pregiudicati da esse, senza bisogno dell'avverarsi di un fatto che trasformi l'ipotesi legislativa in un concreto comando. In tali casi l'azione di accertamento può rappresentare l'unica strada percorribile per la tutela giurisdizionale di diritti fondamentali di cui, altrimenti, non sarebbe possibile una tutela ugualmente efficace e diretta”.
In relazione a tale ultimo profilo è utile precisare che nella fattispecie l’esigenza di tutela giurisdizionale è qualificata dal fatto che la posizione delle ricorrenti viene incisa da una vera e propria legge – provvedimento.
Secondo la giurisprudenza costituzionale (tra le altre Corte Cost. n. 275/2013) sono leggi-provvedimento quelle che «contengono disposizioni dirette a destinatari determinati» (sentenze n. 154 del 2013, n. 137 del 2009 e n. 2 del 1997), ovvero «incidono su un numero determinato e limitato di destinatari» (sentenza n. 94 del 2009), che hanno «contenuto particolare e concreto» (sentenze n. 20 del 2012, n. 270 del 2010, n. 137 del 2009, n. 241 del 2008, n. 267 del 2007 e n. 2 del 1997), «anche in quanto ispirate da particolari esigenze» (sentenze n. 270 del 2010 e n. 429 del 2009), e che comportano l'attrazione alla sfera legislativa «della disciplina di oggetti o materie normalmente affidati all'autorità amministrativa» (sentenze n. 94 del 2009 e n. 241 del 2008)”.
Queste leggi, anche se ammissibili, devono soggiacere ad un rigoroso scrutinio di legittimità costituzionale per il pericolo di disparità di trattamento insito in previsioni di tipo particolare e derogatorio (sentenze n. 85 del 2013;in senso conforme sentenze n. 20 del 2012 e n. 2 del 1997), con l'ulteriore precisazione che «tale sindacato deve essere tanto più rigoroso quanto più marcata sia [...] la natura provvedimentale dell'atto legislativo sottoposto a controllo (sentenza n. 153 del 1997)» (sentenza n. 137 del 2009;in senso conforme sentenze n. 241 del 2008 e n. 267 del 2007).
Ciò posto, al fine di qualificare come legge – provvedimento il decreto legge n. 91/2014, il Tribunale ritiene significativa non soltanto la “ratio” del testo normativo in esame (ivi individuata nel “fine di ottimizzare la gestione dei tempi di raccolta ed erogazione degli incentivi e favorire una migliore sostenibilità nella politica di supporto alle energie rinnovabili”) ma, soprattutto il meccanismo di operatività della rimodulazione degli incentivi ivi prevista.
In quest’ottica deve essere evidenziato che:
- la norma ha un ambito applicativo limitato in quanto concerne i soli titolari di impianti fotovoltaici di potenza nominale superiore a 200 KW che hanno stipulato con il GSE convenzioni in corso di esecuzione per l’erogazione degli incentivi;
- la norma disciplina puntualmente l’entità della rimodulazione degli incentivi e per la sua applicazione non necessita dell’esercizio del potere amministrativo almeno per quanto concerne le opzioni di cui alle lettere a) e c) dell’art. 26 d. l. n. 91/2014;
- la disposizione disciplina direttamente le modalità di esercizio dell’opzione e la conseguenza riferibile al mancato esercizio della stessa.
In sostanza, l’art. 26 d.l. n. 91/2014 finisce con l’esercitare competenze sostanzialmente amministrative perché non si limita a fissare un obiettivo, ma disciplina specificamente l’entità e le modalità di operatività delle rimodulazioni come si evince dal fatto che non è previsto (se non in riferimento all’ipotesi di cui sub b) un intervento attuativo dell’autorità amministrativa.
La qualificazione in termini di legge - provvedimento dell’art. 26 d. lgs. n. 99/2014 costituisce ulteriore argomento ai fini dell’ammissibilità dell’azione di accertamento proposta in questo giudizio sia perché gli obblighi lesivi per le ricorrenti sono direttamente riconducibili alla norma primaria sia perché tale tipologia di azione costituisce il necessario strumento per potere accedere alla tecnica di tutela tipica (sindacato di legittimità costituzionale) dell’atto (legge - provvedimento) pregiudizievole per il destinatario.