TAR Milano, sez. III, sentenza 2021-01-18, n. 202100155

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Milano, sez. III, sentenza 2021-01-18, n. 202100155
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Milano
Numero : 202100155
Data del deposito : 18 gennaio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/01/2021

N. 00155/2021 REG.PROV.COLL.

N. 02592/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

S

sul ricorso numero di registro generale 2592 del 2017, proposto da
-O-, rappresentato e difeso dall'avvocato M L, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, viale Monte Nero, 28;

contro

Università Cattolica del Sacro Cuore, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati M A B, C V S e G M T G, con domicilio eletto presso lo studio della prima in Milano, via Visconti di Modrone, 12;

per l'accertamento

- della natura subordinata del rapporto di lavoro, in qualità di docente presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, con decorrenza dall'anno accademico 1984/1985, con inquadramento nella qualifica di Professore Ordinario di Prima Fascia a tempo definito e/o determinato, nonché, per la condanna al pagamento delle relative differenze retributive, anche ai sensi dell'art. 36 Cost.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Università Cattolica del Sacro Cuore;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 novembre 2020, tenutasi ai sensi dell’art. 25, comma 1, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137 e dell’art. 4, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2020, n.28 (convertito dalla legge 25 giugno 2020, n. 70), mediante collegamento da remoto in videoconferenza, per mezzo della piattaforma in uso presso la Giustizia amministrativa, la dott.ssa C P e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1) Con ricorso notificato il 23 ottobre 2017 e depositato il 17 novembre 2017 l’esponente ha proposto l’azione di accertamento, in epigrafe specificata, al fine di ottenere la condanna dell’intimata Università al pagamento delle differenze retributive, da lui asseritamente maturate nel periodo compreso tra il 15 settembre 1984 e il 31 luglio 2015.

2) Ha riferito, in fatto, che:

2.1) - ha iniziato a lavorare in favore dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano a far data dall’anno accademico 1974/1975, in qualità di addetto alle esercitazioni tecniche, a completamento dell'attività didattica dell'insegnamento ufficiale di “ Elaboratori Elettronici e Sistemi Meccanografici ”, presso la Facoltà di Economia e Commercio;

2.2) - tale attività si è protratta, senza soluzione di continuità, sino all'anno accademico 1983/1984;

2.3) - a partire dall'anno accademico 1984/1985 e fino all'anno accademico 2014/2015 è stato addetto, senza soluzione di continuità, all'insegnamento ufficiale di “ Elaboratori Elettronici e Sistemi Meccanografici ”, poi denominato “ Informatica Generale ”, presso la Facoltà di Economia e Commercio dell'intimata Università;

2.4) - nella sua qualità di docente assume di avere svolto le stesse attività demandate ai professori di ruolo, sotto la direzione ed il controllo del Preside di Facoltà e sulla base del calendario stabilito dagli organi Accademici.

3) In diritto, l’esponente osserva quanto segue.

3.1) Sulla natura subordinata a tempo indeterminato del rapporto di lavoro de quo, a decorrere dall'anno accademico 1984/1985, previo accertamento della nullità e/o illegittimità e/o inefficacia dei contratti di diritto privato, stipulati ex art. 25 e ss. del D.P.R. n. 382/1980:

3.1.1) - si deduce la violazione dell'art. 6 della Legge Delega n. 28 del 1980 e degli artt. 25 e ss. del D.P.R. n. 382/1980.

Il ricorrente è stato assunto ogni anno e per 31 anni consecutivamente con contratti di lavoro a tempo determinato, in ossequio agli art. 25 e ss. del D.P.R. n. 382/1980, ove si prevede che, per i professori a contratto, i contratti hanno la durata massima di un anno accademico e non possono essere rinnovati per più di due volte in un quinquennio con la stessa Università. Deroghe a tale limite possono essere concesse con decreti del Ministro della pubblica istruzione su proposta del Consiglio universitario nazionale, esclusivamente ove risulti impossibile impartire altrimenti insegnamenti di particolare specializzazione e ad alto contenuto tecnologico, in settori per i quali l'Università non disponga delle idonee competenze. Il successivo art. 29, rubricato “ Professori a contratto presso le Università non statali ”, statuisce quanto segue: “ Le Università non statali possono avvalersi di professori a contratto in percentuale superiore a quella indicata nell'art. 25 e possono in casi particolari ed eccezionali conferire contratti di insegnamento anche a professori delle Università statali ”.

Come si evince dai contratti prodotti, l'assunzione del ricorrente non è stata causalmente collegata né alla materia oggetto dell'insegnamento affidatogli, né all'eccezionalità ed alla temporaneità dell'incarico.

In ragione delle sopraesposte considerazioni, è di tutta evidenza come la disciplina formulata dal legislatore (art. 6 della Legge Delega n. 28/1980 e artt. 25 e seg. del D.P.R. 382/1980) sia stata violata e fraudolentemente elusa dall'Università.

3.1.2) – Si deduce, quindi, l'inapplicabilità e/o la violazione dell'art. 100, lett. d) del D.P.R. 382/1980.

La disposizione da ultimo richiamata riguarda esclusivamente le facoltà ed i corsi di nuova istituzione. Nel caso di specie sia la Facoltà di Economia e Commercio, così come il corso di “ Elaboratori Elettronici e Sistemi Meccanografici ”, sin dall'anno accademico 1985/1985 non potevano certamente considerarsi di nuova istituzione.

Inoltre, l'attivazione dei cd. contratti di diritto privato a tempo determinato è subordinata al previo “ nulla-osta ” del Ministero della pubblica istruzione che, nella specie, non è mai stato rilasciato.

La deroga all'applicazione dei cd. contratti di diritto privato a tempo determinato, infine, va riferita esclusivamente alle Università statali e non anche a quelle private, atteso che la norma richiama il solo art. 25 del D.P.R. 382/80 e non anche l'art. 29, norma che prevede per l'appunto l'estensione di tale tipologia contrattuale anche alle Università private come la resistente.

Ad ogni modo, anche alla luce della deroga resta fermo il limite temporale della rinnovabilità dei contratti (non più di due nell'arco di un quinquennio) che nel caso di specie è stato ampiamente superato.

3.1.3) – Si deduce, ancora, la violazione dell'art. 1, comma 32, della L. 549/1995.

Come si evince dal tenore letterale della disposizione sopra richiamata, l'intento del legislatore era quello di estendere l'utilizzo della fattispecie contrattuale, che fino a quel momento era limitato ai corsi integrativi, anche all'insegnamento dei corsi ufficiali “ non fondamentali o caratterizzanti ”.

Tale estensione è, tuttavia, limitata a particolari e comprovate esigenze didattiche, di cui non vi è traccia nei contratti sottoscritti dall’istante.

3.1.4) – Si deduce, a seguire, la non applicabilità e/o la violazione del D.M. n. 242/1998.

La nuova normativa trova applicazione solo nei confronti delle Università statali e non anche nei confronti di quelle private, come la resistente. Ciò comporta che, con l'abrogazione degli artt. 25 e 100 del D.P.R 382/1980, contenuta nella riforma, non vi sarebbe la possibilità per università private di stipulare contratti di diritto privato a tempo determinato, così come regolati dalle norme oggetto di abrogazione. In ogni caso, anche ammesso che la riforma in questione possa trovare applicazione anche nei confronti della resistente, non si possono non considerare i limiti imposti dal D.M. n. 248/98, primo fra tutti la natura eccezionale dello strumento contrattuale e, in secondo luogo, il suo utilizzo limitato nel tempo (non essendo rinnovabili per più di sei anni). Entrambi disattesi nella fattispecie.

3.2) Sulle conseguenze della illegittimità dei contratti sottoscritti dal ricorrente e sulla natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso tra il ricorrente e l'Università, con decorrenza dall'anno accademico 1984/1985 all'anno accademico 2014/2015, ovvero dal 15 settembre 1984 al 31 luglio 2015.

3.2.1) In ragione di quanto sin qui argomentato, ovvero, della violazione delle disposizioni di legge disciplinanti i “ contratti di diritto privato a tempo determinato ”, il patrocinio ricorrente ritiene che il rapporto di lavoro intercorso tra l’esponente e l’Università Cattolica deve considerarsi come un ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato, con decorrenza dall'anno accademico 1984/1985 all'anno accademico 2014/2015, ovvero dal 15 settembre 1984 al 31 luglio 2015.

3.2.2) I contratti in questione devono, altresì, considerarsi illegittimi, ovvero, superati a favore della tipologia del contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, per avere comunque il ricorrente, sin dalla data di decorrenza di ciascun contratto e per tutta la durata di vigenza del medesimo, eseguito la propria prestazione con tutti i caratteri tipici della subordinazione.

3.3) Sul diritto del ricorrente alla parità di trattamento retributivo e contributivo ex art. 36 della Costituzione.

3.3.1) Posta la natura subordinata del rapporto di lavoro de quo (ed in ogni caso l'assimilabilità delle mansioni svolte dal ricorrente con quelle svolte dai suoi colleghi di ruolo), con decorrenza dall'anno accademico 1984/1985 all'anno accademico 2014/2015 (ovvero per il periodo compreso tra il 15 settembre 1984 ed il 31 luglio 2015), il ricorrente ha quindi diritto a vedersi riconoscere sia la “ giusta retribuzione ” sia i contributi previdenziali ed assicurativi ed il TFR.

3.3.2) Quanto alle differenze retributive, il ricorrente avanza la pretesa, in ragione delle mansioni effettivamente svolte, ad essere inquadrato come professore ordinario di prima fascia a tempo definito e/o determinato e, quindi, a vedersi riconoscere la relativa retribuzione.

In particolare, il ricorrente afferma il proprio diritto a percepire per i 31 anni di servizio, detratto quanto dallo stesso percepito anno per anno, sia a titolo di differenze retributive (retribuzione mensile, 13^ mensilità, indennità integrativa speciale), sia a titolo di TFR, ai sensi dell'art. 2120 c.c., l'importo lordo complessivo di € 558.624,80, di cui € 513.844,77, a titolo di differenze retributive, ed € 44.780,03, a titolo di TFR.

4) Si è costituita l’Università Cattolica di Milano, controdeducendo con separata memoria alle censure avversarie e contestando le circostanze di fatto riportate da parte ricorrente a comprova del carattere subordinato del rapporto di lavoro svolto a favore del medesimo Ateneo.

4.1) La difesa dell’Ateneo ha, in particolare, riferito che:

- l’Università Cattolica è una università fondata nel 1921 dall’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori, persona giuridica di diritto privato avente natura di fondazione;

- i contratti stipulati col ricorrente sono stati tutti attivati in esito a sua richiesta e dichiarazione di disponibilità e – per i casi in cui è espressamente riportato in contratto – previa sua partecipazione all’apposito bando;

- il ricorrente ha tenuto corsi annuali di insegnamento di informatica ed esercitazioni, con le modalità e l’organizzazione decise autonomamente dal medesimo (salvo il coordinamento strettamente necessario con l’attività complessiva dell’Università) e per l’impegno orario eventualmente previsto in ciascun contratto (per lo più in misura complessiva e/o per la sola attività di insegnamento), senza alcuna predeterminazione analitica di detto orario né della sua distribuzione (né per la didattica frontale né per alcuna delle attività connesse);

- il ricorrente ha ricevuto il compenso pattuito in ciascun contratto, determinato annualmente dagli organi direttivi dell’Università, in una o due soluzioni annuali, come risultante dalle relative certificazioni di pagamento;

- per ogni contratto stipulato con l’Università il ricorrente è stato impegnato per un arco temporale massimo compreso tra le date del 15/9 e del 31/7 di ciascun anno, coincidente con la durata dell’anno accademico, a cui ogni contratto fa esplicito riferimento e, quindi, con interruzione di almeno un mese e mezzo fra la conclusione della prestazione oggetto del singolo contratto e l’inizio della prestazione oggetto del contratto successivo;

– erronea, oltre che contrastante con la stessa narrativa di controparte e comunque non provata, è l’affermazione di aver prestato attività lavorativa senza soluzione di continuità: vero è, viceversa, che nei predetti periodi di interruzione fra un contratto e l’altro (dal 31/7 al 15/9) il ricorrente non ha mai reso né offerto alcuna prestazione lavorativa;

- il ricorrente non è mai stato sottoposto a direzione né a controllo del Preside di Facoltà, rimanendo assolutamente libero di organizzare, gestire e decidere in totale autonomia la programmazione ed il contenuto delle lezioni e delle esercitazioni tenute, così come lo svolgimento dei relativi esami e ogni attività connessa al proprio rapporto con gli studenti, salvo il necessario coordinamento con l’organizzazione complessiva universitaria e di facoltà, per cui il Preside di Facoltà è mero referente;

- il ricorrente non è mai stato tenuto a giustificare – né di fatto ha mai giustificato – alcuna assenza presso l’ufficio del personale dell’Università mentre il semplice avviso di assenza o impedimento temporaneo era apprezzato per poter tempestivamente informare gli studenti iscritti ai suoi corsi;

- il ricorrente non ha mai dovuto richiedere all’Ufficio Personale – né di fatto ha mai richiesto – alcuna autorizzazione per ferie o permessi di alcun tipo;

- il ricorrente ha svolto l’attività prevista in ciascun contratto per un impegno orario complessivo corrispondente a quanto risulta dai Registri prodotti in giudizio, dallo stesso compilati e sottoscritti, sempre inferiore al normale orario previsto dalla legge per i professori di ruolo, anche a tempo definito;

- l’Università non era tenuta a chiedere alcun nulla osta né autorizzazione al MIUR per la stipulazione dei contratti col ricorrente, non essendo un’Università statale;

- la stipulazione di tutti i contratti è stata determinata dalle ragioni didattiche, organizzative e di bilancio analiticamente esposte in ciascuna delle relative delibere prodotte, richiamate in ciascun contratto.

4.2) In diritto, l’Università ha aggiunto quanto segue.

4.2.1) In via pregiudiziale, la difesa dell’Ateneo ha eccepito il difetto di giurisdizione del G.A., trattandosi qui di diritti soggettivi, affermati nei confronti di un soggetto non qualificato come pubblico.

4.2.2) Indi, la difesa della resistente ha precisato che, le domande ex adverso svolte sono tutte finalizzate all’accertamento – e conseguente condanna al pagamento – di presunte differenze retributive asseritamente a credito del ricorrente per tutti i contratti succedutisi dall’a.a.1984/85 all’a.a.2014/15, ma, di fatto, quantificate con riferimento al periodo compreso fra l’a.a.1998/99 e l’a.a.2014/15. A ciò consegue che si deve ritenere consumata la domanda di differenze retributive nei termini predetti, così come ex adverso formulata, in relazione a tutti i rapporti contrattuali intercorsi con l’esponente, restando l’eventuale accertamento concernente il periodo precedente del tutto irrilevante, o meglio “ assorbito ” nella più limitata quantificazione predetta.

4.2.3) Ancora, la resistente ha evidenziato come vi siano tre aspetti pacifici e caratteristici dei contratti succedutisi nel tempo fra l’esponente e l’Università Cattolica: (i) si è trattato – per espressa previsione normativa – di “ contratti di diritto privato ”;
(ii) si è trattato – per espressa previsione normativa e contrattuale – di contratti “ a termine” ;
(iii) la normativa speciale di riferimento non qualifica espressamente il rapporto di lavoro instaurato in esito a questi contratti come subordinato, piuttosto che come autonomo.

4.2.3.1) Da ciò consegue, in primo luogo, la decadenza ex art. 32 L. 183/10 e la conseguente prescrizione dell’asserito credito per differenze retributive.

In forza della citata norma, spiega la difesa della resistente, il contratto a termine deve essere impugnato, a pena di decadenza, entro un termine originariamente di 60 giorni, poi divenuto (dal luglio 2012, ex L. n. 92/2012) di 120 giorni, e la relativa azione deve essere promossa entro il successivo termine di 270 giorni, poi divenuto (sempre dal luglio 2012, ex L. n. 92/2012) di 180 giorni, a pena di inefficacia dell’impugnazione.

Detti termini per l’impugnazione e per la proposizione dell’azione giudiziaria si applicano a tutti i contratti di lavoro subordinati a tempo determinato, cioè – oltre a quelli stipulati successivamente all’entrata in vigore della L. 183/10 – anche “ ai contratti di lavoro a termine (…) in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore della presente legge, con decorrenza dalla scadenza del termine ” (c. 4 lett. a, cit. art. 32), ed anche “ ai contratti di lavoro a termine, stipulati anche in applicazione di disposizioni di legge previgenti al D. Lgs. 368/2001 e già conclusi alla data di entrata in vigore della presente legge, con decorrenza dalla medesima data di entrata in vigore della presente legge ”.

L’ultimo contratto di lavoro stipulato col ricorrente è pacificamente terminato il 31/7/2015: né questo né alcun altro precedente contratto a termine è mai stato impugnato ai sensi e per gli effetti della normativa appena citata. Il ricorrente è, dunque, incorso nella decadenza, prevista dall’art. 32 L. n. 183/2010, per cui non può più contestare il termine apposto a ciascun contratto di lavoro né, conseguentemente, pretendere che il rapporto sia considerato come unitario, dalla stipulazione del primo contratto di lavoro e fino alla cessazione del rapporto in data 31/7/2015.

4.2.3.2) Le conseguenze della decadenza come sopra eccepita sono duplici: (i) i termini di durata apposti a ciascun contratto di lavoro devono essere considerati legittimi ed efficaci e non potrà, quindi, essere accertata l’unitarietà del rapporto (né considerati, ad alcun fine, i periodi di interruzione fra un contratto e l’altro, in cui il ricorrente non ha comunque reso né offerto la prestazione lavorativa);
(ii) dalla scadenza di ciascun termine contrattuale è decorsa la prescrizione quinquennale, ex art. 2948 nn. 4 e 5 c.c., di tutte le pretese retributive riferite allo specifico contratto.

4.2.3.3) Poiché il ricorso è stato notificato il 24/10/2017, si eccepisce la prescrizione di tutte le differenze retributive (e competenze di fine rapporto) pretese con riferimento a tutti i contratti intercorsi, fino al contratto cessato il 31/7/2012, per l’a.a. 2011/12, per il quale la prescrizione è maturata, da ultimo, il 31/7/2017 (cioè prima della notifica del ricorso).

4.2.3.4) La volontà delle parti è stata formalmente e chiaramente espressa nel senso dell’autonomia di ciascun rapporto, sicché è onere del ricorrente, che contesta detta formalizzazione e che chiede l’accertamento della natura subordinata e unitaria del rapporto, fornire una rigorosa e concreta prova al riguardo. Detto onere non risulta qui assolto, poiché l’esponente non è in grado di indicare (e tantomeno provare) con precisione alcun elemento di fatto da cui desumere un chiaro ed inequivoco inquadramento della fattispecie nel senso della subordinazione, consentendo così il superamento della diversa volontà manifestata dalle parti all’atto della stipulazione dei contratti.

Nella capitolazione istruttoria (cfr. a pp.

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