TAR Venezia, sez. II, sentenza 2009-06-26, n. 200901950
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N. 01950/2009 REG.SEN.
N. 02197/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 2197 del 2008, proposto da:
Comune di Jesolo - (Ve), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. G S, con domicilio eletto presso Antonio Sartori in Venezia-Mestre, Calle del Sale, 33;
contro
Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distr.le Venezia, domiciliata per legge in Venezia, San Marco, 63;
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
Lido Dorato Srl - Jesolo Blu Srl - Consorzio Lido Dorato, rappresentato e difeso dagli avv. Vittorio Domenichelli, Paolo Neri, con domicilio eletto presso Franco Zambelli in Venezia-Mestre, via Cavallotti, 22;
ad opponendum:
Trento Paola, Fraccaro Gimmi, De Coppi Sante, Zerbinati Marco, Antoniazzi Simonetta, Immobiliare Marcon S.a.s. in persona del legale rappresentante pro tempore, Finco Annamaria, Rizzardi Giovanni, Brusegan Lorenza, Pavan Michielon Andrea, Brunelli Carlo, Biasiotto Silvana, Capretta Battista, Piccoli Carlo, Bonfiglio Alberto, Medici Mara, Poli Adriana, Rossato Valeria, Fornasiero Emilio, Barlottini Mariangela, Noro Tiziana, Griggio Luciano e Borella Maria, rappresentati e difesi dall'avv. Francesco Piazza, con domicilio presso la segreteria del T.A.R. ai sensi dell'art. 35 del R.D. 26.6.1924 n. 1054;
Dariol Silvana, Fossa Lia, Beccarello Sandra e Tassello Michele, rappresentati e difesi dall'avv. Daniela Beccarello, con elezione di domicilio presso lo studio della stessa in Mestre, Via Cappuccina 9/g;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
del provvedimento 29.9.2008 prot. n. 11895 della Soprintendenza per i Beni Architettonici e paesaggistici della città di Venezia e della Laguna riguardante "Interventi in area vincolata ai sensi dell'art. 142 del D.L. 22.1.2004 n. 42".
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali - Roma - (Rm);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11/06/2009 il dott. Angelo Gabbricci e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso in oggetto il Comune di Jesolo impugna gli atti in epigrafe e in specie il provvedimento della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici della Città di Venezia e della Laguna, in data 29/9/08, col quale, in applicazione dell’a. 159 D.Lgs. 42/04 (codice dei beni culturali e del paesaggio), si intima al Comune la trasmissione alla Soprintendenza dei progetti edilizi relativi alla realizzazione da parte della soc. Terramare di tre edifici a torre di oltre 21 piani nella fascia entro 300 metri dal mare classificata “zona di ricomposizione spaziale” dal PRG, ai fini dell’applicazione dell’a. 142 del cit. decreto legislativo.
Viene dedotto come unico motivo di gravame la violazione delle richiamate disposizioni di legge.
2. Giova innanzitutto riportare il testo dell’a. 142 citato:
“142. Aree tutelate per legge.
1. Sono comunque di interesse paesaggistico e sono sottoposti alle disposizioni di questo Titolo:
a) i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare;
b) i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi;
c) i fiumi, i torrenti, i corsi d'acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna;
d) le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole;
e) i ghiacciai e i circhi glaciali;
f) i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonchè i territori di protezione esterna dei parchi;
g) i territori coperti da foreste e da boschi, ancorchè percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall'articolo 2, commi 2 e 6, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227;
h) le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici;
i) le zone umide incluse nell'elenco previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448;
l) i vulcani;
m) le zone di interesse archeologico.
2. La disposizione di cui al comma 1, lettere a), b), c), d), e), g), h), l), m), non si applica alle aree che alla data del 6 settembre 1985:
a) erano delimitate negli strumenti urbanistici, ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, come zone territoriali omogenee A e B;
b) erano delimitate negli strumenti urbanistici ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, come zone territoriali omogenee diverse dalle zone A e B, limitatamente alle parti di esse ricomprese in piani pluriennali di attuazione, a condizione che le relative previsioni siano state concretamente realizzate;
c) nei comuni sprovvisti di tali strumenti, ricadevano nei centri edificati perimetrati ai sensi dell'articolo 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865.
3. La disposizione del comma 1 non si applica, altresì, ai beni ivi indicati alla lettera c) che la regione abbia ritenuto in tutto o in parte irrilevanti ai fini paesaggistici includendoli in apposito elenco reso pubblico e comunicato al Ministero. Il Ministero, con provvedimento motivato, può confermare la rilevanza paesaggistica dei suddetti beni. Il provvedimento di conferma è sottoposto alle forme di pubblicità previste dall'articolo 140, comma 4.
4. Resta in ogni caso ferma la disciplina derivante dagli atti e dai provvedimenti indicati all'articolo 157. “
Secondo la Soprintendenza i progetti non possono essere approvati in assenza di autorizzazione ambientale insistendo in “territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia” (v. 1° c. lett. a), ove è imposto il vincolo ope legis dalla “legge Galasso” (poi trasfusa nel suddetto a. 142).
Secondo la parte ricorrente invece il vincolo ambientale non sussiste trovando applicazione la deroga di cui al 2° c., tenuto particolarmente conto dell’urbanizzazione dell’area de qua al termine di riferimento del 6/9/85 posto dalla legge Galasso.
Si osserva innanzitutto come sia principio pacifico e consolidato della giurisprudenza che le norme derogatorie sono insuscettibili di integrazione analogica o di interpretazione estensiva. Rilievo tanto più pregnante quando le norme derogate sono qualificate di “grande riforma economico-sociale”, come per la legge Galasso e in specie il menzionato a. 142, a giudizio della Corte Costituzionale (cfr. da ultimo sentenza n. 164 del 18/5/09 proprio in materia di fascia costiera di rispetto).
Perché sussista la deroga invocata deve quindi riscontrarsi all’ indicata data del 6/9/85, con stretta interpretazione, una delle tre ipotesi previste dalle lettere “a”, “b” e “c” del riportato 2° comma.
L’ipotesi di cui alla lettera “a” (aree “delimitate negli strumenti urbanistici, ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, come zone territoriali omogenee A e B”) non sovviene in quanto lo strumento urbanistico allora vigente qualificava l’area in questione “zona di ricomposizione spaziale” e non zona A o B ai sensi del cit. D.M.
Neppure ricorre l’ipotesi di cui alla lettera “b” (aree “delimitate negli strumenti urbanistici ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, come zone territoriali omogenee diverse dalle zone A e B, limitatamente alle parti di esse ricomprese in piani pluriennali di attuazione, a condizione che le relative previsioni siano state concretamente realizzate”), dato che, pur sussistendo un piano pluriennale di attuazione, le sue previsioni -che avrebbero dovuto riguardare il progetto de quo- non erano state concretamente realizzate.
Non trova infine neanche applicazione l’ipotesi “c” (aree che “nei comuni sprovvisti di tali strumenti, ricadevano nei centri edificati perimetrati ai sensi dell'articolo 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865”): tale area infatti era compresa nel centro edificato così perimetrato, ma il comune era dotato di strumento urbanistico.
Al fine di superare quanto sopra rilevato la parte ricorrente sostiene che la deroga debba estendersi a tutte le aree di fatto urbanizzate alla data di riferimento e trae conferma di tale tesi dalla successiva zonizzazione dell’area stessa come “B” e da una delibera del Consiglio Comunale che le avrebbe conferito tale zonizzazione sin dal 31/3/80.
Gia si è tuttavia osservato come non si possa integrare o interpretare estensivamente una deroga. Per poter dare rilievo ad un’urbanizzazione di fatto la legge avrebbe dovuto contemplare una quarta ipotesi derogatoria, diversa dalle sole tre previste, che desse rilievo all’urbanizzazione indipendentemente dalla presenza delle specifiche previsioni urbanistiche indicate (cfr., sull’irrilevanza dell’urbanizzazione di fatto, C.d.S., VI, n. 657/02).
Neppure si può fare riferimento alla zonizzazione urbanistica esistente ad una data successiva a quella di riferimento.
Parimenti, la richiamata delibera consiliare non è certo idonea, per forma e sostanza, a mutare le zonizzazioni comunali ma si limita a prevedere per l’esistenti zone di ricomposizione spaziale gli oneri di urbanizzazione nella misura stabilita per le zone “B”. Oggetto della delibera consiliare del 31/3/80 è invero espressamente la determinazione degli oneri di urbanizzazione e non la modifica dell’allora vigente PRG.
3. E’ ancora necessario aggiungere che sono irrilevanti tutti i profili dedotti per provare che la Soprintendenza in precedenza considerasse inesistente il vincolo su tale area. Quel che conta è l’esistenza del vincolo e non l’opinione eventualmente manifestata in passato dalla Soprintendenza.
Tanto meno rilevano i profili inerenti le convinzioni o le decisioni del Comune di Jesolo espresse a suo tempo: non sarebbero infatti idonee ad incidere su un vincolo posto dallo Stato.
4. In conclusione, la causa petendi deve essere disattesa e il ricorso, prescindendo da ogni possibile eccezione di inammissibilità, deve essere respinto.
Le spese del giudizio possono essere in parte compensate e in parte seguono la soccombenza, come indicato nel dispositivo.