TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2022-03-21, n. 202203218
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Testo completo
Pubblicato il 21/03/2022
N. 03218/2022 REG.PROV.COLL.
N. 00875/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 875 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da
G S, C D F, V D B, rappresentati e difesi dall'avvocato S D, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza Santi Apostoli, 66;
contro
Roma Capitale, in persona del Sindaco, legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'avvocato E M e dall'avvocato A M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, dell’Avvocatura Capitolina, con domicilio in Roma, presso la sua sede, in via Tempio di Giove, 21;
nei confronti
Associazione Consortile di Recupero Urbano Cava Pace, non costituito in giudizio;
Consorzio Periferie Romane, in persona del legale rappresentante
pro tempore,
rappresentato e difeso dall’avvocato Raffaele Di Stefano e dall’avvocato Carmine Laurenzano, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, Viale Trastevere 40 e domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
per l'annullamento,
previa sospensiva,
della Deliberazione della Giunta Capitolina nr. 148 dell’8 maggio 2015 “ Adozione del Piano Esecutivo per il recupero urbanistico del nucleo di edilizia ex abusiva n. 11.03 “Cava Pace”, ai sensi dell’art. 1 bis della LR Lazio 2 luglio 1987, n. 36 ”, pubblicata da 25.06.2015 al 24.07.2015;
degli elaborati relativi al suddetto “ Piano Esecutivo Cava Pace ”, approvati con la sopra richiamata delibera;
di ogni altro atto presupposto
con i motivi aggiunti
della Deliberazione di Giunta Capitolina n. 28 del 12 febbraio 2018 “ Piano Esecutivo per il recupero urbanistico del nucleo di edilizia ex abusiva: n. 11.03 "Cava Pace". Controdeduzioni alle osservazioni presentate avverso la Deliberazione di G.C. n. 148 dell’8 maggio 2015. Approvazione del Piano Esecutivo, ai sensi dell’art. 1 bis della Legge Regionale 2 luglio 1987 n. 36 e ss.mm.ii. ”, pubblicata nell’albo pretorio dal 17.02.2018 al 03.03.2018;
di tutti i pareri, gli elaborati e gli allegati alla Deliberazione anche non conosciuti o conosciuti solo negli estremi, per quanto consta:
- del parere ex art. 89 DPR 380/01 e DGR 2649/1999, rilasciato dall’Area Difesa del Suolo della Regione Lazio;
- del provvedimento della Regione Lazio n. G13476 del 05.11.2015 di non assoggettabilità del Piano Esecutivo in parola alla valutazione VAS ex art. 12 del D.lgs. 152/2006;
- dell’asserito silenzio - assenso formatosi sul rilascio del Parere di competenza della Regione Lazio e del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ai sensi del D.lgs. n. 42/2004 e ss.mm.ii.;
- della nota della Regione Lazio – Direzione Regionale Territorio Urbanistica Mobilità, Area Urbanistica copianificazione e Programmazione negoziata: Roma Capitale e Città Metropolitana di Roma Capitale prot. 629337 del 19.12.2016 con cui è stato espresso Parere favorevole di conformità paesaggistica al Piano;- di ogni atto presupposto, connesso e conseguenziale.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale e del Consorzio Periferie Romane;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 marzo 2022 il dott. S G C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
I ricorrenti sono residenti e proprietari di immobili meglio identificati catastalmente in atti, ricadenti all’interno del c.d. “ nucleo di edilizia ex abusiva da recuperare “Cava Pace ”, situato nel settore urbano sud orientale di Roma Capitale all’interno del GRA, nell’ambito del Municipio VIIII (ex XI), compreso tra il confine del Parco Regionale dell’Appia Antica, la via Ardeatina e via Tor Carbone, all’interno dell’area tra il fosso di Tor Carbone ed il fosso di Sant’Alessio.
Dopo aver premessa l’evoluzione del processo di pianificazione dei piani di recupero dei nuclei ex abusivi di cui alla LR 36/1987 (ad iniziare con la delibera del Consiglio Comunale nr. 92 del 29 maggio 1997, di adozione del “Piano delle Certezze” che ne individuava i primi 55), evidenziano come detti piani siano stati recepiti nel Nuovo PRG del 2008 (in numero di 77), il quale li regola all’art. 51 e 55 delle NTA (norme il contenuto delle quali illustrano diffusamente), con la conseguenza che essi non sono più da qualificarsi come approvati in variante, ma in conformità allo strumento urbanistico (nota della Regione 165219 del 28 novembre 2008).
Sulla base del Nuovo PRG del 2008, venivano approvati con delibera del Consiglio Comunale n. 122 del 21 dicembre 2009 gli “ indirizzi per il recupero urbanistico dei Nuclei di edilizia ex abusiva… ”, e le relative “ Linee guida ”, fissando al 30 giugno 2010 il termine per la presentazione da parte dei privati dei piani esecutivi per il recupero urbanistico dei nuclei di edilizi ex abusiva, successivamente prorogato dapprima al 31 dicembre 2010 e poi al 15 febbraio 2011;gli uffici avrebbero dovuto istruire le relative proposte in base alla LR n 36/1987, predisponendo una variante speciale ai sensi della LR n. 28/1980 qualora questi ultimi configurassero varianti urbanisticamente rilevanti.
Ai fini dell’indicata procedura di approvazione delle proposte veniva stabilito quanto segue:
- obbligo per la pianificazione esecutiva di prevedere “ aree fondiarie ” (includenti viabilità prevista “ privata ” ed aree destinate all’edificazione dei privati) per il completamento dell’edificato esistente;ed aree pubbliche (viabilità prevista “ pubblica ”, aree destinate a verde pubblico, servizi pubblici e parcheggi pubblici, unitamente ad aree fondiarie pubbliche, ossia con finalità di interesse pubblico o interne al comparto fondiario pubblico) per il miglioramento della qualità della vita del quartiere;
- necessità, per acquisire la qualità di soggetto proponente, di raggruppamento - nelle varie forme meglio previste dalla norma, ovvero con mandato collettivo all’Amministrazione (oppure ad un delegato collettivo) – di proprietari di aree libere o edificate pari ai tre quarti dell’imponibile catastale del valore di tutte le aree comprese nel perimetro del piano esecutivo;
- articolazione dei piani esecutivi in tre tipologie (ad iniziativa privata, ad iniziativa pubblica, ad iniziativa pubblica su sollecitazione privata) con corrispondenti aspetti differenziali di disciplina.
Alla luce di tali premesse, i ricorrenti impugnano gli atti di adozione e, con motivi aggiunti, di approvazione, del Piano di Recupero “Cava Pace”, evidenziando, in punto di fatto che la proposta presenta i seguenti caratteri dimensionali: i) estensione di 49,23 ha;ii) aree edificate per 24 ha ed aree libere per 25 ha;di queste ultime, sono utilizzabili solo il 50%, al netto di vincoli di tutela del PTP;le superfici utili per nuovi diritti edificatori, servizi pubblici e riqualificazioni viarie ammontano a scarsi 12 ha;iii) la popolazione insediata, virtuale ed insediabile, ai fini della verifica degli standard, equivale a 2271 abitanti, di cui 1509 esistenti e 762 insediabili per nuove edificazioni;iv) tutte le quote di superfici a standard, verde pubblico e quota flessibile di parcheggi pubblici sono nelle aree vincolate, in modo da utilizzare al massimo le superfici fondiarie private.
In sintesi, secondo i ricorrenti risulterebbe un totale di nuove SUL di mq 31.759, nuove superfici fondiarie per mq 131.456, superfici in cessione per aree pubbliche pari a mq 62.973, aree per verde privato per mq 65.889;con la conseguenza che le aree fondiarie private ammontano a mq 324.406;il verde privato a mq 65.889;le aree pubbliche a mq 62.973;le strade e l’arredo viario a mq 39.048, il tutto su di un totale di estensione dell’area pari a mq 492.326.
Deducono pertanto che il piano non è qualificabile come un piano di recupero urbanistico, essendo violati tutti gli obiettivi delle relative norme (volte a tutelare lo scopo di “ conservazione, risanamento, ricostruzione e migliore utilizzazione del patrimonio stesso ”, non già della sua espansione) in funzione di una sproporzionata utilizzazione incrementale dell’edificazione privata e formulano i seguenti motivi di censura.
I) Violazione di legge, violazione e falsa applicazione della l. n. 457/1978, della LR 36/87, eccesso di potere sotto diversi profili, violazione o falsa applicazione della Deliberazione del Consiglio Comunale nr. 122 del 21 dicembre 2009 (indirizzi per il recupero dei Nuclei di edilizia ex abusiva e relative Linee Guida), violazione dell’art. 97 della Costituzione.
Sulla base delle norme primarie di riferimento, presupposto degli interventi di recupero sarebbe l’esistenza di una condizione di degrado delle aree interessate;gli interventi dovrebbero avere ad oggetto (soltanto o prevalentemente) il patrimonio edilizio esistente;lo scopo degli interventi dovrebbe risultare circoscritto alla conservazione, risanamento, ricostruzione e migliore utilizzazione del patrimonio. L’art. 31 della l. 457/1978 definisce gli interventi in maniera puntuale prevedendo sugli edifici esistenti la manutenzione ordinaria, la manutenzione straordinaria, il restauro e l’intervento conservativo, la ristrutturazione edilizia, la ristrutturazione urbanistica. Tutte queste condizioni non risulterebbero assolte nel caso di specie, avendo il Piano esecutivo “Cava Pace” ad oggetto non già edificazione degradata, nè la conservazione del patrimonio esistente, ma l’aumento rilevante delle cubature.
Inoltre, risulterebbe violata la disciplina urbanistica dello strumento urbanistico.
I Nuclei di edilizia ex abusiva sono inseriti nel “ Sistema insediativo della Città da ristrutturare ” e classificati in base all’art. 107 delle NTA in zone territoriali omogenee di tipo B - Completamento di cui al DM b. 1444/1968. L’art. 55 richiama, quanto al Piano, le modalità ed i contenuti dell’art. 13 delle NTA ed i relativi scopi e finalità, che sono diffusamente illustrati in atti;rispetto ad essi, il Piano - che abbraccia un’area che gli stessi proponenti descrivono come completamente satura - non assicurerebbe la definizione ed il consolidamento dei caratteri morfologici-funzionali dell’insediamento esistente, l’attribuzione di maggiori livelli di identità nell’organizzazione dello spazio, nè in termini di incremento della dotazione dei servizi e di verde attrezzato, nè di miglioramento e integrazione di accessibilità e mobilità.
II) Con un secondo capo di gravame, lamentano la violazione degli artt. 28 e 30 della l. n. 457/1978, della LR n. 36/1987, dell’iter procedimentale previsto per l’approvazione dei Piani, difetto di legittimazione del soggetto proponente, violazione della deliberazione nr. 122 del 21 dicembre 2009 sotto altri profili procedimentali ed istruttori.
Il Piano impugnato è qualificato come “ad iniziativa pubblica su sollecitazione privata”;i proponenti (o meglio, sollecitanti) sono il Consorzio Periferie Romane, il Consorzio ARC ed il Consorzio Cava Pace;questi ultimi proponevano la nota 18424 del 14.09.2010, contenente l’” elaborato di massima dell’analisi dello stato di fatto ” e l’” elaborato con l’individuazione indicativa del perimetro e delle quantità del piano ”. Solo successivamente, e su invito dell’Amministrazione, veniva presentata una integrazione per attestare, con dichiarazione sostitutiva, che era stato conferito il mandato da parte del 76,86% dei proprietari dei lotti ricadenti all’interno del nucleo (dichiarazioni del 2.8.2010, del 24.09.2012, dell’8.10.2012, dell’11.10.2012 ed, ancora, con nota dell’8.11.2012 e del 13.12.2012).
Con l’ultima nota, veniva dichiarato il mandato da parte del 75,88% dei proprietari e l’approvazione della proposta all’unanimità da parte dell’assemblea dell’associazione consortile in data 17.07.2012.
Pertanto, in violazione delle procedure previste e dei relativi termini, deducono che la dichiarazione della titolarità a presentare il Piano non è stata consegnata al momento della presentazione di quest’ultimo (14.09.2010), ma nella prima versione il 11.10.2012 e nell’ultima versione, il 13.12.2012;l’assemblea si è tenuta il 17.07.2012, quindi oltre sia la data di presentazione che il termine per la presentazione dei piani, fissata al 30.06.2010, poi prorogata al 15.02.2011.
Il quorum territoriale sarebbe anche erroneo, perchè da esso è stato deliberatamente tenuto escluso il perimetro dell’area occupata dalla residenza di un Ambasciatore estero, che insiste all’interno del perimetro del Piano, nell’erroneo convincimento che a ciò deponesse la natura di “extraterriorialità” diplomatica dell’ambito occupato. Quest’ultima condizione attiene ad una serie di prerogative diplomatiche, ma non esclude l’appartenenza del lotto all’ambito topografico ed urbanistico dello Stato ospitante, tanto che l’Amministrazione l’aveva inizialmente incluso nel perimetro del Piano.
Quest’ultimo risulterebbe altresì illegittimo per essere stato approvato oltre il termine di tre anni dall'individuazione delle zone di recupero ai sensi dell’art. 27 e 28 della l. 457/1978.
III) Con un terzo capo di gravame denunciano la violazione dell’iter procedimentale di approvazione del Piano, per difetto di legittimazione del proponente, per violazione della DCC n. 122/2009 e delle linee guida, per violazione del “Regolamento di partecipazione dei cittadini alla trasformazione urbana” di cui all’All. A della DCC di Roma Capitale nr. 57 del 2.3.2006, violazione delle regole di partecipazione sotto diversi profili ed eccesso di potere.
Dopo aver riepilogato le fonti che avrebbero reso obbligatorio un confronto partecipativo effettivo con la cittadinanza, espongono che solo formalmente questi obblighi sarebbero stati assolti con la pubblicazione informativa curata dall’Amministrazione sul portale internet del 6.2.2013 e nell’incontro pubblico del 20.03.2015, posto che non sarebbero state realmente tenute in considerazione le osservazioni pervenute.
IV) Con un quarto capo di gravame, censurano la violazione e falsa applicazione del D.lgs. n. 42/2004, della disciplina a tutela del patrimonio naturalistico, paesaggistico ed archeologico di cui al PTPR della Regione Lazio nr. 15/2012, violazione e falsa applicazione del DM 16.10.1998 di vincolo del Parco Regionale dell’Appia Antica, violazione e falsa applicazione del D.lgs. n. 152/2006. Il Piano di recupero “Cava Pace” sarebbe lesivo della disciplina vigente in materia di tutela del patrimonio naturalistico, paesaggistico ed archeologico;l’area risulterebbe interessata da beni paesaggistici soggetti alla disciplina di cui agli artt. 134 e ss. del D.lgs. n. 42/2004 essendo inserita all’interno del Parco dell’Appia Antica;il nucleo ricade nell’ambito del PTP n. 15/12 “Valle della Caffarella Appia Antica ed Acquedotti”, tavola E elaborato EERW - 12dl - “Classificazione di dettaglio delle aree ai fini della tutela adeguata in accoglimento delle osservazioni”, che prevede una sottozona di tutela limitata (TLb/21) nella quale sono comprese le previsioni delle nuove volumetrie del Piano;una sottozona di tutela orientata, nella quale sono previste zone che necessitano di interventi finalizzati al recupero ed al restauro ambientale.
Le zone in questione sono soggette dunque alla disciplina dettata dalle NTA del PTP, che ammette le trasformazioni edilizie solo quando queste risultino compatibili con gli obiettivi complessivi di tutela ambientale;l’art. 44 delle NTA del PTP prevede specifici limiti di edificazione, che non risulterebbero tenuti in considerazione nel Piano di Recupero, secondo molteplici profili sui quali la difesa dei ricorrenti si sofferma diffusamente.
Neppure risulterebbero rispettati i parametri di tutela ambientale con riferimento alla verifica di assoggettabilità alla VAS, in particolare con riferimento agli artt. 77 e ss. del D.lgs n. 152/2006.
V) Con un quinto capo di gravame viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 31 della l. n. 457/1978 e della disciplina della mobilità urbana di Roma Capitale, difetto di procedimento, motivazione ed istruttoria sotto diversi profili, attinenti il mancato rispetto degli obiettivi di recupero in relazione alle infrastrutture viarie e con riferimento al tema della mobilità. La relazione al Piano svilupperebbe la previsione delle infrastrutture viarie solo con riferimento al servizio delle nuove abitazioni, ma non risolverebbe le problematiche, variamente rappresentate dai residenti nelle osservazioni, connesse alla viabilità esistente, in particolare quella dei ricorrenti (via Viggiano) usata come “bypass” per decongestionare il traffico sull’Ardeatina.
VI) Con i motivi aggiunti sono impugnate la delibera consiliare di approvazione del Piano egli altri atti meglio elencati in epigrafe, avverso i quali sono rinnovate le doglianze del ricorso e le ulteriori di seguito sintetizzate:
VI.a) La Deliberazione della Giunta Capitolina n. 28 del 12.02.2018 di approvazione del Piano Esecutivo per il recupero urbanistico del nucleo di edilizia ex abusiva n. 11.03 “Cava Pace” risulterebbe illegittima sotto l’ulteriore profilo del mancato rispetto dei termini prescritti a pena di decadenza dalla L. 457/1978 che, al Titolo IV, detta le “norme generali per il recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico”. La Deliberazione n. 28/2018 è stata adottata anche ampiamente oltre il termine quinquennale di durata dei vincoli preordinati all’esproprio previsti nel citato Piano Regolatore Generale del 2008 con riguardo alle opere di urbanizzazione del Piano di recupero.
VI.b) Il Piano avrebbe dovuto essere approvato con delibera del Consiglio, così come previsto nella Deliberazione a monte dell’operazione – n. 122/2009 adottata dal Consiglio – e dalle allegate Linee Guida. 35. L’incompetenza apparirebbe vieppiù evidente anche in ragione di un’ulteriore circostanza. Dall’esame dei costi del Piano indicati dal Comune emerge infatti che le opere di urbanizzazione secondarie nello stesso previste sono poste totalmente a carico del bilancio comunale per un totale di euro 6.902.186 (doc. 12, p. 6). Si tratta quindi di spese che impegnano i bilanci dell’amministrazione comunale per gli esercizi successivi, donde la competenza all’approvazione delle stesse si confermerebbe in capo al Consiglio Comunale ex art. 42 TUEL.
VI.c) Sarebbe comunque incerta la corretta qualificazione del Piano: non risulterebbe risolto, infatti, un equivoco di fondo, ovvero quello attinente la titolarità della proposta dello stesso. Il Piano in questione nasce in ragione di un’iniziativa privata, per poi essere fatto proprio dal Comune che lo ha qualificato come di iniziativa pubblica su sollecitazione privata.
La questione sarebbe di rilievo, posto che la differente qualificazione di un Piano di recupero in termini di iniziativa privata o pubblica determina delle conseguenze fondamentali in punto di oneri e responsabilità di attuazione, così come previsto nelle Linee Guida approvate con la Deliberazione n. 122/2009, ove non a caso è operata una distinzione tra i diversi modelli di Piano fondata appunto sulla base della diversa iniziativa degli stessi. Nel caso di specie la sovrapposizione avvenuta tra tali diversi modelli avrebbe condotto ad una non chiara valutazione della portata delle iniziative contenute nel Piano ed a una conseguente illegittima individuazione delle competenze attuative e dei costi dello stesso.
VI. d) L’amministrazione comunale ha utilizzato lo strumento del silenzio assenso al fine di acquisire il parere delle amministrazioni competenti a pronunciarsi in materia di vincoli archeologici e segnatamente il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, dando atto della volontà di tale amministrazione di avvalersi del silenzio assenso ai sensi dell’art. 17-bis della L. 241/1990 introdotto dall’art. 3 della L. 124/2015, senza svolgere ulteriore istruttoria. Anche in sede di chiarimenti richiesti dalla Soprintendenza rispetto al Piano esecutivo in parola, l’amministrazione comunale avrebbe fornito una ricostruzione lacunosa e distorta, atteso che il Comune di Roma Capitale si limita a sottolineare, secondo quanto riportato nella Deliberazione di approvazione, che il Piano sarebbe finalizzato quasi esclusivamente a risolvere “problematiche relative a tutti gli edifici abusivi ancora da sanare” quando invece lo strumento si risolve in un vero e proprio intervento di espansione edilizia: il Piano infatti prevede un incremento di cubature da edificare (di cui il 90% ad uso abitativo e il 10% ad uso diverso) pari ad oltre 1/3 dell’attuale edificato.
Nel caso di specie l’interpretazione dell’istituto del silenzio assenso ai fini archeologici e paesaggistici avrebbe dovuto essere ancora più rigorosa, atteso che il Piano di recupero “Cava Pace” nasce su proposta di soggetti privati: l’art. 20 della L. 241/1990, con riferimento ai procedimenti di iniziativa dei privati, esclude infatti la possibilità della formazione di una fattispecie di silenzio assenso per gli “atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la tutela dal rischio idrogeologico”.
Concludono, pertanto, per l’accoglimento del gravame e per l’annullamento delle delibere impugnate.
Si sono costituite le Amministrazioni intimate, che resistono al ricorso, chiedendo la Regione Lazio di essere estromessa per non essere stati impugnati atti di sua competenza;ed il Consorzio Periferie Romane, che eccepisce, tra l’altro, l’inammissibilità ed improcedibilità del ricorso per mancata impugnazione degli atti successivi e sotto diversi profili.
In particolare, i motivi aggiunti solo formalmente avrebbero ad oggetto gli atti elencati in epigrafe, avverso i quali non sono formulate censure, con la conseguenza che gli atti sostanzialmente inoppugnati priverebbero la parte ricorrente dell’interesse alla pronuncia. Inoltre, non è impugnata la Delibera Consiliare della Regione Lazio n. 70 del 10/02/2010 concernente l’“ Approvazione del Piano Territoriale Paesistico di Roma 15/12 “Valle della Caffarella, Appia Antica e Acquedotti ” ai sensi degli articoli 21 comma 2, 22 e 23 della L.R. 24/1998 e dell'articolo 143 del DLgs 42/04. Quest’ultima delibera prevede, per il Toponimo Cava Pace, il vincolo archeologico – paesaggistico di cui alla lettera m dell’art. 142 del D.lgs n. 42/2004;il PTP conferma che il Nucleo di Cava Pace è fuori dal perimetro del Parco dell’Appia Antica, e prevede che gli indici edificatori relativi ad aree oggetto di vincolo assoluto debbono essere trasferiti, sempre all’interno del perimetro del Toponimo, su aree edificabili;autorizza alla modifica delle precedenti proposte con la facoltà di ampliamento dei perimetri e l’elevazione dell’indice territoriale;il tutto in piena coerenza con il PRG approvato nel 2008. Il Piano di Recupero Cava Pace, pertanto, applica ed attua gli atti presupposti, tra cui la DC n. 70/2010 della Regione Lazio, avverso la quale non è stata sollevata alcuna censura.
Del tutto generica, indeterminata e non provata sarebbe la doglianza relativa all’asserito mancato rispetto e violazione del patrimonio naturalistico, paesaggistico e archeologico.
Il Piano di Recupero avrebbe operato nel pieno rispetto di tutte le prescrizioni e pareri tra cui:
- il provvedimento della Regione Lazio n. G13476 del 05.11.2015 di non assoggettabilità del Piano Esecutivo in parola alla valutazione VAS ex art. 12 del D.lgs. 152/2006;
- il silenzio – assenso formatosi sul rilascio del Parere di competenza della Regione Lazio e del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ai sensi del D.lgs. n. 42/2004 e ss.mm.ii.;
- la nota della Regione Lazio – Direzione Regionale Territorio Urbanistica Mobilità, Area Urbanistica copianificazione e Programmazione negoziata: Roma Capitale e Città Metropolitana di Roma Capitale prot. 629337 del 19.12.2016 con cui è stato espresso Parere favorevole di conformità paesaggistica al Piano.
Conclude per il rigetto del ricorso.
Argomentazioni similari sono sviluppate da Roma Capitale.
Le parti hanno scambiato memorie e documenti.
Nella pubblica udienza del 2 marzo 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Nell’odierno giudizio, i ricorrenti agiscono per l’annullamento del Piano di Recupero impugnato che assumono illegittimo in quanto volto ad aumentare l’area edificata ed il conseguente carico urbanistico, anche in violazione di esigenze di protezione ambientale e paesaggistica, nonché per erroneità dei presupposti attinenti il computo delle aree, per violazione delle garanzie procedimentali pubbliche, per insufficiente sviluppo della rete viaria, per difetto di competenza della Giunta, per violazione dei termini procedimentali.
Nonostante lo sforzo e la particolare enfasi difensiva, il gravame (articolato tra il ricorso ed i motivi aggiunti) è privo di un adeguato riscontro in fatto delle molteplici censure dedotte, che dunque non possono trovare accoglimento nel merito, ciò che esime il Collegio dal dover approfondire i rilievi (che sono stati anticipati a verbale durante l’udienza pubblica) attinenti una possibile carenza di legittimazione dei ricorrenti ad impugnare – nei termini in cui sono state formulate le censure – l’approvazione del Piano.
Sotto quest’ultimo profilo, si osserva pertanto solo sinteticamente che, non essendo dedotta alcuna lesione al diritto di proprietà dei ricorrenti, il loro gravame si sostanzia in una sorta di critica (ai limiti del merito delle scelte urbanistiche) ai contenuti del Piano ed alla sua impostazione, affidata nel merito ad una contestazione assertiva delle scelte urbanistiche di sviluppo dell’abitato e dell’asserita violazione di interessi ambientali, archeologici e paesaggistici;ne deriverebbe anche la irrilevanza delle censure di tipo procedimentale (termini di approvazione del piano, legittimazione dei proponenti e così via).
A tale proposito, giova rammentare che, secondo la giurisprudenza, l'interesse all'immediata impugnazione di uno strumento urbanistico va ancorato al dato della concreta ed effettiva lesività delle prescrizioni impugnate, nel senso che le stesse devono incidere direttamente sulle aree di proprietà del ricorrente ovvero, pur senza riguardarle direttamente, devono determinare un significativo decremento del loro valore di mercato o della loro utilità (cfr. cfr. Cons.St., IV, 31 dicembre 2009, n. 9301;idem, 19 marzo 2009, n. 1653;idem,13 luglio 2010, n. 4546). Per radicare l’interesse all’impugnativa di uno strumento urbanistico attuativo – a differenza che per l’impugnazione del singolo titolo edilizio – non è sufficiente la mera localizzazione di un diritto di proprietà, ma occorre la prova di uno specifico e concreto pregiudizio, anche in termini di semplice deprezzamento delle proprietà limitrofe, per effetto delle scelte pianificatorie compiute dall’Amministrazione comunale, diversamente potendo dirsi dimostrata soltanto una astratta legittimazione ad causam , ma non anche quella lesione concreta e attuale che giustifica la sussistenza dell’interesse a ricorrere. In tal senso, va escluso l’interesse al ricorso, ex art. 100 c.p.c., qualora il proprietario di un’area non possa ricevere alcuna effettiva utilità dall’annullamento di un Piano urbanistico (o di sua variante), allorquando le destinazioni ivi previste siano complessivamente più favorevoli e ne accrescano il valore economico ed assicurino una suscettibilità edificatoria prima esclusa dal Piano.
Pertanto, secondo la giurisprudenza (v. in particolare, Consiglio di Stato ad. gen. , 06/06/2012 , n. 3240), l’interesse a una immediata impugnazione di un P.R.G. va ancorato al dato della concreta ed effettiva lesività dello stesso, nel senso che le prescrizioni censurate devono incidere direttamente sulla proprietà del ricorrente ovvero, pur senza riguardarle direttamente, devono determinare un significativo decremento del loro valore di mercato o della loro utilità, con la conseguenza che non può, al contrario, ammettersi un generico interesse “strumentale” alla riedizione dell'attività di pianificazione del territorio comunale, connesso alla semplice qualità di proprietario di un suolo comunque ricadente nel territorio medesimo, ancorché non immediatamente inciso dalle prescrizioni urbanistiche censurate.
Tale indirizzo può dirsi radicato nella più recente impostazione giurisprudenziale, sul presupposto che, in subiecta materia , l’interesse al ricorso non può sostanziarsi in un generico interesse a una migliore pianificazione dei suoli di propria spettanza, che in quanto tale non si differenzia dall’eguale interesse che quisque de populo potrebbe nutrire (cfr. Consiglio di Stato 12.01.2011 n. 133;id. 12.10.2010 n. 7439;13.07.2010 n. 4542;