TAR Milano, sez. III, sentenza 2024-03-13, n. 202400748

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Milano, sez. III, sentenza 2024-03-13, n. 202400748
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Milano
Numero : 202400748
Data del deposito : 13 marzo 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/03/2024

N. 00748/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00031/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 31 del 2020, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati M T S, A P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio M T S in Milano, piazza Xxiv Maggio, 10;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, domiciliataria ex lege in Milano, via Freguglia, 1;

per l'annullamento

- del provvedimento prot. numero -OMISSIS- del Prefetto di Milano, notificato al ricorrente in data 15.10.2019, avente ad oggetto la conferma del provvedimento di rigetto del rinnovo di permesso di soggiorno;

- del provvedimento n. -OMISSIS- della Questura di Milano notificato in data 29.5.2019 avente ad oggetto il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno;

- di ogni altro atto presupposto, connesso e comunque consequenziale, ancorchè di data e tenore sconosciuto, che incida sfavorevolmente sulla posizione giuridica della ricorrente.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod. proc. amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 19 gennaio 2024 la dott.ssa Anna Corrado e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con il decreto impugnato notificato in data 29.05.2019 la Questura di Milano ha rigettato la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro presentata dall’odierno ricorrente.

In particolare, la Questura ha motivato il diniego alla luce della sentenza di condanna alla pena di anni 2 e mesi 6 di reclusione emessa a carico del ricorrente dal Tribunale di Milano del 19.02.2019 per il delitto di maltrattamenti familiari, ritenendo che le condotte perpetrate dall’istante ne abbiano evidenziato la propensione a delinquere, l’indole aggressiva e irrispettosa delle leggi dello Stato e delle comuni regole di convivenza civile nonché il mancato inserimento nel contesto sociale italiano.

Avverso il provvedimento di cui sopra l’interessato ha proposto ricorso gerarchico che veniva respinto dal Prefetto in data 15.10.2019.

Contro i provvedimenti di cui sopra è insorto l’odierno ricorrente sollevando i seguenti motivi di ricorso:

I) Violazione dell’art. 24 e 111 Cost., violazione articolo 10 bis della legge 241/90, mancanza di comunicazione del preavviso di rigetto.

Con il primo motivo il ricorrente si duole della mancata comunicazione dell’avviso di avvio del procedimento amministrativo nonché del preavviso di rigetto: se avvisato il ricorrente avrebbe potuto depositare la documentazione medica attestante il suo stato di salute nonché il provvedimento di revoca della misura cautelare del divieto di avvicinamento alla compagna, tornata a convivere con lui.

II) Violazione dell’art.3 della legge 241/90 – difetto di istruttoria carente e di motivazione

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la carenza di istruttoria e di motivazione dei provvedimenti impugnati. In particolare, il Questore avrebbe motivato il rigetto unicamente sulla base della sentenza di condanna per maltrattamenti, senza compiere alcuna valutazione in ordine alla situazione attuale dello straniero, alla effettiva sussistenza di un interesse pubblico alla rimozione del titolo concesso nonché dell’affidamento ingenerato.

Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno, resistendo al ricorso e chiedendone il rigetto.

Con ordinanza n. -OMISSIS- del 29 gennaio 2020 il Tribunale ha respinto la domanda cautelare.

All’esito dell’udienza pubblica del 19 gennaio 2024 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Il ricorso è infondato.

L’art. 4, comma 3, D.L.vo 25 luglio 1998, n. 286 – nella formulazione vigente all’epoca dell’emanazione dei provvedimenti de quibus- stabilisce che “Non è ammesso in Italia lo straniero che non soddisfi tali requisiti o che sia considerato una minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l'Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressone dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone o che risulti condannato, anche con sentenza non definitiva, compresa quella adottata a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per reati previsti dall'articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale ovvero per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina verso l'Italia e dell'emigrazione clandestina dall'Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite. Impedisce l'ingresso dello straniero in Italia anche la condanna, con sentenza irrevocabile, per uno dei reati previsti dalle disposizioni del titolo III, capo III, sezione II, della legge 22 aprile 1941, n. 633, relativi alla tutela del diritto di autore, e degli articoli 473 e 474 del codice penale, nonche' dall'articolo 1 del decreto legislativo 22 gennaio 1948, n. 66, e dall'articolo 24 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773”.

La previsione ostativa di cui sopra è richiamata dall’art. 5, comma 5, d.lvo cit., a mente del quale “il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato”.

Le norme citate fondano, come riconosciuto dalla giurisprudenza (cfr. da ultimo T.A.R. Milano, (Lombardia) sez. IV, 11/01/2023, n.130, T.A.R. Milano, (Lombardia) sez. IV, 01/08/2022, (ud. 05/05/2022, dep. 01/08/2022), n.1844 e Consiglio di Stato sez. III, 11/07/2022, (ud. 19/05/2022, dep. 11/07/2022), n.5791), la preclusione automatica al rinnovo del permesso di soggiorno, conseguente alla condanna per la suddetta tipologia criminosa, essendosi affermato che in questa ipotesi la valutazione circa la pericolosità sociale dello straniero è già formulata a monte dal legislatore: solo se vi sono vincoli familiari la P.A. deve operare un bilanciamento tra gli opposti interessi alla tutela della pubblica sicurezza e alla vita familiare del cittadino straniero (da ult. T.A.R. Milano, (Lombardia) sez. IV, 11/01/2023, n.130).

Ciò premesso in ordine al quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, va evidenziato che nel caso di specie la Questura di Milano:

- ha accertato che il ricorrente è stata condannato per il delitto di cui agli artt. 572 e 61 n. 11 quinquies c.p.;

- ha rilevato che la condanna è stata comminata perché l’odierno ricorrente “con reiterate condotte sussumibili nei delitti di percosse, minacce nonché mediante ingiurie, maltrattava la compagna convivente -OMISSIS- e i di lei figli -OMISSIS- (minorenne) e -OMISSIS-, così cagionandone la totale sottomissione, nello specifico:

- abitualmente percuoteva la compagna mediante pugni e schiaffi;

- abitualmente la minacciava di morte;

- in più occasioni percuoteva i sopraindicati figli di lei mediante la cintura dei pantaloni;

- in passato ha slogato la mascella a -OMISSIS- con un pugno;

- -OMISSIS- quando aveva 14/15 anni veniva percossa circa una volta al mese;

- in un'occasione avrebbe minacciato i familiari che se avessero nuovamente chiamato le Forze dell’Ordine li avrebbe uccisi tutti”;

- ha evidenziato che “la fattispecie di reato per la quale il richiedente è stato condannato è inserita in un contesto di assoluta gravità e disvalore sociale;
le modalità delle azioni poste in essere e la condotta per le quali -OMISSIS- è stato giudicato colpevole denotano un'indole irrispettosa per le norme dello Stato e delle comuni regole di convivenza civile e profondamente lesiva dei valori fondamentali della persona” e che il ricorrente “non ha mai accettato lo stile di vita della -OMISSIS-, giudicato dal cittadino straniero troppo lontano dalla cultura cingalese, infatti lo stesso non accetterebbe che la ragazza esca con gli amici, frequenti ragazzi occidentali e sia una fumatrice, esercitando su di lei forme maniacali di controllo” e “ha creato un’atmosfera familiare di terrore e sofferenza ed ha imposto ai figli della compagna un’educazione rigida, vicina alla cultura cingalese e lontano da quella occidentale”;

- ha considerato, nell'ambito dell'istruttoria procedimentale, la condizione familiare dell’interessato, evidenziando che lo stesso "non risulta avere familiari sul territorio nazionale in possesso dei requisiti per il ricongiungimento, né altri rapporti di parentela o condizioni personali che ne vietino l'espulsione";

- ha ritenuto che anche ove sussistenti vincoli familiari in Italia “la presenza degli stessi non costituirebbe né un elemento pregnante ai fini della prognosi di non reiterazione criminosa da parte dello straniero, né una condizione sufficiente a permettere a -OMISSIS- di prolungare il suo soggiorno sul territorio nazionale, in quanto l’esigenza di tutela del nucleo familiare cede di fronte all’interesse superiore dell’ordine e della sicurezza pubblica”.

Il Prefetto ha confermato il contenuto del provvedimento del Questore considerata “la gravità delle condotte messe in atto dal signor -OMISSIS- ai danni dei propri familiari, incluso il figlio minore, per il quale il predetto è stato condannato” e ha ritenuto generiche e inconferenti le argomentazioni proposte nel ricorso gerarchico in quanto “non supportate da fondati elementi di fatto e di diritto che introducano concreti elementi di valutazione delle ragioni a sostegno del ricorso”.

Quanto appena riportato rende evidente l'infondatezza delle doglianze svolte dal ricorrente.

Innanzitutto, il reato di maltrattamenti previsto dall'art. 572 cod. pen. – per il quale il ricorrente è stato condannato con la sentenza richiamata nel provvedimento impugnato - costituisce un c.d. reato ostativo ai sensi del combinato disposto dell'art. 4, comma 3, del decreto legislativo n. 286/1998 (richiamato dall'art. 5, comma 5, del medesimo decreto legislativo) con l'art. 380, comma 2, lettera l-ter), cod. proc. pen., che richiama appunto i “ delitti di maltrattamenti contro familiari e conviventi e di atti persecutori, previsti dall'articolo 572 e dall'articolo 612-bis del codice penale ”.

La condanna per tale delitto determina, quindi, in modo vincolato il rigetto dell'istanza di rinnovo del permesso di soggiorno.

Pertanto, il meccanismo di automaticità operante tra condanna e diniego del rinnovo del permesso di soggiorno non consente di far leva sulla episodicità del fatto, sulla situazione lavorativa attuale né sulla circostanza che il ricorrente sia tornato a vivere con la propria compagna in seguito ad un asserito percorso rieducativo.

In ogni caso, pur essendo la condanna di cui sopra automaticamente ostativa al rinnovo del permesso di soggiorno, le Amministrazioni hanno congruamente motivato il giudizio di pericolosità sociale dando conto della commissione di un reato di estrema gravità, delle modalità di commissione dello stesso (mediante minacce, percosse, pugni) e dell’atmosfera familiare di terrore e sofferenza imposta alla compagna convivente e ai di lei figli (tra cui uno minorenne).

Le Amministrazioni hanno poi espressamente compiuto anche una ponderata valutazione tra la pericolosità sociale dell'istante e le esigenze connesse alla salvaguardia delle relazioni familiari del richiedente ritenendole subvalenti.

A tal proposito occorre rilevare che, secondo un condivisibile orientamento giurisprudenziale, qualora i reati indicati dal citato art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 286 del 1998 siano stati commessi contro familiari, torna ad applicarsi la regola generale che considera la condanna automaticamente ostativa, non potendosi ammettere che la sussistenza di legami familiari venga invocata da chi abbia dimostrato, con la commissione del reato, di non dare ad essi alcun valore (cfr. T.A.R. Milano, (Lombardia) sez. III, 22/06/2022, n.1459, T.A.R. Lombardia Brescia, sez. II, 2 dicembre 2019, n. 1025).

È dunque evidente, in tale quadro, che le Amministrazioni, una volta constatata la sussistenza della condanna di cui sopra, non potevano valorizzare i legami familiari con tali soggetti.

Quante alle condizioni di salute non risulta che il ricorrente abbia richiesto, ai sensi dell’art. 19 comma 2 del D.lgs. 286/1998, il permesso di soggiorno per cure mediche né la proroga del permesso di soggiorno per motivi di salute né, d’altro canto, risulta accertata, ai sensi della sopra citata norma, la particolare gravità della condizione di salute.

Da quanto sopra ne discende che deve respingersi la censura circa il difetto di motivazione e di istruttoria degli atti impugnati.

Anche la censura relativa alla omessa comunicazione del preavviso di rigetto e dell’avviso di avvio del procedimento deve essere disattesa.

Invero l’ omessa comunicazione dell’avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 della l. 241 del 1990 e del preavviso ex art. 10–bis della l. 241 del 1990 non può determinare ex se la caducazione del diniego di permesso di soggiorno, dovendo trovare applicazione il disposto del comma 2 dell'art. 21-octies della legge n. 241/1990, per cui è onere del ricorrente evidenziare in giudizio gli elementi che avrebbero, anche solo ipoteticamente, potuto determinare un diverso contenuto del provvedimento, se lo straniero fosse stato messo in condizioni di rappresentarli nel corso del procedimento.

Nel caso di specie, non è stato rappresentato nel gravame alcun plausibile argomento la cui "introduzione" nel procedimento sarebbe stata in grado di diversamente orientarne il risultato.

Alla luce delle esposte considerazioni il ricorso va respinto siccome infondato.

In ragione della particolarità della controversia le spese di lite possono essere compensate.

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