TAR Genova, sez. I, sentenza 2015-03-10, n. 201500266
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N. 00266/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00818/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 818 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto dalla Eremo srl con sede a Milano in persona del legale rappresentante in carica rappresentata e difesa dagli avvocati G T e G G, con domicilio eletto presso quest’ultimo a Genova in via Roma 11.1;
contro
Ente parco nazionale delle Cinque Terre in persona del presidente in carica rappresentato e difeso dall’avvocatura distrettuale dello Stato di Genova, domiciliato presso l’ufficio
Comune di Monterosso al Mare in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato P L con lui elettivamente domiciliato a Genova in via Malta 4 presso l’avvocato P S;
per l'annullamento
CON IL RICORSO INTRODUTTIVO
del provvedimento 8.2.2010, n. 717 dell’ente parco nazionale delle Cinque Terre
CON IL RICORSO CONTENENTE MOTIVI AGGIUNTI
del provvedimento 28.5.2013, n. 5484 del comune di Monterosso
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio del comune di Monterosso al Mare e dell’ente parco resistente;
Viste le memorie difensive;
Visto l’atto notificato contenente motivi aggiunti di impugnazione;
visti gli atti e le memorie depositate;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 febbraio 2015 il dott. P P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Eremo srl si ritenne lesa dal provvedimento indicato in epigrafe per il cui annullamento notificò l’atto 4.7.2013, depositato il 16.7.2013, affidato alle seguenti censure:
incompetenza
violazione dell’art. 7 del dpr 295 del 1999
violazione dell’art. 57 del ptcp
violazione di legge e difetto della motivazione.
Con distinte memorie si costituirono in causa il comune di Monterosso e l’ente parco entrambi chiedendo respingersi le domande.
Con successiva memoria notificata il 23.7.2013, depositata il 30.9.2013, l’interessata ha impugnato anche il provvedimento 28.5.2013, n. 5484 del comune di Monterosso allegando:
illegittimità derivata
violazione dell’art. 23 delle nda del PRG, difetto dell’istruttoria e della motivazione
violazione dell’art. 10 bis della legge 7.8.1990, n. 241.
Le parti hanno depositato memorie e documenti.
Il ricorso introduttivo impugna il diniego opposto dal resistente ente parco alla domanda di nulla-osta presentata dalla ricorrente, mentre l’atto notificato contenente motivi aggiunti chiede l’annullamento del diniego di permesso di costruire adottato dal comune di Monterosso al Mare.
La complessiva infondatezza delle doglianze esime il collegio dalla verifica delle eccezioni di inammissibilità sollevate dalla difesa comunale.
Nel merito va premesso che con sopralluogo 30.1.2010 documentato a protocollo 1205 l’ufficio tecnico del comune di Monterosso al Mare accertò che nella località santa Maddalena erano state realizzate delle opere abusive consistenti in:
battuto di cemento e posa in opera di manufatto in legno con copertura a capanna con dimensione 2,00x2,00 m;
battuto in cemento con posa in opera di una piscina con dimensioni 5,66x13,00 m e profondità 1,36 m a partire dal basamento;
posa in opera di oltre sessanta metri quadrati di pavimentazione in pietra a spacco adiacente la piscina;
due scalinate di pietra di collegamento tra i terrazzamenti corredata da ringhiere di ferro.
Il verbale in questione documentava lo stato del sito che risulta soggetto a numerose normative vincolistiche.
Va aggiunto che la costruzione principale venne edificata nel medioevo, ed è oggi adibita all’attività ricettiva;i clienti possono utilizzare il parco terrazzato che circonda la struttura, e la piscina di che si tratta si deve ritenere costituisca un ulteriore elementi di attrattiva della località.
A seguito di tali attività amministrative la ricorrente società presentò la domanda 8.2.2010 affinché l’ente parco autorizzasse il mantenimento dei manufatti menzionati in sanatoria, istanza che fu disattesa con il provvedimento gravato con il ricorso introduttivo: parallelamente fu inoltrata la richiesta al comune di Monterosso che si è pronunciato negativamente con la determinazione oggetto del secondo ricorso proposto.
In ordine alle questioni proposte nei confronti dell’ente parco la ricorrente censura innanzitutto l’incompetenza dell’ente a provvedere;la doglianza è articolata nel senso che, al momento della decisione sull’istanza (2.5.2013), il piano parco era stato revocato dalla deliberazione 10.12.2010, n. 1482 della giunta della regione Liguria, sì che il contesto normativo a cui far riferimento era l’allegato A al dpr 6.10.1999 (gazz. uff. 17.12.1999, n. 295) che prevedeva una serie di divieti in cui non rientrano le edificazioni contestate. Ne deriva che l’art. 22 del piano parco revocato che contempla le autorizzazioni per la modificazione da apportare ai terreni terrazzati non è applicabile alla specie, dal che l’incompetenza dell’ente parco all’adozione del diniego di nulla-osta inoltrato dalla ricorrente.
Il collegio non può concordare con il motivo in questione.
Si deve avere riguardo allo statuto del parco approvato con deliberazione 42 del 8.6.2011 del commissario straordinario dell’ente, posto che merita condivisione la tesi esposta dalla ricorrente società in ordine all’avvenuta revoca del previgente piano parco, sì che la disposizione di riferimento al tempo dell’adozione dell’atto gravato era appunto quella statutaria.
L’art. 34 della norma prevede la necessità del nulla osta del direttore generale per le opere, interventi od impianti all’interno del territorio individuato, con che la censura di incompetenza appare superata, in quanto la determinazione impugnata è stata sottoscritta dal direttore facente funzioni.
Con il secondo motivo proposto con il ricorso introduttivo viene contestata la violazione dell’art. 7 del dpr 6.10.1999 (in gazz. uff. 295 del 1999), che non elenca tra le attività vietate quelle che sono ascritte alla condotta dell’interessata: né la piscina (o la vasca antincendio come il manufatto è denominato negli atti della parte privata) né il casotto di legno sono menizonati dalla norma denunciata, dal che l’illegittimità del diniego opposto.
Il collegio osserva che la ricordata relazione di accertamento 30.1.2010, n. 1205 evidenzia che le realizzazioni abusive sono state poste in essere in una zona del parco definita come 2 (due) dal dpr 6.10.1999, un’area in cui l’articolo 5 sub b) vieta espressamente la costruzione di nuovi edifici.
La formulazione normativa sembra ricomprendere anche le realizzazioni descritte in precedenza, in quanto trattasi di beni in precedenza inesistenti e posti in essere con l’utilizzo degli strumenti necessari per costruire, appunto, edifici. Essi hanno poi un’oggettiva unitarietà, nel senso che sono complessivamente destinati al migliore utilizzo della piscina al servizio dei clienti dell’Eremo;può pertanto seguirsi l’orientamento giurisprudenziale (ad esempio cons. Stato, 5.3.2013, n. 1316) che ritiene che la piscina interrata costituisca nuova costruzione urbanisticamente rilevante, dal che l’applicabilità dell’art. 5 sub b) del d.p.r. istitutivo del parco delle Cinque Terre.
Anche la seconda censura è pertanto infondata e va respinta.
Con il terzo articolato motivo viene denunciata la violazione dell’art. 57 del ptcp.
Una prima lamentela riguarda l’insussistenza della dichiarazione di rilevante interesse storico o paesistico del manufatto a cui i lavori accedono, dal che l’incongruità della menzione della norma indicata.
Il tribunale rileva in contrario che il comma quarto dell’art. 57 denunciato equipara espressamente i manufatti contrassegnati appositamente in cartografia a quelli tutelati con la forma della conservazione: l’immobile in cui è svolta l’attività alberghiera della ricorrente è individuato nelle mappe del piano, sì che ad esso si estende la tutela approntata dallo strumento paesistico.
Oltre a ciò va considerato il decreto 15.11.1983 del ministero per i beni culturali ed ambientali che dichiarò il rilievo del complesso monastico, conseguendo l’insussistenza della violazione denunciata.
La seconda doglianza riguarda l’omessa richiesta da parte dell’ente parco dello studio organico d’insieme (SOI), un documento che avrebbe consentito alla dirigenza di considerare la possibilità di inquadrare il manufatto nel contesto della località tutelata.
Il tribunale rileva che la norma non impone alla parte pubblica di richiedere la produzione del citato documento, soprattutto in un caso in cui si tratta della richiesta di sanatoria di un illecito già commesso;ed a tale riguardo non possono condividersi le osservazioni relative all’agevole amovibilità della piscina e del casottino, che avrebbero dovuto indurre l’amministrazione a considerare tali beni non come edifici.
Si nota infatti che la piscina è saldamente infissa nel suolo, ed al suo servizio sono stati realizzati anche la platea di fondazione e le scale che accedono ai terrazzamenti.
In conclusione il terzo motivo è infondato e va disatteso.
Per tali ragioni vanno respinte le doglianze proposte con il quarto motivo, con cui si denunciano l’omessa considerazione della piscina e della terrazza su cui è poggiata come essenziali per evitare le conseguenze dell’alluvione del 2011 e la natura di riserva d’acqua che la piscina assume in relazione al pericolo degli incendi.
Il collegio ribadisce a tale riguardo la natura turistica dell’installazione in questione, conclusione a cui induce anche l’assenza di prove circa il ruolo avuto dai terrazzamenti durante le piogge del 2011.
Il ricorso introduttivo è pertanto infondato e va respinto.
Con il primo motivo proposto con il ricorso depositato il 30.9.2013 si denuncia l’illegittimità derivata del provvedimento comunale dalle violazioni che connotano l’atto dell’ente parco.
Le considerazioni svolte in precedenza consentono di disattendere il motivo.
Con la seconda censura si denuncia la violazione dell’art. 23 delle nda del prg di Monterosso al Mare che non vieterebbe la realizzazione delle piscine in area agricola.
Il tribunale non può condividere l’argomentazione, posto che i manufatti in questione sono ubicati in una zona agricola, che è tuttavia ricompresa anche nel perimetro di E1, connotazione che comporta il divieto di ogni edificazione, così come prevedono anche le disposizioni del dpr 6.10.1999 istitutivo del parco in questione.
In considerazione di ciò la censura è infondata e va respinta.
Con l’ultimo motivo si denuncia la violazione dell’art. 10 bis della legge 7.8.1990, n. 241, in quanto l’amministrazione non ha compiutamente controbattuto alle osservazioni contenute nella memoria difensiva della parte privata che aveva argomentato sulla natura polifunzionale della vasca.
Il collegio rileva che le immagini versate in atti chiariscono l’insufficienza delle prove allegate a convincere circa l’accoglibilità delle allegazioni della ricorrente che rileva che la vasca può fungere da piscina, da deposito di liquidi antincendio e da sede per un impianto rimovibile per la triturazione delle olive.
In conclusione i ricorsi sono infondati e vanno respinti: le spese seguono la soccombenza e sono equamente liquidate in dispositivo, tenendo conto del valore dei beni oggetto di lite e della natura dell’attività defensionale resasi necessaria.