TAR Campobasso, sez. I, sentenza 2013-07-02, n. 201300459
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N. 00459/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00321/1997 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SNTENZA
sul ricorso numero di registro generale 321 del 1997, proposto da:
B C, C S, F M, G R, R A, A C, M A, G S, C V, P B, P D, M M, P M e D’Amico Giuseppina, le ultime due quali eredi di D’Amico Nicola, tutti rappresentati e difesi dall’Avv. R P, con domicilio eletto presso il suo studio in Campobasso, via Berlinguer, 1;
contro
la Comunità Montana Matese di Bojano (CB), in persona del legale rappresentante pro tempore , costituita in giudizio, rappresentata e difesa dall’Avv. V C, con domicilio eletto presso il suo studio in Campobasso, corso Umberto I, 43;
il Ministero del Tesoro (ora Ministero dell’Economia e delle Finanze), in persona del Ministro pro tempore , costituito in giudizio, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, con domicilio ex lege , presso i suoi uffici in Campobasso, via Garibaldi, 124;
per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
della delibera del Commissario Straordinario della Comunità Montana Matese n. 41 del 17.2.1997, avente ad oggetto “Personale assunto ai sensi della L. 285/77 – Indennità di fine rapporto. Ricalcolo spettanze secondo la Circolare del Ministero del Tesoro n. 205584 in data 17.12.1996” , nonchè di tutti gli atti preordinati, consequenziali o comunque connessi, compresa la citata circolare;
nonché per la declaratoria
del diritto dei ricorrenti alla corresponsione dell’indennità di fine rapporto relativa all’attività prestata in seguito all’assunzione ex l. 285/77 presso la Comunità Montana Matese nell’esatta misura dovuta, comprensiva anche dell’indennità integrativa speciale e di interessi e rivalutazione dalla data di maturazione del credito sino al soddisfo.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Comunità Montana Matese e del Ministero del Tesoro;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 18 aprile 2013, la dott.ssa R T e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
I ricorrenti sono stati assunti presso la Comunità montana Matese in forza della legge n. 285/1977 e, una volta cessato il 31.5.1984 il loro rapporto di lavoro presso tale Ente, in data 1.6.1984 sono stati inquadrati nell’organico della Regione Molise.
Perciò con nota del 30.10.1995, assunta al protocollo della predetta Comunità montana il 31.10.1995 – prot. n. 2853, essi hanno chiesto la liquidazione dell’indennità di fine rapporto, maggiorata degli interessi legali e della rivalutazione monetaria.
La Comunità montana intimata era rimasta inerte, nella convinzione che tale liquidazione competesse all’INADEL, il quale ha poi comunicato invece di non esservi tenuto e di rendersi disponibile a restituire le somme a suo tempo corrisposte, a titolo di contributi, dalla menzionata Amministrazione.
Con delibera commissariale 20.9.1996, n. 69/189, sulla base di quanto precisato dalla Prefettura di Campobasso nella circolare 16.8.1996, n. 12528/sett.3°, è stato riconosciuto il diritto degli istanti alla liquidazione dell’indennità di fine rapporto, ma è stato altresì statuito che gli interessi e la rivalutazione sarebbero stati calcolati dal 31.10.1995, vale a dire dalla data di proposizione della relativa domanda, e non già da quella della maturazione del diritto stesso all’indennità (cessazione dal servizio).
La Comunità montana Matese ha, perciò, provveduto alla liquidazione di che trattasi secondo le modalità su illustrate.
Con circolare del Ministero del Tesoro 17.12.1996, n. 205584, si è precisato che nel computo non dovesse essere inclusa l’indennità integrativa speciale, atteso che il relativo obbligo sarebbe stato introdotto solo successivamente, con la legge n. 87/1994, e che, quanto agli interessi ed alla rivalutazione, si dovesse fare un distinguo tra periodi di maturazione: per il periodo antecedente al 16.12.1990 spetterebbero entrambi, con calcolo degli interessi legali nella misura del 5%, per il periodo intercorrente fra il 17.12.1990 ed il 31.12.1994 spetterebbero solo gli interessi legali nella misura del 10% annuo ed infine per il periodo successivo all’1.1.1995 dovrebbero corrispondersi gli interessi legali al 10%, in caso di inflazione inferiore a detta percentuale, mentre solo la rivalutazione monetaria, nell’ipotesi di inflazione superiore.
Sulla base della citata circolare ministeriale è stata adottata dal Commissario straordinario la delibera 17.2.1997, n. 41, con la quale si è determinato di corrispondere agli istanti la somma differenziale dovuta a titolo di interessi e rivalutazione, a decorrere dall’1.6.1984 sino al 15.2.1997, calcolati in modo differente a seconda del periodo considerato, conformemente a quanto indicato nella circolare medesima.
Con il presente ricorso sono state impugnate la delibera richiamata in ultimo, nonché la circolare in questione, ed è stata chiesta la declaratoria del diritto dei ricorrenti alla corresponsione dell’indennità di fine rapporto, comprensiva anche dell’indennità integrativa speciale e di interessi e rivalutazione dalla data di maturazione del credito sino al soddisfo.
Sono stati denunciati i seguenti motivi di censura:
1) violazione e falsa applicazione dell’art. 429, comma 3, c.p.c., dell’art. 150 disp. att. c.p.c. e dell’art. 442 c.p.c.;
2) violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 36 Cost., del d.lgs. 3.2.1993, n. 29, e del d.P.R. n. 25.6.1983, n. 347.
Di seguito sono meglio esplicate le richiamate doglianze.
1) La Cassazione ha affermato che gli interessi devono essere computati dalla data di scadenza dei singoli crediti sul capitale via via rivalutato, sulla base degli indici di svalutazione sino alla data di pubblicazione della sentenza.
Inoltre, con sentenza n. 156/1991, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del vecchio art. 442 c.p.c., laddove esso non prevedeva che il giudice, quando pronuncia una sentenza di condanna al pagamento di somme di denaro per crediti relativi a prestazioni previdenziali, deve determinare, oltre agli interessi nella misura legale, altresì il maggior danno eventualmente subito per la diminuzione del valore del credito stesso.
Con specifico riguardo al trattamento di fine rapporto, la rivalutazione svolgerebbe la funzione di congelare gli effetti del decorso del tempo sulle somme via via accantonate.
La rivalutazione automatica si estenderebbe a tutti i redditi che traggono origine nel rapporto di lavoro.
2) L’indennità di fine rapporto dovrebbe essere comprensiva anche dell’indennità integrativa speciale. A tale proposito, essendosi il rapporto di lavoro instaurato con la Comunità montana, dovrebbe, infatti, necessariamente farsi riferimento alle regole tipiche degli Enti locali e non dello Stato, con riguardo ai cui rapporti di lavoro la sua inclusione nel computo è stata prevista solo in un momento successivo.
Si sono costituiti in giudizio tanto il Ministero del Tesoro, a mezzo dell’Avvocatura distrettuale dello Stato, quanto la Comunità montana Matese, entrambi intimati.
Il primo ha evidenziato preliminarmente che l’unico atto di sua provenienza impugnato non avrebbe valore provvedimentale, ma costituirebbe un “mero avviso interpretativo” .
Nel merito ha rilevato che gli interessi e la rivalutazione sarebbero stati calcolati sin dalla data di cessazione dal servizio dei ricorrenti presso la Comunità montana, mentre quanto all’avviso del Ministero di non eseguire il cumulo di interessi e rivalutazione dopo il 31.12.1994, sarebbe l’art. 36 della legge n. 724/1994 a prevedere anche per gli emolumenti di natura retributiva detta impossibilità di cumulo almeno a decorrere da tale data, indipendentemente dalla data di insorgenza della sorte capitale.
La Comunità montana ha pregiudizialmente eccepito il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, asserendo che, trattandosi di materia previdenziale, la giurisdizione apparterrebbe alla Corte dei Conti. Ha altresì eccepito l’inammissibilità del ricorso per mancata impugnazione della delibera commissariale n. 69/189 del 1996, atteso che in tal modo i ricorrenti avrebbero mostrato un atteggiamento acquiescente rispetto alle prescrizioni ivi contenute.
Inoltre il ricorso sarebbe inammissibile per carenza di interesse, in quanto nella delibera gravata sarebbero stati computati interessi e rivalutazione sin dalla data di cessazione del rapporto di lavoro presso la stessa.
Nel merito l’Ente de quo ha controdedotto alle censure di parte avversa.
Con ordinanza 22.4.1997, n. 163, è stata accolta la domanda cautelare, proposta in via incidentale.
Essendo medio tempore deceduto il ricorrente D’Amico Nicola, le eredi si sono costituite in giudizio con atto depositato il 19.9.2008.
Con decreto 6.12.2011, n. 842, il ricorso è stato dichiarato perento, per mancata produzione di nuova istanza di fissazione d’udienza ai sensi dell’art. 1 dell’Allegato 3 al d.lgs. n. 104/2010.
A seguito di dichiarazione di persistenza dell’interesse a ricorrere notificata il 24.5.2012 e depositata il 30.5.2012, con successivo decreto 6.2.2013, n. 70, è stato revocato il menzionato decreto di perenzione n. 842/2011.
Con ordinanza presidenziale 13.2.2013, n. 71, sono stati disposti incombenti istruttori a carico delle Amministrazioni resistenti. La Comunità montana vi ha dato esecuzione mediante il deposito della relativa documentazione in data 7.3.2013 e successivamente ha prodotto una memoria difensiva, in vista della pubblica udienza del 18.4.2013, nella quale il ricorso è stato introitato per la decisione.
DIRITTO