TAR Palermo, sez. I, sentenza breve 2024-06-11, n. 202401951

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. I, sentenza breve 2024-06-11, n. 202401951
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 202401951
Data del deposito : 11 giugno 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/06/2024

N. 01951/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00779/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 779 del 2023, proposto da -OMISSIS-, nella qualità di titolare della ditta individuale “Parking Car Brancaccio di Buzzi Silvana”, rappresentata e difesa dall’avvocato G G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, e con domicilio fisico eletto presso lo studio del predetto difensore in Palermo, via Cavour n.106;

contro

il Ministero dell’Interno e la Prefettura-Ufficio Territoriale del Governo di Palermo, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso i cui uffici, siti in Palermo, via Mariano Stabile n. 182, sono per legge domiciliati;

per l'annullamento

del decreto del 14.03.2023 Prot n.-OMISSIS-emesso dal Prefetto e trasmesso il 14.03.23 all’impresa individuale.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Vista l’istanza cautelare presentata in via incidentale dalla parte ricorrente;

Vista l’ordinanza presidenziale istruttoria n. 538/2023, pubblicata il 30 maggio 2023;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e della Prefettura-Ufficio Territoriale del Governo di Palermo, e vista la documentazione depositata;

Vista la memoria depositata dalle resistenti Amministrazioni;

Visti gli articoli 55 e 60 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il consigliere Maria Cappellano nella camera di consiglio del giorno 11 giugno 2024, e uditi i difensori delle parti, presenti come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

A. – Con il ricorso in esame, notificato il 12 maggio 2023 e depositato il 25 maggio 2023, l’odierna istante ha impugnato la comunicazione antimafia ex art. 87 del d. lgs. n. 159/2011, adottata dal Prefetto della provincia di Palermo il 14 marzo 2023 nei riguardi dell’impresa individuale di cui la predetta è titolare.

Nell’esporre che con tale provvedimento le è stata comunicata la sussistenza di una causa di decadenza, sospensione o divieto di cui all’art. 67 del d. lgs. n. 159/2011, deduce avverso tale atto la censura di MANCATA APPLICAZIONE DELL’ART.7

DELLA LEGGE

7.08.90 N.241 ECCESSO DI POTERE PER VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DI BUON ANDAMENTO PER CARENZA DI ISTRUTTORIA E DIFETTO DI MOTIVAZIONE PER SVIAMENTO, ILLOGICITA’, MANIFESTA INGIUSTIZIA E TRAVISAMENTO DEI PRESUPPOSTI
.

Ha, quindi, chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato, con il favore delle spese.

B. – Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Interno e la Prefettura-Ufficio Territoriale del Governo di Palermo.

C. – Con ordinanza presidenziale n. 538 del 30 maggio 2023 sono stati disposti incombenti istruttori a carico della resistente Prefettura (adempiuti), la quale con memoria ha chiesto il rigetto del ricorso in quanto infondato.

D. – Alla camera di consiglio del giorno 11 giugno 2024, presenti i difensori delle parti come specificato nel verbale, il Presidente del Collegio ha dato avviso della possibile definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata, e la causa è stata posta in decisione.

E. – Ritiene preliminarmente il Collegio di potere definire il giudizio con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm. e adottata in esito alla camera di consiglio per la trattazione delle istanze cautelari, sussistendone tutti i presupposti;
possibilità, questa, espressamente indicata dal Presidente del Collegio alle parti.

F. – Nel merito, il ricorso è infondato.

E’, in particolare, infondato l’unico articolato motivo con il quale, in sintesi, la parte ricorrente lamenta sia la mancata partecipazione al relativo procedimento, sia la carente istruttoria e il correlato vizio di eccesso di potere rispetto all’esercizio del potere discrezionale.

La prospettazione non può essere accolta.

La ricorrente muove dalla premessa, non corretta, per cui l’atto impugnato sia una informativa interdittiva antimafia, laddove viene in rilievo una comunicazione antimafia, la quale – richiesta per l’esercizio di qualsivoglia attività dei privati soggetta ad autorizzazione, concessione, abilitazione, iscrizione ad albi, segnalazione certificata di inizio attività e c.d. silenzio assenso (artt. 87-89 d. lgs. n. 159/2011) – consiste nell’attestazione, nei confronti dei soggetti individuati dall’art. 85, della sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’art. 67.

Deve al riguardo essere richiamata la costante giurisprudenza amministrativa secondo cui:

- “… la comunicazione antimafia consiste, ai sensi dell'art. 84, comma 2 cod. antimafia, nell'attestazione della sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all'art. 67 cod. antimafia;
queste, che operano di diritto (art. 67, commi 2 e 8), sono costituite (art. 67, commi 1 e 8) dai provvedimenti definitivi di applicazione delle misure di prevenzione di cui all'art. 6 del medesimo codice e dalle condanne con sentenza definitiva o confermata in appello per i delitti consumati o tentati elencati all'art. 51, comma 3-bis, c.p.p., nonché (a seguito delle modifiche introdotte con il d.l. 4 ottobre 2018, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla l. 1 dicembre 2018, n. 132) per i reati di cui all'art. 640, comma 2, n. 1, c.p., commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico.

La comunicazione antimafia fotografa, quindi, il cristallizzarsi di una situazione di permeabilità mafiosa contenuta in un provvedimento giurisdizionale ormai definitivo, con il quale il Tribunale ha applicato una misura di prevenzione personale prevista dal codice antimafia, e ha un contenuto vincolato, di tipo accertativo, che attesta l'esistenza, o meno, di tale situazione tipizzata nel provvedimento di prevenzione o nella sentenza di condanna per i reati menzionati. Dette comunicazioni hanno efficacia interdittiva rispetto a tutte le iscrizioni e ai provvedimenti autorizzatori, concessori o abilitativi per lo svolgimento di attività imprenditoriali, comunque denominati, nonché a tutte le attività soggette a segnalazione certificata di inizio attività (c.d. S.C.I.A.) e a silenzio assenso (art. 89, comma 2, lett. a, e b, d.lgs. n. 159/2011) e comportano, altresì, il divieto di concludere contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, di cottimo fiduciario e relativi subappalti e subcontratti, compresi i cottimi di qualsiasi tipo, i noli a caldo e le forniture con posa in opera (art. 84, commi 1 e 2, d.lgs. n. 159/2011).

Poiché i motivi ostativi sono le cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’art. 67, le verifiche sulla corrispondenza dei motivi ostativi emersi dalla consultazione della banca dati alla situazione aggiornata del soggetto sottoposto ad accertamenti in tanto possono dare esito negativo, con conseguente rilascio della certificazione antimafia liberatoria (art. 88, comma 3), in quanto, nell’attualità, non sussista più alcuna di quelle cause di decadenza, di sospensione o di divieto (cfr. Cons. Stato, sez. III, 8 marzo 2017, n. 1109). Ciò implica un accertamento in merito al fatto che gli effetti pregiudizievoli della misura di prevenzione personale o della sentenza di condanna possano essere cessati, il che può accadere per effetto di successiva riabilitazione (art. 178 c.p.;
art. 70 D.Lgs. n. 159/2011;
TAR Lombardia, Milano, sez. I, 25 luglio 2018, n. 1811)
…” (Consiglio di Stato, Sez. III, 2 aprile 2024, n. 3009);

- “… La comunicazione antimafia interdittiva è un provvedimento di natura cautelare e preventiva che, come sottolineato dalla giurisprudenza amministrativa, determina una particolare forma d’incapacità del destinatario, in riferimento ai rapporti giuridici con la pubblica amministrazione (v. tra tutte, Consiglio di Stato, adunanza plenaria, 6 aprile 2018, n. 3).

Ai sensi dell’art. 84, comma 2, cod. antimafia, consiste in una attestazione circa la sussistenza di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui al precedente art. 67 …” (cfr. T.A.R. Sicilia, Sez. I, 18 maggio 2022, n. 1625);

- “… In mancanza della riabilitazione i presupposti individuati dal legislatore, anche se risalenti nel tempo, continuano a rilevare ai fini della comunicazione antimafia.

È dunque preciso onere dell’interessato, gravato da tali precedenti, richiedere la riabilitazione, trattandosi dell’unico strumento ritenuto idoneo dal legislatore per superare la preclusione derivante dalle precedenti condanne o misure di prevenzione …” (Consiglio di Stato, Sez. I, Adunanza di Sezione del 23 marzo 2022, parere n. 1146/2022).

Osserva pertanto il Collegio che la comunicazione antimafia è il frutto di un’attività amministrativa vincolata, volta al mero accertamento delle cause di decadenza o divieto di cui all’art. 67, del d. lgs. n. 159/2011 (cfr. C.G.A., ordinanza 29 luglio 2021, n. 525);
accertamento rispetto al quale il privato può avvalersi dell’apposito strumento previsto dall’art. 70 (la riabilitazione disposta dal Tribunale di Sorveglianza) al fine di fare cessare gli effetti inibitori derivanti dalla misura di prevenzione (o da una condanna).

Applicando i su esposti principi al caso di specie, deve rilevarsi che non risulta che la ricorrente – destinataria della misura della sorveglianza speciale per la durata di un anno, automaticamente ostativa ai sensi dell’art. 67 del d. lgs. n. 159/2011 – abbia ottenuto la riabilitazione;
sicché, non può essere accolta la prospettazione della predetta, secondo cui la Prefettura avrebbe dovuto esercitare correttamente il proprio potere discrezionale di valutazione, in quanto non residuano in tal caso margini di apprezzamento.

Il Prefetto invero – in presenza di un soggetto sottoposto a misura di prevenzione, senza che risulti intervenuta la riabilitazione – deve emettere la comunicazione antimafia come previsto dall’art. 67 del d. lgs. n. 159/2011;
con conseguente dequotazione del denunciato difetto di partecipazione procedimentale.

Per tutto quanto esposto e rilevato, il ricorso in quanto infondato deve essere rigettato, con salvezza del provvedimento impugnato.

G. – Tenuto conto della peculiarità della controversia, sussistono eccezionalmente i presupposti per compensare tra le parti le spese di giudizio.

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