TAR Firenze, sez. II, sentenza 2019-11-28, n. 201901621

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. II, sentenza 2019-11-28, n. 201901621
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 201901621
Data del deposito : 28 novembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/11/2019

N. 01621/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00080/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 80 del 2019, proposto da
Casa di Cura Leonardo s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Edward W.W. Cheyne, M C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Regione Toscana, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato A F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Azienda Usl Toscana Sud Est, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato P S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, via Masaccio, n. 183;
Azienda Usl Toscana Centro, Azienda Usl Toscana Nord Ovest, Rugani Hospital S.r.l. non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

- della delibera della Giunta Regionale della Toscana n. 1220 dell'8.11.2018 avente ad oggetto la “Determinazione dei tetti massimi per l'acquisto di prestazioni dalle strutture sanitarie private accreditate”;

- di tutti gli atti presupposti, conseguenziali e comunque connessi ed in particolare, ove occorrendo, la nota prot n. AOOGRT/539734/C.130.060 del 27.11.2018 a firma del Direttore della Direzione “Diritti di Cittadinanza e coesione sociale” della Regione Toscana.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Toscana e dell’Azienda Usl Toscana Sud Est;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 novembre 2019 il dott. R G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1 - Con delibera n. 1220 dell’8 novembre 2018 la Giunta regionale della Regione Toscana ha proceduto alla “determinazione dei tetti massimi per l’acquisto di prestazioni dalle strutture sanitarie private accreditate”, indicati per ciascun soggetto erogatore nell’Allegato A alla suddetta delibera.

La delibera n. 1220 cit. in primo luogo richiama la disciplina legislativa succedutasi negli ultimi anni e finalizzata a ridurre la spesa sanitaria, richiama quindi la DGR n. 343 del 2017 che ha definito, per il periodo 2016-2019, i tetti per gli acquisti di prestazioni da soggetti accreditati ed infine la deliberazione n. 14 del 2018 della Corte dei Conti, sezione regionale di controllo per la Toscana, che ha evidenziato che i richiamati limiti di spesa devono essere riferiti complessivamente all’attività erogata sia a pazienti residenti che a pazienti non residenti nel territorio regionale;
nonché la circostanza che le prestazioni ad alta complessità erogate a pazienti extraregionali in passato erano remunerate integralmente da parte delle Regioni invianti, mentre ora sono remunerate solo parzialmente. La delibera procede quindi alla determinazione di tetti unici regionali per operatore, senza distinzioni di tipologia di prestazioni e di provenienza del paziente, agendo secondo due direttrici: a) “inappropriatezza: in ragione della quale determinare un abbattimento del 50% del valore dei ricoveri medici potenzialmente inappropriati erogati nel 2017”;
b) “potenziale dispersione di risorse verso altre regioni: in ragione della quale determinare un abbattimento del 5%, del 10% o del 20% del valore della casistica dei ricoveri extraregione 2017, in ragione della proporzione di ricoveri extraregionali gestiti (fino al 40%, dal 40% all’85%, oltre l’85%)”.

2 – Con il ricorso introduttivo del giudizio la Casa di cura Leonardo s.r.l. impugna la delibera di Giunta regionale n. 1220 dell’8 novembre 2018, evidenziando che in virtù della stessa i volumi di prestazioni sanitarie ambulatoriali ed ospedaliere autorizzati per la società ricorrente sono passati da euro 5.202.726 (per l’anno 2017) ad euro 5.193.860, tetto massimo modificabile in peius dalle singole aziende sanitarie di riferimento. Essa quindi formula nei confronti della delibera medesima le seguenti censure:

- violazione delle regole partecipative e conseguente difetto motivazionale;

- difetto di competenza, poiché l’art. 76, comma 2, della legge regionale n. 40 del 2015 prevede la competenza della ASL a fissare i volumi delle prestazioni oggetto di contratto, mentre alla Regione compete solo di stabilire le tariffe delle prestazioni;

- violazione dell’art. 15, comma 14, d. l n. 95 del 2012 nella misura in cui la delibera gravata assoggetta ad un unico tetto finanziario tutte le prestazioni sanitarie rese dalle strutture private convenzionate con il SSR a prescindere dal loro carattere (di alta complessità o meno) e dalla provenienza (extra regionale) dei pazienti;
quest’ultime peraltro essendo prestazioni gravanti integralmente sulle Regioni invianti, così che non può essere invocata neppure una ragione di salvezza dei conti regionali;

- si contesta che il gravato provvedimento neppure si preoccupi di chiarire se ed in che misura la necessità di prevedere tetti onnicomprensivi, a livello regionale, risulti davvero conseguente agli accordi interregionali sulla mobilità sanitaria;
nel sistema delineato dalla delibera n. 1220 del 2018, non solo il privato sopporta il rischio di mercato ma anche quello che il suo soggetto regolatore, non essendo capace di recuperare i propri crediti, ponga poi direttamente in capo a lui le mancate riscossioni o gli abbattimenti o i mancati riconoscimenti effettuati in sede interregionale;
l’operatore economico si vede esposto al rischio dell’insolvenza del “debitore del suo debitore” nei confronti del quale non ha alcuna azione e tanto meno rapporti negoziali;

- violazione dell’affidamento nella stabilità delle regole che erano state fissate da quello stesso ente regolatore poco più di un anno prima con la delibera n. 343 del 2017 anche con riferimento alla disciplina transitoria secondo cui «ove la Regione dovesse subire abbattimenti sulla mobilità extraregionale 2018, l’eventuale mancato riconoscimento in sede interregionale, nella quota parte correlata a quanto erogato successivamente alla data di pubblicazione del presente atto, sarà riaddebitato agli erogatori in proporzione all’attività extraregionale relativa a tale periodo»;
ed altresì con riferimento al ridotto periodo di tempo che le aziende hanno per adeguarsi alle nuove regole;

- mancanza di contraddittorio nella individuazione dei tetti per ciascun operatore, difetto di istruttoria, illogicità e irrazionalità dell’applicazione di nuovo modello, senza tener conto delle diverse realtà imprenditoriali e delle diverse mission dei vari operatori;

- violazione delle regole di correttezza e buona fede, di lealtà nei rapporti fra privato e pubblica amministrazione, oltreché per violazione del principio della buona fede oggettiva e dell’affidamento ingenerato in ordine alla pacifica vigenza, delle regole di cui alla delibera n. 343 del 2017, sino al 31.12.2019;
la delibera gravata costituisce un vero e proprio inadempimento ad un accordo provvedimentale, che era nella sostanza contenuto nella delibera n. 343 del 2017 comunque un atto che viola in ogni caso il principio della buona fede oggettiva e della tutela dell’affidamento incolpevole;
essa costituisce una sorta di provvedimento di “secondo grado” ovvero espressione di una sorta di illegittimo ripensamento postumo della Regione Toscana rispetto alle decisioni assunte con la delibera n. 343 del 2017 che non poneva alcun tetto alle prestazioni sanitarie di alta specialità rese a favore dei residenti in altre regioni, in violazione delle già richiamate regole partecipative ma anche degli artt. 21-quinquies, 21-sexies e 21-nonies della legge n. 241 del 1990 e con violazione del termine ragionevole di 18 mesi che l’art. 21 nonies, comma 1, della legge n. 241 del 1990 pone all'esercizio del potere di autotutela e di annullamento d’ufficio;
mancanza dei presupposti per la revoca e diritto a indennizzo;

- a tutto concedere, le conseguenze degli asseriti squilibri finanziari, che sono alla base della delibera n. 1220 del 2018 anche alla luce della lettera della Regione Toscana del 27.11.2018, avrebbero dovuto essere regolate direttamente ed esclusivamente dall’Azienda Usl Toscana Sud Est nel cui ambito si sono verificati tali disequilibri come attestato anche dalla deliberazione n. 14/2018/PRSS della Corte dei Conti.

3 - Si è costituita in giudizio, per resistere al ricorso, la Regione Toscana, che ha anche richiamato la sentenza della Sezione n. 1600 del 2018 e anche la sentenza n. 77 del 2019. Si è altresì costituita in giudizio, per resistere al gravame, l’Azienda USL Toscana Sud-Est.

4 - Con ordinanza n. 720 del 2019 la Sezione ha disposto incombenti istruttori, adempiuti dalla Regione Toscana con il deposito documentale del 3 luglio 2019.

5 – Chiamata la causa alla pubblica udienza del giorno 5 novembre 2019 e sentiti i difensori comparsi, come da verbale, la stessa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

6 – Deve essere preliminarmente esaminata la censura di difetto di competenza, che risulta infondata.

Infatti il potere esercitato dalla Regione Toscana trova fondamento nel primo comma dell’art 8 quinquies d.lgs. n. 502/1992, secondo cui: “ Le regioni, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, definiscono l'ambito di applicazione degli accordi contrattuali ed individuano i soggetti interessati, con specifico riferimento ai seguenti aspetti: a) individuazione delle responsabilità riservate alla regione e di quelle attribuite alle unità sanitarie locali nella definizione degli accordi contrattuali e nella verifica del loro rispetto;
b) indirizzo per la formulazione dei programmi di attività delle strutture interessate, con l'indicazione delle funzioni e delle attività da potenziare e da depotenziare, secondo le linee della programmazione regionale e nel rispetto delle priorità indicate dal Piano sanitario nazionale;
c) determinazione del piano delle attività relative alle alte specialità ed alla rete dei servizi di emergenza;
d) criteri per la determinazione della remunerazione delle strutture ove queste abbiano erogato volumi di prestazioni eccedenti il programma preventivo concordato, tenuto conto del volume complessivo di attività e del concorso allo stesso da parte di ciascuna struttura
”.

Spettano invece alle aziende sanitarie, oltre a compiti di monitoraggio della spesa, l’adozione di atti applicativi, tra i quali gli specifici accordi contrattuali con le strutture interessate, di cui al medesimo art. 8 –quinquies, comma 2, del D.lgs. n. 502/1992 (con cui vengono fissati tra l'altro il “ volume massimo di prestazioni che le strutture si impegnano ad assicurare, distinto per tipologie e per modalità di assistenza, i requisiti del servizio da rendere, il corrispettivo preventivato, le procedure di controllo sul rispetto degli accordi.. ” etc. ).

Coerentemente con tale disposizione l’art. 76, comma 2, della legge regionale n. 40 del 2005 dispone: “ L'azienda unità sanitaria locale, tenuto conto dei criteri di cui al comma 1, procede alla definizione degli appositi rapporti di cui all'articolo 8 del decreto delegato;
la Giunta regionale determina tariffe massime per ogni prestazione;
al perfezionamento del rapporto si provvede a seguito di negoziazione effettuata, sulla base di volumi prefissati di prestazioni, in riferimento alle tariffe determinate dalla Giunta regionale e tenuto conto della complessità organizzativa della struttura in relazione a i criteri di cui al comma 1, lettera b)
”.

Alla luce del chiaro disposto normativo statale e regionale la censura d’incompetenza si rivela dunque all’evidenza infondata, rientrando nelle competenze della Regione la determinazione dei criteri unitari per il rispetto dei limiti di spesa e, sulla base di questi criteri, la conseguente determinazione dei tetti massimi onnicomprensivi per ciascuna struttura, e alle USL, nell’ambito della definizione degli specifici contratti con le singole strutture, la determinazione della combinazione di prestazioni sulla base delle necessità del territorio, entro il tetto di spesa massimo stabilito a livello regionale.

7 – Deve quindi essere esaminata la censura con cui parte ricorrente deduce l’illegittimità dell’imposizione di un tetto unico comprensivo, poiché esso sarebbe frutto di una errata lettura dell’art. 15, comma 14, del decreto-legge n. 95 del 2012 (convertito in legge n. 135 del 2012), che ammetterebbe una deroga rispetto ai tetti di spesa per le prestazioni di alta specialità rese in favore dei pazienti extra regionali, o comunque obbligherebbe solo le Regioni invianti ad abbassare i costi delle altre prestazioni, in caso di superamento del tetto, ma non le Regioni riceventi che invece avrebbero il diritto di ricevere il corrispettivo per tali prestazioni da parte della Regione di residenza.

Al riguardo la Sezione ha già chiarito (con le sentenze n. 1426 del 2019 e n. 1600 del 2018) che “ per attuare tale deroga [cioè quella del secondo periodo dell’art. 15, comma 14] è quindi necessario, da una parte, a livello regionale, attuare una riduzione percentuale delle prestazioni di non alta complessità rese dalle strutture private accreditate toscane a favore dei cittadini non residenti in Toscana, in proporzione alla produzione di non alta complessità realizzata da ciascuna di esse, dall’altra, un coordinamento con le altre Regioni tenute alla copertura della spesa extraregionale (diversamente la Regione che eroga la prestazione in favore di cittadini residenti in altro territorio finirebbe per remunerarla con le proprie finanze). E’ dunque evidente che tale meccanismo di compensazione, che consentirebbe una certa flessibilità per le prestazioni extraregionali ad alta complessità, affinchè sia garantito l'equilibrio economico complessivo del servizio sanitario regionale deve operare sia livello regionale che a livello extraregionale ”. In mancanza dell’utilizzo di questo meccanismo la deroga è non operativa.

8 – Risulta del pari infondata la doglianza di parte ricorrente riferita alla delibera laddove colpisce le prestazioni a favore degli extraregione, che sarebbero coperte dalle regioni di provenienza dei pazienti.

Come osservato dalla Sezione con la sentenza del 25 ottobre 2019, n. 1426, elemento fondamentale e decisivo è costituito dalla rilevanza, anche in ottica costituzionale, della disciplina statale sulla riduzione delle spese per acquisto di prestazioni sanitarie da soggetti privati accreditati, di cui all’art. 15, comma 14, del decreto-legge n. 95 del 2012 (convertito in legge n. 135 del 2012), come modificato dalla legge n. 208 del 2015. La Corte costituzionale, nella sentenza n. 238 del 2018, ha chiarito, anche richiamando propri precedenti, che «[l]’art. 15, comma 14, del d.l. n. 95 del 2012 fissa un generale obiettivo di riduzione della spesa relativa all’ “acquisto di prestazioni sanitarie da soggetti privati accreditati per l’assistenza specialistica ambulatoriale e per l’assistenza ospedaliera” [...]. Tale disposizione, dunque, può considerarsi espressione di un principio fondamentale in materia di “coordinamento della finanza pubblica”, poiché riguarda “non già una minuta voce di dettaglio, ma un importante aggregato della spesa di parte corrente” (ex plurimis, sentenze n. 218 e n. 153 del 2015, n. 289 del 2013, n. 69 del 2011) e lascia “ciascuna Regione [...] libera di darvi attuazione [...] in modo graduato e differenziato, purché il risultato complessivo sia pari a quello indicato nella legge statale ”» (sentenza n. 183 del 2016). In tal contesto la Corte, nella richiamata sentenza n. 238, ha evidenziato la illegittimità delle previsioni della Regione Basilicata, che aveva escluso i DRG di alta complessità dal computo per il raggiungimento dei tetti di spesa, senza misure alternative di compensazione;
ciò per violazione “ dell’art. 117, terzo comma, Cost., per aver previsto la non computabilità di alcune prestazioni ai fini del raggiungimento dei tetti di spesa, senza garantire il rispetto degli obiettivi di riduzione della spesa sanitaria, nonché dell’art. 81, terzo comma, Cost., per mancata copertura finanziaria ”. D’altra parte la disciplina di cui all’art. 15, comma 14, cit. non esclude le prestazioni a favore dei cittadini extraregionali dai limiti di spesa imposti;
il primo periodo del suddetto comma non contiene alcuna limitazione in tal senso;
il secondo periodo, d’altra parte, consente deroghe per le prestazioni di alta specializzazione a favore di extraregionali, ma condizionate dal terzo periodo alla previsione, da parte della Regione che dovesse prevedere la deroga, da misure compensative che assicurino “ il rispetto degli obiettivi di riduzione di cui al primo periodo ”. Si aggiunga che la comprensione anche delle prestazioni extraregionali nei tetti di spesa trova la sua giustificazione nel fatto che, contrariamente a quanto avveniva in passato, non è più assicurata la copertura integrale delle prestazioni stesse da parte delle Regioni di provenienza dei pazienti (la Regione Toscana ha a tal fine prodotto l'Accordo dei Presidenti delle Regioni per la regolazione dei flussi finanziari dei pazienti da mobilità interregionale, del 29/09/2016 e l'Intesa per il riparto tra le Regioni del fondo per il servizio sanitario nazionale del 15/02/2018). Infine, deve essere evidenziato come l’applicazione dei limiti di spesa in argomento tanto ai pazienti residenti quanto a quelli non residenti è stata posta a base dell’intervento della Corte dei Conti, Sezione Regionale di Controllo per la Toscana, in sede di controllo del bilancio della USL Toscana sud est (deliberazione n. 14/2018/PRSS).

Ne deriva dunque, come correttamente osservato dalla difesa della AUSL, che qualsiasi tipologia di spesa attinente al convenzionamento rientra nei tetti di spesa, senza esclusione né di tipologia (alta complessità o meno) né di provenienza dei pazienti. Ed inoltre che non possa essere rimessa alle singole strutture la libera determinazione della spesa a favore delle prestazioni per pazienti extraregionali, spettando invece alla Regione, nell’ambito di un’attività eminentemente discrezionale, stabilire a livello generale il giusto equilibrio fra le voci di spesa in modo da evitare uno sbilanciamento in favore dell’alta specialità extraregionale e di garantire a tutti i cittadini, residenti o meno, parità di accesso ai servizi offerti dalle strutture convenzionate. Spetterà poi a ciascuna ASL, in sede di contrattazione con ciascuna struttura privata, determinare, in base alle necessità emergenti nella situazione specifica e nell’ambito del tetto massimo stabilito per ciascuna struttura, la combinazione ottimale di prestazioni richiedibili.

Sulla base di quanto finora osservato devono quindi essere respinte anche le censure di eccesso di potere per irragionevolezza e disparità di trattamento, non apparendo, d’altro canto né illogico, né irrazionale, il metodo di calcolo proporzionale a scaglioni utilizzato dalla Regione al fine di ridurre le prestazioni extra-regionali.

9 – Il Collegio ritiene infondata anche la censura riferita all’asserito mancato coinvolgimento degli operatori privati nell'attività regionale di determinazione dei criteri di abbattimento della spesa sanitaria, venendo qui in rilievo atti di programmazione che introducono misure di razionalizzazione del sistema sanitario a livello regionale, e dunque provvedimenti sottratti all'obbligo di comunicazione di avvio del procedimento, ai sensi dell'art. 13, comma 1, L. n. 241 del 1990, in quanto rientranti nell'ampio genus degli atti di pianificazione e di programmazione.

10 - Parte ricorrente censura quindi la deliberazione regionale n. 1220 del 2018 in quanto assunta in violazione del principio di affidamento, in base al quale le stesse confidavano sulla stabilità delle regole di cui alla precedente delibera regionale n. 343 del 2017.

La censura è infondata.

In via preliminare è da osservare che la deliberazione stessa afferma, nelle sue premesse, di “ applicare il nuovo modello di gestione dei rapporti con il privato convenzionato a partire dal 1 gennaio 2019, modello che, a partire da tale data andrà a sostituire quello previsto dalla DGR 343/2017 ”. D’altra parte la stessa DGR 343 del 2017, sulla quale le ricorrenti fondano il proprio affidamento, già contemplava la possibile individuazione di “ eventuali criticità ”, cui si prevedeva di far fronte con “ conseguenti azioni correttive necessarie a garantire il rispetto del complessivo equilibrio del SSR ”. La innovativa disciplina regionale, di cui alla deliberazione impugnata, risulta poi adeguatamente motivata dalla Regione Toscana, con specifico coinvolgimento anche delle prestazioni rese ai degenti extra regionali, con richiamo, in primo luogo, alla deliberazione della Corte dei Conti, Sezione regionale di controllo per la Toscana n. 14/2018/PRSS, secondo cui i limiti di spesa in esame “ devono essere riferiti complessivamente all’attività erogata sia a pazienti residenti sia a pazienti non residenti nel territorio regionale ”, affermazione che appare giuridicamente corretta e della quale la Regione non avrebbe potuto non tener conto. Secondo importante profilo motivazionale è quello poi relativo alla circostanza che “ negli anni passati le prestazioni di alta complessità erogate a pazienti extraregionali erano comunque sempre integralmente remunerate da parte delle regioni invianti, mentre i più recenti accordi interregionali hanno previsto abbattimenti forfettari dei saldi connessi alla mobilità ”, circostanza della quale “ si rende necessario tenere conto nella revisione degli accordi con il privato a tutela dell’equilibrio economico complessivo del sistema sanitario regionale ”.

Sotto questo profilo la censura è dunque infondata.

11 – Parte ricorrente si duole altresì, sempre in chiave di violazione dell’affidamento, della previsione della delibera gravata laddove è previsto che “ il riconoscimento degli importi dovuti per prestazioni erogate a pazienti extraregionali debba essere considerato comunque quale acconto e sottoposto pertanto a conguaglio in ragione dell’effettiva copertura della mobilità interregionale ”, e che ove la Regione dovesse subire abbattimenti sulla mobilità extraregionale 2018, “ l’eventuale mancato riconoscimento in sede interregionale, nella quota parte correlata a quanto erogato successivamente alla data di pubblicazione del presente atto, sarà riaddebitato agli erogatori in proporzione all’attività extraregionale relativa a tale periodo ”.

Per tale parte il ricorso deve essere accolto sulla scorta di quanto già stabilito da questo Tribunale, con la sentenza del 25 ottobre 2019, n. 1426, nell’accogliere analoga censura formulata nel ricorso n. 154/2019.

In particolare, questa Sezione ha evidenziato l’illogicità e l’irragionevolezza della suddetta previsione, il cui effetto è quello di addossare all’operatore economico, pur attento a muoversi nell’ambito delle limitazioni vigenti, il costo delle prestazioni erogate, in ragione di fatti a lui completamente estranei e sui quali non ha possibilità alcuna di influire, cioè il mancato riconoscimento dei compensi nei rapporti tra le Regioni. Tale previsione viola dunque il necessario rispetto della certezza dei rapporti giuridici e la tutela del legittimo affidamento nelle relazioni tra pubbliche autorità e operatori privati.

Per tali ragioni tale illegittima previsione deve essere annullata.

12 - Infine la ricorrente si duole del fatto che la fissazione dei tetti di spesa sia avvenuta senza adeguata istruttoria e motivazione.

Nella delibera impugnata si afferma che la Regione Toscana ha deciso “ al fine della ridefinizione dei tetti massimi consentiti a livello di singolo erogatore, di agire secondo due direttrici: - inappropriatezza: in ragione della quale determinare un abbattimento del 50% del valore dei ricoveri medici potenzialmente inappropriati erogati nel 2017;
- potenziale dispersione di risorse verso altre regioni: in ragion della quale determinare un abbattimento del 5%, del 10% o del 20% del valore della casistica di ricoveri extraregione 2017, in ragione della proporzione dei ricoveri extraregionali gestiti (fino al 40%, dal 40% all’85%, oltre l’85%)
”. La Sezione, con l’ordinanza resa all’esito dell’udienza del 9 maggio 2019, ha disposto, sul punto, istruttoria, che è stata adempiuta dalla Regione Toscana con il deposito del 3 luglio 2019.

12.1 - Partendo dal taglio dei ricoveri extraregionali, il criterio previsto nella delibera risulta chiaro e negli atti di adempimento della richiesta istruttoria della Sezione la Regione Toscana ha evidenziato di aver fatto applicazione di quel criterio. D’altra parte la critica di parte ricorrente, volta a sostenere la illegittimità dei tagli in quanto applicati ai ricoveri extraregionali, soprattutto in quanto di alta specializzazione, non è fondata, come risulta già dalla considerazioni svolte in precedenza, ove si è evidenziato che la normativa statale di spending review legittima tagli anche a questa tipologia di prestazioni, né la posizione soggettiva delle ricorrenti le pone al riparo dagli stessi (v. sentenza della Sezione cit. n. 1426/2019).

12.2 - Più complesso è il taglio dei ricoveri potenzialmente inappropriati.

La delibera si limita a parlare di abbattimento del 50% dei ricoveri potenzialmente inappropriati, senza fornire indicazione di come gli stessi siano individuabili. In esito alla svolta istruttoria la Regione Toscana ha chiarito che è stato effettuato un “ abbattimento del 50% dell’attività dei ricoveri con DRG Medici inappropriati, come da Allegato B Patto Salute 2010-2012 e riconfermato nell’allegato 6A <DRG ad alto rischio di non appropriatezza in regime di degenza ordinaria>
del DPCM del 12 gennaio 2017 che definisce i nuovi LEA
”. Il richiamato allegato 6A è previsto dall’art. 39 del

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