TAR Venezia, sez. III, sentenza 2014-01-16, n. 201400035
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N. 00035/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01755/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1755 del 2012, proposto da:
Azienda Territoriale Edilizia Residenziale della Provincia di Padova, rappresentata e difesa dall'avv. A C, con domicilio presso la Segreteria del T.A.R. ai sensi dell’art. 25 cod. proc. amm.;
contro
Comune di Conselve, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. A A, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. R F in Mestre, corso del Popolo, 89;
Ministero dell'Economia e delle Finanze, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata in Venezia, San Marco, 63;
per l'annullamento
della deliberazione del Consiglio Comunale di Conselve n. 45/2012 assunta nella seduta del 30/7/2012 avente ad oggetto l'approvazione del Bilancio di previsione 2012 (non avendo la P.A. intimata deliberato in merito alle aliquote IMU essa ha puramente e semplicemente confermato le aliquote di base statali), comunicata dal Comune di Conselve all'A.T.E.R. della provincia di Padova con e- mail, a firma dell'istruttore dell'Ufficio tributi, pervenuta al protocollo dell'Ente pubblico ricorrente in data 13/11/2012 (data di piena ed effettiva conoscenza). In allegato a detta e-mail vi è l'informativa IMU Comunale dalla quale si desume l'aliquota applicata agli immobili in proprietà degli ex IACP;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Conselve e del Ministero dell'Economia e delle Finanze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2013 il dott. Stefano Mielli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in epigrafe l’Azienda territoriale per l’edilizia residenziale della provincia di Padova impugna la deliberazione consiliare del Comune di Conselve n. 45 del 30 luglio 2012, con la quale è stato approvato il bilancio di previsione 2012 confermando la misura delle aliquote base per l’anno 2012 dell’imposta municipale propria (IMU), prevista dalla disciplina statale, fissando quindi nello 0,76% l’aliquota applicabile agli alloggi assegnati dall’Ater.
Come è noto l’art. 13 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha previsto che sia riservato allo Stato metà dell’importo calcolato applicando l’aliquota base alla base imponibile degli immobili, mentre, a seguito della modifica apportata dall’art. 4, comma 5, del decreto legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito in legge 26 aprile 2012, n. 44, è stato previsto che per gli alloggi degli Iacp o degli altri enti pubblici destinati all’edilizia residenziale pubblica non si applichi la predetta riserva allo Stato della quota di imposta.
Il Comune nell’interpretare la disposizione da ultimo citata, ritiene che la mancata applicazione della riserva in favore dello Stato implichi la destinazione al Comune di tutto il gettito del tributo, anche della parte ordinariamente devoluta allo Stato.
L’Ater impugna la sopra menzionata deliberazione consiliare lamentando la violazione ed erronea applicazione dell’art. 13 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214, come modificato dall’art. 4, comma 5, del decreto legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito in legge 26 aprile 2012, n. 44, il difetto di presupposto impositivo e la disparità di trattamento, nonché, in via subordinata, per violazione delle medesime norme in quanto deve ritenersi in ogni caso inammissibile l’applicazione dell’aliquota dello 0,76%.
In particolare l’Ater parte dal diverso presupposto interpretativo secondo il quale la rinuncia della quota riservata ordinariamente allo Stato non ha il significato di attribuire tutto il gettito al Comune secondo le aliquote ordinarie, ma deve essere interpretata come riduzione dallo 0,76% allo 0,38% dell’aliquota massima applicabile nei suoi confronti, in quanto l’art. 4, comma 5, del decreto legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito in legge 26 aprile 2012, n. 44, ha introdotto una disposizione di favore a beneficio degli istituti delle case popolari e degli altri enti gestori degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, in ragione delle finalità istituzionali di carattere sociale perseguite, e sarebbe quindi incongrua una diversa opzione interpretativa che avrebbe l’effetto di far introitare al Comune dagli istituti delle case popolari e dagli altri enti gestori degli alloggi di edilizia residenziale pubblica aliquote maggiori di quelle previste per gli immobili locati a titolo di abitazione principale (per quali vi è un’aliquota complessiva del 7,6 per mille, di cui solo il 3,8 per mille spetta al Comune).
Si è costituito in giudizio il Comune eccependo la tardività del ricorso e concludendo per la sua reiezione.
Si è costituito altresì in giudizio il Ministero dell’Economia e delle Finanze condividendo le argomentazioni del Comune.
Alla pubblica udienza del 17 dicembre 2013, la causa è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso, come eccepito dal Comune, è irricevibile per tardività, in quanto la deliberazione impugnata è stata adottata il 30 luglio 2012 mentre il ricorso è stato notificato il 30 novembre 2012, e la tesi del Comune secondo la quale il termine per l’impugnazione decorre solo dall’effettiva conoscenza che la parte ricorrente ha avuto della deliberazione, a seguito dell’e – mail inviatale il 13 novembre 2012, non è condivisibile.
Infatti la deliberazione impugnata ha una valenza immediatamente lesiva nei confronti della parte ricorrente in quanto da essa discende la concreta definizione dell'obbligazione tributaria, ed è da escludere che sia richiesta la notifica individuale, in quanto si tratta di un atto generale con destinatari indeterminati, con la conseguenza che il termine per la sua impugnazione decorre dalla scadenza del termine di pubblicazione (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 13 giugno 2008 , n. 2971;id. 17 marzo 2003, n. 1379;id. 12 febbraio 2003, n. 751;id. 2 aprile 2001, n. 1890;Tar Lazio, Roma, Sez. II, 10 novembre 2008, n. 9981).
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato irricevibile.
Per completezza va soggiunto che nel merito il ricorso è anche infondato.
Il Collegio sul punto ritiene sufficiente richiamarsi alle condivisibili argomentazioni utilizzate nelle pronunce che già hanno respinto analoghe censure.
In particolare, come è stato osservato, va in primo luogo sottolineato che non è ravvisabile alcuna incostituzionalità della norma interpretata nel senso prospettato dal Comune, né alcuna incongrua disparità di trattamento rispetto agli immobili locati da altri soggetti, atteso che (cfr. Corte Costituzionale ord. 4 luglio 2011 n. 214;id. 19 maggio 2011, n. 172;id. 12 aprile 1996 n. 113;id. 7 ottobre 1993 n. 370) la posizione degli enti gestori del patrimonio residenziale pubblico, in quanto persone giuridiche soggetti passivi dell’imposta patrimoniale, è del tutto eterogenea rispetto a quella non solo degli assegnatari degli alloggi, ma anche delle persone fisiche soggetti passivi del tributo titolari di diritti reali su unità immobiliari da loro direttamente adibite al soddisfacimento del bisogno primario abitativo proprio e della propria famiglia, con la conseguenza che una disciplina differenziata di tali ipotesi non è irragionevole e rientra nella discrezionalità del legislatore (cfr. Tar Lombardia, Brescia, Sez. I, 7 novembre 2013, n. 945;Tar Liguria, Sez. II, 22 maggio 2013, n. 992).
Peraltro va anche evidenziato che, ai fini della valutazione della logicità del diverso trattamento riservato agli immobili locati rispetto a quelli assegnati dall’Ater, non va preso in esame l’effettivo introito che deriva alle casse comunali, ma la misura dell’aliquota applicata per gli immobili in questione che nel caso all’esame (7,6 per mille) è uguale rispetto a quella prevista per gli immobili locati.
In secondo luogo, come condivisibilmente affermato dalla sentenza Tar Abruzzo, Pescara, 13 agosto 2013, n. 434, va rilevato che, in base ad argomenti interpretativi che partono dal dato letterale della norma e dal suo inquadramento sistematico, poiché il legislatore si è limitato a prevedere la non applicazione della quota di imposta riservata a proprio favore senza disporre che essa non sia dovuta (come invece il legislatore ha fatto in altri casi: cfr. l’art. 13, cit., che al comma 11 ha disposto che non è dovuta la quota di imposta dovuta allo Stato per gli immobili dei Comuni nei propri territori, ovvero laddove ha espressamente ridotto l’aliquota base, come nel caso dell’abitazione principale e per i fabbricati rurali ad uso strumentale in agricoltura), secondo il principio ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit, risulta corretta l’interpretazione del Comune, con la conseguenza che tale previsione risulta introdotta dal legislatore al solo fine di favorire in via indiretta la fissazione da parte dei Comuni di un’aliquota meno onerosa nei confronti degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, tenendo tuttavia conto delle esigenze di bilancio dei Comuni, senza quindi ridurre in modo inderogabile allo 0,38% l’aliquota massima applicabile nei loro confronti, e destinando ai Comuni tutto il gettito del tributo, anche nella parte ordinariamente devoluta allo Stato.
Risultano pertanto condivisibili le conclusioni enunciate dal M.E.F. che ha avuto modo di chiarire con la nota 15 giugno 2012, n. 12507, rispondendo a specifico quesito formulato al riguardo che “dalla lettura sistematica delle norme in questione emerge che il legislatore, attraverso la previsione della rinuncia da parte dello Stato alla propria quota IMU, ha inteso destinare al Comune tutto il gettito del tributo, non più decurtato della quota statale, e non ridurre dallo 0,76 per mille allo 0,38 l’aliquota base applicabile agli immobili in questione”.
In tale contesto appare pertanto privo di rilievo l’ordine del giorno n. G/3570/4/1e5 invocato dalla parte ricorrente, con il quale il Senato ha invitato il Governo ad interpretare “con appositi atti di natura secondaria la normativa in questione nel senso che la rinuncia era stata effettuata a favore degli enti di edilizia residenziale pubblica”, in quanto tale richiesta non ha avuto alcun seguito e non sono stati mai assunti i richiesti atti di natura secondaria.
Per completezza va anche osservato che la riserva d’imposta a favore dello Stato il cui significato è oggetto di contestazione nella presente controversia aveva carattere provvisorio ed oggi ha perso rilievo in ragione delle modifiche normative sopravvenute (con l’art. 1, comma 380, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 è stata infatti soppressa la quota d’imposta riservata allo Stato e con l’art. 1 del decreto legge 21 maggio 2013, n. 54, convertito in legge 18 luglio 2013, n. 85, è stato sospeso il pagamento della prima rata dell’imposta in questione relativamente alla abitazione principale ed agli alloggi regolarmente assegnati degli IACP e degli enti di edilizia residenziale pubblica comunque denominati).
In definitiva il ricorso deve essere dichiarato irricevibile per tardività.
La novità delle questioni trattate e la circostanza che la controversia coinvolge enti pubblici, inducono il Collegio a disporre l’integrale compensazione delle spese tra le parti del giudizio.