TAR Bari, sez. I, sentenza 2018-11-22, n. 201801497
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Pubblicato il 22/11/2018
N. 01497/2018 REG.PROV.COLL.
N. 01260/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO I
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1260 del 2012, proposto da
Società Ecolevante S.p.A., rappresentata e difesa dagli avvocati B A P, C C, con domicilio eletto presso lo studio della prima in Bari, Via Dalmazia, 161
contro
Regione Puglia, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato T T C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
della determinazione del dirigente dell’area politiche per la riqualificazione, la tutela e la sicurezza ambientale della Regione Puglia n. 28 del 4.5.2012, avente ad oggetto il “ saldo tariffa AIA ” relativo alle spese istruttorie per le procedure di autorizzazione integrata ambientale, quantificate in €. 92.050,00 al netto dei versamenti effettuati dalla ricorrente, nonché della deliberazione di Giunta regionale n. 1113 del 19.5.2011, recante le “ modalità di quantificazione delle tariffe da versare per le istanze assoggettate a procedura di Autorizzazione Integrata Ambientale regionale e provinciale ai sensi del D.lgs. 18 febbraio 2005, n. 59 e del D.lgs. 152/06 e s.m.i. Integrazione della DGR 1388 del 19 settembre 2006 ”.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Puglia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 novembre 2018 il dott. Angelo Fanizza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso ritualmente proposto la società Ecolevante S.p.A. ha impugnato, chiedendone l’annullamento, la determinazione del dirigente dell’area politiche per la riqualificazione, la tutela e la sicurezza ambientale della Regione Puglia n. 28 del 4.5.2012, avente ad oggetto il “ saldo tariffa AIA ” relativo alle spese istruttorie per le procedure di autorizzazione integrata ambientale, quantificate in €. 92.050,00 al netto dei versamenti effettuati dalla ricorrente, nonché la deliberazione di Giunta regionale n. 1113 del 19.5.2011, recante le “ modalità di quantificazione delle tariffe da versare per le istanze assoggettate a procedura di Autorizzazione Integrata Ambientale regionale e provinciale ai sensi del D.lgs. 18 febbraio 2005, n. 59 e del D.lgs. 152/06 e s.m.i. Integrazione della DGR 1388 del 19 settembre 2006 ”.
La ricorrente ha premesso di gestire la discarica di Grottaglie (località Torre Caprarica) e di aver presentato alla Regione Puglia, in data 28.02.2007, due istanze per il rilascio dell’AIA, la prima – relativa ai lotti I e II – assentita con determinazione dirigenziale n. 260 del 30.4.2008 e la seconda – relativa al lotto III – assentita con determinazione dirigenziale n. 426 del 3.7.2008.
Ha soggiunto di aver chiesto, in data 2.4.2009, una deroga ai limiti di accettabilità ai sensi dell’art. 7, comma 2 e dell’art. 10 del DM 3 agosto 2005, finalizzata ad ottenere l’iscrizione (e quindi l’ammissione) alla sottocategoria prevista dall’art. 7, comma 1, lett. c) del sopra citato decreto (rifiuti misti non pericolosi con elevato contenuto sia di rifiuti organici o biodegradabili che di rifiuti inorganici, con recupero di biogas).
Tale deroga è stata rilasciata, dapprima, in via provvisoria per un massimo di sei mesi con determinazione dirigenziale n. 393 dell’1.7.2009 e – dopo che è stata disposta una rettifica per il monitoraggio sulle emissioni diffuse (determinazione dirigenziale n. 481 del 15.9.2009) e dopo, inoltre, la proposizione di una formale istanza di autorizzazione in data 15.1.2010, sempre per la sottocategoria in questione – in via definitiva con determinazione dirigenziale n. 381 del 26.7.2010.
A fondamento del ricorso sono stati dedotti i seguenti motivi:
1°) violazione dell’art. 18, comma 2 del d.lgs. 59/2004;dell’art. 33, comma 3 bis del d.lgs. 152/2006;del DM 24 aprile 2008;dell’art. 117 della Costituzione;incompetenza a provvedere della Regione Puglia;eccesso di potere per difetto d’istruttoria e di motivazione, travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, sviamento.
Ad avviso della ricorrente le modalità di quantificazione delle tariffe da versare per le istanze assoggettate a procedura di AIA, regolate dal d.lgs. 59/2005, recepito, quest’ultimo, dal d.lgs. 152/2006, esulerebbero dall’ambito dei poteri e delle competenze riconosciute alle regioni sia dalla Costituzione (art. 117, comma 2, lett. s) che dal legislatore nazionale;con la conseguenza che le deliberazioni di Giunta regionale n. 1388 del 19 settembre 2006 (che ha dato attuazione al d.lgs. 59/2005 ed alla Direttiva 96/61/CE sulla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento) e n. 1113 del 19 maggio 2011 (atto presupposto dell’impugnata determinazione dirigenziale, con cui sono state quantificate le tariffe) sarebbero illegittime per vizio di incompetenza (cfr. pag. 6).
Di contro, la competenza in questione sarebbe da devolvere in via esclusiva allo Stato e non sarebbe bastevole, per la competenza regionale, il rinvio all’art. 9, comma 4, del DM 24 aprile 2008 (di cui vi è menzione nella deliberazione di Giunta Regionale n. 1113/2011), dal momento che l’adeguamento e l’integrazione tariffaria prevista da tale regolamento presupporrebbero l’individuazione di “ specifiche realtà territoriali ” (cfr. pag. 8) e non sarebbero direttamente applicabili agli impianti sottoposti ad AIA, rendendosi, a tal fine, necessaria l’emanazione di un ulteriore decreto di aggiornamento delle tariffe da parte del Ministero dell’Ambiente.
2°) Violazione dell’art. 33 del d.lgs. 152/2006 e del DM 24 aprile 2008;eccesso di potere per violazione del principio tempus regit actum e di retroattività degli atti amministrativi, travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, sviamento e ingiustizia manifesta.
Con tale censura la ricorrente ha evidenziato che tutti i procedimenti di autorizzazione si sarebbero conclusi prima dell’adozione della deliberazione n. 1113/2011, richiamando il principio secondo cui il momento decisivo per la determinazione del contributo tariffario sarebbe da individuare nel rilascio del titolo.
3°) Violazione del DM 24 aprile 2008, degli artt. 1 e 3 della legge 241/1990, dell’art. 97 della Costituzione;eccesso di potere per violazione del principio tempus regit actum e di retroattività degli atti amministrativi, travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, sviamento e ingiustizia manifesta.
In linea con il precedente motivo, la ricorrente ha rimarcato che l’autorizzazione all’ammissione a discarica di una sottocategoria di prodotti, ancorché concessa inizialmente in via provvisoria e poi in pianta stabile, avrebbe costituito il risultato di un procedimento unitario, inoltre contestando l’applicazione delle tariffe previste dal DM 24 aprile 2008 in quanto il sopra citato titolo autorizzatorio – che non avrebbe neppure determinato una modifica sostanziale dell’impianto – non sarebbe equiparabile alle autorizzazioni integrate ambientali ottenute in via pregressa.
4°) Sotto altro profilo, violazione del DM 24 aprile 2008, degli artt. 1 e 3 della legge 241/1990, dell’art. 97 della Costituzione;eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, sviamento e ingiustizia manifesta.
La ricorrente ha, infine, dedotto l’illegittimità, per erroneità, della quantificazione del richiesto esborso tariffario, lamentando che la Regione Puglia avrebbe applicato degli indicatori che non troverebbero riscontro negli atti autorizzativi rilasciati (cfr. pag. 17), perciò contestando – sia per i lotti I e II, sia per il lotto III – il numero di fonti di emissione e l’individuazione di “inquinanti significativi”.
Si è costituita in giudizio la Regione Puglia (12.6.2018).
In vista della discussione del ricorso nel merito, fissata (dopo un’iniziale previsione per il 4 luglio 2018) al 7 novembre 2018, le parti hanno depositato le rispettive memorie e repliche.
In particolare, la Regione Puglia, nella memoria del 6.10.2018, ha opposto che il DM 24 aprile 2008 ha riconosciuto, all’art. 9, il potere delle Regioni di adeguare e integrare le tariffe, a conferma che tali Amministrazioni sarebbero delegatarie di funzioni statali, ciò emergendo dalla previsione secondo cui nelle more dell’adozione del decreto sull’aggiornamento tariffario sarebbe stata, comunque, prescritta l’erogazione degli oneri istruttori;in ordine, invece, alla violazione del principio tempus regit actum ha eccepito che al momento del versamento delle spese istruttorie da parte della ricorrente, avvenuto nel 2007 (dunque contestualmente alla presentazione delle istanze AIA), non sarebbe stato neppure emanato il DM 24 aprile 2008 e che, perciò, le somme versate “ sono state determinate sulla base della previgente DGR n. 1388/2006 ” (cfr. pag. 5).
Nelle memorie di replica le parti non hanno aggiunto elementi di sostanziale novità alle argomentazioni sviluppate nei precedenti scritti, salvo ribadire le distinte posizioni in ordine all’accertamento tecnico posto a base della determinazione del versamento tariffario.
All’udienza pubblica del 7 novembre 2018 la causa è stata trattenuta per la decisione.
Il ricorso è parzialmente fondato, nei limiti di seguito precisati.
Non coglie nel segno il primo motivo, con cui è stata dedotta l’incompetenza della Regione Puglia a determinare le tariffe da applicare ai fini della commisurazione delle spese istruttorie delle procedure attivate dalla ricorrente.
L’art. 18, comma 2 del d.lgs. 59/2005 (“ Attuazione integrale della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento ”) ha previsto che “ con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive e con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono disciplinate le modalità, anche contabili, e le tariffe da applicare in relazione alle istruttorie e ai controlli previsti dal presente decreto ”.
A tale normativa ha fatto seguito l’entrata in vigore del d.lgs. 152/2006 (norme in materia ambientale), che al comma 1 dell’art. 33 (oneri istruttori) ha rimesso ad un decreto del Ministero dell’ambiente, di concerto con altri ministeri (sviluppo economico;economia e finanze) la definizione delle “ tariffe da applicare ai proponenti per la copertura dei costi sopportati dall'autorità competente per l'organizzazione e lo svolgimento delle attività istruttorie, di monitoraggio e controllo previste dal presente decreto ” (formulazione applicabile al momento del rilascio dei titoli e rimasta sostanzialmente immutata anche in seguito);mentre, al comma 2, ha previsto che “ per le finalità di cui al comma 1, le regioni (…) possono definire proprie modalità di quantificazione e corresponsione degli oneri da porre in capo ai proponenti ”, soggiungendosi, al comma 3, che “ nelle more dei provvedimenti di cui ai commi 1 e 2, si continuano ad applicare le norme vigenti in materia ”.
Il comma 3 bis (per effetto del quale sarebbero state rimesse ad un apposito decreto ministeriale le “ modalità, anche contabili, e le tariffe da applicare in relazione alle istruttorie ”) e il comma 3 ter (in cui si è previsto che “ nelle more del decreto di cui al comma 3-bis, resta fermo quanto stabilito dal decreto 24 aprile 2008 ”) del sopra citato art. 33, evocati dalla ricorrente, sono stati, invece, introdotti dall’art. 2, comma 28 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128.
Si tratta, dunque, di una normativa successiva ai provvedimenti con cui sono state rilasciate le due autorizzazioni AIA (determinazioni dirigenziali n. 260 del 30.4.2008 e n. 426 del 3.7.2008) e l’autorizzazione provvisoria alla deroga (determinazione dirigenziale n. 393 dell’1.7.2009, rettificata per il monitoraggio sulle emissioni diffuse con determinazione dirigenziale n. 481 del 15.9.2009), salva, soltanto, la determinazione dirigenziale n. 381 del 26.7.2010, con cui è stata accolta l’istanza della ricorrente, per la medesima sottocategoria, proposta in data 15.1.2010.
E inoltre, sempre in attuazione del comma 3 bis dell’art. 33 del d.lgs. 152/2006 è stato emanato il DM 6 marzo 2017, n. 59, ossia il nuovo “ regolamento recante le modalità, anche contabili, e le tariffe da applicare in relazione alle istruttorie ”.
Deve, pertanto, concludersi che la sopravvenuta disciplina, posta dalla ricorrente a fondamento delle doglianze di cui al primo e secondo motivo, non è applicabile ai procedimenti controversi, e ciò tanto più nell’ipotesi in cui si volesse condividere l’assunto secondo cui le tariffe da applicare sarebbero quelle vigenti al momento del rilascio dei titoli (cfr. pagg. 11 – 12 del ricorso).
Di converso, va riaffermata la competenza della Regione Puglia ai sensi dell’art. 33, comma 2 del d.lgs. 152/2006, applicabile ratione temporis ai fatti di causa.
Alla luce dell’esistenza di una base di diritto positivo per l’esercizio del potere regolamentare delle regioni, va respinto anche il secondo motivo di ricorso, con cui si è prospettato che tutti i procedimenti autorizzatori si sarebbero conclusi prima dell’adozione della deliberazione n. 1113/2011, ma non tenendosi conto, da parte della ricorrente, che l’Amministrazione ha fondato la quantificazione degli oneri istruttori su un diverso e risalente provvedimento di carattere generale.
Si tratta, in particolare, della deliberazione di Giunta regionale n. 1388 del 19 settembre 2006 (espressamente richiamata nella determinazione dirigenziale n. 28 del 4.5.2012), con cui si è stabilito, nell’ambito di una semplificazione delle procedure AIA, che “ nelle more dello specifico decreto ministeriale ” i soggetti interessati al rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale avrebbero dovuto versare, “ contestualmente alla presentazione ” della relativa domanda, un acconto per le spese di istruttoria (quest’ultimo disciplinato dall’allegato 4 alla deliberazione regionale e differenziato in base alle dimensioni dell’impresa richiedente), per il resto disponendosi “ il rinvio del pagamento del saldo, se dovuto, alla determinazione delle tariffe da parte dello Stato ”.
Le prerogative regionali sono state, a stretto giro, ribadite a seguito dell’entrata in vigore della legge regionale 17/2007 (“ disposizioni in campo ambientale, anche in relazione al decentramento delle funzioni amministrative in materia ambientale ”), la quale ha previsto, all’art. 9, comma 1, che “ le spese istruttorie per il rilascio delle autorizzazioni in campo ambientale di cui agli articoli 2, 6, 7 e 8 sono poste a carico dei soggetti proponenti, sulla base di tariffe definite con regolamento regionale e aggiornate con cadenza quinquennale ”.
Sul fronte generale è stato, poi, emanato il DM 24 aprile 2008 (c.d. decreto tariffe), attuativo della previsione di cui all’art. 18, comma 2 del d.lgs. 59/2009, in cui si è previsto all’art. 9 (rubricato “ clausola di salvaguardia ”) che “ nel rispetto dei principi del presente decreto, in considerazione delle specifiche realtà rilevate nel proprio territorio, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano possono adeguare e integrare le tariffe di cui al presente decreto da applicare per la conduzione delle istruttorie di loro competenza e dei relativi controlli di cui all'articolo 7 comma 6 del D.Lgs. 59/05 ” (comma 4).
Tale norma ha operato un rinvio c.d. mobile – di carattere dinamico – alla regolamentazione regionale, cioè ad una fonte del diritto diversa da quella statale, palesandosi, in tale scelta, la volontà del legislatore di articolare una disciplina funzionale all’esercizio della competenza di cui le regioni dispongono sia per autorizzare determinate tipologie di impianti che sorgano nel loro territorio, sia per svolgere, in seconda battura, un controllo costante mediante l’analisi ed il monitoraggio sulle emissioni prodotte dagli insediamenti produttivi.
Rientrando, tali prerogative, nel novero delle funzioni delle predette Amministrazioni, è stato conseguenziale riconoscere un ambito di intervento anche in tema di adeguamento tariffario, in linea di continuità con la legislazione previgente, la cui pienezza non può essere messa in dubbio per il sol fatto che, al successivo comma 5, sia previsto l’obbligo delle regioni di comunicare al Ministero dell’ambiente le risultanze della propria attività determinativa.
Non è, dunque, persuasiva la tesi della ricorrente secondo cui il rinvio previsto dall’art. 9, comma 4 del DM 24 aprile 2008 evidenzierebbe un carattere “ stereotipato ” (cfr. pag. 8 del ricorso).
Al contrario, il Collegio registra – quale indiretto elemento di conferma – che la pregnanza del rinvio mobile è rimasta inalterata pure nell’attuale regolamento (art. 5, comma 3 del DM 58/2017 : “ in caso di istanze presentate prima dell'entrata in vigore del presente decreto resta ferma l'applicazione dell'articolo 33, comma 3-ter, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, anche in relazione alla determinazione dell'importo tariffario con riferimento al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 24 aprile 2008 e, negli ambiti di rispettiva applicazione, anche ai provvedimenti regionali emanati ai sensi dell'articolo 9, comma 4, di tale decreto ”).
Né, peraltro, è fondatamente sostenibile l’incompetenza delle regioni, nei perentori termini esposti dalla ricorrente sulla base di alcune pronunce della Corte Costituzionale.
Sul punto, è vero che ad avviso del Giudice delle leggi la disciplina dei rifiuti attiene alla materia “ tutela dell’ambiente e dell’ecosistema ”, riservata, in base all’art. 117, comma secondo, lettera s) della Costituzione, alla competenza esclusiva dello Stato (cfr. sentenze 25 luglio 2011, n. 244;id., 9 marzo 2012, n. 54;id. 10 aprile 2015, n. 58;id., 12 maggio 2016, n. 101;id., 24 giugno 2016, n. 154;id., 22 novembre 2016).
Ma è stata, però, la stessa giurisprudenza costituzionale ad aver negato la possibilità di identificare una “ materia ” in senso tecnico, qualificabile come “ tutela dell’ambiente ”, dal momento che “ non sembra configurabile come sfera di competenza statale rigorosamente circoscritta e delimitata, giacché, al contrario, essa investe e si intreccia inestricabilmente con altri interessi e competenze ” (cfr. sentenza 26 luglio 2002, n. 407).
L’ambiente è stato, piuttosto, qualificato alla stregua di un “ valore costituzionalmente protetto ”, dunque – se mai – una materia trasversale, “ in ordine alla quale si manifestano competenze diverse, che ben possono essere regionali, spettando allo Stato le determinazioni che rispondono ad esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull'intero territorio nazionale ” (cfr. sentenza 17 luglio 1988, n. 273;id., 7 ottobre 1999, n. 382;id., 15 febbraio 2000, n. 54;id., 18 novembre 2000, n. 507).
Come, peraltro, si evince dai lavori preparatori relativi alla lettera s) del nuovo art. 117 della Costituzione, il legislatore ha inteso riservare allo Stato il potere di fissare standards di tutela uniformi sull’intero territorio nazionale, senza peraltro escludere in questo settore la competenza regionale alla cura di interessi funzionalmente collegati a quelli propriamente ambientali.
Il che è, del resto, ciò che si è verificato per la regolamentazione della Regione Puglia con riferimento alla determinazione degli oneri istruttori, afferenti ad un profilo di dettaglio della disciplina sulle autorizzazioni integrate ambientali.
Proprio a tale specifico fine, la deliberazione di Giunta regionale n. 1113 del 19 maggio 2011 ha semplicemente integrato la precedente deliberazione n. 1388/2006, senza alcuna finalità di innovazione dell’ordinamento, essendosi stabilito:
a) di adeguare ed integrare le tariffe con espresso richiamo all’art. 9 del DM 24 aprile 2008 (della cui legittimità si è detto in precedenza);
b) di considerare pienamente applicabile – in caso di lacune della disciplina – il sopra citato DM in tutte le parti non oggetto di adeguamento ed integrazione;
c) di riportare le tariffe a dimensionamenti consistenti con il servizio effettivamente reso nei procedimenti istruttori volti al rilascio dell'AIA, sia per impianti esistenti sia per impianti nuovi.
Con il terzo motivo la ricorrente ha, poi, contestato l’imposizione di oneri per la sottocategoria di rifiuti che l’Amministrazione regionale ha ammesso a discarica nell’impianto di Grottaglie, deducendo che non si tratterebbe di una modifica sostanziale di tale infrastruttura e che, inoltre, dovendosi considerare in modo unitario l’assenso prestato provvisoriamente con quello prestato in via definitiva, non si sarebbe dovuta applicare una duplicazione dei costi istruttori, come invece sarebbe avvenuto.
Neppure tale censura può trovare accoglimento.
A prescindere dall’elencazione delle determinazioni dirigenziali che hanno progressivamente sostanziato l’autorizzazione allo smaltimento di una sottocategoria di rifiuti non pericolosi, la ricorrente non ha specificato né le caratteristiche di tali rifiuti, né le risultanze della valutazione di rischio né, tantomeno, l’idoneità del sito ove sorge l’impianto: informazioni, queste ultime, prescritte dall’art. 7, comma 2 del DM 3 agosto 2005 non soltanto ai fini (ordinari) di autorizzazione, ma, soprattutto, necessarie per stabilire se fossero ravvisabili, o meno, delle modifiche sostanziali (si pensi all’esigenza di accertare, al predetto fine, se vi sia stato un aumento considerevole della capacità autorizzata o della capacità produttiva;ovvero una modifica del quadro emissivo).
Un accertamento che, allo stato degli atti e soprattutto alla luce della genericità del motivo, risulta precluso al Collegio, con la conseguenza di dover pure respingere, per difetto di prova, la doglianza relativa alla dedotta illegittimità degli oneri fissati dalla Regione.
Con riguardo, infine, al quarto motivo, occorre considerare:
1) che in ordine alle contestazioni sulle fonti di emissioni (otto), dalla comparazione tra le deduzioni della ricorrente e le opposizioni della Regione è emersa una concordanza ammessa proprio dall’Amministrazione (al cui difensore, nel corso della discussione finale, il Collegio ha formulato espressa richiesta di chiarimento), secondo la quale sulle due articolazioni dell’impianto (lotti I e II;lotto III) insisterebbero, nel complesso, quattro fonti di emissioni (cfr. pag. 3 della replica della Regione Puglia). Di conseguenza, la Regione Puglia dovrà riesaminare, relativamente alle due predette articolazioni, la determinazione degli oneri applicati ai fini di un’eventuale riduzione dei relativi importi;
2) che per quanto concerne le contestazioni afferenti al numero degli inquinanti significativi, la ricorrente si è limitata ad asserire genericamente che l’impianto controverso non sarebbe interessato dall’emissione di alcuna sostanza inquinante: una tesi che il Collegio reputa non verosimile in considerazione della peculiare attività condotta nella discarica, da ciò dovendo conseguire la reiezione delle censure avverso i costi dell’istruttoria per la verifica sul rispetto della disciplina in materia di inquinamento atmosferico e delle acque;
3) che in merito all’autorizzazione alla sottocategoria, l’allegato III al DM 24 aprile 2008 prevede che “ la tariffa dell'istruttoria di cui all'articolo 1, comma 1, lettera d) è pari a 2.000 € per ogni categoria di attività, di cui all'allegato I del decreto legislativo n. 59/05, oggetto di modifica non sostanziale, anche a seguito di riesame ”;si è, nondimeno, rilevato – in occasione della trattazione del terzo motivo – che la ricorrente non ha fornito elementi idonei a provare l’assenza di modifica sostanziale.
Va, altresì, accolta la domanda di annullamento dell’onere tariffario (€. 5.600,00) per il ripristino ambientale, necessitando l’applicazione di tale prescrizione di una esplicitazione puntuale degli elementi previsti dall’allegato 1, punto 5 del DM 24 aprile 2008, nella specie – all’opposto – disattesa dall’Amministrazione.
Nei limiti di cui al presente profilo del decidere, afferente all’impugnata determinazione dirigenziale, il ricorso va, dunque, accolto.
La complessità delle questioni esaminate giustifica l’integrale compensazione delle spese processuali.