TAR Trieste, sez. I, sentenza 2022-04-22, n. 202200207

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Trieste, sez. I, sentenza 2022-04-22, n. 202200207
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Trieste
Numero : 202200207
Data del deposito : 22 aprile 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/04/2022

N. 00207/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00383/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 383 del 2021, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato F L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale Trieste, domiciliataria ex lege in Trieste, piazza Dalmazia, 3;

per l'annullamento

del decreto adottato dal Questore della Provincia di Pordenone prot. n. 39029 del 14 settembre 2021, notificato il successivo 16 settembre, di revoca della licenza di porto d'armi per uso caccia -OMISSIS- rilasciata dalla Questura di Pordenone il 6 ottobre 2017.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 aprile 2022 il dott. Luca Emanuele Ricci e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La Questura di Pordenone, con atto notificato in data 16.09.2021, ha disposto il ritiro della licenza di porto d’armi ad uso caccia di cui era titolare il ricorrente.

1.1. Nel provvedimento si rappresenta la commissione di due violazioni dell’art. 38 del TULPS, ritenute di gravità tale da giustificare un giudizio di non affidabilità all’uso delle armi ai sensi dell’art. 43, e cioè:

- l’omessa denuncia all’Autorità di P.S. di cambio del luogo di detenzione delle armi in suo possesso, che il ricorrente avrebbe dovuto presentare in occasione del mutamento di residenza (avvenuto in data 31.07.2017);

- l’omessa denuncia all’Autorità di P.S. del possesso di un fucile, che avrebbe dovuto essere effettuata entro le 72 ore dal relativo acquisto (avvenuto in data 01.10.2011).

2. L’interessato ricorre avverso tale provvedimento, proponendo i seguenti motivi:

I. “Vizio di eccesso di potere per travisamento di fatto, falsa rappresentazione della realtà, difetto di istruttoria, contraddittoria motivazione, e conseguente violazione e falsa applicazione degli artt. 9, 10, 11, 17, 38 e 43 del TULPS (r.d. 18 giugno 1931, n. 773), nonché dell’art. 58, comma 3, del r.d. 6 maggio 1940, n. 635;
violazione di legge per violazione dell’art. 3 della l. 7 agosto 1990, n. 241, per carente e contraddittoria motivazione”
, perché l’omessa denuncia del cambio di luogo di detenzione sarebbe dovuta ad una semplice dimenticanza, mentre quanto all’acquisto del fucile, questo non sarebbe stato denunciato a causa delle informazioni ricevute dal venditore. In ogni caso, l’arma risultava comunque intestata al ricorrente nella banca dati interforze SDI. Il ricorrente evidenzia poi che l’obbligo incondizionato di denunciare il mutamento del luogo di detenzione dell’arma (art. 38, u.c. del TULPS) è stato introdotto solo nel 2010, mentre prima – vigente l’art. 58, comma 3, del r.d. 6 maggio 1940, n. 635 – doveva considerarsi escluso nelle ipotesi di trasferimento dell’arma all’interno di una stessa circoscrizione territoriale. In ogni caso, la mancata denuncia del trasferimento deve considerarsi violazione di natura formale e di lieve entità. Non sussisterebbero, pertanto, i presupposti per la revoca della licenza, la cui conservazione non può essere certo subordinata all’assenza di qualsiasi contestazione.

II. “ Violazione di legge per violazione dell’art. 1 della l. 7 agosto 1990, n. 241, per mancato rispetto dei principi di adeguatezza, ragionevolezza e proporzionalità dell’azione amministrativa;
violazione e falsa applicazione degli artt. 9, 10, 11, 17, 38 e 43 TULPS, nonché dell’art. 58, comma 3, del r.d. 6 maggio 1940, n. 635, nonché vizio di eccesso di potere per travisamento di fatto e difetto di istruttoria”
, per lo squilibrio esistente tra la condotta del ricorrente e la sanzione irrogata, che poteva essere adottata in forma meno afflittiva (es. disponendo una mera sospensione della licenza).

2. L’amministrazione evidenzia l’oggettiva gravità dei fatti – accertati e documentati – addebitati al ricorrente, che integrano reati in materia di armi e rendono doveroso il ritiro della licenza.

3. Il ricorrente ha ulteriormente dedotto con memoria del 02.03.2022.

4. All’udienza pubblica del 06.04.2022, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

5. Entrambi i motivi di ricorso, che si esaminano congiuntamente, sono infondati.

5.1. I provvedimenti in materia di armi rappresentano una deroga al generale divieto di cui all'art. 699 c.p. e di cui all'art. 4, comma 1, l. 18 aprile 1970, n. 110. In tale ambito l’amministrazione è dotata di ampissima discrezionalità nella formulazione del giudizio di non affidabilità del soggetto richiedente o già titolare della licenza di porto d'armi e può legittimamente valorizzare, ai fini del diniego o della revoca, anche il verificarsi di situazioni non penalmente rilevanti, ma ciononostante indicative di una condotta non specchiata ( Cons. St., sez. III, 21 aprile 2020, n. 2542 ). Il potere di cui è dotata l’autorità di P.S. “ ha infatti lo scopo di prevenire, per quanto possibile, non solo i delitti, ma anche i sinistri involontari, che potrebbero avere occasione per la disponibilità di armi da parte di soggetti non pienamente affidabili;
il giudizio alla base di tale provvedimento di divieto non è quindi un giudizio di pericolosità sociale bensì un giudizio prognostico sull'affidabilità del soggetto e sull'assenza di rischio di abusi, per certi versi più stringente del primo, atteso che il divieto può fondarsi anche su situazioni che non hanno dato luogo a condanne penali o misure di pubblica sicurezza, ma che risultano genericamente non ascrivibili a buona condotta
” ( Cons. St., sez.

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