TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2023-12-11, n. 202318671

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2023-12-11, n. 202318671
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202318671
Data del deposito : 11 dicembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/12/2023

N. 18671/2023 REG.PROV.COLL.

N. 05199/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quinta Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5199 del 2019, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato N L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

del provvedimento di diniego della cittadinanza italiana.


Visti il ricorso e i relativi allegati.

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno.

Visti tutti gli atti della causa.

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 27 ottobre 2023 la dott.ssa Ida Tascone e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale.

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso notificato e depositato in data 2 maggio 2019 il ricorrente, cittadino marocchino, ha impugnato il decreto n. -OMISSIS- del giorno -OMISSIS-, notificato in data -OMISSIS-, con il quale il Ministero dell’Interno ha respinto l’istanza presentata in data 11 dicembre 2014, volta alla concessione della cittadinanza italiana, ai sensi dell’art. 9 comma 1 lett. f) della legge 5 febbraio 1992 n. 91.

Il summenzionato provvedimento di diniego - preceduto dal rituale perfezionamento dell’incidente procedimentale disciplinato dall’art. 10 bis della legge 7 agosto 1990 n. 241 - si è fondato sulla rilevata assenza del prescritto requisito reddituale, che l’amministrazione procedente ha da tempo individuato – per il tramite della circolare K10.60.1 del 5 gennaio 2007 – nella soglia di reddito prevista dall’art. 3 del decreto legge 25 novembre 1989 n. 382 per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria e fissata, nella specie, in € 8.263,31 per il singolo richiedente, incrementata fino a € 11.362,05 in presenza di coniuge a carico e di ulteriori € 516,00 per ogni figlio a carico.

In particolare l’amministrazione procedente ha rilevato un reddito insufficiente negli anni di imposta 2015 (€ 2.922,04), 2016 (€ 0,00) e 2017 (3.244,86), successivi a quelli di presentazione dell’istanza di naturalizzazione e da tali elementi ha fatto discendere un giudizio ostativo al definitivo inserimento del ricorrente in seno alla comunità nazionale.

Avverso il summenzionato provvedimento insorge il ricorrente, con un unico motivo di gravame nell’ambito del quale eccepisce il vizio di “ eccesso di potere per difetto di motivazione in ordine alla reale consistenza dei redditi percepiti ”, all’uopo affermando che l’amministrazione avrebbe dovuto tenere conto della “media reddituale” registratasi nell’intervallo temporale compreso tra il triennio antecedente la presentazione dell’istanza (2011 – 2012 – 2013) e l’intero periodo occorso per la relativa definizione (2014 – 2015 – 2016 – 2017 – 2017 – 2018).

Operando in tal modo e tenuto conto dei redditi percepiti e dichiarati dal ricorrente nelle annualità diverse da quelle valorizzate nel provvedimento impugnato, l’amministrazione procedente avrebbe potuto compensare le “ tre annualità di crisi ” con quelle a lui più favorevoli totalizzando un importo – medio – di € 10.275,00, superiore a quello di € 8.236,00 previsto dalla circolare K10.60.1 del 5 gennaio 2007.

Si è costituito il giudizio il Ministero dell’interno, per il tramite dell’avvocatura erariale, con memorie e documenti attraverso i quali ha insisto per il rigetto del gravame.

All’udienza del 27 ottobre 2023 la causa è stata introitata per la decisione.

Il ricorso è manifestamente infondato e va respinto.

È incontestato che nell’ambito dell’intervallo temporale “di attenzione” preso in considerazione dall’amministrazione procedente il ricorrente non ha conseguito il requisito reddituale prescritto dalla circolare K10.60.1 del 5 gennaio 2007.

È parimenti incontestato che la summenzionata circolare, nel dettare disposizioni uniformi per la valutazione del requisito ai fini della concessione della cittadinanza italiana, ha individuato l’importo di € 8.236,00 quale requisito “minimo” da conseguire e conservare per ciascun anno di imposta.

Sul punto il Collegio rammenta che – in assenza di una determinazione di una “soglia minima” di reddito mediante una norma di rango primario – il Ministero dell’interno ha da tempo ritenuto di fissare ex ante dei parametri minimi indefettibili di reddito - in ragione di una valutazione a monte circa la congruità degli stessi a garantire l’autosufficienza economica del richiedente - facendo riferimento a quelli che, ai sensi dell'art. 3 del d.l. 25.11.89 n. 382, consentono di ritenere esentati dalla partecipazione alla spesa sanitaria i titolari di pensione di vecchiaia con reddito imponibile fino a € 8.263,31, incrementato fino a € 11.362,05 di reddito complessivo in presenza del coniuge a carico e in ragione di ulteriori € 516,00 per ogni figlio a carico.

Tale soglia è stata ritenuta congrua dalla giurisprudenza in materia proprio in quanto indicatore di un livello di adeguatezza reddituale che consente al richiedente di mantenere in modo idoneo e continuativo sé e la famiglia, senza gravare negativamente sulla comunità nazionale (Cons. Stato, sez. IV, 17 luglio 2000, n. 3958).

Il parametro appena riportato costituisce quindi un requisito minimo indefettibile, che il richiedente è tenuto a mantenere e conservare fino al definitivo conferimento della cittadinanza, per cui l'insufficienza del reddito dichiarato, anche se solo “transitoria”, costituisce - ex se - causa idonea a giustificare il diniego di cittadinanza, anche nei confronti di un soggetto che risulti sotto ogni altro profilo bene integrato nella collettività, con una regolare situazione di vita familiare e di lavoro (la persistenza di tale situazione è comunque assicurata dal permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo UE).

La legittimità della suddetta valutazione è stata affermata anche dalla giurisprudenza costante in materia, condivisa anche da questa Sezione (Tar Lazio, sez. V bis, n. 1590/22;
1698/22;
1724/22;
sez. I ter, 31 dicembre 2021, n. 13690;
6 settembre 2019, n. 10791;
Tar Lazio, sez. II quater, 2 febbraio 2015, n. 1833;
13 maggio 2014, n. 4959;
3 marzo 2014, n. 2450;
18 febbraio 2014, n. 1956, 10 dicembre 2013, n. 10647;
Cons. Stato sez. I, parere n. 240/2021;
parere n. 2152/2020;
Cons. Stato, sez. III, 18 marzo 2019, n. 1726).

Le coordinate ermeneutiche che precedono danno conto che il richiedente è tenuto a dimostrare di possedere il prescritto requisito reddituale senza soluzione di continuità per l’intero periodo temporale di osservazione, costituendo il raggiungimento di una situazione economica “stabile” indice di inserimento nel tessuto economico e sociale del paese, alla cui positiva delibazione è connessa il rilascio della cittadinanza italiana.

Viceversa, la presenza di oscillazioni del reddito annuale tali da far collocare il richiedente al di sotto della soglia di € 8.236,00, a prescindere dalla durata del periodo, costituiscono indice di non piena integrazione e che inevitabilmente portano ad un esito sfavorevole del procedimento di naturalizzazione non essendo consentito all’amministrazione procedente di operare azioni di “ingegneria contabile”, come quelle prospettate dal ricorrente, volte a “compensare” gli insufficienti introiti registrati in un anno di imposta con quelli conseguiti in anni più favorevoli.

Ciò che rileva ai fini della valutazione, infatti, è la continuità del requisito, quantomeno entro l’orizzonte temporale oggetto di osservazione, a sua volta indice di stabile inserimento economico.

Da tanto discende l’infondatezza del ricorso, ferma sempre restando la possibilità per il ricorrente di presentare una nuova domanda di naturalizzazione ove potrà senz’altro valorizzare la posizione di stabilità economica successivamente conseguita, unitamente agli altri elementi che concorrono ai fini del rilascio dell’auspicato provvedimento concessorio.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

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