TAR Venezia, sez. I, sentenza 2010-01-29, n. 201000197

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. I, sentenza 2010-01-29, n. 201000197
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 201000197
Data del deposito : 29 gennaio 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00144/2003 REG.RIC.

N. 00197/2010 REG.SEN.

N. 00144/2003 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 144 del 2003, proposto da:
Capital Costruzioni Spa, rappresentato e difeso dagli avv. I C, G G, C S, con domicilio eletto presso la segreteria del TAR;

contro

Comune di Padova - (Pd), rappresentato e difeso dagli avv. P B, C D S, M L, V M, A M, con domicilio eletto presso la segreteria del TAR;

per l'accertamento dell'inadempimento contrattuale da parte del Comune di Padova riguardo alla convenzione stipulata il 30 aprile 1992 con la società ricorrente e per la conseguente condanna al pagamento di € 1.785.113,99 oltre a interessi e rivalutazione.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Padova;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12/03/2009 il dott. Riccardo Savoia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. Con sentenza n. 328 del 2002 il Tribunale di Padova ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione sulla causa proposta dalla odierna ricorrente, che con ricorso notificato in data 13 gennaio 2003 ha adito questo giudice facendo valere le medesime domande già precedentemente proposte in sede civile, e consistenti nell'accertamento dell'inadempimento contrattuale da parte del Comune di Padova riguardo alla convenzione stipulata il 30 aprile 1992 con la società ricorrente per la conseguente condanna al pagamento di € 1.785.113,99 oltre a interessi e rivalutazione.

1.1 In punto di fatto va ricordato che con atto di citazione notificato in data 7.11.1997 la ricorrente citava il Comune di Padova avanti il Tribunale civile di Padova per la condanna al pagamento dell'importo complessivo di lire 3.456.462.671 oltre accessori a titolo di risarcimento per il preteso danno che avrebbe patito per l'inadempimento contrattuale da parte del Comune.

1.2 In data 10 gennaio 1990 il Ministero dei lavori pubblici-Segretariato generale del comitato per l'edilizia residenziale (CER) comunicava alla ricorrente che nella seduta del 6 luglio 1989 era stato deliberato di assegnare a detta società, come promessa di contributo, un contributo in conto interessi, ai sensi del titolo terzo della legge n. 457 del 1978, per l'accensione di un mutuo agevolato massimo di 60 milioni per alloggio, per la realizzazione di un programma costruttivo straordinario di edilizia residenziale di minimo 40 alloggi da realizzare in comune di Padova.

In data 15 febbraio 1991 giungeva alla ricorrente comunicazione da parte del CER, datata 8 febbraio 1991, con la quale la medesima veniva informata che, a seguito della documentazione pervenuta, con decreto ministeriale n.2789 era stato concesso un contributo in conto interessi per la realizzazione di 40 alloggi nel comune di Padova. In detta comunicazione si ricordava che, ai sensi del penultimo comma dell'articolo 41 della legge n.457/78, così come modificato dall'art.13 quater della legge n.25/80:

-la fase di inizio lavori doveva avvenire entro 14 mesi dalla data della comunicazione, e quindi entro il 7 aprile 1992;

- l'ultimazione dei lavori doveva avvenire entro 16 mesi dal loro inizio.

Successivamente, in relazione all'istanza con la quale Capital aveva richiesto una proroga del termine di inizio dei lavori, il CER, in via del tutto eccezionale, in data 16 novembre 1992 concedeva un differimento di 180 giorni a decorrere dalla data della comunicazione stessa (per un differimento totale di 402 giorni);
il termine per l'inizio dei lavori dunque veniva improrogabilmente differito al 15 maggio 1993.

In data 19 febbraio 1991, con delibera di giunta comunale n. 604, il Comune assegnava alla società ricorrente in diritto di superficie un'area compresa nel nucleo 7 di Camin Ovest del PEEP, riservando a un successivo provvedimento deliberativo, dopo l'approvazione della variante al piano di dettaglio e il conseguente frazionamento in lotti del nucleo, l'esatta determinazione delle aree e l'approvazione della convenzione.

In data 21 settembre 1991 veniva presentato e approvato il quadro tecnico economico per interventi di edilizia residenziale pubblica per 40 alloggi, e il quadro di massima, successivamente perfezionato con il progetto esecutivo.

In data 11 novembre 1991 il Comune procedeva all'esecuzione dello stato di consistenza preordinato all'occupazione delle aree interessate all'intervento e all'urbanizzazione nell'ambito del nucleo 7.

In data 19 dicembre 1991, con delibera n. 395 il Comune approvava la variante al piano di dettaglio, e, sempre in pari data, Capital presentava al Comune domanda di parere preventivo per l'esecuzione delle opere di cui all'allegato progetto di massima relativo al nucleo 7.

In data 4 marzo 1992, con decreto sindacale n. 55, sulla base della delibera di giunta n. 425 del 13 febbraio 1992, veniva autorizzata l'occupazione d'urgenza delle aree.

Il 24 marzo 1992 il Settore demanio del Comune attestava che era stato eseguito lo stato di consistenza in data 11 novembre 1991, che con il decreto n. 55 sulla base della deliberazione n. 425 era stata autorizzata l'occupazione d'urgenza delle aree, che il decreto era stato notificato alle ditte proprietarie, e l'occupazione sarebbe stata eseguita il giorno 9 aprile e seguenti e che entro il mese di aprile successivo era prevista la stipula della convenzione per la concessione del diritto di superficie alla Capital.

In data 31 marzo 1992, con delibera di giunta n. 1301, il Comune approvava lo schema di convenzione con la ricorrente;
nelle premesse di detta delibera veniva attestato, tra l'altro, che per le aree da assegnare era in corso la procedura espropriativa e che l'occupazione delle stesse era stata disposta con decreto sindacale d'urgenza n. 55 del 4 marzo 1992.

Il 31 marzo 1992 il Comune- Assessorato all'edilizia privata-comunicava alla ricorrente che la domanda di massima presentata il 19.12.1991 era stata accolta e testualmente precisava "sin d'ora che l'edificazione è subordinata all'esistenza delle opere di urbanizzazione e della loro contestuale realizzazione".

In data 8 aprile 1992 Capital presentava domanda di concessione edilizia, mentre il 30 aprile successivo veniva sottoscritta la convenzione.

Sulla base della stessa il Comune concedeva il diritto di superficie sulle aree oggetto dell'intervento, precisandosi che il possesso delle aree decorreva dalla data di effettiva consegna, che doveva effettuarsi entro e non oltre 60 giorni dalla stipula della convenzione, su richiesta dei concessionari, e la domanda di concessione edilizia doveva essere presentata entro 60 giorni dalla sottoscrizione della convenzione;
i lavori di costruzione degli edifici, poi, dovevano iniziare entro 120 giorni continuativi decorrenti dalla data di consegna dell'area qualora detta consegna fosse avvenuta successivamente alla data del rilascio della concessione edilizia.

Dunque riassumendo: il 19 dicembre 1991 la ricorrente presentava domanda di parere preventivo per l'esecuzione delle opere;
il 31 marzo 1992 il Comune accoglieva la domanda precisando che l'edificazione sarebbe stata subordinata all'esistenza delle opere di urbanizzazione e alla loro contestuale realizzazione;
l'8 aprile 1992, quindi prima della firma della convenzione, la ricorrente aveva presentato la domanda di concessione edilizia, sottoscritta il 30 aprile successivo.

In data 11 luglio 1992 la ricorrente inviava una lettera al Comune di sollecito al rilascio della concessione edilizia, evidenziando che il progetto, pur essendo conforme alla normativa è fermo al settore strade perché l'area sulla quale verranno costruiti gli alloggi non è ancora dotata di un progetto esecutivo per le opere di urbanizzazione.

Il 9 luglio 1992, tuttavia, il Comune, Settore patrimonio, informava la Capital che il Tar del Veneto con ordinanza del 27 maggio 1992 ha accolto la domanda di sospensione dell’esecuzione promossa da un proprietario di area oggetto dell’intervento, nei confronti della quale il Comune intendeva proporre appello , invitando la Capital a non utilizzare il terreno in oggetto , interessante i comparti 1 e 7.

Il 16 luglio Capital riscontrava la predetta nota facendo presente che la mancata disponibilità dei terreni avrebbe comportato ritardo per l’inizio e l’ultimazione delle opere “con aggravi di oneri che la società stessa si riservava di quantificare non appena possibile.”

Il 22 settembre 1992 il Comune- Settore edilizia privata, rispondeva alla Capital osservando:

-che il progetto risulta rispettoso sia delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale che delle norme del piano di dettaglio, anche per quanto riguarda la sistemazione esterna, ma che ad allora non esisteva alcun progetto delle opere di urbanizzazione primaria per cui i Settori strade e tutela ambiente non erano in grado di dare indicazioni sulla quota 0.00 della strada e delle fognature né di esprimere un parere sul progetto;

- che era stata approvata e divenuta esecutiva la delibera giuntale 20515 del 29 luglio 1992 di affidamento dell'incarico di progetto delle opere di urbanizzazione primaria per il nucleo in questione;

- che pertanto l’istruttoria della pratica poteva essere definita solo ad avvenuta approvazione di detto progetto.

In data 7 dicembre 1992 veniva rilasciata la concessione edilizia, poi ritirata il 26 febbraio successivo, mentre la consegna parziale delle aree avveniva il 5 marzo 1993.

Il 31 maggio 1993 il Settore patrimonio del Comune indicava a Capital la situazione delle disponibilità delle aree :

il 28 settembre, a seguito dell’esproprio definitivo delle aree del ricorrente beneficiario della sospensiva, delle aree relative;

sempre il 28 settembre, dell’area costituente il comparto 1 e 7, a eccezione di 3 picchetti , in quanto ricadenti sulla strada di accesso alle abitazioni limitrofe;

il 18 ottobre dell’area relativa ai picchetti mancanti, presa in consegna con riserva in quanto l’area non risulterebbe accessibile a causa di una piantagione di kiwi che deve essere rimossa forzosamente.

L’11 novembre la ricorrente faceva presente che sull’area consegnata il 18 ottobre non era possibile accedere per il perdurare della resistenza da parte del proprietario, accollandone ogni conseguenza all’amministrazione, considerazioni ribadite il 17 dicembre;
finalmente il 21 gennaio 1994 Capital informava il Comune che il comparto 7 era accessibile, pur insistendo la piantagione di kiwi che interessava anche l’area relativa alle opere di urbanizzazione.

Quanto alla realizzazione dell'intervento bisogna ricordare che in data 30 aprile 1992 viene stipulata la convenzione che riguarda i comparti 1, 7 e 8;
in data 5 marzo 1993 viene consegnata l’area relativa al comparto 8;
in data 8 marzo viene attestato l'inizio dei lavori relativi alla concessione edilizia;
con contratto in data 28 aprile 1993 Capital affida alla ditta CMR "l'esecuzione di tutti i lavori di posa in opera dei materiali di fornitura delle attrezzature, relativi alla costruzione a blocco forfait globale al grezzo di 94 alloggi per un importo di Lit 900 milioni". Nell'allegato al contratto viene specificato che le lavorazioni affidate riguardano il getto del calcestruzzo magro, l'esecuzione di fondazioni continue, l'esecuzione di vespai, l'esecuzione delle murature in elevazione portanti e non portanti, l'esecuzione dei solai e delle opere in cemento armato, dei divisori interni in muratura, del tetto a falde oltre alle lavorazioni minori relative al grezzo dei fabbricati: quanto ai tempi del contratto veniva concordata la data di inizio lavori entro e non oltre il mese di maggio 1993. In data 28 settembre veniva effettuata la consegna del comparto 1 e del comparto 7, a eccezione di tre picchetti;
sempre relativamente al comparto 7 nel verbale veniva evidenziato che sull'area insistevano alcune baracche di lamiera e altri materiali, inoltre due aree evidenziate in colore rosso non venivano provvisoriamente comprese nella consegna.

Il successivo 18 ottobre veniva effettuata la consegna del comparto 7 "non essendo stata oggetto della consegna del 28 settembre data l'impossibilità di accedere all'area dovuta alla momentanea resistenza del proprietario";
la società iscriveva riserva in tale consegna per la presenza "di una piantagione di kiwi che deve essere rimossa forzosamente".

Dal 19 dicembre 1993 al 25 febbraio 1994 i lavori sono stati sospesi dal direttore dei lavori a causa del freddo per giorni 68.

Il 21 gennaio 1994 Capital inviava una lettera al Comune con la quale considerava superata la riserva formulata in data 18 ottobre 1993, fermo restando che sull'area insiste ancora la piantagione di kiwi che pur consentendo di dare inizio all'edificazione occupa ancora parte della superficie relativa alle opere di urbanizzazione e sistemazioni esterne.

Secondo Capital, dunque, la consegna del comparto 7 risulta completata solo alla vista data.

Il 25 gennaio 1994 Capital inviava alla ditta una lettera con la quale veniva concordata la riduzione dei lavori di competenza al solo comparto 8, e contestualmente affidava alla ditta Edil ‘93 l'esecuzione delle lavorazioni affidate precedentemente alla CNR, per il comparto 7;
la data di inizio lavori viene concordata entro e non oltre il 1º marzo 1994.

Il 9 marzo Capital invia al Ministero dei lavori pubblici - CER un'istanza di proroga di 360 giorni "stante la situazione di difficoltà incontrata dal Comune di Padova all'acquisizione e consegna delle aree. Nell'istanza Capital precisa che nonostante i suindicati ritardi ha in corso di ultimazione 28 alloggi pari del 30% del totale.

Il 31 maggio 1994 il CER, dopo aver accertato che ricorrevano le condizioni in ordine alla sussistenza di cause indipendenti dall'operatore, concedeva una proroga fino al 3 luglio 1995.

Il 15 marzo successivo Capital affidava alla ditta CE.DA.RT. le lavorazioni stralciate a CMR, relative al comparto 1;
la data di inizio dei lavori viene concordata entro non oltre il 31 marzo 94.

In data 15 giugno viene sottoscritta la scrittura privata di transazione tra Capital e CNR relativa alla quantificazione dei danni e maggiori oneri provocati da quest'ultima a causa dei gravi ritardi sul programma lavori concordato.

Con convenzione approvata con delibera di Giunta comunale del 6 ottobre 1994 vengono affidati a Capital i lavori relativi alle opere di urbanizzazione primaria per Lit 1.132.354.000.

Dal 3 gennaio 1995 all'8 marzo i lavori sono sospesi a causa del freddo per complessivi 55 giorni.

In data 16 gennaio il Comune consegna una prima parte delle aree relative alle opere di urbanizzazione;
nel verbale viene fatto presente che parte dell'area è occupata da filari di kiwi di proprietà del Comune.

Il 19 gennaio vengono consegnati i lavori come risulta dal verbale di consegna.

Il 31 marzo Capital invia una lettera al Comune con la quale evidenzia che non è stato ancora possibile per l'opposizione dei proprietari iniziare i lavori di sbancamento sul tratto occupato dalla piantagione di kiwi, chiede danni, proroga di 30 giorni e picchettamento delle aree mancanti.

Il 14 aprile Capital comunica che i lavori sono sospesi in quanto su nessuna area di esproprio è stato possibile intervenire come richiesto, e non è stato completato il picchettamento con impossibilità di porre in opera i sottoservizi.

Per tale ragione il 20 aprile 1995 Capital avanzava una seconda istanza di proroga di giorni 289, proroga concessa con nota del 15 giugno con termine di ultimazione dei lavori fissato al 17 aprile 1996.

La richiesta era così motivata:

la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria era stata affidata dal comune di Padova con delibera 6 ottobre 1994;
le aree su cui insistono i lavori sono state consegnate con verbale 16 gennaio del 1995;
il verbale di consegna dei lavori è stato dato il 30 gennaio 95 in pendenza della stipula del contratto;
in mancanza di dette opere di urbanizzazione non è possibile ultimare i lavori in quanto non si possono eseguire le opere di viabilità e di sistemazione esterna nonché gli allacciamenti alle reti tecnologiche principali quali fognature, Enel, SIP acqua e gas;
durante l'esecuzione delle opere edificatorie, nei periodi invernali, a causa delle basse temperature, il direttore lavori ha ordinato due sospensioni dei lavori rispettivamente di 68 e 55 giorni;
l'entità del programma integrato, il quale fruisce oltre che del contributo concesso dal ministero anche di altri due finanziamenti dalla regione Veneto, richiede una particolare e onerosa pianificazione e a fronte del frazionamento delle opere nonché del ritardo accumulato dall'amministrazione di Padova per la predisposizione dei progetti e per la consegna dei lavori relativi alle opere di urbanizzazione ha subito pesanti scompensi nell'organizzazione di cantiere e nell'approvvigionamento di materiali, pur precisando che l'impresa ha già realizzato l'80% delle opere edificatorie dell'intero cantiere di 94 alloggi.

Il 31 ottobre 1995 Capital firmava con riserva il registro di contabilità n.1 dal quale risultava che al 29 settembre 1995 erano stati eseguiti lavori per lire 459.762.395 sull'importo totale di lire 1.132.354.000.

Il 12 dicembre Capital avanzava una richiesta di proroga di 180 giorni del tempo utile per le opere di urbanizzazione, richiamando le lettere già inviate del 31 marzo, 14 aprile e 13 maggio, evidenziando essere a tutt'oggi impossibilitata a completare le opere di Via Bassa, tratto iniziale dell'uscita sulla provinciale. In effetti la consegna di tale aree veniva effettuata il 9 gennaio 1996.

Il Comune si dichiarava disponibile il 13 gennaio a concedere una proroga a condizione che entro il 29 febbraio fosse assicurato il completamento delle principali opere di urbanizzazione richieste per l'ottenimento del certificato di abitabilità, e fosse presentata la relativa domanda.

Il 20 febbraio la società rispondeva a tale nota richiamando tutta la corrispondenza e le riserve iscritte e ricordando che per quanto riguarda l'ultimazione dei lavori degli alloggi questi sono assistiti da finanziamenti pubblici e pertanto soggetti a scadenze note al Comune.

Il 25 gennaio 96 Capital chiedeva l’effettuazione di un sopralluogo per la constatazione dell'avvenuta ultimazione delle opere edili;
il 22 febbraio veniva rilasciato dai tecnici comunali il documento che accerta l'ultimazione dei lavori per quanto riguarda i fabbricati alla data del 6 febbraio. Con fax del 14 marzo il Comune, Settore Demanio, chiedeva a Capital di fornire elementi di risposta alle principali richieste degli acquirenti in vista della riunione con gli acquirenti del 19 marzo e relative a: data di ultimazione principali opere di urbanizzazione, data di ultimazione opere esterne fabbricati, data di presentazione richiesta di abitabilità, data di richiesta pagamento ultima rata, altre richieste. La risposta di Capital giungeva il 18 marzo 1996, e il giorno successivo il Comune la invitava a presentare al Settore Ambiente la richiesta di autorizzazione allo scarico per i comparti ultimati, richiesta avanzata il 3 aprile per i comparti 1 e 8, autorizzazione rilasciata dal comune l’8 maggio successivo.

In data 26 marzo 1996 il Direttore dei lavori scriveva a Capital facendo notare che da tempo i lavori di urbanizzazione "procedono a rilento nelle aree di proprietà pubblica, mentre procedono alacremente all'interno di comparti lavori assegnati". Il 29 marzo Capital comunicava di aver ultimato le opere al civile del comparto numero 8.

In una lettera inviata da Capital al Comune in data 22 aprile, e con la quale viene contestato il parere espresso dall'assessore a far pagare agli acquirenti l'ultima rata non all'ultimazione dei lavori come da contratto ma "alla consegna dell'alloggio o trascorsi almeno 10 giorni dalla richiesta dell'abitabilità", Capital evidenziava ai fini di tale problematica che "i fabbricati civili hanno avuto l'ultimazione mediamente ancora nell'ottobre 1995, poi certificata in data 22 febbraio 1996”.

In data 27 aprile veniva effettuata la consegna delle aree relative alle opere di urbanizzazione limitrofe a Via Bassa.

L'8 maggio Capital comunicava di aver ultimato le opere al civile del comparto 1, e, in data 15 giugno,del comparto 7.

Per quanto riguarda le opere di urbanizzazione, con l'accordo bonario dell'8 aprile 1997, veniva accettata una proroga di 180 giorni dovuta alla non immediata disponibilità di una parte delle aree

che ha comportato ritardi nella consegna delle stesse nella fase dei lavori;
venivano considerati terminati i lavori in data 9 ottobre 1996, veniva riconosciuto un importo di 50 milioni onnicomprensivo a tacitazione di ogni e qualsiasi pretesa.

Passando alla questione del finanziamento di mutui agevolati si deve ricordare che l'intervento in esame è assistito da tre finanziamenti: uno del CER - Comitato per l'edilizia residenziale, e due della Regione Veneto, il primo per 40 alloggi, gli altri due rispettivamente per 38 e 16 alloggi.

In seguito alle proroghe cui sopra si è fatto riferimento la data di ultimazione scadeva al 17 aprile 1996, mentre la data effettiva di ultimazione dei lavori risultava essere il 6 febbraio 1996, in base al QTE finale redatto da Capital e verificato dall’ente finanziatore.

Quanto al primo dei finanziamenti regionali il termine scadeva il 26 novembre 1995 - 16 mesi dal 26 luglio 1994, data di pubblicazione del decreto di contributo - laddove la data effettiva è quella del 6 febbraio citata ( derivante dalla proroga concessa fino a tale data a seguito della richiesta Capital 6.12.1995).

Il secondo finanziamento, invece, aveva come data di scadenza il 25 novembre 1996 – 16 mesi a decorrere dal 25 luglio 1995, mentre la data è sempre quella del 6 febbraio.

2. Il ricorso è volto all'accertamento dell'inadempimento contrattuale del Comune di Padova della convenzione stipulata in data 30 aprile 1992 con la società Capital Costruzioni, con particolare riguardo all'accertamento dell'inadempienza degli obblighi gravanti sul Comune circa modalità e tempi con cui è stata rilasciata la concessione edilizia e con cui sono state consegnate le aree oggetto dell'intervento alla società ricorrente.

L'articolo 1 della convenzione prevedeva che il possesso delle aree decorre dalla data di effettiva consegna, da effettuarsi entro e non oltre 60 giorni dalla stipula della convenzione su richiesta del concessionario. Il successivo articolo 5, primo capoverso, stabiliva che la domanda di concessione edilizia dovrà essere presentata entro 60 giorni dalla sottoscrizione della presente convenzione, e il terzo capoverso che i lavori di costruzione degli edifici dovranno essere iniziati entro 120 giorni continuativi decorrenti dalla data di consegna dell'area libera e sgombra da manufatti e cose, qualora detta consegna avvenga successivamente al rilascio della concessione edilizia.

Assume la ricorrente dunque che l'avvio dell'intervento edilizio era subordinato al verificarsi delle seguenti condizioni: la consegna delle aree e il rilascio della concessione edilizia.

Tuttavia la ritardata consegna delle aree da parte dell'amministrazione ha causato una modifica delle tempistiche effettive per l'inizio dei lavori, per il loro andamento e per la loro ultimazione, fino al certificato di abitabilità degli alloggi, rispetto quanto si era ipotizzato in forza delle previsioni temporali stabilite nella convenzione e accettate dalle parti.

Conseguentemente, di fronte alla consegna ripartita e ritardata dei terreni la società si è vista costretta a dare esecuzione frazionata ai lavori di costruzione, i quali poterono essere avviati solo in data 8 marzo 1993 limitatamente al comparto 8, mentre quelli relativi agli altri comparti furono avviati in parte il 28 settembre 1993, in parte il 18 ottobre 1993, e nella loro interezza soltanto il 21 gennaio 1994.

Tali ritardi, ad avviso della ricorrente, costituirebbero un palese inadempimento contrattuale e in ispecie un grave inadempimento delle prescrizioni contenute nella convenzione, sicché chiede l’affermazione della responsabilità del Comune per il ritardo con cui le aree sono state consegnate e che hanno costretto la ricorrente a eseguire in maniera frazionata l'intervento e a far fronte a tutte le problematiche sottese alla necessità di mantenere i finanziamenti pubblici.

Ad aggravare i ritardi per l'ultimazione degli edifici è stata poi la problematica scaturita dal ritardo nella progettazione delle opere di urbanizzazione primaria, ulteriormente aggravata dal ritardo con il quale l'amministrazione si è determinata ad affidare l'esecuzione dei lavori. Infatti la convenzione all'articolo 4 prevedeva che “il concessionario si impegna eventualmente a eseguire direttamente le opere di urbanizzazione primaria concordate con il Comune alle condizioni da precisare in un apposito disciplinare.”

Dunque il completamento dell'intervento era correlato all'esecuzione delle opere, come del resto risulta dall'approvazione del progetto di massima, quando il Comune ha specificato che l'edificazione è subordinata all'esistenza delle opere di urbanizzazione e della loro contestuale realizzazione.

Tuttavia il Comune avrebbe tardato, prima nella relativa progettazione, eppoi nell'affidamento dei lavori, che sarebbe avvenuto a 22 mesi dal rilascio della concessione edilizia e a 29 mesi dalla stipula della convenzione, e cioè il 23 agosto 1994, mediante l'apposita convenzione approvata dalla Giunta municipale con delibera del 6 ottobre 1994, affidamento dei lavori per l'esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria che in ogni caso non segnò l'avvio dei lavori, che slittò fino al 16 gennaio 1995 e poi addirittura al gennaio del ‘96, posto che una prima parte delle aree fu consegnata solo il 16 gennaio ’95, mentre la consegna delle aree restanti avvenne esattamente un anno dopo, e che l'area consegnata nel ‘95 era quell'area occupata da filari di kiwi di proprietà comunale e quindi in parte inagibile.

Sarebbe pertanto evidente come i ritardi via via maturati dal Comune nella definizione di tutte le questioni connesse all'urbanizzazione primaria si siano riversati gravemente e negativamente sui tempi di realizzazione degli interventi edilizi.

Del resto la Capital si è trovata costretta a richiedere ben due proroghe al Comitato per l'edilizia residenziale, e la richiesta è stata motivata proprio in relazione alla circostanza che in mancanza delle opere di urbanizzazione non sarebbe possibile ultimare i lavori, in quanto non si possono eseguire le opere di viabilità e di sistemazione esterna nonché gli allacciamenti alle reti tecnologiche principali quali fognature, Enel, Sip, acqua e gas.

Conclusivamente viene richiesto un risarcimento del danno pari a € 736.103,98 oltre interessi e rivalutazione risultante dai maggiori costi di produzione del comparto 1,7,8, e dalla perdita di parte di spese generali, includendosi anche le spese da cosiddetta doppia commercializzazione degli alloggi, poiché il dilatarsi dei tempi di realizzazione ha comportato un rilevante numero di rinunzie degli originali promissari, obbligando la Capital a stipulare nuovi contratti con nuovi acquirenti.

2.1 Si è costituita l'amministrazione comunale, controdeducendo puntualmente e sostenendo un'interpretazione della convenzione diversa da quella proposta dalla ricorrente, affermando come nessuna responsabilità incombesse in capo all'amministrazione e come anzi la ritardata esecuzione dei lavori abbia consentito alla società ricorrente di far fronte ai medesimi grazie alla ripartita e posticipata provvista di finanziamenti pubblici, del tutto insufficiente ove l'intervento fosse stato realizzato in un'unica soluzione, ma invece del tutto idoneo in un intervento protrattosi per un tempo superiore a quello originariamente previsto.

3. La sentenza di primo grado riconobbe il difetto di giurisdizione in capo al giudice adito, non prima tuttavia che in fase istruttoria si procedesse a una attenta ricognizione della vicenda mediante l'esperimento di una consulenza tecnica di ufficio, in base alla quale era stata accertata la debenza in capo all'amministrazione comunale della somma di 660 milioni a titolo di risarcimento.

3.1 Tale somma tuttavia non è ritenuta sufficiente dalla ricorrente, che nel riassumere la causa contesta le conclusioni a cui il consulente tecnico è giunto, pur partendo dai dati contenuti nella medesima consulenza tecnica.

Sostiene infatti la ricorrente, a tale proposito, che il consulente tecnico avrebbe pretermesso dalla quantificazione dei danni tutte le voci inerenti al periodo intercorrente tra l'ultima consegna delle aree e l'ultimazione dei lavori.

In particolare sarebbe stata esclusa qualsiasi incidenza dei ritardi del Comune dal momento in cui Capital ha avuto il possesso integrale di tutte le aree, con il che sarebbero state azzerate tutte le difficoltà organizzative, invece riconosciute nel periodo precedente, derivanti dall'impossibilità dell'impresa di avviare contestualmente i lavori, costretta a procedere senza ordine logico, così come invece avrebbe fatto se avesse potuto effettuare contestualmente per tutti gli edifici le medesime lavorazioni;
inoltre nessun riconoscimento sarebbe stato valutato sulle difficoltà dell'impresa che, pur a consegna delle aree completate, ha forzatamente dovuto proseguire ed effettuare i lavori in modo disorganico, sicché appaiono non corrette le valutazioni del consulente tecnico d'ufficio sulla quantificazione dei maggiori costi subìti da Capital.

A tale ultimo proposito il consulente tecnico ha trattato il ritardo nella realizzazione dei fabbricati prescindendo dal considerare sia la particolare organizzazione di Capital, imposta dalle inadempienze del Comune, sia l'incidenza che ebbero i ritardi, pur riconosciuti al Comune, nell'affidamento delle opere di urbanizzazione, e la tardiva e ripartita consegna delle aree per l'esecuzione delle stesse: infatti per il consulente tecnico d'ufficio dopo la consegna delle aree il Comune non aveva alcun potere al riguardo e non ha esercitato alcuna ingerenza, sicché Capital avrebbe l'esclusiva responsabilità per i ritardi nella realizzazione di fabbricati.

Osserva la ricorrente che se è certamente vero che il Comune, una volta consegnate le aree per l'esecuzione di fabbricati, avrebbe esauriti i propri adempimenti relativi alla convenzione originaria, è altrettanto vero che il completamento dell'intervento era connesso alla realizzazione delle opere di urbanizzazione. Dunque, attestato che la progettazione e la realizzazione delle opere di urbanizzazione rientrava negli obblighi del concessionario e che il ritardato completamento dell'intervento edilizio è di responsabilità del Comune stesso, appare incongruente da parte del consulente tecnico d'ufficio non aver considerato che il completamento degli edifici fu condizionato nel suo svolgimento dall'esecuzione rallentata e frazionata delle opere di urbanizzazione.

Dunque i maggiori costi subìti da Capital nel primo periodo di esecuzione delle opere dovranno essere riconosciuti fino al completamento delle stesse, così riconoscendo anche che la tardiva esecuzione delle opere di urbanizzazione comporta un maggior aggravio e un maggiore intralcio per l'intera esecuzione del progetto.

Il consulente tecnico ha calcolato i danni conseguenti al ritardato avvio dell'intervento edilizio in Lit 559.219.670 di cui 287.195.500 per maggiori costi di produzione e 272.024.170 per perdita di una parte delle spese generali, ma ha calcolato a tal fine un ritardo addebitabile al Comune di soli mesi 7,20 per il comparto 8 e di mesi 14,60 per i comparti 1 e 7, tutti gli altri periodi necessari per la realizzazione delle opere (35 mesi per il comparto 8 e 27,60 per i comparti 1 e 7) non sono stati conteggiati ai fini dei danni perché come detto dopo la consegna delle aree il Comune non aveva alcun potere al riguardo.

Se invece si condivide la considerazione che la consegna frazionata delle aree destinate all’edificazione e la tardiva e frazionata commessa per le opere di urbanizzazione hanno prodotto effetti negativi permanenti sulla esecuzione dei lavori, si dovrà addebitare al Comune anche il maggior tempo impiegato per la realizzazione degli interventi edilizi: ne deriva che il ritardo addebitabile al Comune dovrà essere incrementato di altri 19 mesi e il ritardo addebitabile al Comune per i comparti 1 e 7 dovrà essere incrementato di altri 11,60 mesi;
in tale maniera si giunge al calcolo della domanda risarcitoria così come indicata.

3.2 Il Comune contesta tale prospettazione anzitutto sul punto centrale della questione, vale a dire l’incidenza e l’interpretazione che l’art.1 della convenzione ha avuto nella causazione del danno da ritardo, perché tale va qualificata la domanda proposta con il ricorso in esame.

4. Ma la eccepita lettura deve essere ad avviso del Collegio disattesa, risultando corretta quella pianamente invocata dalla Capital.

L'articolo 1 della convenzione prevedeva che il possesso delle aree decorre dalla data di effettiva consegna, da effettuarsi entro e non oltre 60 giorni dalla stipula della convenzione su richiesta del concessionario. Il successivo articolo 5, primo capoverso stabiliva che la domanda di concessione edilizia dovrà essere presentata entro 60 giorni dalla sottoscrizione della presente convenzione, e il terzo capoverso che i lavori di costruzione degli edifici dovranno essere iniziati entro 120 giorni continuativi decorrenti dalla data di consegna dell'area libera e sgombra da manufatti e cose, qualora detta consegna avvenga successivamente al rilascio della concessione edilizia.

Dunque: il concessionario deve chiedere la consegna delle aree, e da tale data decorre il possesso;
la consegna deve avvenire entro 60 giorni dalla convenzione – dunque deve essere richiesta prima della consegna -;
la concessione edilizia deve essere richiesta pure entro gli stessi 60 giorni, ma la data di inizio lavori decorre o dalla concessione edilizia, o, se successiva a questa, dalla data di effettiva consegna.

Ma nel caso in esame la Capital aveva già presentato la domanda di concessione edilizia al momento della stipula della convenzione, in data 8.4.92, laddove la convenzione è del 30 aprile.

La concessione veniva rilasciata il 7 dicembre, ma ritirata solo il 26 febbraio, atteso che le aree furono consegnate solo il 5 marzo seguente.

Il ritardo nel rilascio dell’atto abilitativo risulta dunque pari a circa 8 mesi dalla stipula della convenzione.

4.1 La risarcibilità del danno da ritardo postula il necessario accertamento della colpa dell’inerzia, non bastando la sola violazione del termine di cui all’art 2 c.3° l.241/90 - applicabile anche agli atti aventi natura amministrativa generale o regolamentare - che di per sé non dimostra la “rimproverabilità” del ritardo (T.A.R. Campania Napoli sez III 31 ottobre 2007 n.10329, T.A.R. Puglia Lecce sez III 22 febbraio 2007 n.623), potendo la particolare complessità della fattispecie o il sopraggiungere di evenienze non imputabili all’amministrazione escludere la sussistenza della colpa.

In materia di azione risarcitoria da lesione di interesse legittimo va pertanto confermato che sussiste a carico del danneggiato l’onere della prova ex art. 2967 c.c. e 115 c.1° c.p.c. esteso a tutti gli elementi costitutivi della pretesa, non valendo il principio dispositivo con metodo acquisitivo riferibile alla sola tutela giurisdizionale amministrativa demolitoria (Consiglio di Stato sez. IV 4 maggio 2005 n.2136, sez. V 17 ottobre 2008 n.5098, sez IV 4 febbraio 2008 n.306).

Tale onere non può non ricomprendere secondo il Collegio anche la prova della colpa, specie ove si segua l’oramai consolidata tesi della natura aquiliana ex art 2043 c.c. della responsabilità da lesione di interesse legittimo.

Se ciò vale per le fattispecie di responsabilità da danno cagionato da provvedimento illegittimo, tanto più deve valere per i danni la cui fonte sia collegata a una colpevole inerzia nella definizione del procedimento attributivo di utilità finali per il ricorrente (c.d. comportamento amministrativo).

Il Collegio deve dare infatti atto dell'esistenza dei presupposti per addivenire al riconoscimento del diritto al risarcimento del danno. È noto che l'illegittimità dell'atto amministrativo, che si assume essere stata causa di un danno, è un requisito necessario ma non sufficiente per la fondatezza dell'azione risarcitoria, la quale postula che il ricorrente dimostri altresì la sussistenza di un evento dannoso, l'ingiustizia del danno perché incidente su un interesse tutelato dall'ordinamento, il nesso di causalità con la condotta positiva o negativa dell'Amministrazione e la colpa di quest'ultima (Cons. Stato, Sez. VI, 6 maggio 2008 n. 2015).

Sul danno da ritardo è stata confermata la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alle controversie, con cui si chiede il risarcimento del danno da ritardo da parte della p.a. nella definizione dei procedimenti di rilascio di provvedimenti amministrativi (nella specie, titoli autorizzativi edilizi), in quanto in tale caso, non si è di fronte a "comportamenti" della p.a. invasivi dei diritti soggettivi del privato in violazione del neminem laedere, ma in presenza della diversa ipotesi del mancato tempestivo soddisfacimento dell'obbligo della autorità amministrativa di assolvere adempimenti pubblicistici, aventi ad oggetto lo svolgimento di funzioni amministrative. Si è, perciò, al cospetto di interessi legittimi pretensivi del privato, che ricadono, per loro intrinseca natura, nella giurisdizione del g.a. (Cons. St., sez. IV, 6 novembre 2008 n. 5499;
Tar Lazio-Roma, sez. III, 31 marzo 2008 n. 2704).

Più precisamente, posto che l’art. 7 della L. 6 dicembre 1971, n. 1034 sembra configurare la giurisdizione amministrativa solamente per le domande risarcitorie attinenti ai danni conseguenti all'annullamento di un provvedimento amministrativo emanato, la giurisprudenza ha ritenuto peraltro che anche la situazione in esame debba essere conosciuta dal giudice amministrativo, in omaggio al principio di concentrazione della tutela giudiziaria avverso l'illegittimo esercizio di poteri pubblicistici, la cui mancata attivazione rappresenta una situazione speculare a quella del danno cagionato da un provvedimento illegittimo. Anche nel caso di specie trattasi infatti di controversia avente a oggetto l’esercizio, sia pure in negativo, di un pubblico potere e pertanto, come affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.204/04, in mancanza di specifiche indicazioni legislative deve ritenersi che la presenza di questo fondi la giurisdizione del giudice amministrativo.( spendita di potere autoritativo, ex art.103 Cost).

In conformità a detto orientamento, non pacifico soprattutto in dottrina, è stato affermato che la condanna della p.a. al risarcimento del danno subito dal privato per l'omesso esercizio di un potere autoritativo nei termini prefissati dalla legge presuppone il riconoscimento del diritto del ricorrente al bene della vita inutilmente richiesto che nelle materie in cui la p.a. dispone di ampia discrezionalità amministrativa, e non solo tecnica, non può essere affidato ad un giudizio necessariamente prognostico del giudice ma presuppone che la p.a., riesercitato il proprio potere, abbia riconosciuto all'istante il bene stesso, in questo caso riducendosi il risarcimento al solo pregiudizio determinato dal ritardo nel conseguimento di detto bene (Cons. St., sez. IV, 29 gennaio 2008 n. 248).

In senso conforme, è stato affermato che allorché un provvedimento di diniego viene annullato per vizi che comunque consentono il riesercizio del potere, se l’atto negativo viene reiterato, per ragioni diverse dal precedente, il sopravvenuto provvedimento negativo esclude, allo stato, la sussistenza di un danno risarcibile derivante dal primo provvedimento, salva la verifica degli estremi del danno in caso di annullamento giurisdizionale anche del secondo provvedimento (Cons. St., ad. plen., 3 dicembre 2008 n. 13).

La giurisprudenza ha anche ritenuto che il ricorrente debba fornire in modo rigoroso la prova dell'esistenza del danno, non potendosi invocare il c.d. principio acquisitivo perché tale principio attiene allo svolgimento dell'istruttoria e non all'allegazione dei fatti;
se anche può ammettersi il ricorso alle presunzioni semplici ex art. 2729 c.c. per fornire la prova del danno subito e della sua entità, è comunque ineludibile l'obbligo, a monte, di allegare circostanze di fatto precise e quando il soggetto onerato della allegazione e prova dei fatti non vi adempie non può darsi ingresso alla valutazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c., perché tale norma presuppone l'impossibilità di provare l'ammontare preciso del pregiudizio subito (Cons. St. sez. V, 13 giugno 2008 n. 2967, secondo cui mentre nel caso di accertamento di danni non patrimoniali l'unica forma possibile di liquidazione è quella equitativa, per quelli patrimoniali è vero il contrario, specie se subiti da imprese nell'esercizio della propria attività). Alla effettività della tutela risarcitoria si correla piuttosto il dibattito sulla necessità della prova della colpa dell’Amministrazione. Nell’estendere anche agli interessi legittimi la predetta tutela, la sentenza n. 500 del 1999 della Corte di Cassazione, ribaltando la precedente regola della c.d. colpa in re ipsa nell’adozione di atti illegittimi, affermò l’opposto principio della necessaria verifica della colpa dell’Amministrazione apparato, intesa peraltro come generale inosservanza delle “regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione che si pongono come limiti esterni alla discrezionalità”.

La giurisprudenza amministrativa si è quindi orientata nel senso di escludere la sussistenza della responsabilità in ogni caso in cui l’operare illegittimo dell’Amministrazione sia in vario modo suscettibile di essere “scusato” in relazione all’obiettiva incertezza del quadro normativo e/o giurisprudenziale di riferimento (tra le tante, Cons. Stato, Sez. IV, 15 febbraio 2005 n. 478;
Sez. V, 10 gennaio 2005 n. 32;
Sez. VI, 9 marzo 2007 n. 1114, 9 giugno 2008 n. 2751 e 21 maggio 2009 n. 3144;
Cons. g. a. r. sic. 4 settembre 2007 n. 717). Tale posizione, che fa comunque gravare sull’Amministrazione l’onere della prova della scusabilità del suo errore, non appare in contrasto con la giurisprudenza comunitaria (in particolare si ricorda la sentenza

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