TAR Lecce, sez. III, sentenza 2023-02-23, n. 202300267
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Pubblicato il 23/02/2023
N. 00267/2023 REG.PROV.COLL.
N. 01135/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1135 del 2019, proposto da
C M C e C M R, rappresentate e difese dall'avvocato G P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Lecce, via Augusto Imperatore, n. 16;
contro
Consorzio Speciale per la Bonifica di Arneo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato E S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio di Pietro Nicolardi in Lecce, piazza Mazzini, n. 72;
nei confronti
Agenzia del Demanio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Lecce, domiciliataria ex lege in Lecce, piazza S. Oronzo
per l'annullamento
del decreto del 20 settembre 2016 n. 164 del Subcommissario del Consorzio di Bonifica dell’Arneo che ha disposto l’espropriazione definitiva di un’area di mq. 12.884 del fondo agricolo sito nel Comune di Nardò e censito in catasto al Foglio 91 p.lle 6, 7, 8, 9 e 329 e al Foglio 111 p.lla 26, nonché della presupposta deliberazione commissariale dello stesso Consorzio dell’11 febbraio 2015 n. 21 di proroga in via sanante della dichiarazione di pubblica utilità (scaduta il 21 settembre 2014) sino al 21 settembre 2016 degli “interventi per la mitigazione del rischio idraulico all’abitato di Nardò (LE) I lotto funzionale”,
e per la condanna
del Consorzio resistente al risarcimento per equivalente del danno subito consistente nel valore venale delle aree trasformate e del soprassuolo (un fabbricato rurale di 76,39 mq.), nel mancato godimento delle aree stesse per l’occupazione illegittima e nella diminuzione del valore della parte residua del fondo agricolo (in ragione della sua meno agevole coltivabilità), oltre rivalutazione monetaria dal 21 settembre 2014 fino al deposito della sentenza ed interessi legali da questa al soddisfo.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Agenzia del Demanio e del Consorzio Speciale per la Bonifica di Arneo;
Viste le ordinanze istruttorie di questa Sezione nn. 367/2022 e 1499/2022;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2023 il dott. Giovanni Gallone e uditi per le parti i difensori avv. G. Pellegrino per le ricorrenti e avv. K. Giammarruco, in sostituzione dell'avv. E. Santoro, per il Conzorzio resistente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso notificato il 4 settembre 2019 e depositato il 9 settembre 2019 le germane ricorrenti, comproprietarie di un fondo agricolo sito nel Comune di Nardò e censito in Catasto al Foglio 91 p.lle 6, 7, 8, 9 e 329 e al Foglio 111 p.lla 26, hanno impugnato, domandandone l’annullamento, il decreto del 20 settembre 2016 n. 164 del Subcommissario del Consorzio di Bonifica dell’Arneo che ha disposto l’espropriazione definitiva di un’area di mq. 12.884 del predetto fondo agricolo, nonché la presupposta deliberazione commissariale dello stesso Consorzio dell’11 febbraio 2015 n. 21 di proroga in via sanante della dichiarazione di pubblica utilità (scaduta il 21 settembre 2014) sino al 21 settembre 2016 degli “interventi per la mitigazione del rischio idraulico all’abitato di Nardò (LE) I lotto funzionale”.
1.1 Espongono, in particolare, le ricorrenti che il Consorzio di Bonifica dell’Arneo ha disposto, con decreto del 16 aprile 2010 n. 1, l’occupazione d’urgenza del prefato fondo agricolo per una superficie pari a 12.884 mq (limitatamente alla porzione censita in Catasto al Foglio 91 p.lle 6, 7, 8, 9 e 329) funzionale alla esecuzione degli “interventi per la mitigazione del rischio idraulico all’abitato di Nardò (LE) I lotto funzionale” approvati, ai fini della dichiarazione di pubblica utilità, con delibera commissariale del Consorzio del 6 febbraio 2009 n. 21. Parte ricorrente aggiunge che, eseguita l’occupazione d’urgenza, i lavori hanno avuto inizio e sono stati sostanzialmente ultimati con la esecuzione di un canale fiancheggiato da scarpate in pietrame, che ha comportato l’irreversibile trasformazione dell’area, senza che entro il termine finale di efficacia della disposta occupazione di urgenza (il 21 settembre 2014, coincidente con quello finale della dichiarazione di pubblica utilità) sia stata disposta l’espropriazione delle aree irreversibilmente trasformate.
1.2 Si aggiunge, poi, che con ricorso n. 2245/2015 R.G., le ricorrenti hanno adito questo T.A.R., dichiarando di voler abdicare al proprio diritto dominicale sul prefato fondo agricolo irreversibilmente trasformato e, quindi, chiedendo che il Consorzio di Bonifica dell’Arneo fosse condannato “al risarcimento del danno per effetto della occupazione divenuta illecita di parte del predetto fondo di loro proprietà e della sua irreversibile trasformazione in misura pari al valore venale delle aree occupate e irreversibilmente trasformate dalla PA (rinuncia abdicativa) e del soprassuolo, per la demolizione di fabbricato rurale di mq. 76,39 (completo di finiture con struttura portante in muratura e copertura a volta), nonché per la diminuzione di valore subita dalla parte restante del fondo agricolo non interessata dalla trasformazione, di cui l’esecuzione dell'opera di bonifica ha reso più onerosa una razionale coltivazione, e per il mancato godimento delle superfici occupate dalla scadenza della occupazione legittima alla liquidazione giudiziaria e l’indennità per il periodo di occupazione legittima sino al momento di perdita di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità, da determinare nella misura di 1/12 per anno sul valore venale delle aree ablate, oltre rivalutazione monetaria (tranne che per la voce relativa all’indennità per il periodo di occupazione legittima), secondo gli indici ISTAT, da computarsi dalla data dell'inizio dei lavori fino al deposito della sentenza ed interessi legali”. Parte ricorrente precisa, tuttavia, che, nel giudizio così instaurato, il Consorzio resistente ha depositato una memoria conclusiva nella quale ha evidenziato che, con deliberazione commissariale n. 21 dell’11 febbraio 2015 (prodotta in causa solo in data 20 marzo 2019), il Consorzio medesimo ha prorogato il termine di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità dell'opera de qua dal 21 settembre 2014 al 21 settembre 2016 e che, in data 20 settembre 2016, ha emanato il decreto definitivo di esproprio n. 164/2016.
Il suddetto giudizio si è concluso con la sentenza n. 1054 del 14 giugno 2019 di questa Sezione che ha dichiarato parzialmente inammissibile per difetto di giurisdizione la domanda delle odierne ricorrenti relativa all’indennizzo per il periodo di occupazione legittima (sino al momento di perdita di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità) ed ha ritenuto infondate le domande risarcitorie proposte dalle stesse “in ragione dell’omessa impugnazione della delibera commissariale n. 21 dell’11/02/2015 (esibita il 20/03/2019) di proroga in via sanante della dichiarazione di pubblica utilità al 21/09/2016, nonché del decreto definitivo di esproprio n. 64 del 20/09/2016 (esibito il 25/03/2019) emesso dal Sub-commissario del Consorzio resistente, che impediscono - allo stato - di ravvisare l’illecito della P.A. e di accogliere, quindi, le domande risarcitorie azionate dalle ricorrenti”. Aggiungono, in ultimo, le ricorrenti di aver interposto appello avverso la sentenza n. 1054 del 14 giugno 2019 di questa Sezione.
1.3 Con il ricorso in esame, oltre ad impugnare la delibera commissariale n. 21 dell’11 febbraio 2015 (esibita il 20 marzo 2019) di proroga in via sanante della dichiarazione di pubblica utilità al 21 settembre 2016 ed il decreto definitivo di esproprio n. 164 del 20 settembre 2016 (esibito il 25 marzo 2019) emesso dal Sub-commissario del Consorzio di Bonifica dell’Arneo, le ricorrenti hanno, quindi, reiterato le domande risarcitorie già proposte con il ricorso n. 2245/2015 R.G. chiedendo la condanna del medesimo Consorzio al risarcimento per equivalente del danno consistente nel valore venale delle aree trasformate e del soprassuolo (un fabbricato rurale di 76,39 mq.), nel mancato godimento delle aree predette per l’occupazione illegittima e nella diminuzione del valore della parte residua del fondo agricolo (in ragione della sua meno agevole coltivabilità), oltre a rivalutazione monetaria dal 21 settembre 2014 fino al deposito della sentenza ed interessi legali da questa al soddisfo.
1.4 A sostegno del ricorso hanno dedotto i motivi così rubricati:
1) violazione dell’art. 42 bis T.U. - D.P.R. n. 327 del 2001;
2) violazione dell’art.13 comma 5 T.U. - D.P.R. n. 327 del 2001.
2. In data 14 settembre 2019 si è costituita in giudizio, a mezzo dell’Avvocatura erariale, l’Agenzia del Demanio.
3. L’11 ottobre 2019 si costituito in giudizio anche il Consorzio di Bonifica dell’Arneo eccependo la irricevibilità, inammissibilità ed infondatezza, sia in fatto sia in diritto, del ricorso.
4. In data 7 giugno 2021 parte ricorrente ha depositato un’istanza di prelievo ex art. 71 bis c.p.a. rappresentando, tra l’altro, che “con sentenza n. 6769/20 (che si deposita) la IV Sezione del Consiglio di Stato ha rigettato l’appello proposto dalle germane C e condannato le stesse al pagamento delle spese processuali in favore del Consorzio Speciale per la Bonifica dell’Arneo”.
5. Il 30 dicembre 2021 l’Avvocatura Distrettuale delle Stato ha depositato memorie difensive nell’interesse dell’Agenzia del Demanio eccependo il suo difetto di legittimazione passiva e deducendo l’inammissibilità ed irricevibilità del ricorso.
6. Il 19 gennaio 2022 le ricorrenti hanno depositato memorie difensive ex art. 73 c.p.a..
7. Il 21 gennaio 2022 anche il Consorzio Speciale per la Bonifica dell’Arneo ha depositato memorie difensive.
8. In data 26 gennaio 2022 le ricorrenti hanno depositato memorie in replica.
9. Il 28 gennaio 2022 il Consorzio Speciale per la Bonifica dell’Arneo ha depositato memorie in replica.
10. Ad esito dell’udienza pubblica dell’8 febbraio 2022 questa Sezione, con ordinanza collegiale n. 367 del 4 marzo 2022 ha disposto ex art. 66 c.p.a. una Verificazione da svolgere nel contraddittorio tra le parti affidata al Presidente dell’Ordine degli Ingegneri di Lecce (o suo delegato dell’Ordine) “sull’accertamento dell’entità del danno patrimoniale lamentato dalle ricorrenti”, fissando il termine di 90 giorni per il compimento della Verificazione.
11. Con nota depositata in data 29 luglio 2022 il Verificatore nominato dal Tribunale Ing. Anna Maria Ro ha chiesto “una proroga di ulteriori 90 giorni al fine di poter adempiere compiutamente all’incarico affidato, a causa delle difficoltà e dei tempi occorrenti allo svolgimento delle indagini di mercato per la determinazione del valore dei beni”.
12. In data 9 settembre 2022 il Verificatore nominato dal Tribunale Ing. Anna Maria Ro ha depositato la relazione finale di Verificazione.
13. Ad esito dell’udienza in Camera di Consiglio del 28 settembre 2022, con ordinanza collegiale n. 1499 del 30 settembre 2022, questa Sezione ha concesso al Verificatore nominato la richiesta proroga “fino alla data del deposito della relazione finale di Verificazione (avvenuta il 9 settembre 2022)”.
14. In data 11 novembre 2022 il Consorzio Speciale per la Bonifica dell’Arneo ha depositato memorie difensive.
15. Il 17 novembre 2022 anche le ricorrenti hanno depositato memorie difensive ex art. 73 c.p.a..
16. Il 2 dicembre 2022 ed il 10 gennaio 2023 il Consorzio Speciale per la Bonifica dell’Arneo e le ricorrenti hanno depositato memorie in replica.
17. All’udienza pubblica del 24 gennaio 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso è parzialmente fondato nel merito e deve essere accolto in parte, nei sensi e nei limiti appresso precisati.
2. In limine va, tuttavia, scrutinata l’eccezione di irricevibilità del ricorso sollevata dalla difesa del resistente Consorzio Speciale per la Bonifica dell’Arneo. Quest’ultimo eccepisce, anzitutto, la tardività del ricorso, in quanto notificato il 4 settembre 2019, mentre parte ricorrente avrebbe avuto conoscenza della deliberazione n. 21 del 11 febbraio 2015 con cui il Commissario Straordinario del medesimo Consorzio ha deliberato la proroga della dichiarazione di pubblica utilità dell'opera (fissando la scadenza al 21 settembre 2016) già a seguito della pubblicazione, con avviso prot. n. 678 del 23 febbraio 2015, della medesima ex art. 11, comma 2, del D.P.R. n. 327/2001 all'Albo pretorio dal 27 febbraio 2015 al 26 marzo 2015.
La difesa del Consorzio resistente eccepisce, poi, sotto altro profilo, la tardività del ricorso, in quanto le ricorrenti avrebbero avuto piena conoscenza dell’impugnato decreto di esproprio del 20 settembre 2016 n. 164 già in data 20 marzo 2019, in conseguenza dell’avvenuto deposito dello stesso nel giudizio proposto con ricorso n. 2245/2015 e deciso da questa Sezione con la sentenza n. 1054 del 14 giugno 2019.
2.1 L’eccezione in parola va disattesa.
E, infatti, come già accertato da questo T.A.R. nella sentenza n. 1054 del 2019, il decreto di esproprio n. 164/2016 non è stato mai individualmente notificato alle (proprietarie) odierne ricorrenti, ma soltanto prodotto, in data 25 marzo 2019, dalla difesa del Consorzio resistente nell’ambito del precedente giudizio.
Né può assumere rilievo la circostanza che il prefato provvedimento sia stato oggetto di comunicazione di massa ex art. 11 del D.P.R. n. 327 del 2011 e ss.mm..
2.2 Sul punto la giurisprudenza amministrativa è, del resto, pacifica nell’affermare, da un lato, che “la conoscenza degli atti prodotti da altra parte del giudizio è riferibile al solo difensore con la conseguenza che dell’avvenuto deposito degli stessi non può farsi discendere ex sé una presunzione di conoscenza in capo alla parte ricorrente” (così Cons. Stato Sez. V 12.5.11 n. 2846;Sez. IV 10.4.08 n. 1556) e, dall’altro, che “Nel processo amministrativo, ai fini della decorrenza del termine per l'impugnazione, è decisiva solo ed esclusivamente la conoscenza diretta del provvedimento da parte dell'interessato mediante la sua comunicazione o notifica, e non quella del suo difensore nel giudizio in cui l'atto da impugnare è stato depositato” (Cons. Stato Sez. V, 26.7.16 n. 3374).
3. Sempre in limine vanno delibate le ulteriori eccezioni in rito sollevate dall’Avvocatura dello Stato.
Quest’ultima, infatti, nella memoria di costituzione, ha eccepito, anzitutto, l’inammissibilità ed irricevibilità del ricorso essendo stata la sua notifica “effettuata unicamente presso l’Avvocatura dello Stato e non anche presso la sede legale dell’Agenzia del Demanio in persona del Direttore pro tempore”;sotto ulteriore profilo ha eccepito la inammissibilità del ricorso “attesa nel merito la totale estraneità al giudizio dell’Agenzia del Demanio”.
2.1 Le eccezioni in parola vanno disattese.
Come condivisibilmente evidenziato dalla difesa di parte ricorrente, infatti, da un lato, l’espropriazione de qua risulta disposta in favore del “Demanio dello Stato” (e non del Consorzio di Bonifica dell’Arneo), sicché non assume rilievo ai fini di causa che gli artt. 61 e 65 del D. Lgs. n. 300 del 1999 e ss.mm. abbiano attribuito all'Agenzia del Demanio, ente pubblico, le funzioni di gestione ed amministrazione già assolte dal Ministero delle Finanze - Dipartimento del Territorio con successione della prima nella titolarità dei beni immobili patrimoniali dello Stato disponibili e indisponibili e di demanio storico - artistico non gestiti dal Mibact;dall’altro, la notifica presso l’Avvocatura dello Stato appare giustificata dal patrocinio legale dell’Agenzia assunto dalla stessa Avvocatura e deve in ogni caso ritenersi superata, quanto ai profili di sua eventuale nullità, dalla costituzione in giudizio dell’Ente.
3. Nel merito, il ricorso è, anche alla luce delle risultanze della Verificazione disposta da questa Sezione con ordinanza collegiale n. 367 del 4 marzo 2022, in parte, fondato e deve essere accolto nei sensi e limiti appresso precisati.
4. Con il primo motivo di gravame si lamenta l’illegittimità dell’impugnato decreto di esproprio per più concorrenti profili. Anzitutto, si evidenzia che lo stesso sarebbe privo di oggetto per sopravvenuta insussistenza del diritto di proprietà atteso che le ricorrenti, prima che il decreto definitivo di esproprio venisse emanato, avevano già proposto al T.A.R. con ricorso n. 2245/2015 la domanda risarcitoria, abdicando (come consentito da giurisprudenza allora consolidata) al proprio diritto dominicale in ragione delle concorrenti perdita di efficacia del decreto di occupazione d’urgenza e irreversibile trasformazione delle aree occupate.
Sotto altro profilo, si denuncia la violazione dell’art. 42 bis del D.P.R. n. 327 del 2001 e ss.mm. in quanto, ad avviso di parte ricorrente, il Consorzio resistente avrebbe esercitato, nel caso specie, l’ordinario potere di espropriazione in luogo di quello di acquisizione “sanante” (del quale sussisterebbero i presupposti) il quale, oltre a richiedere una preventiva valutazione degli interessi in conflitto e, quindi, una particolare motivazione (che nel caso sarebbe stata del tutto omessa), prevede maggiori tutele in favore del proprietario ablato riconoscendo a questi un ristoro volto a coprire “il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale” (previsto in particolare nel primo comma della disposizione citata) che ha indubbiamente natura risarcitoria dell’illecito subito e che non solo va “forfettariamente liquidato nella misura del 10% del valore venale del bene”, (primo comma), ma il cui pagamento, che va “disposto entro il termine di trenta giorni”, si pone quale “condizione sospensiva” del “passaggio del diritto di proprietà”. Si aggiunge, peraltro, che il Consorzio, così operando, avrebbe anche omesso di comunicare “il provvedimento di acquisizione …. entro trenta giorni alla Corte dei conti mediante trasmissione di copia integrale” (come espressamente previsto dal comma 7 dell’art. 42 bis del D.P.R. n. 327 del 2001 e ss.mm.), in tal modo inammissibilmente evitando che il plus risarcitorio previsto dal primo comma possa (a carico dei funzionari del Consorzio) assumere rilievo quale fonte di responsabilità amministrativo-contabile.
4. Con il secondo motivo di gravame si deduce la violazione dell’art. 13 comma 5 del D.P.R. n. 327 del 2001 che, secondo l’interpretazione costante datane dalla giurisprudenza amministrativa, consentirebbe all'Autorità, che ha dichiarato la pubblica utilità dell'opera, di disporre la proroga dei termini per l'emanazione del decreto di esproprio, prima della loro scadenza e per un periodo non superiore a due anni, solo nei casi di forza maggiore e di altre giustificate ragioni. In particolare, nel caso che occupa, come risulta dalla stessa deliberazione commissariale dell’11 febbraio 2015 n. 21, il termine finale di efficacia della originaria dichiarazione di pubblica utilità dell’opera scadeva il 21 settembre 2014, sicché la proroga sarebbe illegittimamente intervenuta a valle di tale scadenza. A ciò si aggiunge che la stessa deliberazione n. 21/2015 ometterebbe di allegare sia il caso di forza maggiore (che non avrebbe consentito l’emanazione del decreto di esproprio entro il termine finale di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità), né allegherebbe “altre giustificate ragioni”, tale non potendosi ritenere la circostanza che i lavori “sono ancora in corso e di prossima conclusione”, atteso che, come risulta dalla stessa deliberazione n. 21/2015, ben “n. 70 ditte hanno accettato l’indennità provvisoria di esproprio e solo 3” (tra cui le germane C), avevano formulato “richiesta di stima del bene ex art. 21 DPR 327/01 e designazione del tecnico di parte”. In ogni caso, secondo parte ricorrente, non vi sarebbe stata alcuna ragione a giustificare, con riguardo alla posizione delle ricorrenti, l’adozione del decreto definitivo di esproprio oltre il termine finale di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità e della disposta occupazione di urgenza.
6. Le suddette doglianze possono essere esaminate congiuntamente in ragione della stretta connessione tra loro esistente.
In particolare, appare fondata, con valore sostanzialmente assorbente delle altre doglianze, la formulata censura incentrata sulla violazione dell’art. 13 comma 5 del D.P.R. n. 327 del 2001 e ss.mm..
Ciò in quanto la proroga della dichiarazione di p.u. risulta essere stata disposta solo in data 11 febbraio 2015 e, quindi, dopo lo spirare dell’originario termine finale di efficacia previsto per il 21 settembre 2014.
Costituisce, per contro, jus receptum la regola di teoria generale per il quale la proroga del termine finale di un atto giuridico può essere disposta solo nella vigenza della sua forza giuridica e, quindi, non dopo che questo abbia perso di efficacia (momento dal quale è, al più, possibile, ove ne sussistano i presupposti, l’adozione ex novo di altro atto di identico contenuto – la cd. rinnovazione - con conseguente soluzione di continuità dal punto di vista delle conseguenze giuridiche).
Diversamente opinando, ove si ammettesse la possibilità, come avvenuto nel caso di specie, di disporre la proroga in via sanante ad atto scaduto, si consentirebbe di eludere il rispetto del termine di legge, così frustrando la ratio di garanzia che sottende alla previsione di un limite temporale per l’adozione del provvedimento finale ablativo.
A nulla rileva, peraltro, il carattere non recettizio del provvedimento di proroga, il quale “può produrre i propri effetti a prescindere dalla conoscenza che possa averne avuto il proprietario” (T.A.R. Lombardia - Brescia, Sezione II, 18/12/2012, n, 1976). Ciò in quanto, in disparte dal momento in cui la proroga è destinata a produrre effetti rispetto al soggetto inciso, l’accertata violazione del disposto dell’art. 13 comma 5 del D.P.R. n. 327 del 2001 e ss.mm. è destinata, in questa sede, a inficiare sul piano obiettivo ed in via derivata anche l’impugnato decreto di esproprio.
7. Va, pertanto, disposto, alla luce delle considerazioni appena svolte, l’annullamento dell’impugnato decreto di esproprio n. 164 del 20 settembre 2016 del Subcommissario del Consorzio di Bonifica dell’Arneo e della gravata delibera commissariale n. 21 dell’11 Febbraio 2015 (di proroga in via sanante della dichiarazione di p.u.).
8. Può quindi procedersi allo scrutinio della ulteriore domanda spiccata da parte ricorrente e volta ad ottenere la condanna del Consorzio di Bonifica dell’Arneo al risarcimento per equivalente del danno consistente nel valore venale delle aree trasformate e del soprassuolo (un fabbricato rurale di 76,39 mq.), nel mancato godimento delle aree predette per l’occupazione illegittima e nella diminuzione del valore della parte residua del fondo agricolo (in ragione della sua meno agevole coltivabilità), oltre a rivalutazione monetaria dal 21 settembre 2014 fino al deposito della sentenza ed interessi legali da questa al soddisfo.
8.1 La suddetta domanda è, in parte, fondata e va accolta nei limiti appresso precisati.
L’accertata illegittimità del decreto di esproprio ed il suo annullamento con effetti ex tunc consentono di ritenere che il Consorzio resistente abbia occupato sine titulo le aree di che trattasi determinandone l’irreversibile trasformazione a mezzo della realizzazione di un canale fiancheggiato da scarpate in pietrame.
Deve, quindi, essere certamente riconosciuto il risarcimento del danno da mancato godimento delle medesime per l’occupazione illegittima, quello consistente nella diminuzione del valore della parte residua del fondo agricolo (in ragione della sua meno agevole coltivabilità) e nella perdita del soprassuolo (un fabbricato rurale di 76,39 mq.).
8.2 Va, invece, esclusa la risarcibilità del valore venale del fondo occupato posto che, come chiarito dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 4 del 20 gennaio 2020, non trova cittadinanza nel nostro ordinamento (in subiecta materia) l’istituto della cd. “rinunzia abdicativa” sicché l’intervenuta proposizione della domanda di risarcimento, oltre a non determinare la cessazione dell’illecito permanente costituito dall’occupazione sine titulo dell’area, non importa la perdita della proprietà del fondo (che resta in capo all’originario dominus con conseguente obbligo della P.A. di restituire lo stesso o in alternativa di disporre la sua acquisizione sanante ex art. 42 bis del D.P.R. n. 327 del 2001 e ss.mm.).
8.3 Per ciò che attiene la quantificazione monetaria del danno può farsi riferimento alle risultanze della Verificazione disposta da questa Sezione con ordinanza n. 367 del 2022 così come compendiate nella relazione finale depositata in data 9 settembre 2022 (non apparendo, peraltro, condivisibili le contestazioni sul quantum sollevate dalla difesa del Consorzio resistente per le condivisibili ragioni indicate dal medesimo Verificatore).
In particolare, l’accertamento dell’entità̀ del danno patrimoniale (valore venale del soprassuolo, mancato godimento per l’occupazione illegittima delle aree, diminuzione del valore della parte residua del fondo agricolo) ammonta complessivamente ad € 16.761,08 con rivalutazione delle predette somme a partire dal 21 settembre 2014 al 31 luglio 2022 pari a € 2.061,61 e interessi legali calcolati per lo stesso periodo pari ad € 516,59. Ciò per un totale complessivo di € 19.339,28.
8.4 Appare, infine, irrilevante ai fini della determinazione del quantum risarcibile l’avvenuto deposito presso il M.E.F. delle indennità di espropriazione trattandosi di ristori economici riconosciuti a presidio di situazioni giuridiche diverse e legati a presupposti e finalità differenti, che non possono, come tali, essere portati a reciproca compensazione.
9. In conclusione, il ricorso è parzialmente fondato e va accolto in parte, nei sensi e nei limiti sopra precisati. Per l’effetto va, quindi, disposto l’annullamento dell’impugnato decreto di esproprio n. 164 del 20 settembre 2016 del Subcommissario del Consorzio di Bonifica dell’Arneo e della gravata delibera commissariale n. 21 dell’11 Febbraio 2015 (di proroga in via sanante della dichiarazione di p.u.) e la conseguente condanna del medesimo Consorzio al pagamento, a titolo di risarcimento del danno, in favore delle ricorrenti della somma complessiva di € 19.339,28.
10. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono ex art. 26 c.p.a. e 91 c.p.c. la soccombenza e sono, pertanto, da porre integralmente a carico del Consorzio resistente.
10.1 Si liquida, ai sensi del D.M. 30 maggio 2002, a titolo di compenso per l’attività espletata, in favore del Verificatore nominato Ing. Anna Maria Ro la somma complessiva di € 2.000,00 (duemila/00), oltre gli accessori di legge (se dovuti), la quale è posta integralmente a carico del resistente Consorzio di Bonifica dell’Arneo.