TAR Bari, sez. II, sentenza 2013-06-26, n. 201301022

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. II, sentenza 2013-06-26, n. 201301022
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 201301022
Data del deposito : 26 giugno 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01840/2012 REG.RIC.

N. 01022/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01840/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1840 del 2012, proposto da:
Diaverum Italia S.r.l., rappresentata e difesa dagli Avv.ti S G, F M e L L, con domicilio eletto presso il secondo, in Bari, via Quintino Sella n. 40;

contro

Azienda Sanitaria Locale Bari, rappresentata e difesa dall'Avv. Edvige Trotta presso la quale elegge domicilio, in Bari, Lungomare Starita n.6;

Regione Puglia, in persona del Presidente della giunta pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avv. M G presso il quale elegge domicilio, in Bari, Settore Legale Regione Puglia, lungomare N.Sauro n. 31;

nei confronti di

C.B.H. Città di Bari Hospital S.p.A.;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
Regina Moscato, Maria Belcastro, Cosimo Granvilla, Antonio Lucchese, Maria Pignatale, Domenico Ciraci, Cosima Scarnera, Lucia Masella, Annunzuata Carrieri, Anna De Vita, Giovanni Ferola, Nicola Fago, Gemma Gadaleta, Carolina Pisanelli, Giuseppe Calabretti, Pietro Albanese, Stefano Colella, Eupremio Danzi, Cataldo Di Taranto, Francesco Lemma, Leonardo Ricchitelli, Pietro Cafueri, Franco Prosdocimi, Raffaele Fornaro, Edwige Lerario, Lucrezia Basile, Angelo Nesca, Cosimo Vernaglione, Fabio Presta, Irene Carbotti, Genesia Santoro, Elena Ruggiero, Francesco Rubino, Anna Basile, Carmelo Giannuzzi, Giovanni De Bartolomeo, Giuseppina Magrì, Francesco Esposito, Fiorella Laterza, Salvatore Bimbola, Giovanni Lenti, Bruno De Santis, Luigi Marra, Gioacchino Galeandro, Lucia Colella, Loreta Laregina, Maria Marinelli, Paola Nobile, Vittorio Resta, Anna Antonacci, Vito Modesto Natuzzi, Giuseppina Lella, Angelo Marvulli, Francesco De Candia, Angela Laquale, Maria Ardito, Giuseppe Diana, Abramo Fortunato, Rosa Giannelli, Anna Santa Ventricelli, Vito Masielli, Filippo Angelillo, Erasmo Difonzo, Raffaele Santoro, Domenico Topputi, Saverio Solazzo, Vito Antonio Cinquepalmi, Donato Squicciarini, Vito Laterza, Giovanni Pannarale, Pietro Orofino, Giovanni Colangelo, Pietro Ninni, Maria Addolorata De Rosa, Giambattista Bellisario, Giuseppe Sblendorio, Irene Angelillo, Gerardo Pietrafesa, Vita Carmine Arragone, Enzo Valentini, Nicola Calzolaio, Isabella Nettis, Concetta Michielli, Rosa Flace, Giuseppe Tassielli, Vito Rocco Flace, Angelo Vito Lassandro, Rosa Petruzzellis, Angelo Michele Campanella, Giuseppe Fanelli, Domenica Lattanzi, Chiara De Meo, Giovanni Orlando, Tobia Pulone, Ferdinando Colapinto, Rocco Montrone, Pietro Nocchiere, Raffaele Bitetto, Amarildo Jaubashi, Antonio D'Ippolito, Desiderata Taccogna, Donato Preziosa, Giovanni Guzzo, Alberto Abiuso, Maria Teresa Leone, Giovanni Iannone, Camilla Salatino, Caterina Carone, Antonia Gernone, Giovanni Sciuto, Saverio Belsito, Michele Sannicandro, Francesco Moretti, Lorenzo Potenza, Maria Spada, Alberto Sgobba, Benito Volpicella, Giovanna Palladino, Vittorio Minoia, Domenica Campobasso, Guglielmo Rizzi, Filippa Massari, Ventura Semeraro, Ettore Emiliano, Giuseppe Vacca, Matteo Melchiorre, Rozina Kabali, Angela Monacelli, Maria Orlando, Michelangelo De Carne, Angela Lopez, Antonio Diliso, Antonio Giacovelli, Alfonso Magnifico, Nicola Lanzone, Francesco Loizzi, Pasqua De Roma, Antonino Migliardi, Angela Murro, Michele Carone, Raffaele Alfonso, Luigi Bruno, Donato Antonio De Rosa, Rosa Livrieri, Saverio De Marzo, Irma Fava, Grazia Gambacorta, Vincenzo Trotta, Antonio Marinelli, Angela Cavalluzzi, Pasqua Fiore, Angela Piccarreta, Onofrio Giannelli, Ida Barba, Alfonsa Alampi, Filomena Romanelli, Leonardo Iacovazzi, Cosimo D'Aluiso, Isabella Catacchio, Giovanni Cuccovillo, Antonio Pantaleo, Anna Pannoli, Raffaele Mazzocca, Carmela Pisani, Antonio Ponzio, Gennaro Santoro, Saverio Solitario, Maria Giorgio, Roberto Nuovo, Felice Rotolo, Michele Pantaleo, Maria Volpe, Antonia Mastrorosa, Francesco Casadibari, Italo Muci, Cosimo Conversano, Luigi Spada, Salvatore Allegro, Lucia Tondo, Luigi Giurgola, Antonia Polimeno, M. Rosa Vadacca, Lucia Maria Dell'Anna, Giuseppa Santoro, Giuseppa Bianco, Luigi Venturelli, Ernestina Caranfa, Mor Ngom, Mario Attanasio, Giancarlo Lerario, Giuseppina Maggipinto, Maria Francesca Renis, Stefano Leggiero, Gilda Guerriero, M. Luisa Marchello, Harnek Singh, Loredana Ascanio, Chandram Sellan, Antonietta Muci, Francesco Ferraro, Maria Carmina Costa, Antonella Filoni, M. Rosaria Ranco, Domenico Mangialardo, Elio Della Notte, Liunturje Dzemaili, Fabio Perrone, Alfonso Tarantino, Irene Moscagiuri, Luigi Della Tommasa, Bianca Forte, Senthilvel Selliah, Antonio Quarta, Rolando De Carlo, Pompilia Selleri, Silvana Spedicato, Rosina Leccese, Carmina Chirizzi, A. Teresa Paglialunga, Giuseppe Fiocca, Italia Cosma, Giovanna Alemanno, Nicola Montesano, Luigi Weber, Gabriella Cretì, Rita Chittani, Silvio Parisi, Antonio Chiriatti, Renato Cafaro, Francesco Guido, Antonio Calò, Carmine De Benedittis, Consiglia Quarta, Giuseppe Rizzo, Elena Petracca, Santo De Blasi, Luigi Valerio Nicolì, Pasquale Cataldo, Lorenza Parisi, Carmelo Greco, Carmela Gallina, Annarita D'Aversa, Luigi Della Fortuna, Tobia Lapolla, Mario Luigi Calò, Romelia Zollino, Giuseppa Mazzotta, Marco Rolli, Emanuele Arcuti, Giacomo Chiriatti, Salvatore De Stafano, M. Rosaria Conte, Margherita De Matteis, Giuseppe D'Introno, Serafino Loiodice, Gaetano Antonio Marinaccio, Antonio Molinini, Franceschina Mascoli, Nunzio Di Bartolomeo, Pietro Savino, Vincenza Scaringella, Grazia Guglielmi, Teresa Mastromauro, Francesco Papagno, Giuseppe Musto, Teresa Saragaglia, Pietro Domenico Ferrara, Giacchino Grimaldi, Najat Boudra, Michele Porro, Florian Stanica Sandu, Giuseppe Fascilla, Benedetto Bruno, Maria Cianci, Sotiria Giuolaki, Michele Sinisi, Domenico Cavuoto, Maria De Chirico, Fedele Mastrodonato, Vincenzo Zingaro, Franceso Cantatore, Leonillo Algherini, Vincenzo Bucci, Berardino Lombardi, Pompea Miccoli, Michela D'Amicis, Francesca De Carolis, Filomena Santoro, Maria Fanigliulo, Giuseppe Trippiedi, Pasqualina Margherita, Vito Antonio Schiavone, Giuseppe Vecchio, Salvatore Aquaro, Maria Carrieri, Palma Pierri, Giuseppe Antonazzo, Michele Venneri, Pietro Galeone, Giuseppe Urso, Antonio Cafforio, Francesco Petraroli, Ciro Vincenzo Blasi, Antonio Capone, Maria Giovanna Ruggieri, Caterina Micalizzi, Antonia Cometa, Arcangelo Cordella, Vittorio Calabrese, Giuseppe Bucci, Luigi Manco, Vincenzo D'Agnano, Rosa Rizzo, Giuseppe De Falco, Vita Vlente, Salvatore Brina, Cosimo Ruggiero, Vito Oronzo Massaro, Cosimo Barella, Angela De Cenzo, Davide Di Serio, Fiorentino Calò, Cosimo De Michele, Rosa Cisaria, Pietro Epifani, Maria Carmela Carrieri, Giuseppe Sardelli, Giovanna Lamarina, Salvatore Simini, Giovanni Laritonda, Giuseppe Urso, Giovanni Putignano, Donato Morleo, Giovanni Errico, Liliana Tauro, Concetta Ciracì, Angela De Carlo, Carmelo Pagliara, rappresentati e difesi dall'Avv. Ebe Guerra presso il quale eleggono domicilio, in Bari, via Abate Gimma n. 30;

per l'annullamento

1) della nota prot. AOO151/9898 datata 19 settembre 2012, con cui la Regione Puglia, in relazione alle condizioni di erogabilità delle prestazioni dialitiche rese in regime ambulatoriale a favore di pazienti uremici cronici e ai fini della determinazione dei volumi e delle tipologie delle prestazioni sanitarie erogabili dalle strutture private in regime di convenzionamento con il servizio sanitario regionale, ha impartito direttive alle Aziende sanitarie;

2) della nota prot. 162851 in data 11 ottobre 2012, con cui l’Azienda Sanitaria Locale di Bari ha recepito le predette direttive regionali ed ha comunicato alla Diaverum S.r.l. che le prestazioni contrassegnate con la lettera “H” di cui al D.M.. 22 luglio 1996 sono erogabili solo presso ambulatori protetti, ossia presso ambulatori situati nell’ambito di istituti di ricovero ospedaliero e/o case di cura private accreditate che erogano prestazioni di dialisi, afferenti alle unità operative di nefrologia, individuate dalla deliberazione di Giunta regionale n. 813 del 2006, e che il limite di cui all’art. 4, terzo comma, della legge regionale n. 4 del 2010 deve intendersi riferito sia ai nominativi che al numero dei soggetti presenti alla data del 31 dicembre 2009, sicché le strutture che erogano prestazioni dialitiche non possono prendere in carico ulteriori pazienti rispetto a quelli già rilevati al 31 dicembre 2009 sia nominativamente che numericamente, se non richiesti i nulla osta da parte dell’Azienda in cui insistono le strutture;

3) di tutti gli atti presupposti e consequenziali ed in particolare, ove occorra e nei limiti di interesse, delle deliberazioni di Giunta regionale n. 2019 del 2009, n. 899 del 2010 e n. 813 del 2006;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Azienda Sanitaria Locale Bari e della Regione Puglia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 maggio 2013 il dott. M P e uditi per le parti i difensori presenti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con atto n. 9898 del 19 settembre 2012 del Dirigente il Servizio Programmazione e Assistenza Ospedaliera e Specialistica, la Regione Puglia, con riferimento all’erogazione di prestazioni dialitiche in regime ambulatoriale in favore di pazienti uremici cronici, rammentava ai Dirigenti Generali delle Aziende Sanitarie Regionali che dette prestazioni dovevano considerarsi “ soggette a specifiche condizioni di erogabilità ” e che, pertanto, quelle previste dal D.M. 22 luglio 1996 e contrassegnate dalla lett. H, potevano essere erogate unicamente “ c/o ambulatori protetti ossia presso ambulatori situati nell’ambito di istituti di ricovero ospedaliero ” come prescritto dallo stesso D.M. richiamato, pena l’esclusione dalle procedure di liquidazione.

Con il medesimo provvedimento, l’Amministrazione richiamava i destinatari al rispetto dell’art. 7, comma 3, della L.R. n. 4/2010, a norma del quale “ nelle more del completamento della rete dialitica pubblica previsto dalla legge regionale 19 settembre 2008, n. 23 (Piano regionale di salute 2008- 2010) e dalla deliberazione della Giunta regionale 27 ottobre 2009, n. 2019 (Approvazione Rete dialitica per l'assistenza ai nefropatici cronici per il triennio 2009-2011), i direttori generali sono autorizzati a stipulare, con le strutture di cui al comma 1, accordi contrattuali per volumi e tipologie di prestazioni dialitiche sino alla concorrenza del rapporto ottimale di 3,5 pazienti per posto rene accreditato e per tre trattamenti settimanali per paziente, salvo esigenze cliniche di particolare rilievo documentate, nei limiti del numero di pazienti che risultino già in carico alla data del 31 dicembre 2009 ”.

In caso di superamento di detto rapporto ottimale alla data individuata, veniva prevista la remunerazione delle prestazioni applicando una regressione tariffaria pari al 30% (come previsto dall’art. 7, comma 3, seconda parte, della L.R. n. 4/2010) con la precisazione che “ gli accordi contrattuali per gli anni successivi andavano annualmente adeguati in ragione del venir meno dei pazienti in trattamento al 31/12/2009 e comunque nei limiti della potenzialità ergativa massima di ogni struttura ” e con l’ulteriore limitazione dell’impossibilità di presa in carico di “ ulteriori pazienti rispetto a quelli già rilevati, sia nominativamente che numericamente, alla data del 31/12/2009 ”.

Con nota n. 162851 dell’11 ottobre 2012 indirizzata alla ricorrente, l’Azienda Sanitaria Locale BA (ASL), precisando i contenuti della richiamata nota n. 9898, ribadiva la necessità che le prestazioni in argomento dovessero essere erogate unicamente presso ambulatori protetti da individuarsi unicamente in quelli situati nell’ambito di Istituti di ricovero ospedaliero ed in quelli situati presso Case di Cura Private accreditate che erogano prestazioni di dialisi, afferenti alle Unità Operative di Nefrologia individuate dalla D.G.R. n. 813/2006.

Quanto alla possibilità di presa in carico di pazienti ulteriori rispetto alle consistenze al 31 settembre 2009, l’ASL precisava che detto limite doveva intendersi riferito tanto al numero di soggetti a quella data in cura, quanto ai nominativi dei medesimi con possibilità di deroga unicamente previo “ nulla osta da parte dell’Azienda in cui insistono le strutture, dopo aver valutato il pieno utilizzo dei posti dialisi afferenti alle strutture che fanno parte della rete dialica pubblica e di cui alla DGR n. 2019/2009 e n. 899/2010 ”.

Nell’occasione veniva anticipato che eventuali ammissioni non autorizzate eccedenti il limite imposto, avrebbero dato corso a procedure di recupero degli importi richiesti.

La ricorrente, limitata nell’esercizio delle proprie attività in quanto, nonostante la prolungata erogazione delle prestazioni in questione, non rientrerebbe nella definizione di “ ambulatorio protetto ” così come non sarebbe ricompresa nei soggetti individuati con D.G.R. n. 813/2006, impugnava, con contestuale richiesta di sospensione, i provvedimenti in epigrafe specificati, deducendo:

l’illegittimità dell’applicazione della disciplina del D.M 1996, da ritenersi superata dalla normativa di rango regionale sopravvenuta;

l’illegittimità per contrasto con l’art. 7 della L.R. n. 4/2010 della riserva di erogazione delle prestazioni “ H ” in favore delle sole strutture accreditate ex D.G.R. n. 813/2006;

violazione dell’art. 7 della L. n. 241/1990 per omessa comunicazione dell’avvio del procedimento teso all’imposizione di limitazioni incidenti su attività esercitate in forza di pregresso accordo convenzionale;

violazione del principio di libera scelta dell’utente fra struttura pubblica e privata, nonché, difetto di istruttoria in relazione alla mancata preventiva verifica della capacità della rete pubblica ad assorbire i volumi prestazionali delle strutture estromesse;

l’illegittimità per contrasto, sotto altro profilo, con l’art. 7 della L.R. n. 4/2010 e con l’art. 8 bis del D. Lgs. n. 205/1992 del divieto di presa in carico di pazienti non compresi negli elenchi nominativi degli assistiti alla data del 31 dicembre 2009.

La Regione Puglia e l’ASL BA si costituivano in giudizio con memorie di identico contenuto (v. memorie depositate il 17 gennaio 2013 dalla Regione e il 5 aprile 2013 dalla ASL) confutando le avverse doglianze e chiedendo la reiezione del ricorso.

Con atto di intervento ad adiuvandum depositato il 14 gennaio 2013, si costituivano i pazienti in cura presso le sedi della ricorrente, in epigrafe elencati, sostenendo il fondamento delle censure formulate dalla ricorrente.

Nella camera di consiglio del 17 gennaio 2013 veniva accolta l’istanza cautelare sul presupposto del grave pregiudizio incombente sulla ricorrente e, in via mediata, sui pazienti al momento in cura presso le strutture dalla medesima gestite, in ragione della perdurante efficacia delle determinazioni oggetto di contestazione.

All’esito della pubblica udienza del 16 maggio 2013, la causa veniva trattenuta in decisione.

In ossequio ad esigenze di priorità logica, il collegio procede allo scrutino del terzo motivo di ricorso nella parte in cui viene dedotta l’illegittimità dell’omessa comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 della L. n. 241/1990.

La doglianza è fondata.

Con tale capo di impugnazione la ricorrente afferma che la comunicazione omessa si sarebbe resa necessaria, nel caso di specie, in quanto i provvedimenti impugnati travolgerebbero i diritti acquisiti dalla Società in forza della convenzione datata 24 febbraio 2012, che consente l’erogazione presso i propri centri di prestazioni dialitiche “ H ” senza limitazione alcuna.

L’art. 1 di detta convenzione, rubricato “ Oggetto del contratto ”, infatti, prevede che la ricorrente, “ essendo in possesso dell’autorizzazione all’esercizio per l’espletamento all’attività di dialisi, si impegna ad erogare … le prestazioni sanitarie complete, relative alla branca specialistica di dialisi in regime ambulatoriale, con oneri a carico del SSR ”.

La contestata omissione ha leso i diritti partecipativi della ricorrente impedendole di intervenire nella formazione della volontà dell’Amministrazione già in fase procedimentale rappresentando in contraddittorio le proprie ragioni a difesa dell’assetto di interessi già consolidatosi in ragione di una prassi risalente e della stipula della convenzione

Una particolare esigenza di completezza nel processo di acquisizione preventiva degli interessi coinvolti derivava ulteriormente dalle peculiarità proprie della materia, afferente a prestazioni c.d. salva vita che, notoriamente, incidono su delicati profili psicologici del paziente titolare di un qualificato interesse alla continuità del trattamento terapeutico.

Profilo questo ben esposto e supportato sotto il profilo scientifico dagli odierni intervenienti.

La censura è dunque fondata.

Il collegio procede, di seguito, allo scrutinio delle censure di natura sostanziale.

La Regione Puglia, con provvedimenti adottati nel 2012, innovando una prassi consolidata, ha disciplinato l’erogazione delle prestazioni dialitiche in ambito privato introducendo delle limitazioni in applicazione di una fonte normativa statale risalente all’anno 1996, che la ricorrente assume non essere mai stata applicata nei propri confronti e che, in ogni caso, ritiene essere stata superata dalla sopravvenuta normativa di rango regionale.

La ricorrente, che si qualifica come soggetto operante nel settore sanitario nazionale e che negli 8 centri di dialisi ambulatoriali presenti in Puglia, dei quali 3 nel distretto della ASL BA, assiste oltre 500 pazienti svolgendo circa il 46% delle complessive attività dialitiche private del territorio regionale, premette che in data 24 febbraio 2012, nella qualità di soggetto “ accreditato e/o autorizzato ad erogare prestazioni dialitiche per il numero di posti tecnici autorizzati all’esercizio alla data di entrata in vigore della deliberazione di Giunta Regionale 30 settembre 2002, n. 1412 ”, ha sottoscritto con l’ASL BA un “ contratto per l’erogazione ed acquisto di prestazioni dialitiche da parte di Strutture sanitarie per l’anno 2012 ” presso i centri Acquaviva delle Fonti, Bari e Corato per un totale di 58 posti rene autorizzati e n. 185 pazienti.

Detto contratto, come emerge dalla lett. f) dell’art. 5, presupponeva “ l’avvenuta presentazione entro il 31/12/2010, della domanda di accreditamento alla Regione Puglia, unitamente all’autocertificazione del possesso dei requisiti minimi ed ulteriori fissati dai RR.RR. n. 3/2005 e n. 3/2010 e s.m.i. ”.

Quanto ai profili lesivi imputabili alla serie provvedimentale impugnata, che la ricorrente ritiene palesino l’illegittimità dell’agire amministrativo e conferiscano fondamento ai suesposti motivi di ricorso, la ricorrente espone che per effetto delle determinazioni assunte dall’Ente regionale non potrà più erogare le prestazioni dialitiche contrassegnate dalla lett. H, in quanto non versa nella condizione di “ ambulatorio protetto ”, né rientra fra i soggetti privati di cui alla DGR n. 813/2006 e che dovrà astenersi, altresì, dal trattamento di pazienti nominativamente diversi da quelli già in cura presso le proprie strutture al 31 dicembre 2009.

La ricorrente precisa ulteriormente, e la circostanza non trova smentita nelle difese delle resistenti, che in forza della richiamata convenzione, ed anche in epoca precedente, ha costantemente erogato le prestazioni dialitiche di cui al D.M. 22 luglio 1997, comprese quelle contrassegnate dalla lettera “H”.

Nello specifico, con il primo motivo di ricorso, la ricorrente deduce che l’Amministrazione avrebbe agito sull’errato presupposto che dovesse considerarsi tuttora attuale quanto disposto dall’art. 1, comma 2, lett. a) del DM 1996 in base al quale le prestazioni “ contrassegnate con la lettera "H" ” poiché “ soggette a specifiche condizioni di erogabilità ” dovevano considerarsi “ prestazioni erogabili solo presso ambulatori protetti, ossia presso ambulatori situati nell'ambito di istituti di ricovero ospedaliero ” o presso case di cura accreditate così come precisato con circolare ministeriale n. 100/SCPS/21.4075 dell’1 aprile 1997.

La richiamata disciplina ministeriale, evidenzia la ricorrente, era coerente con i contenuti dell’ormai superato Piano Sanitario Nazionale 1994-1996 (PSN) di cui al D.P.R. 1 marzo 1994, che operava una non più attuale distinzione fra le strutture interessate alla prestazione di trattamenti dialitici basata sulla tipologia dell’assistenza medica, ovvero, sulla continuità o meno della presenza di personale medico.

Le Amministrazioni resistenti, formulando difese speculari, evidenziano che l’erogazione delle prestazioni dialitiche sarebbe tuttora disciplinata dal D.M. 1996 e che, pertanto, sarebbe tuttora operante la limitazione prevista in relazione a quelle contrassegnate dalla lettera “ H ” che sarebbe riservata alle strutture ospedaliere o assimilate nei sensi sopra esposti.

Ciò in quanto nulla sarebbe stato innovato dai regolamenti regionali n. 3/2005 e 3/2010 che avrebbero mantenuto il criterio di distinzione basato sui diversi livelli di assistenza rendendo irrilevante, ai fini della ricostruzione normativa operata dalla ricorrente, l’intervenuta generalizzazione dell’obbligo di garantire la presenza del medico in costanza di trattamento presso tutte le tipologie di struttura.

La censura è fondata.

Deve, infatti, ritenersi corretta la affermata coerenza della distinzione in questa sede contestata con i contenuti del PSN 1994-1996 il cui punto 5.C.3, in tema di prestazioni dialitiche, suddivideva i servizi nei seguenti 4 livelli:

- centri ospedalieri ad elevata assistenza finalizzati al trattamento dei pazienti di particolare complessità;

- strutture decentrate in altre sedi ospedaliere funzionalmente aggregate alle unità operative di nefrologia di riferimento;

- strutture ad assistenza limitata finalizzate al trattamento di pazienti addestrati all’autogestione che non richiedano la presenza costante di personale medico;

- attività di dialisi domiciliare.

Le attività non domiciliari (la quarta tipologia non è d’interesse nel presente giudizio) venivano, pertanto, distinte in base al criterio del livello di assistenza assicurato, fra quelle allocate in ambito ospedaliero e, quindi, con assistenza garantita in via continuativa dalla presenza costante di personale medico e quelle ad assistenza limitata prive di tale supporto.

Così specificata la ratio della limitazione introdotta dal D.M. 1996 in tema di prestazioni “ H ”, era da ritenersi assolutamente ragionevole che le limitazioni imposte all’erogazione di dette prestazioni non operassero con riferimento alle strutture ospedaliere, ancorché decentrate, ma incidessero unicamente sulle attività degli ambulatori esterni, in quanto non dotati di una costante assistenza medica.

Del resto che, in quell’ottica, l’elemento rilevante fosse rappresentato dalla continuità dell’assistenza da parte di personale medico e non dalla natura ospedaliera della struttura in sé, è confermato indirettamente dalla circostanza che il DM 1996 equiparava a queste, ai fini in esame, le case di cura accreditate, che strutture ospedaliere non sono ma che garantiscono, tuttavia, una costante assistenza medica.

Altro e decisivo elemento a favore della tesi che individua il criterio discretivo nella tipologia dell’assistenza medica si ricava ulteriormente dallo stesso D.M. del 1996, laddove elencando, in allegato 1, le prestazioni erogabili in presenza del medesimo trattamento, non sempre prevede la classificazione “ H ” che comporta l’assoggettabilità a specifiche modalità di erogazione.

Si veda la “ dialisi in acetato o bicarbonato ” che, quando identificata dal codice 39.95.1, viene contraddistinta dalla lettera “ H ”, mentre la stessa “ Emodialisi in acetato o in bicarbonato domiciliare ” identificata dal codice 39.95.2, non reca l’ulteriore segno distintivo “ H ”.

Al diverso codice corrisponde, pur in presenza della stessa prestazione, un diverso importo di rimborso (superiore in caso di lettera “ H ”), che non può che essere posto, nella illustrata logica di allora, in relazione ai diversi costi di gestione delle strutture “ protette ”.

Allo stesso modo si veda la “ Emofiltrazione con membrane a permeabilità elevata ” che presenta la lettera “ H ” con codice 39.95.5 e non anche in caso di erogazione in assistenza limitata, con codice 39.95.6.

Quanto rilevato evidenzia come l’assoggettabilità a particolari modalità di erogazione, e quindi la necessità che la dialisi venisse erogata in ambulatorio protetto, non sia in funzione della particolarità della struttura in sé, potendo come visto essere erogata anche ambulatorialmente, ma della tipologia di assistenza, come palesato dalla stessa terminologia utilizzata dai redattori del D.M. 1996, che distingue le identiche prestazioni (apponendo o meno la lettera “ H ”) a seconda che siano erogate in ambito protetto, “ domiciliare ” (v. “ Emodialisi in acetato o in bicarbonato domiciliare ”) o in ambiti ad “ assistenza limitata ” (v. “ Emofiltrazione con membrane a permeabilità elevata ”).

La posizione espressa trova ulteriore conferma ove si abbia riguardo ai contenuti dispositivi del R.R. n. 3/2005 (non modificato sul punto dal successivo R.R. n. 3/2010) che, al punto B.01.04, dopo aver stabilito che “ la dialisi è un trattamento terapeutico ambulatoriale per pazienti affetti da insufficienza renale in fase uremica che può essere effettuato in ambito extraosppedaliero e intraospedaliero ”, ha dapprima riformulato la classificazione delle attività dialitiche non più in quattro livelli, ma nei seguenti tre:

- ad elevato impegno assistenziale presso U.O. di dialisi in grado di garantire per tutti i giorni dell’anno assistenza dialitica 24 ore su 24;

- a medio impegno assistenziale, presso centri dialisi ad assistenza decentrata;

- a basso livello assistenziale presso centri dialisi ad assistenza limitata,

e, nel contempo, ha previsto a carico di tutte le strutture interessate a prestazioni dialitiche, indipendentemente dal livello assistenziale, l’obbligo di garantire almeno un medico nefrologo ogni 16 pazienti afferenti al struttura, un infermiere ogni 3, un ausiliario OTA-OSS ogni 10, nonché 3 medici specialisti in nefrologia per ogni modulo di 6 reni artificiali.

Ma quel che più rileva, a sostegno della inattualità delle distinzioni operate dal D.M. 1996, è che è stato previsto l’obbligo di presenza del medico durante l’esecuzione del trattamento.

Ciò non consente, quindi, di poter considerare attuale la distinzione operata dal PSN 1996 sulla base della tipologia di assistenza medica, atteso che non è più possibile oggi effettuare prestazioni di dialisi presso strutture che, ancorché definibili ad assistenza limitata, non dispongano della presenza costante di personale medico durante il trattamento.

L’elemento distintivo fra centri ad elevata, media e bassa assistenza, nella vigenza della normativa regionale sopravvenuta é invece individuabile, più che in base a parametri organizzativi, a particolari connotazioni strutturali o alla idoneità della struttura al trattamento di particolari stati patologici del paziente.

A mero titolo esemplificativo si richiamano le prescrizioni poste a carico dei centri ad elevata assistenza, circa la necessaria disponibilità di locali destinati “ alle urgenze ed al trattamento dei casi di insufficienza renale acuta;
sala per interventi di chirurgia per accessi vascolari e peritoneali o in alternativa sala operatoria nel presidio
” o, con riferimento ai centri ad elevata e media assistenza, di “ locali per addestramento alla dialisi domiciliare e attrezzature per l’effettuazione della dialisi peritoneale ”, nonché, per i centri a medio e basso livello assistenziale, la predisposizione di protocolli di gestione delle emergenze cliniche che includano “ il trasferimento del paziente in struttura di ricovero in caso di necessità ”.

Preso atto che l’assistenza medica continua, almeno con riferimento ai periodi di trattamento, non è più una prerogativa della struttura ospedaliera o assimilata, deve ritenersi in contrasto con i canoni di logicità e ragionevolezza mantenere in vigore un criterio distintivo dipendente dalla sola tipologia strutturale, discriminando quelle ambulatoriali.

Con il secondo motivo, la ricorrente deduce l’illegittimità, per contrasto con l’art. 7 della L.R. n. 4/2010, della nota ASL BA dell’11 ottobre 2012 nella parte in cui limita la possibilità di erogare le prestazioni dialitiche “ H ” alle sole strutture accreditate individuate con D.G.R. n. 813/2006.

La posizione è contrastata dalle resistenti, che affermano la legittimità dell’esclusione della ricorrente dalla possibilità di assicurare prestazioni “ H ” sul presupposto che la ricorrente non rientra fra i soggetti accreditati, ma opera in virtù di una autorizzazione in deroga all’art. 8 quater del D. Lgs. n. 502/1992.

A tal proposito si rende necessaria una breve ricognizione delle fonti regolanti la materia a livello regionale.

Con D.G.R. n. 2019 del 27 ottobre 2009, recante “ Approvazione rete dialitica per l’assistenza ai neuropatici cronici per il triennio 2009-2011 ”, la Regione ha predisposto il “ Piano della salute e la qualificazione dell’assistenza nefrologica ” (All. 1) proponendosi quale obiettivo programmatico “ il pieno utilizzo della rete dialitica pubblica esistente ” (punto A, lett. e).

La medesima delibera richiama il D. lgs. n. 502/1991 laddove prevede la possibilità di ricorrere agli istituti dell’autorizzazione e dell’accreditamento previa valutazione “ delle necessità assistenziali connesse al fabbisogno programmato dei servizi e prestazioni ed in rapporto al volume ed alla qualità delle stesse ”;
il R.R. n. 3/2005 che definisce i “ requisiti minimi per l’autorizzazione e quelli ulteriori per l’accreditamento delle strutture sanitarie ” ed il R.R. n. 3/2006 ove si prevede che “ il fabbisogno di Posti tecnici (Reni artificiali) è rinviato a specifico piano di settore … ” .

La delibera contiene, altresì, la precisazione che “ ai fini dell’accreditamento delle strutture di dialisi, il numero di posti tecnici da accreditare è funzionale alla garanzia di prestazioni da erogare in favore dei cittadini in trattamento emodialitico, secondo una rigorosa valutazione epidemiologica del bisogno sanitario …” e che “ la concessione dell’autorizzazione alla realizzazione ed, eventualmente, all’esercizio dell’attività dialitica non possa prescindere da una valutazione coerente rispetto ai servizi da accreditare e con i quali è possibile stipulare accordi e contratti, in considerazione della peculiarità del trattamento emodialitico, che è prestazione necessaria quoad vitam” (All. A, punto B1).

In altri termini, con il provvedimento in questione la Regione ha specificato le proprie azioni programmatiche prevedendo “ l’obiettivo di consentire l’immissione di tutti i nuovi pazienti presso le strutture pubbliche di dialisi e di favorire eventualmente la presa in carico di pazienti gestiti presso altre strutture [che] deve essere conseguito dall’Azienda facendo ricorso, ove necessario e nelle more dell’adeguamento degli organici, agli strumenti contrattuali per l’incentivo della produttività a favore dell’Azienda col fine di ottimizzare il rapporto di utilizzazione delle macchine e di rendere possibile l’attivazione del terzo turno giornaliero per venire incontro alle esigenze dei pazienti che ne vogliano fruire ”. (All. A, punto D1)

Con successiva D.G.R. n. 899 del 25 marzo 2010 la Regione, specificando la portata del riportato punto D1 della D.G.R.. n. 2019, ha chiarito che “nella rete dialitica pubblica devono intendersi ricomprese le strutture di dialisi afferenti alle Unità Operative di Nefrologia degli enti equiparati (Enti Ecclesiastici – IIRCCS privati) e delle case di Cura private accreditate individuate dalla D.G.R. n. 813/2006, concernente le preintese, per l’esercizio dell’attività di ricovero e cura per acuti nella disciplina di Nefrologia ”.

Il richiamato contesto normativo è chiaro nel delineare un sistema di erogazione fondato su una generalizzata preferenza per una gestione dei servizi dialitici accentrata presso le strutture pubbliche cui, ai fini in esame, vengono equiparate le sole “ Case Cura private accreditate individuate dalla D.G.R. n. 813/2006 ”.

Si tratta, tuttavia, di un modello destinato ad operare a regime una volta conseguito l’obiettivo programmatico della realizzazione della “ rete dialitica pubblica ” (che, ad oggi, le resistenti non comprovano essere stata già realizzata).

Di ciò ne è consapevole il legislatore regionale che con L.R. n. 4/2010, nelle more della realizzazione di detta “ rete pubblica ”, in evidente considerazione della necessità di garantire la continuità terapeutica dei trattamenti in atto, ha previsto e disciplinato un regime transitorio.

L’art. 7, comma 1, della citata L.R. n. 4/2010 prevede che “ le strutture dialitiche private possono essere accreditate, fermo restando il possesso dei requisiti minimi e ulteriori stabiliti dal regol. reg. 3/2005, per il numero di posti tecnici autorizzati all'esercizio alla data di entrata in vigore della deliberazione della Giunta regionale 30 settembre 2002, n. 1412 (D. lgs. 502/1992 e successive modifiche e integrazioni) ”.

Il secondo comma precisa ulteriormente che “ per l'applicazione di quanto disposto al comma 1, le strutture di dialisi private presentano, entro il 31 marzo 2010, domanda di accreditamento alla Regione - Assessorato alle politiche della salute - Servizio programmazione e gestione sanitaria, autocertificando il possesso dei requisiti minimi e ulteriori fissati dal regol. reg. 3/2005 ”.

Infine il terzo comma dispone che “ nelle more del completamento della rete dialitica pubblica previsto dalla legge regionale 19 settembre 2008, n. 23 (Piano regionale di salute 2008- 2010) e dalla deliberazione della Giunta regionale 27 ottobre 2009, n. 2019 (Approvazione Rete dialitica per l'assistenza ai nefropatici cronici per il triennio 2009-2011), i direttori generali sono autorizzati a stipulare, con le strutture di cui al comma 1, accordi contrattuali per volumi e tipologie di prestazioni dialitiche sino alla concorrenza del rapporto ottimale di 3,5 pazienti per posto rene accreditato e per tre trattamenti settimanali per paziente, salvo esigenze cliniche di particolare rilievo documentate, nei limiti del numero di pazienti che risultino già in carico alla data del 31 dicembre 2009. Per garantire in via transitoria l'erogazione di prestazioni in favore di tutti pazienti in carico alla data del 31 dicembre 2009, le prestazioni in eccesso rispetto al rapporto ottimale di cui al presente comma sono remunerate applicando la regressione tariffaria del 30 per cento a partire dalla data di entrata in vigore della presente legge

Le richiamate disposizioni, coerentemente con quanto precisato con D.G.R. n. 899/2010 consentono, pertanto, la possibilità di erogazione di tali prestazioni da parte di soggetti privati in possesso dei requisiti previsti dal R.R. n. 3/2005, che facciano richiesta di accreditamento entro la data del 31 marzo 2010 “ nei limiti del numero di pazienti che risultino già in carico alla data del 31 dicembre 2009 ”.

Ciò determina, ai fini in esame, e sino all’attuazione della rete pubblica, una sostanziale equiparazione fra i soggetti accreditati ex D.G.R. n. 813/2006, pacificamente autorizzati all’erogazione delle prestazioni, ed i soggetti che, come la ricorrente, sono in possesso dei requisiti richiesti, dal R.R. n. 3/2005 e sono già autorizzati ad operare nel settore al momento dell’entrata in vigore della D.G.R. n. 1412/2002 e che, entro il termine del 31 marzo 2010, hanno presentato domanda di accreditamento.

Con il terzo motivo di ricorso, già in parte scrutinato relativamente alla dedotta violazione dell’art. 7 della L. n. 241/1990, viene rilevato il difetto di istruttoria in relazione alla mancata preventiva valutazione delle effettive capacità delle strutture ad elevato livello assistenziale (ospedaliere o accreditate), facenti parte della costituenda rete pubblica ad assorbire i numerosi pazienti attualmente in cura presso le strutture della ricorrente o di altri soggetti ad essa assimilabili.

La doglianza è fondata.

La illustrata previsione di un regime transitorio, che si rende necessario in ragione della mancata realizzazione, ad oggi, della “ rete pubblica ”, con conseguente necessità di ricorrere al settore privato per il soddisfacimento della domanda di prestazioni dialitiche, nei termini e con le modalità esplicitate in sede di scrutino del precedente motivo di ricorso, testimonia di per sé l’incongruità di una misura che, di fatto, anticipa effetti propri della situazione a regime, determinando una immediata estromissione della ricorrente che, per le suesposte ragioni, deve considerarsi transitoriamente titolata alla prosecuzione della propria attività.

La mancanza di una preventiva valutazione circa la capacità attuale del sistema pubblico ad assorbire il parco pazienti attualmente in cura presso i centri privati (profilo in merito al quale le resistenti non allegano puntuali elementi a confutazione), determina la fondatezza del dedotto difetto di istruttoria.

Le considerazioni sino ad ora esposte assorbono le doglianze, in verità formulate genericamente, oggetto del quarto motivo di ricorso con il quale la ricorrente deduce la violazione del principio introdotto con D. Lgs. n. 502/1992 (novellato nel 1999), che dispone il concorso su base paritetica delle strutture pubbliche e private al soddisfacimento del diritto alla salute.

Con il quinto motivo di ricorso la ricorrente deduce il contrasto dei provvedimenti impugnati con l’art. 7, comma 3, della LR. N. 4/2010, laddove impedisce la presa in carico di pazienti non inclusi nell’elenco nominativo del pazienti in carico alla data del 31 dicembre 2009, in assenza del previo “ nulla osta da parte dell’Azienda in cui insistono le strutture, dopo aver valutato il pieno utilizzo dei posti dialisi afferenti alle strutture che fanno parte della rete dialica pubblica e di cui alla DGR n. 2019/2009 e n. 899/2010 ”.

Il motivo è fondato.

La norma invocata prevede che “ nelle more del completamento della rete dialitica pubblica previsto dalla legge regionale 19 settembre 2008, n. 23 (Piano regionale di salute 2008- 2010) e dalla deliberazione della Giunta regionale 27 ottobre 2009, n. 2019 (Approvazione Rete dialitica per l'assistenza ai nefropatici cronici per il triennio 2009-2011), i direttori generali sono autorizzati a stipulare, con le strutture di cui al comma 1, accordi contrattuali per volumi e tipologie di prestazioni dialitiche sino alla concorrenza del rapporto ottimale di 3,5 pazienti per posto rene accreditato e per tre trattamenti settimanali per paziente, salvo esigenze cliniche di particolare rilievo documentate, nei limiti del numero di pazienti che risultino già in carico alla data del 31 dicembre 2009 ”.

La disposizione è univoca nell’imporre un contingentamento delle prestazioni erogabili in convenzione mediante rinvio ad un dato numerico rappresentato dal numero di pazienti già in cura alla data individuata senza alcun riferimento ulteriore alla loro identità.

Tale interpretazione, oltre che essere imposta dal chiaro tenore letterale della disposizione è, altresì, coerente con la ratio del complessivo intervento regionale, volto alla realizzazione di un sistema che, a regime, sarà caratterizzato da una valorizzazione del ruolo pubblico nell’erogazione di prestazioni dialitiche, ma che, al momento, riconosce il proprio transitorio deficit strutturale e prevede il mantenimento della presa in carico di un certo numero di pazienti da parte del sistema privato individuandolo mediante un rinvio alle consistenze del parco utenti privato ad una determinata data.

L’illogicità dell’interpretazione operata dalle resistenti si palesa con forza ove si ipotizzi un avvicendamento totale dei pazienti già in cura alla data del 31 dicembre 2009 che, stante l’impossibilità del sistema privato di procedere, pur nel rispetto del contingente numerico assegnato, ad un avvicendamento dei soggetti in cura, determinerebbe un repentino incremento della domanda che coglierebbe impreparato il sistema pubblico, ancora privo di una propria rete alternativa.

Per quanto precede il ricorso deve essere accolto nei limiti suindicati.

La specificità delle questioni oggetto del giudizio consente di procedere alla compensazione delle spese di giudizio fra le parti.

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