TAR L'Aquila, sez. I, sentenza 2022-06-21, n. 202200261

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR L'Aquila, sez. I, sentenza 2022-06-21, n. 202200261
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - L'Aquila
Numero : 202200261
Data del deposito : 21 giugno 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/06/2022

N. 00261/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00200/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 200 del 2014, proposto da
A R, F C, rappresentati e difesi dagli avvocati F C, A R, con domicilio eletto presso lo studio F C in L'Aquila, via Garibaldi,62;

contro

Comune di L'Aquila in persona del Sindaco pro tempore, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati D D N, D V, domiciliataria ex lege in L'Aquila, viale

XXV

Aprile;

nei confronti

Con.Sa.Pro. Societa' Cooperativa in Liquidazione, non costituito in giudizio;

per riconoscere e dichiarare

il diritto di con.sa.pro ad ottenere dal Comune di L'Aquila il risarcimento del danno corrispondente al mancato utile che il con.sa.pro. stesso avrebbe ritratto in caso di affidamento dell'appalto per l'esecuzione dei lavori di straordinaria manutenzione per la ristrutturazione e l'ampliamento del palazzo di giustizia di L'Aquila - 1° lotto esecutivo;

per condannare

il Comune di L’Aquila a corrispondere ai ricorrenti prof. avv. A R ed avv. F C, in solido tra loro, a parziale deconto del maggior credito vantato a titolo risarcitorio dal CON.SA.PRO., o altrimenti sino a concorrenza di detto credito, se inferiore, l’importo di Euro 56.829,67, oltre interessi moratori a decorrere dal 20.6.2011 al soddisfo (importo corrispondente a quello di cui il Tribunale di L’Aquila ha ordinato al Con.sa.pro stesso il pagamento in favore dei ricorrenti con il decreto ingiuntivo n. 302 del 20.6.2011, rimasto in ottemperato);

per condannare

il Comune di L’Aquila ed il CON.SA.PRO. società cooperativa in liquidazione, in persona del rispettivo legale rappresentante pro tempore, in solido tra loro o per quanto di rispettiva ragione, al pagamento delle spese di lite ed al definitivo accollo del contributo unificato.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di L'Aquila in persona del Sindaco pro tempore;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza di smaltimento del giorno 12 maggio 2022 la dott.ssa Silvia Piemonte e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con atto introduttivo del giudizio, notificato il 7 marzo 2014, i ricorrenti, nella qualità di creditori della Società Con.Sa.Pro., agiscono in via surrogatoria ex art. 2900 c.c. nei confronti del Comune di L’Aquila per chiedere l’accertamento del diritto della ridetta Società ad ottenere dal Comune di L’Aquila il risarcimento del danno derivante dal mancato utile che essa avrebbe ritratto in caso di affidamento dell’appalto illegittimamente assegnato ad altri e per la condanna del medesimo Comune a corrispondere ai ricorrenti, a valere sulla somma dovuta a titolo di risarcimento del danno, l’importo pari al credito da loro vantato nei confronti della Con.Sa.Pro..

Espongono di aver ottenuto dal Presidente del Tribunale di L’Aquila decreto monitorio n. 302 del 20 giugno 20011 con cui è stato ingiunto alla Società di pagare nei loro confronti la somma di euro 54.236,27, oltre interessi moratori e che tuttavia il loro debitore è rimasto inadempiente. Pertanto nel ricostruire una precedente vicenda giudiziaria (dalla quale peraltro deriva anche il loro credito, quali avvocati difensori della Società) conclusasi con la sentenza di questo Tribunale n. 930 del 22 luglio 2008 con la quale su ricorso della Con.Sa.Pro, seconda classificata, è stata annullata l’aggiudicazione della gara per i lavori di straordinaria manutenzione, ristrutturazione ed ampliamento del Palazzo di Giustizia (1^ lotto esecutivo) disposta dal Comune di L’Aquila.

1.1 Si è costituito il Comune di L’Aquila per resistere al ricorso, eccependo preliminarmente la prescrizione dell’azione risarcitoria e comunque l’infondatezza della pretesa risarcitoria, nonchè l’assenza dei presupposti per l’azione surrogatoria ex art. 2900 c.c.

1.2 All’udienza del 12 maggio 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

2. Il ricorso non merita accoglimento.

2.1 Preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione del Comune di prescrizione dell’azione risarcitoria, avuto riguardo che nel caso di specie, precedente all’entrata in vigore del codice del processo amministrativo, trova applicazione il termine quinquennale di prescrizione decorrente dal passaggio in giudicato della sentenza che ha annullato l’aggiudicazione.

Difatti il Collegio ritiene di aderire all’orientamento espresso dal Consiglio di Stato (ex multis sez. V, 27 maggio 2022 n. 4279;
Sez. III, n. 297 del 2014) secondo cui “ il termine di decadenza di 120 giorni, previsto dall’art. 30, comma 4, c.p.a., per la proposizione della domanda risarcitoria, non è applicabile a cause nelle quali, ancorchè proposte nella vigenza del c.p.a., detta domanda assume a suo presupposto vicende e sentenze anteriori all’entrata in vigore del suddetto codice e soggette al solo termine di prescrizione quinquennale. Quanto alla decorrenza del termine di prescrizione, va tenuto conto dell’indirizzo espresso da questo Consiglio all’epoca dei fatti per cui si procede, secondo cui, in tema di pregiudiziale amministrativa, il termine iniziava a decorrere dal passaggio in giudicato della sentenza di annullamento del provvedimento produttivo del danno, in quanto, essendo necessario il previo annullamento dell’atto amministrativo, la pretesa risarcitoria poteva farsi valere solo dopo il passaggio in giudicato della sentenza di annullamento, in applicazione della regola civilistica secondo cui la prescrizione comincia a decorrere non già da quando il diritto è sorto, bensì da quando il diritto può essere fatto valere ex art. 2935 c.c. (Cons. Stato n. 5453 del 2008).

La giurisprudenza di legittimità ha, altresì, ritenuto che, se il termine di prescrizione per il risarcimento del danno extracontrattuale conseguente ad un atto illegittimo della P.A. inizia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere, il ricorso giurisdizionale contro un provvedimento della pubblica amministrazione causativo di un danno extracontrattuale può valere ad interrompere la prescrizione del diritto al risarcimento del danno, a condizione vi sia un atto interruttivo ritualmente inserito dall’interessato nel processo (Cass. n. 4846 del 2010).”

Nel caso di specie la sentenza di annullamento dell’aggiudicazione è stata pubblicata il 22 luglio 2008;
pertanto è passata in giudicato il 4.1.2009, in ragione del termine “lungo” di 120 giorni ai sensi del settimo comma dell’art. 23 bis della L. n. 1034 del 1971, termine cui deve aggiungersi la sospensione nel periodo feriale, all’epoca operante dal 1° agosto al 15 settembre di ogni anno, trattandosi di termini processuali.

Ne consegue la tempestività del ricorso notificato il 7 marzo 2014.

2.2 Neppure possono essere accolte le eccezioni sempre del Comune sull’assenza dei presupposti per proporre l’azione surrogatoria. Difatti i requisiti, che secondo la difesa del Comune sarebbero assenti nel caso di specie, ossia la sussistenza di un credito certo, liquido ed esigibile, sono da riferirsi non al diritto o all’azione esercitati dal creditore in via surrogatoria, bensì al credito che costui vanta nei confronti del debitore.

Nel caso di specie i ricorrenti sono creditori nei confronti della Con.Sa.Pro di un credito accertato giudizialmente e muniti di decreto ingiuntivo ex art. 642 c.p.c., pertanto essi appaiono legittimati ad agire ex art. 2900 c.c., stante altresì la dimostrata inerzia del loro debitore.

2.3 Ciò posto tuttavia la domanda di accertamento del diritto al risarcimento del danno appare palesemente infondata per le ragioni di seguito esposte, mentre quella ulteriore e conseguenziale di condanna del Comune a corrispondere direttamente ai ricorrenti parte (ossia fino alla concorrenza del loro credito) di quanto dovuto a titolo di risarcimento del danno alla Con.Sa.Pro è inammissibile.

A quest’ultimo riguardo difatti deve evidenziarsi che l’azione surrogatoria di cui all’art. 2900 c.c. è uno strumento che l’ordinamento appresta per consentire la conservazione della garanzia patrimoniale generica del debitore di cui all’art. 2740 c.c., ossia per evitare che il debitore vanifichi l’iniziativa esecutiva spogliandosi dei propri beni o non avendo cura dei propri interessi.

Con essa il creditore si sostituisce, eccezionalmente, al debitore inerte nell’esercizio dei diritti e delle azioni a lui spettanti nei confronti terzi, purchè non siano diritti o azioni che, per loro natura o per disposizione di legge, possano essere esercitati solo dal loro titolare.

Gli effetti dell’eventuale accoglimento dell’azione surrogatoria sono destinati dunque a prodursi esclusivamente nel patrimonio del debitore, mentre l’unico effetto utile per il creditore che agisce in via surrogatoria è dato dall’incremento o dal mantenimento della garanzia patrimoniale del debitore nel rispetto del principio della par condicio creditorum di cui all’art. 2741 c.c. .

Pertanto inammissibile è la domanda formulata dai ricorrenti di essere invece essi destinatari direttamente della condanna del Comune al pagamento delle somme (o parte di esse) accertate come dovute a titolo di risarcimento del danno nei confronti del Con.Sa.Pro.

2.4 Nel merito l’azione risarcitoria è, come, anticipato infondata.

Il creditore che si surroga nei diritti del debitore ed agisce per la tutela di questi è soggetto ai medesimi oneri probatori cui sarebbe sottoposto il debitore surrogato qualora avesse proposto direttamente l’azione.

Pertanto, vertendosi in materia di azione per il risarcimento del danno derivante dalla mancata aggiudicazione, non è sufficiente, come fanno i ricorrenti addurre unicamente l’avvenuto annullamento in sede giudiziaria dell’aggiudicazione definitiva disposta nei confronti del primo classificato e la quantificazione secondo i criteri del mancato utile (10% del prezzo offerto) del danno asseritamente sofferto. Secondo i principi generali che regolano la responsabilità civile ex art. 2043 cod.civ., difatti il danneggiato è gravato dell’onus probandi di dimostrare gli elementi costitutivi del danno e la sua diretta consequenzialità rispetto all’illecito (nesso causale), l’an e il quantum debeatur.

La mera illegittimità dell’atto amministrativo impugnato non è sufficiente per dichiarare la sussistenza di una responsabilità aquiliana per danni, dovendosi provare, oltre al nesso causale, la sussistenza del danno, e la colpa dell’amministrazione (Cons. Stato n. 6421 del 2014). Inoltre, ai fini del risarcimento del danno conseguente all’annullamento di un provvedimento, occorre che sia provata in modo certo la spettanza del bene della vita e la correlata lesione derivante dal provvedimento illegittimo, e va verificato anche se l’annullamento per vizio del procedimento sia avvenuto a seguito di una illegittimità di natura formale o di carattere sostanziale (Cons. giust. Amm. Sic. Sez. giurisd. 16.7.2015, n. 555).

Nel caso di specie, oltre a doversi rilevare l’abbandono da parte della giurisprudenza del criterio forfetario invocato dai ricorrenti (ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 13 dicembre 2013, n. 6000), essendo invece necessario che la danneggiata dia prova rigorosa dell’utile che avrebbe conseguito in caso di aggiudicazione dell’appalto (ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 14 marzo 2016, n. 992), il Collegio rileva che risulta assolutamente indimostrato l’elemento soggettivo della colpa dell’Amministrazione.

Inoltre emerge dalla stessa ricostruzione dei fatti, come aggiornata anche con la memoria del 9 aprile 2022, che l’Amministrazione dopo l’annullamento dell’aggiudicazione non ha più proseguito i lavori che risultano fermi ormai da 14 anni. Rimane altresì assolutamente indimostrato che la Consapro, società in liquidazione, per quanto seconda classificata fosse all’epoca nelle condizioni di poter eseguire il contratto da appaltare e che si sia attivata per poterlo fare.

Conseguendone l’assenza di qualunque supporto probatorio sull’ingiustizia del lamentato danno che la Società avrebbe subito in ragione del mancato conseguimento degli utili rivendicati con il presente giudizio in sede risarcitoria.

3. Tanto considerato il ricorso deve essere respinto.

4. Sussistono ragioni di equità per compensare tra le parti le spese del giudizio.

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