TAR Palermo, sez. I, sentenza 2009-06-04, n. 200901011

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. I, sentenza 2009-06-04, n. 200901011
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 200901011
Data del deposito : 4 giugno 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01391/2007 REG.RIC.

N. 01011/2009 REG.SEN.

N. 01391/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso R.G. N. 1391/2007 proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso, giusta procura a margine del ricorso, dall’avv. S P, presso il cui studio in Palermo, via Nunzio Morello, n. 40, è elettivamente domiciliato;

contro

1) Assessorato regionale della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali, in persona dell’Assessore pro tempore;
2) Assessorato regionale della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali – dipartimento regionale della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali, in persona del legale rappresentante pro tempore;
3) Assessorato regionale della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali – ufficio speciale per la solidarietà alle vittime del crimine organizzato e della criminalità mafiosa, in persona del legale rappresentante pro tempore;
4) Ministero dell’interno – dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione – direzione centrale per i diritti civili, la cittadinanza e le minoranze – area I “speciali elargizioni alle vittime del terrorismo e della criminalità di tipo mafioso”, in persona del legale rappresentante pro tempore;
rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici, in via Alcide De Gasperi, n. 81, sono domiciliati per legge;

PER L’ANNULLAMENTO

1) della nota prot. n.-OMISSIS- notificata il giorno 20 successivo, con il quale il dirigente del servizio 7 dell’ufficio speciale per la solidarietà alle vittime del crimine organizzato e della criminalità mafiosa istituito presso l’Assessorato regionale della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali ha comunicato il rigetto della istanza presentata dal ricorrente al fine di ottenere i benefici di cui all’art. 4 della l.r. n. 20/1999;

2) del provvedimento dirigenziale D.D.R. n. -OMISSIS- adottato dal dirigente del servizio 7 dell’ufficio speciale per la solidarietà alle vittime del crimine organizzato e della criminalità mafiosa il -OMISSIS-, conosciuto il giorno 20 successivo, con il quale è stata rigettata l’istanza presentata dal ricorrente al fine di ottenere i benefici di cui all’art. 4 della l.r. n. 20/1999;

3) occorrendo, della nota prot. n. -OMISSIS- del -OMISSIS-, con la quale l’ufficio speciale per la solidarietà alle vittime del crimine organizzato e della criminalità mafiosa ha comunicato l’avvio del procedimento finalizzato alla archiviazione della pratica di cui alla l.r. n. 20/1999;

4) occorrendo, di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti l’atto di costituzione in giudizio e la memoria dell’Avvocatura dello Stato per le Amministrazioni intimate;

Vista la memoria del ricorrente;

Visti gli atti tutti della causa;

Designato relatore il primo referendario Aurora Lento;

Uditi, alla pubblica udienza del 23 aprile 2009, i difensori delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato:


FATTO

Con ricorso, notificato il 18 giugno 2007 e depositato il giorno 27 successivo, il signor -OMISSIS-esponeva che, in data 15 aprile 1995, la propria moglie -OMISSIS- era stata uccisa nel corso di una rapina ai danni della macelleria, della quale era titolare.

Per tale omicidio era stata aperta una indagine penale, che si era conclusa con decreto del -OMISSIS- con il quale il GIP del Tribunale di Caltanissetta aveva disposto l’archiviazione del procedimento e la restituzione degli atti al P.M., in quanto “pur essendo stati acquisiti dati, che hanno ricondotto il delitto al contesto delinquenziale mafioso di -OMISSIS- essi si sono mostrati ancora non sufficientemente specifici per l’individuazione degli autori del reato”.

L’odierno ricorrente, in data -OMISSIS-, aveva, pertanto, presentato istanza per ottenere i benefici previsti per i familiari di vittime innocenti della mafia sia per sé, che per i propri figli minori (-OMISSIS-).

In data -OMISSIS-, aveva presentato una nuova istanza, ai sensi dell’art. 5 della l. n. 302/1990, diretta ad ottenere la liquidazione della speciale elargizione in questione nella forma dell’assegno vitalizio non reversibile.

Con decreto prot. n. -OMISSIS-del -OMISSIS-, il dirigente del dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione – direzione centrale per i diritti civili, la cittadinanza e le minoranze – area I “speciali elargizioni alle vittime del terrorismo e della criminalità di tipo mafioso” del Ministero dell’Interno, visto il parere favorevole espresso dalla commissione consultiva in data 10 maggio 2005 e l’autorizzazione del giudice tutelare del tribunale di -OMISSIS-del -OMISSIS-, aveva concesso il beneficio richiesto.

Indi, in data -OMISSIS-, l’odierno ricorrente aveva presentato istanza all’ufficio speciale per la solidarietà alle vittime del crimine organizzato e della criminalità mafiosa istituito presso l’Assessorato regionale della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali al fine di ottenere l’assunzione presso l’Amministrazione regionale ai sensi della l.r. n. 20/1999.

Su sollecitazione dell’Assessorato, aveva successivamente richiesto alla Prefettura di Caltanissetta – Ufficio territoriale del governo, il rilascio delle copie autenticate del parere espresso, con le note del -OMISSIS- e del -OMISSIS- in merito alla richiesta di concessione dei benefici di cui alla l. n. 302/1990.

Il dirigente reggente l’area funzionale 1° della Prefettura di Caltanissetta, con nota prot. n. -OMISSIS- del -OMISSIS- aveva comunicato all’assessorato regionale della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali che, a proprio avviso, non dovevano essere richiesti documenti ulteriori rispetto a quelli già presentati, in quanto il signor -OMISSIS- aveva “dimostrato ampliamente di possedere il requisito di “familiare di vittima della mafia””, stante che: con decreto n. -OMISSIS-del -OMISSIS- il Ministero dell’Interno aveva disposto la liquidazione dei benefici di cui alla l. n. 302/1990;
con certificato n. -OMISSIS-area funzionale I del -OMISSIS-6, il Prefetto di Caltanissetta aveva attestato che la signora -OMISSIS- era da considerare “vittima innocente della mafia e della criminalità organizzata”.

Con nota prot. n. -OMISSIS- del -OMISSIS-, l’Assessorato aveva avviato il procedimento di archiviazione della pratica, facendo, tra l’altro, riferimento alla circostanza che la Prefettura di Caltanissetta si era espressa con la dizione “è da considerare vittima innocente della mafia e della criminalità organizzata”, anziché attestare che trattavasi di “vittima innocente della mafia e della criminalità organizzata”.

Su richiesta del ricorrente, la Prefettura di Caltanissetta, con nota prot. n. -OMISSIS-del -OMISSIS-, aveva comunicato all’Assessorato che per prassi amministrativa era sempre stata adottata la formula “è da considerare vittima innocente della mafia e della criminalità organizzata”, senza che tale dizione avesse mai costituito ostacolo alla concessione dei benefici in questione.

Successivamente, con nota prot. n.-OMISSIS- del -OMISSIS-, l’ufficio speciale per la solidarietà alle vittime della mafia e della criminalità organizzata aveva richiesto alla Direzione distrettuale antimafia presso la procura della Repubblica del Tribunale di Caltanissetta il rilascio di copia conforme della nota del -OMISSIS- relativa all’episodio criminoso in questione, inviata alla Prefettura di Caltanissetta.

Con nota prot. n. -OMISSIS- del -OMISSIS-, aveva, inoltre, chiesto al Ministero dell’interno – dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione – direzione centrale per i diritti civili, la cittadinanza e le minoranze – area I “speciali elargizioni alle vittime del terrorismo e della criminalità di tipo mafioso” la documentazione, sulla base della quale la commissione consultiva di cui al DPR n. 510/1999 aveva espresso parere favorevole alla concessione dei benefici di cui alla l. n. 302/1990 al ricorrente.

Tale ultima richiesta era stata riscontrata con la nota prot. n. -OMISSIS-del -OMISSIS-, nella quale si era rappresentato che la commissione consultiva aveva basato il suo giudizio favorevole sulla nota della Procura della Repubblica di Caltanissetta del -OMISSIS- che, conformemente a quanto affermato nel decreto di archiviazione adottato dal GIP di Caltanissetta il -OMISSIS- aveva ritenuto che “gli accusati della rapina” (nel contesto della quale era stata uccisa la moglie del ricorrente) “erano soggetti gravitanti in clans mafiosi di -OMISSIS-

Ciononostante, con provvedimento dirigenziale D.D.R. n. -OMISSIS- del -OMISSIS-, l’ufficio speciale per la solidarietà alle vittime del crimine organizzato e della criminalità mafiosa aveva rigettato l’istanza presentata dal ricorrente al fine di ottenere i benefici di cui all’art. 4 della l.r. n. 20/1999.

Tale provvedimento era stato così motivato: “alla stregua degli elementi valutativi in possesso della amministrazione (certificazioni prefettizie, memoria difensiva del ricorrente, nota della Procura della Repubblica di Caltanissetta e decreto di archiviazione del Tribunale di Caltanissetta) non emerge con certezza la matrice mafiosa che ha causato il decesso della signora -OMISSIS-”.

Il ricorrente, fatte alcune precisazioni in ordine alla sussistenza della giurisdizione amministrativa, ha chiesto l’annullamento, vinte le spese, dei provvedimenti impugnati, per i seguenti motivi:

1) Violazione e/o falsa applicazione della l.r. n. 20/1999 e della l. n. 302/1990. Grave travisamento dei fatti. Erroneità della motivazione. Eccesso di potere per difetto di istruttoria. Contraddittorietà manifesta. Erroneità dei presupposti. Ingiustizia manifesta. Arbitrio.

La esclusione della matrice mafiosa dell’omicidio de quo sarebbe erronea stante il riconoscimento della sussistenza di tale elemento da parte della Procura della repubblica di Caltanissetta, della Commissione Consultiva di cui al DPR 510/1999 e della Prefettura di Caltanissetta, quale risultante, in particolare, dai seguenti atti: 1) attestazione circa la qualità di vittima innocente della mafia e della criminalità organizzata della signora -OMISSIS- rilasciata dalla Prefettura di Caltanissetta (vedi certificato n. -OMISSIS-area funz. I del -OMISSIS-6);
2) parere favorevole espresso, nella seduta del -OMISSIS- in merito alla concessione del beneficio di cui agli artt. 1 e 8 della l. n. 302/1990, dalla commissione consultiva di cui al DPR 510/1999 ed ai risultati della istruttoria posta in essere ad tale organo (rapporti informativi del commissario di P.S. di -OMISSIS-del 16 aprile 1995 e della D.D.A. di Caltanissetta del -OMISSIS- pareri del Prefetto di Caltanissetta del -OMISSIS- e del -OMISSIS- nota della Procura della repubblica di Caltanissetta del -OMISSIS- 2000);
3) decreto del Ministero dell’Interno di riconoscimento del diritto al vitalizio previsto dalla l. n. 302/1990 per le vittime della mafia (decreto prot. n. -OMISSIS-del -OMISSIS-);
4) nota, datata -OMISSIS- della Prefettura di Caltanissetta di ulteriore riferimento alla qualità di familiare di vittima della mafia del ricorrente.

Il richiamo all’autonomo potere dell’ufficio sarebbe stato fatto in maniera impropria, stante la distorta valutazione degli elementi positivamente considerati dalle altre autorità intervenute.

2) Violazione dei principi in materia di esercizio della discrezionalità tecnica. Arbitrio.

Per le Amministrazioni intimate si è costituita in giudizio l’Avvocatura dello Stato, la quale, in vista della udienza, ha depositato una memoria, con la quale ha chiesto che il ricorso, vinte le spese, fosse rigettato, poiché infondato, stante la sussistenza di un gradualismo tra i vari benefici previsti per le vittime innocenti della mafia e la conseguente necessità del raggiungimento del massimo grado di certezza in ordine alla sussistenza dei presupposti richiesti ai fini della assunzione in servizio presso l’Amministrazione regionale.

Anche il ricorrente ha depositato, in vista della udienza, una memoria, con la quale ha replicato alle deduzioni avversarie, insistendo nelle proprie domande.

Alla pubblica udienza del 23 aprile 2009, su conforme richiesta dei difensori delle parti, il gravame è stato posto in decisione.

DIRITTO

1. La controversia ha ad oggetto il provvedimento, con il quale la Regione Siciliana ha negato al ricorrente lo speciale beneficio di cui all’art. all’art. 4 della l.r. n. 20/1999, ovverosia l’assunzione diretta quale vittima della mafia, che era stata avanzata, in quanto la moglie dello stesso era stata assassinata nel corso di una rapina alla macelleria, della quale questi era titolare.

Per tale omicidio era stata aperta una indagine penale, che si era conclusa con decreto del -OMISSIS- con il quale il GIP del Tribunale di Caltanissetta aveva disposto l’archiviazione del procedimento e la restituzione degli atti al P.M., in quanto “pur essendo stati acquisiti dati, che hanno ricondotto il delitto al contesto delinquenziale mafioso di -OMISSIS- essi si sono mostrati ancora non sufficientemente specifici per l’individuazione degli autori del reato”.

In relazione a tale fatto delittuoso l’odierno ricorrente aveva ottenuto, per sé e per i propri figli minori, l’assegno vitalizio previsto dall’art. 5 della l. n. 302/1990 a favore dei familiari delle vittime innocenti della criminalità organizzata.

L’atto impugnato, evidenziata l’autonomia valutativa dell’ufficio regionale, è stato così motivato: “alla stregua degli elementi valutativi in possesso della amministrazione (certificazioni prefettizie, memoria difensiva del ricorrente, nota della Procura della Repubblica di Caltanissetta e decreto di archiviazione del Tribunale di Caltanissetta) non emerge con certezza la matrice mafiosa che ha causato il decesso della signora -OMISSIS-”.

2. Preliminarmente va doverosamente dato atto che in seno alla giurisprudenza amministrativa (anche di questo TAR) sussiste un contrasto in merito alla sussistenza della giurisdizione amministrativa relativamente alle controversie aventi ad oggetto la concessione dei benefici previsti a favore delle vittime della mafia e dei loro familiari dalla l. n. 302/1990 e dalla l.r. n. 20/1999.

Secondo un primo orientamento, basato su autorevoli pronunce delle sezioni unite della Cassazione, il riconoscimento di tali benefici sarebbe espressione di accertamento costitutivo e non di potere discrezionale della pubblica amministrazione, con conseguente posizione di diritto soggettivo degli interessati e giurisdizione, al riguardo, del giudice ordinario (cfr. in tal senso, tra le più recenti, Cassazione civile, sezioni unite, 29 agosto 2008, n. 21927, 18 dicembre 2007, n. 26627 e 21 luglio 2003, n. 11377;
Consiglio di Stato, IV, 14 marzo 2006, n. 1338;
TAR Sicilia Palermo, I, 14 ottobre 2005, n. 2824).

Secondo un opposto orientamento, il riconoscimento dei presupposti per le elargizioni in questione ha natura sostanzialmente autorizzativa, essendo finalizzato alla rimozione di impedimenti previsti dalla legge per l'esercizio di un diritto, con conseguente fase di accertamento discrezionale dei presupposti e, riscontrata la presenza di questi ultimi, emanazione dell'atto vincolato a carattere autoritativo di riconoscimento del titolo alla percezione della elargizione stessa, con conseguente radicamento della giurisdizione amministrativa e sussistenza della giurisdizione ordinaria solo ed esclusivamente per gli adempimenti successivi (in tal senso Consiglio di Stato, VI, 6 giugno 2008, n. 2715;
TAR Sicilia Palermo, I, 6 aprile 2005, n. 463 e 30 maggio 2005, n. 918, ma anche, pur non affrontando espressamente il problema della giurisdizione ed esaminando direttamente il merito C.G.A., sez. giur., 23 settembre 2008, n. 813 e TAR Sicilia Catania, 10 marzo 2008, n. 457).

Il Collegio, dopo meditata riflessione, ritiene di aderire all’orientamento favorevole alla sussistenza della giurisdizione amministrativa, sulla base della dirimente considerazione (che sarà meglio sviluppata nel corso dell’esame del merito del ricorso) che l’Amministrazione regionale procedente (al pari di quella nazionale) è titolare di un autonomo potere discrezionale di valutazione dei presupposti legittimanti la concessione dei benefici in questione.

L’accertamento della estraneità della vittima ad ambienti delinquenziali, nonché della commissione del fatto delittuoso per il perseguimento di fini propri della criminalità organizzata, richiede una delicata attività valutativa, alla quale deve essere riconosciuta connotazione discrezionale.

Significativa è, peraltro, sotto tale profilo, la circostanza verificatasi nella fattispecie in esame del contrasto tra le valutazioni effettuate dall’Amministrazione statale e da quella regionale in ordine al riconoscimento al ricorrente dello status di vittima della mafia, la quale rende evidente come, soprattutto laddove manchi una sentenza di condanna, non ci si trovi di fronte ad un mero accertamento, ma ad una delicata attività valutativa.

3. Ciò premesso, può procedersi all’esame dei due motivi di ricorso, che, per la loro connessione, possono essere esaminati congiuntamente.

Deduce il ricorrente che l’Amministrazione regionale avrebbe errato nel negare la matrice mafiosa dell’omicidio della propria moglie, essendo tale elemento stato già riscontrato da parte della Procura della Repubblica di Caltanissetta, della Commissione Consultiva di cui al DPR n. 510/1999 e della Prefettura di Caltanissetta. Il richiamo all’autonomo potere valutativo dell’ufficio sarebbe stato fatto, inoltre, in maniera impropria, stante la distorta valutazione degli elementi positivamente considerati dalle autorità intervenute nel corso del procedimento finalizzato al riconoscimento dei benefici previsti dalla l. n. 302/1990, con conseguente riscontrabilità di un esercizio irragionevole ed illogico della discrezionalità da parte della Amministrazione regionale.

Tale prospettazione si basa, in particolare, sui seguenti atti: 1) attestazione circa la qualità di vittima innocente della mafia e della criminalità organizzata della moglie del ricorrente rilasciata dalla Prefettura di Caltanissetta (certificato n. -OMISSIS-area funz. I del -OMISSIS-6);
2) parere favorevole espresso, nella seduta del -OMISSIS- in merito alla concessione del beneficio di cui agli artt. 1 e 8 della l. n. 302/1990, dalla commissione consultiva di cui al DPR 510/1999;
3) risultanze della istruttoria posta in essere dalla commissione prima citata, ovverosia: rapporti informativi del commissario di P.S. di -OMISSIS-del 16 aprile 1995 e della D.D.A. di Caltanissetta del -OMISSIS- pareri del Prefetto di Caltanissetta del -OMISSIS- e del -OMISSIS- nota della Procura della repubblica di Caltanissetta del -OMISSIS- 2000);
4) decreto del Ministero dell’Interno di riconoscimento del diritto al vitalizio previsto dalla l. n. 302/1990 per le vittime della mafia (decreto prot. n. -OMISSIS-del -OMISSIS-);
4) nota, datata -OMISSIS- della Prefettura di Caltanissetta di ulteriore riferimento alla qualità di familiare di vittima della mafia del ricorrente.

La questione è, invero, complessa e richiede la soluzione di due problemi, che possono riassuntivamente sintetizzarsi nelle seguenti domande (delle quali la prima, invero, non può che avere risposta positiva): 1) l’ufficio speciale per la solidarietà alle vittime del crimine organizzato e della criminalità mafiosa istituito presso l’Assessorato regionale della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali ha il potere di valutare autonomamente la sussistenza dei presupposti richiesti dall’art. 4 della l.r. n. 20/1999? 2) nella fattispecie in esame, la discrezionalità valutativa in merito alla sussistenza dello status di vittima della mafia del ricorrente è stata correttamente esercitata?

3.1 Orbene, l’art. 4 della l.r. 13 settembre 1999, n. 20, prevede che l'Amministrazione regionale è tenuta, a richiesta, ad assumere nei propri ruoli, anche in soprannumero, per chiamata diretta e personale e con qualifica corrispondente al titolo di studio posseduto, in assenza di attività lavorativa autonoma o di rapporto di lavoro dipendente, il coniuge superstite delle vittime della mafia individuate nei modi di cui alla legge 20 ottobre 1990, n. 302, e successive modifiche ed integrazioni.

Tale norma va letta alla luce del precedente art. 1, laddove si afferma l’intenzione della Regione Siciliana di perseguire, con idonei strumenti di prevenzione, la lotta alla mafia ed alla criminalità in concorso con le istituzioni della Repubblica, nella consapevolezza della necessità di sostenere con la massima efficacia, anche con misure di solidarietà, lo sforzo della comunità siciliana per la liberazione da ogni forma di violenza criminale, che ne turbi l'ordinato sviluppo democratico e civile.

Evidente appare l’intento del legislatore regionale di garantire particolari forme di tutela a quei soggetti, i cui parenti prossimi si siano trovati accidentalmente ed inconsapevolmente coinvolti in episodi criminosi di matrice mafiosa, subordinando le stesse al positivo accertamento dei due seguenti requisiti: matrice mafiosa dell'episodio criminoso;
certezza circa la estraneità delle vittime rispetto ad ambienti criminosi.

Trattasi di benefici aggiuntivi rispetto a quelli di cui alla l. n. 302/1990, la quale prevede la corresponsione di una somma di denaro, con possibilità di opzione per un vitalizio, ovverosia una misura di intervento meno impegnativa (nella quasi totalità dei casi) per la finanza pubblica.

L’art. 14 del succitato testo normativo nazionale, il quale prevedeva il diritto di assunzione presso una Pubblica Amministrazione è stato, infatti, abrogato dall’art. 22 della l. 12 marzo 1999, n. 68.

Stante tale quadro normativo, nella Regione Siciliana, a differenza che nel resto d’Italia, le vittime della mafia possono ottenere una elargizione in denaro (anche sotto forma di vitalizio) e l’assunzione presso una pubblica amministrazione.

Il problema, che conseguentemente si pone, è se trattasi o meno di benefici inscindibilmente connessi, ovverosia se avvenuto il riconoscimento del beneficio previsto dalla normativa nazionale da parte delle competenti autorità debba o meno necessariamente aversi l’attribuzione di quello di cui alla norma regionale.

La risposta è sicuramente negativa, in quanto la normativa regionale inequivocabilmente ha attribuito autonomia valutativa allo speciale ufficio preposto al riconoscimento delle misure previste a favore delle vittime della mafia.

A tale conclusione si giunge sulla base dell’art. 7 della l.r. n. 20/1999, che, nel testo vigente all’epoca dei fatti, prevedeva l’istituzione di tale ufficio, affidando allo stesso “l’istruttoria delle richieste di ottenimento dei benefici di cui alla presente legge”.

Poco condivisibile appare, invece, il riferimento, fatto nel provvedimento impugnato e ripreso dalla difesa erariale, ad una graduazione dei benefici, sulla base della quale dovrebbe richiedersi un diverso e più penetrante accertamento dello status di vittima della mafia per il riconoscimento del diritto alla assunzione rispetto alla concessione del beneficio economico.

Tale graduazione non si riscontra nella normativa regionale, ma solo nell’art. 7, comma 3 della l. n. 302/1990, laddove si prevede che qualora si giunga a decisione positiva per il conferimento di benefici, in assenza di sentenza, possa essere disposta, su istanza degli interessati, esclusivamente la corresponsione dello assegno vitalizio, ovvero, nei casi di elargizione in unica soluzione, una provvisionale pari al 90 per cento dell'ammontare complessivo dell'elargizione stessa.

Tale norma, infatti: in primo luogo, non può essere automaticamente trasposta nell’ordinamento regionale;
in secondo luogo, non gradua l’attività valutativa, ma il beneficio.

In altri termini il riconoscimento dello status di vittima della mafia avviene secondo le stesse modalità.

Il problema, a ben vedere, è quello di un eventuale contrasto tra le decisioni adottate dall’autorità nazionale e da quella regionale e non può che essere risolto a livello normativo.

Sotto tale profilo va, per completezza, rilevato che l’art. 20 della l.r. n. 20/1999, come sostituito dal’art. 15 della l.r. 20 novembre 2008, n. 15 (non applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame) prevede, al comma 1 bis, che “in assenza di apposite sentenze che abbiano individuato gli autori del delitto, al riconoscimento dello status di vittima innocente della mafia o della criminalità organizzata provvede la commissione consultiva istituita ai sensi dell'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 28 luglio 1999, n. 510, secondo le modalità di cui al comma 1ter”, il quale a sua volta rimanda ad un protocollo d’intesa, che il Presidente della Regione è autorizzato a stipulare con il Ministro dell'Interno affinché tale commissione possa esprimersi sulle istanze inoltrate per ottenere i benefici in questione.

Tale norma non è applicabile alla fattispecie in esame, relativamente alla quale va riconosciuta piena autonomia valutativa in ordine all’accertamento della sussistenza dei presupposti per la concessione dei benefici per le vittime della mafia all’Amministrazione regionale.

3.2 Il problema, che a questo punto, si pone è quello di verificare se tale potere, riconducibile alla categoria della discrezionalità tecnica, sia stato, nella fattispecie in esame, correttamente esercitato e, in particolare, se le risultanze della istruttoria compiuta per la concessione del vitalizio previsto dalla l. n. 302/1990 erano talmente incontrovertibili da non potere condurre ad un giudizio negativo circa la matrice mafiosa dell’omicidio della moglie dell’odierno ricorrente.

E’ questo, infatti, il fulcro della prospettazione del ricorrente, la quale è in particolare basata sui seguenti atti: certificazione rilasciata dalla Prefettura di Caltanissetta il -OMISSIS-6, secondo la quale “la signora -OMISSIS- è da considerare vittima innocente della mafia e della criminalità organizzata”;
vari atti del Tribunale di Caltanissetta, che collocano l’omicidio nel contesto delinquenziale mafioso di -OMISSIS-(vedi, in particolare, decreto di archiviazione del -OMISSIS- e nota della D.D.A. di Caltanissetta del -OMISSIS- 2000).

Il Collegio, esaminati gli atti di causa, ritiene di dovere dare soluzione positiva alla questione.

Preliminarmente va chiarito che la verifica di legittimità non può – come è ovvio - riguardare il merito della questione (ovverosia la matrice mafiosa del delitto), ma la logicità e ragionevolezza della determinazione assunta dalla amministrazione regionale.

Ciò chiarito, va richiamata la motivazione dell’atto impugnato, nella quale testualmente si afferma che: “alla stregua degli elementi valutativi in possesso della amministrazione (certificazioni prefettizie, memoria difensiva del ricorrente, nota della Procura della Repubblica di Caltanissetta e decreto di archiviazione del Tribunale di Caltanissetta) non emerge con certezza la matrice mafiosa che ha causato il decesso della signora -OMISSIS-”.

Tale motivazione è stata fondata sulle seguenti considerazioni:

- sussisterebbe discordanza tra la documentazione prefettizia, nella quale si afferma che è stato ampiamente dimostrato la qualità di “vittima innocente della mafia e della criminalità organizzata” ed il decreto di archiviazione, nonché la nota della Procura di Caltanissetta datata -OMISSIS-, dai quali non emergerebbe con certezza la matrice mafiosa del delitto;

- la documentazione prodotta sarebbe contraddittoria e non sarebbero stati prodotti atti comprovanti con certezza il delitto di mafia, non avendo la Prefettura di Caltanissetta fornito o indicato gli elementi istruttori, che consentirebbero di affermare con assoluta certezza la matrice mafiosa del delitto;

- la nota della Direzione distrettuale antimafia presso la procura della Repubblica del Tribunale di Caltanissetta del -OMISSIS- afferma, tra l’altro, che un collaboratore di giustizia aveva riferito che “gli accusati avrebbero agito al solo scopo di rapinare. Trattasi comunque di soggetti gravitanti in clans mafiosi di -OMISSIS-”;

- nel decreto di archiviazione si afferma che un collaboratore di giustizia aveva raccontato che l’omicidio in questione era stato realizzato da un giovane successivamente ucciso con il metodo della lupara bianca e da altro soggetto, i quali avrebbero agito senza il permesso del vertice mafioso di -OMISSIS-

- la riconducibilità di un omicidio al contesto delinquenziale mafioso di un territorio non implica che la rapina sia stata ordinata dalla mafia per il perseguimento delle proprie finalità e non integra, pertanto, di per sé, i presupposti necessari per la concessione del beneficio di cui all’art. 4 della l.r. n. 20/1999.

A ben vedere l’ufficio regionale ha ritenuto che la collocazione del reato in questione nel contesto delinquenziale gelese (notoriamente mafioso) non fosse di per sé sufficiente ad attribuire allo stesso matrice mafiosa, anche in considerazione della assenza (risultante da dichiarazioni di collaboratori di giustizia) dell’assenso del vertice di “cosa nostra” e della conseguente sparizione di uno dei probabili autori della rapina con il metodo della c.d. lupara bianca.

Trattasi di affermazioni, che possono o meno essere condivise, ma che non sono censurabili sul piano del corretto esercizio della discrezionalità, soprattutto in considerazione della tipologia del beneficio, alla concessione del quale la valutazione in questione era finalizzata (i.e. assunzione diretta).

In altri termini, può o meno concordarsi sulla significatività degli elementi acquisiti ai fini del riconoscimento della matrice mafiosa dell’omicidio della moglie del ricorrente, ma non può ritenersi che la discrezionalità sia stata scorrettamente esercitata.

Concludendo, in forza di quanto suesposto, il ricorso è infondato e va rigettato.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi, avuto riguardo alla complessità della questione, per la compensazione delle spese del giudizio.

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