TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2013-03-12, n. 201301408
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N. 01408/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01653/1996 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1653 del 1996, proposto da B R, rappresentato e difeso dall'avvocato S M, con domicilio eletto presso lo stesso in Napoli, via V. Colonna n. 9;
contro
il Comune di Castellammare di Stabia, in persona del sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati G V e S A V, con domicilio eletto presso il secondo in Napoli, via Tino di Camaino 6;
per l'annullamento
- del provvedimento del sindaco del Comune di Castellammare di Stabia prot. n. 792 del 7.12.1995, notificato il 14.12.1995, di diniego della concessione edilizia in sanatoria;
- del parere della Commissione comunale integrata reso nella seduta del 16.5.1995.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Castellammare di Stabia;
Viste le memorie difensive;visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2013 la dott.ssa Marina Perrelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Il ricorrente ha realizzato nel 1983 in Comune di Castellammare di Stabia, in via Pimonte, un prefabbricato, composto da quattro vani oltre gli accessori, e un corpo in cemento armato, composto da due vani ed accessori, per i quali ha presentato il 5.7.1986 domanda di condono, ai sensi della legge n. 47/1985.
2. Con il provvedimento impugnato il Comune resistente ha denegato il condono e il ricorrente ne deduce l’illegittimità per violazione di legge (artt. 31 e 33 della legge n. 47/1985;art. 2 della legge n. 1187/1962;art. 7 della legge n. 241/1990) e per eccesso di potere sotto molteplici profili, chiedendone l’annullamento.
3. Il Comune di Castellammare di Stabia, ritualmente costituito in giudizio, ha concluso per la reiezione del ricorso.
4. Con l’ordinanza n. 203 del 22.3.1996 il Collegio ha respinto la domanda di misure cautelari.
5. Alla pubblica udienza del 24.1.2013 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
6. Il ricorso non è fondato e va respinto.
7. Assume il ricorrente che le opere in questione sono state ultimate entro l’1.10.1983 e che il diniego impugnato si fonda erroneamente sul loro contrasto con il P.U.T. giacché il vincolo di inedificabilità, imposto da tale ultimo strumento, non può rilevare ai fini della decisione della sanatoria ex lege n. 47/1985, essendo stato approvato con la L.R. n. 35/1987, successiva alla realizzazione dei manufatti in questione. Inoltre, ad avviso del ricorrente, sarebbe erronea anche la motivazione del diniego nella parte in cui richiama la zona “A2” del P.R.G. di Castellammare di Stabia. E, infatti, gli eventuali vincoli di inedificabilità, imposti dal P.R.G., approvato con D.P.G.R.C. n. 8180 del 5.7.1980, sono divenuti inefficaci, ex art. 2 della legge n. 1187/1962, in mancanza dell’approvazione dei piani particolareggiati nel successivo quinquennio.
8. Le censure sono infondate e vanno disattese.
9. Il diniego impugnato si fonda sul parere della Commissione Comunale Integrata che evidenzia la non condonabilità dei manufatti realizzati dal ricorrente in quanto ricadono in zona “1B” – Tutela Ambientale Naturale di 2° grado - del P.U.T. e in zona “A2” – Monte Faito del P.R.G. .
10. E’ pacifica, poiché non è stata in alcun modo contestata, la classificazione come zona “1B” della particella sulla quale è stata realizzata l'opera priva di titolo, né parte ricorrente ha in alcun modo messo in dubbio che la predetta zona fosse stata già dichiarata di notevole interesse pubblico ambientale con D.M. 28.7.1965 e, conseguentemente, sottoposta a vincolo sin da tale ultima data, per poi essere assoggettata a vincolo di immodificabilità assoluta con la legge n.431/1985 e, infine, classificata zona di tutela ambientale di 2° grado 1/B dal P.U.T..
11. Ciò posto, e a prescindere da ogni ulteriore considerazione in ordine alla certezza dell’epoca di realizzazione dei manufatti abusivi, è evidente che il Comune resistente non potesse che denegare il condono richiesto dal ricorrente poiché, secondo la consolidata giurisprudenza condivisa dal Collegio, sebbene l'istanza di condono sia relativa ad opere realizzate prima dell'imposizione del vincolo paesaggistico deve ribadirsi l'obbligatorietà dell'acquisizione del parere dell'autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico, ai sensi dell'articolo 32 della legge n. 47/1985 (cfr. Consiglio Stato, IV, 30.6.2010, n. 417;TAR Lazio, Roma ;II quater, 4.2.2011, n. 1044;T.A.R. Campania, Napoli, VII, 14.6. 2010, n. 14166;T.A.R. Puglia, Bari, III, 3.12.2008, n. 2765).
11.1. Infatti, anche se il citato articolo 32 non precisa in quale momento il vincolo debba essere stato imposto perché sorga la necessità di acquisire il suddetto parere, in applicazione del principio tempus regit actum , si ritiene che debba essere applicata la normativa vigente al momento del rilascio della concessione in sanatoria.
11.2. Peraltro risulta dirimente sul punto la decisione dell'Adunanza Plenaria n. 20 del 22.7.1999 che ha enunciato il principio secondo cui " la disposizione dell'art. 32, L. 28 febbraio 1985, n. 47, in tema di condono edilizio, nel prevedere la necessità del parere dell'amministrazione preposta alla tutela del vincolo paesaggistico ai fini del rilascio delle concessioni in sanatoria, non reca alcuna deroga ai principi generali e pertanto essa deve interpretarsi nel senso che l'obbligo di pronuncia dell'autorità preposta alla tutela del vincolo sussiste in relazione all'esistenza del vincolo al momento in cui deve essere valutata la domanda di sanatoria, a prescindere dall'epoca in cui il vincolo medesimo sia stato introdotto. Ciò in quanto tale valutazione corrisponde all'esigenza di vagliare l'attuale compatibilità con il vincolo dei manufatti realizzati abusivamente ."
11.3. E nella ipotesi di specie la Commissione comunale integrata si è legittimamente espressa in senso contrario all’accoglibilità dell’istanza di condono presentata dal ricorrente.
12. Alla luce delle predette considerazioni deve essere respinta anche la seconda censura poiché il vincolo di inedificabilità sull’area nella quale ricadono gli abusi oggetto di condono non è stato imposto dal P.R.G., risultando, conseguentemente, inconferente il richiamo alle prescrizioni della legge n. 1187/1962.
13. Quanto, infine, al terzo motivo di ricorso, con il quale è stata dedotta la violazione dell'art. 7 della legge n. 241/1990, osserva il Collegio che, sebbene dagli atti non risulti che al ricorrente sia stata data comunicazione dell’avvio del procedimento volto al diniego della domanda di condono, tuttavia tale vizio procedimentale non può comunque determinare l'annullamento del provvedimento impugnato, dovendosi fare applicazione della disposizione dell'art. 21 octies , comma 2, prima parte, della legge sul procedimento amministrativo. Infatti, posto che il diniego di condono, come già prima esposto, è un atto dovuto nei casi previsti dall’articolo 33 della legge n. 47/1985, risulta palese che il contenuto del provvedimento impugnato non avrebbe potuto essere diverso pur se, a seguito dell'invio alla parte ricorrente della comunicazione in parola, fosse stato instaurato un rituale contraddittorio procedimentale (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, VII, 1.9.2011, n. 4259).
14. Per tutte le suesposte ragioni il ricorso va respinto.
15. Le spese di lite seguono la soccombenza.